ANTEPRIMA NON EDITATA
Capitolo 1 – Le corde dei sogni
Bassano del Grappa dormiva sotto un cielo di velluto, punteggiato da stelle che sembravano sospese a pochi passi dai tetti delle case. L’aria era fresca, carica del profumo del fiume e del legno antico del ponte vecchio, che da secoli abbracciava il Brenta con la sua eleganza silenziosa. Le luci giallastre dei lampioni tremolavano sull’acqua, creando riflessi tremuli, quasi magici. Tutto sembrava immobile, come se il tempo avesse deciso di rallentare, di concedersi una pausa insieme a chi, come Michele, quella sera cercava risposte più che parole.
Era seduto sulla panchina più vicina
alla balaustra, con la sua chitarra sulle ginocchia e lo sguardo perso tra le onde lente del fiume. Indossava una giacca leggera, il colletto rialzato per difendersi dalla brezza notturna, e gli occhi stanchi di chi aveva passato la giornata tra vinili e clienti distratti al negozio di dischi dove lavorava part- time.
Suonava quasi ogni sera lì, non tanto per farsi notare, quanto per sentirsi vivo. Era il suo modo di dialogare con il mondo, con se stesso. Ogni accordo che pizzicava raccontava qualcosa che non riusciva a dire a voce, ogni melodia era un frammento della sua anima. A ventitré anni, con un sogno che lo accompagnava fin dai tredici, Michele viveva in bilico tra la realtà ela speranza. Voleva scrivere canzoni, cantare su un palco vero, vedere la gente emozionarsi con le sue parole.
Non per fama, ma per connessione. Per sentirsi parte di qualcosa.
“Un giorno…,” sussurrò, mentre le dita accarezzavano le corde con delicatezza. “Un giorno, ce la farò.”
Il suono si perse tra i sussurri del vento e il gorgoglio del Brenta, ma dentro di lui restò nitido come una promessa. La stessa che si ripeteva ogni volta che sentiva di non farcela, ogni volta che un cliente lo ignorava o che la vita sembrava dirgli di lasciar perdere.
Poi, la vibrazione del telefono interruppe la melodia. Un messaggio illuminò lo schermo. Michele strinse gli occhi per leggerlo, infastidito all’inizio, poi sorpreso, poi… incredulo.
Era di Marco, un suo vecchio amico trasferitosi a Roma due anni prima. “Miché, qui stanno
organizzando un contest per giovani artisti, roba grossa. Gente del settore, possibilità vere. Vieni, ti ospito io. Hai talento da vendere, fratè.”
Rilesse quel messaggio almeno dieci volte. Il cuore cominciò a battergli più forte, come se avesse
appena premuto playsulla canzone della sua
vita. Si passò una mano tra i capelli, guardò di nuovo il Brenta, poi la luna, poi chiuse lentamente la custodia della chitarra.
Rimase in piedi un momento, a fissare quel
cielo immenso sopra di lui. Un sorriso timido gli affiorò sulle labbra.
«Roma mi aspetta,» mormorò, quasi parlando al vento.
E in quell’istante, anche il fiume sembrò fermarsi per ascoltarlo
Capitolo 2 – Un bar nel cuore di Trastevere
Roma era tutto quello che Michele non era: rumorosa, affollata, veloce. Una città che sembrava sempre di corsa, sospinta da un’energia che non conosceva pause. Eppure, tra il caos dei clacson, il brusio incessante delle piazze, le voci dei turisti e dei venditori ambulanti, lui si sentiva stranamente a casa.
Non era la sua città, eppure qualcosa gli diceva che lì, tra quei sanpietrini antichi e quelle facciate color ocra baciate dal sole, la sua vita poteva cominciare davvero.La città gli parlava, senza bisogno di
parole. Gli parlava con i suoi tramonti infuocati che tingevano il cielo di arancio e rosa, con la musica di strada che risuonava in ogni angolo, e con i vicoli di Trastevere, dove ogni passo sembrava un verso di una canzone.
Era come se Roma gli avesse sussurrato: “Aspettavo te.”
