Nel silenzio delle montagne e tra le radici degli alberi, si cela un mondo dimenticato, dove il tempo non scorre in linea retta e l’acqua trattiene memorie che l’uomo ha smesso di ascoltare.
Ahn-Su, viandante solitario dal cuore spezzato, parte per un lungo cammino attraverso terre misteriose e templi abbandonati, alla ricerca di qualcosa che ha perduto… o forse di sé stesso. Creature mitologiche, presagi nei sogni e antiche lingue gli sussurrano una verità che sfugge come nebbia tra le dita.
Un romanzo poetico e spirituale, intriso di cultura asiatica, che parla di cicatrici invisibili, di memorie sommerse e del coraggio di lasciarsi trasformare.
Per chi ha imparato a camminare tra i silenzi, e ascolta ancora il suono dell’anima.
Perché ho scritto questo libro?
Ho scritto questo libro per raccontare la mia storia in modo simbolico e poetico, trasformandola in un viaggio che chiunque possa sentire proprio. Volevo dare voce a quel viaggiatore solitario che cerca sé stesso attraversando sogni, silenzi e memorie. È un ponte tra la mia interiorità e chi ha bisogno di ritrovarsi. È una sorta di autobiografia poetica, filtrata attraverso il linguaggio del mito, della filosofia orientale e della contemplazione.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Il sentiero che Ahn-Su aveva intrapreso era avvolto dalle tenebre. La luna non riusciva a penetrare la fitta coltre di rami intrecciati che si alzavano sopra di lui, creando un cielo di foglie che sembravano pronte a inghiottirlo. Ogni passo che faceva sembrava essere seguito da mille occhi invisibili, e il suo cuore batteva più forte a ogni istante.
Il Giardino delle Ombre, come Mei-Ling gli aveva detto, non era un luogo fisico, ma un limbo tra la vita e la morte. Era uno spazio sospeso, dove il tempo sembrava fluire in modo diverso, come se fosse stato dilatato. L’aria era densa e fredda, eppure la sensazione di calore interiore che sentiva, quella fiamma che si era accesa dentro di lui fin dal suo arrivo in queste terre, non si spegneva.
Ahn-Su continuava a camminare, i suoi passi silenziosi sul terreno ricoperto di muschio. Ogni tanto sentiva un suono distante, come il sussurro di voci che venivano dall’oscurità. Non riusciva a decifrarle, ma erano inconfondibili: c’era qualcuno o qualcosa che lo stava aspettando, pronto a rivelargli la verità che cercava.
Sospirò, ma la sua mente era troppo occupata per fermarsi a riflettere. L’unica cosa che contava era andare avanti, scoprire la verità, anche se quella verità poteva essere più pericolosa di quanto avesse mai immaginato.
Il sentiero si aprì improvvisamente in una radura, e Ahn-Su si fermò di colpo. Davanti a lui, illuminato da una luce eterea, c’era un grande albero di ginko. Le sue foglie dorate brillavano nel buio, e il tronco possente sembrava scolpito nella roccia. Ma non era l’albero che lo fece rabbrividire.
Sotto le sue radici, nel terreno morbido, c’era una figura che emergeva lentamente. Un uomo, con gli occhi chiusi, il corpo completamente ricoperto di simboli intagliati sulla pelle, che sembravano pulsare di una luce propria. Ahn-Su fece un passo indietro, ma la figura aprì gli occhi, e quello che vide lo fece restare immobile.
Gli occhi dell’uomo erano di un bianco abbagliante, come se fossero stati scolpiti dal ghiaccio, e la sua voce, quando parlò, risuonò come il vento che attraversa le montagne.
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