“Le storie di questo libro sono racconti ricchi di metafore, di citazioni letterarie e cinematografiche, che si svolgono in paesaggi surreali, fiabeschi, oppure crudi e selvaggi. Un deserto australiano è lo scenario di “Una voce nel deserto”, dove un aborigeno affronta nell’oscurità la magica e terribile tradizione del suo lignaggio. In “Browny” un tizio qualunque e il suo improbabile inquilino esplorano il senso dell’amicizia in una creepy comedy. “La collezionista” è una ragazzina con un obiettivo nobile quanto rischioso, mentre in “Rinuncia!” una personcina troppo educata si farà davvero in quattro per gli altri…
Ogni storia ha un suo microcosmo, che suggerisce la presenza di una dimensione reale quanto indefinibile, raramente attraversata nella vita di ognuno, che governa la trasformazione, la mutazione e persino la rigenerazione, delle nostre vite, del nostro spirito. Attraverso la Soglia si delinea benissimo la natura mistica, delicata, grottesca e beffarda dell’essere umano.”
Perché ho scritto questo libro?
Ho scritto i “Racconti della Soglia” per riunire in un prodotto la simbologia e la potenza trascendentale delle storie, usando un linguaggio semplice ma non banale, con l’intento di offrire uno spazio di riconoscimento e riflessione a quante più persone possibili. Per condividere la mia esperienza, l’amore che porto per la narrativa e il desiderio di offrire la luce che ne ho ricevuto, a chi vuole vederla.
ANTEPRIMA NON EDITATA
C’era una volta un ragazzo che aveva nella sua testa uno strano inquilino.
Le sue cervella erano abitate da un piccolo omino alto si e no un palmo, che seduto su una mini-scrivania messa tra l’ipotalamo e il cervelletto, armato di foglio e penna, scriveva scriveva…scriveva tutto.
Stava lì, guardava la vita del ragazzo e prendeva spunto per creare storie mitologiche e fiabesche. Quella creatura era una specie di Sceneggiatore.
Come personaggi usava i genitori, i parenti, gli amici, gli incontri sentimentali, tutto diventava scena, diventava materiale da elaborare. Insomma, in questa testa c’era uno scrivere e rileggere in continuazione, giorno e notte, un vociare infinito. Però bisogna dire che le storie erano belle, erano scritte bene, il ragazzo era sempre il protagonista, splendido, brillante, giusto e ragionevole, quindi nonostante fossero una litania continua, lui se le ascoltava anche volentieri, a volte sperava che diventasse tutto reale proprio come sentiva nella sua testa.
Piano piano si creò una sorta di strana simbiosi tra i due, lo sceneggiatore acquistava forza quando si accorgeva di essere ascoltato, si sentiva bravo in quello che faceva e scriveva sempre di più, trasformando il ragazzo in un Re, un Presidente, massì anche un Papa.
Chiaramente la situazione sfuggì subito di mano, e i racconti ben presto divennero impossibili iperbolici…e poi strani, grotteschi, il minuscolo scriba non riposava mai e scriveva quasi invasato, iniziò a spaventare il ragazzo che si rese conto di non voler immaginare i propri cari in situazioni anomale o contesti assurdi come quelli. Quindi alla luce di ciò, decise che era tempo di fare qualcosa in merito, ad esempio consultare qualcuno per chiedere aiuto, ma la situazione era talmente incredibile che, beh … gli consigliarono un esorcista, un disinfestatore, e un mago.
Il disinfestatore non era una brutta idea, ma del resto quella era la sua testa e non voleva manacce altrui o chissà che schifezza nel naso o nelle orecchie. Quindi andò dal mago.
Se lo figurava col mantello e la bacchetta in un casale gotico ad agitare pozioni …ma arrivò in un condominio in periferia al piano terra, gli aprì un signore che sembrava un professore. Profumo di incensi, polvere e libri. Appena lo vide, questo mago non lo fece nemmeno parlare, lo fece sedere, gli mise un orecchio sulla testa e restò ad ascoltare.
Lo guardò preoccupato, gli disse:” Hai un brutto insettaccio nella testa, e hai avuto anche la bella idea di dargli da mangiare. Quello ora non se ne va più”.
Il ragazzo si sentì colpevole, e iniziò a lamentarsi:” io non lo volevo, me lo sono trovato nella testa, lo sentivo giorno e notte, che dovevo fare!?”
“Hai fatto anche troppo” rispose il mago. “Ora te ne stai bello fermo qui, che prendo una cosa.”
Si mise ad armeggiare tra i mobili di casa, aprendo ante, cassetti, ripiani, sottoripiani e mensole. Uscivano saltellando le cose più strane, pietre luccicanti, alambicchi e fogli a profusione con lettere arabescate. Ad un tratto smise, si girò e tornò grave e cadenzato.
“Prendi questo” gli disse.
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