Il primo giorno, Michele non aveva programmi. Zaino in spalla, chitarra in custodia e cuffie nelle orecchie, aveva camminato per ore. Voleva assorbire tutto: l’odore del pane appena sfornato, i frammenti di conversazioni captate al volo, i muri ricoperti di
graffiti e poesia. Ogni dettaglio poteva diventare ispirazione.
Ma fu la sete, più che l’arte, a portarlo nel posto dove tutto sarebbe cambiato.
Era pomeriggio inoltrato quando, percorrendo via della Scala, vide un’insegna discreta: “Amore e Caffè”. Un bar piccolo, raccolto, con le tende color crema e le luci calde che invitavano a entrare. Un rifugio in mezzo alla città in corsa.
Appena aprì la porta, un tintinnio delicato annunciò il suo arrivo. Il profumo di caffè e dolci appena sfornati lo avvolse come una coperta invernale. L’interno era intimo, con tavolini di legno, scaffali pieni di tazze diverse tra loro, libri sparsi qua e là e foto in bianco e nero alle pareti.
L’atmosfera aveva qualcosa disospeso, di familiare.
E fu allora che la vide. Stella.
Era dietro il bancone, di spalle. I suoi capelli biondo cenere erano raccolti in una coda disordinata che lasciava scivolare qualche ciocca ribelle sulla nuca. Indossava una t-shirt nera con la scritta bianca “Caffè & Amore”, leggermente scolorita ma perfetta per lei. Si muoveva con grazia, mentre preparava un cappuccino, come se ogni gesto facesse parte di una coreografia ben studiata. Rapida, precisa. Ma c’era eleganza in quel modo di versare il latte, di battere leggermente la tazzina sul piattino.
Poi si voltò. E i suoi occhi, chiari e profondi, incontrarono quelli di Michele.
Per un istante, il tempo rallentò. I rumori si fecero ovattati. Persino il respiro gli si bloccò.
Non si aspettava nulla da quella giornata. Non cercava incontri. Voleva solo un po’ di ispirazione, forse una canzone. Ma lei era lì. E bastò uno sguardo.
Con passo incerto, si avvicinò al bancone, togliendosi le cuffie e cercando di sembrare più sicuro di quanto si sentisse davvero.
Stella lo guardò con un mezzo sorriso,inclinandosi leggermente verso di lui.
«Posso offrirti un sorriso con il caffè?» disse con tono ironico, ma gentile, come se stesse recitando una battuta già detta mille volte, eppure nuova.
Michele si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, colpito dal suo modo di dire le cose. «Solo se è vero… il sorriso, intendo.»
Lei lo fissò per un secondo, poi rise piano, una risata morbida, che gli restò addosso come una nota suonata bene.
«Vieni da fuori, eh?» domandò, prendendo una tazza pulita.
«Bassano del Grappa. Ma da oggi, cittadino onorario di Trastevere,» rispose lui, appoggiando la chitarra accanto al bancone.
«Stella, piacere. Barista part-time, filosofa a tempo pieno.»
«Michele. Musicista in cerca di una nota che cambi la vita.»
Si strinsero la mano con un gesto naturale, quasi automatico. Ma lo sguardo… quello fu tutto.
Gli occhi di lei brillavano di una luce
difficile da decifrare. Curiosità? Simpatia? Forse solo quella scintilla che nasce quando due mondi si sfiorano e, per un momento, sembrano riconoscersi.Stella gli porse la tazza di caffè,
ancora fumante. «Offerta della casa, se prometti che un giorno ci scriverai una canzone.»
«Lo farò. Ma devi sapere che io mantengo le promesse.»
«Vedremo,» rispose lei, ma i suoi occhi dicevano che forse ci credeva già.
E mentre Michele portava la tazza alle labbra, sentì che qualcosa dentro di lui stava cambiando. Non sapeva ancora cosa, né dove lo avrebbe portato. Ma era sicuro di una cosa: quella non era una semplice giornata a Roma. Era il primo accordo di una melodia che non avrebbe più dimenticato
Commenti
Ancora non ci sono recensioni.