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Enaion – Origine

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Consegna prevista Agosto 2026

Lucas vive immerso nel silenzio di un mondo che sembra aver dimenticato il senso delle cose. Ma quando il destino lo chiama, il suo cammino si trasforma in un viaggio tra visioni, antiche verità e forze che superano la ragione. Nel cuore di un conflitto invisibile tra luce e oscurità, scoprirà che la sua esistenza non è frutto del caso: in lui si cela la scintilla di qualcosa che può cambiare ogni equilibrio. Quando tutto ciò che credeva di essere svanisce, nasce Enaion — l’uomo e l’entità, il figlio e l’origine. Il tempo si piega, la fede vacilla, e la linea che separa Dio dall’uomo diventa sottile come un respiro. Un romanzo visionario e spirituale che intreccia filosofia, mito e sentimento, dove la ricerca della verità diventa un atto di rinascita e ogni pagina conduce più vicino alla propria origine.

Perché ho scritto questo libro?

Enaion nasce da una ferita e da un dono. L’ho scritto per dare voce alle mie origini, per trasformare l’abbandono in rinascita e la perdita in significato. Dentro questa storia c’è la mia vita, ma anche quella di chi lotta tra luce e ombra, fede e dubbio.
Perché la vera salvezza non è nella purezza, ma nell’equilibrio. Ogni pagina è un atto d’amore e gratitudine verso chi mi ha scelto e mi ha salvato.

ANTEPRIMA NON EDITATA

01
El Grugno

 

Tutte le volte che aveva modo di specchiare la sua ombra, una scossa nervosa gli faceva vibrare le ossa. Il peggio però, erano i barlumi dei ricordi della sua giovinezza e di quello che era diventato. Immagini di amore scorrevano nella sua psiche come celluloide a teatro. Vedeva sua mamma, suo papà, vedeva Lucas.

Gli occhi iniettati di furiosa pietà completavano il quadro. Lui non era più il suo passato ma i ricordi erano lui. Faceva fatica a smuoverli e tornare alla realtà ma ormai era abituato, sapeva che il dolore durava solo pochi istanti per lasciare posto successivamente al suo senso del dovere ed alla sua nuova vita.

Lui, fortunato tra i fortunati, aveva subito l’abbandono quando ancora non aveva un’ora di vita. Un’esperienza terrificante e inconscia che l’aveva segnato nel profondo. Mai avrebbe creduto che la storia si sarebbe ripetuta, ciò nonostante, era accaduto di nuovo. Ora sapeva, ora doveva affrontare il suo destino, ora la sua vita aveva maledettamente uno scopo.

Batté le ciglia in uno spasmo compulsivo, si girò e sorrise amaramente.

«Sangue di Dio, ho sete, ora!» Esclamo!

Uscì da quel bagno putrido e maleodorante, sbattendo la porta dietro di sé e tornò nel locale, una bettola chiamata El Grugno, dei sobborghi di Trylios la cui insegna oscillava al vento, sospesa a due catene arrugginite fissate a un palo storto. Era fatta di legno scuro, inciso a fuoco. Al centro, il muso di un cinghiale sbavante, con un orecchio strappato e le zanne sproporzionate, stava ritratto in un grido muto, mezzo ruggito e mezzo risata. Sopra, a caratteri rossi e scheggiati, una scritta: El Grugno. Non c’era dubbio sul tipo di accoglienza che ci si poteva aspettare.

Trylios, comunque, era una cittadina apparentemente tranquilla, un covo di gente dalla doppia vita e personalità, ma se avevi le palle per farti rispettare nessuno ti avrebbe mai neanche salutato. Viveva li dai tempi del Fatto, da quando la sua vita era cambiata. Aveva messo subito in chiaro le cose, ma qualcuno non lo conosceva ancora.

«Birra … per favore.»

 

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Ordinò stando seduto al bancone con la testa china. Nel locale, un vociare pesante e rabbioso aiutava a trascorrere i minuti. Sorseggiò la bionda guardandosi intorno. Ogni volta che vi metteva piede, gli sembrava di entrare in un vecchio saloon.

Tavoli rotondi in legno di noce scuro, sagomati sapientemente da falegnami esperti, con quattro sedie a gambe svasate e scomodissimi appoggiabraccia a contorno; un grosso specchio incrinato sopra il quale vi era un enorme affresco raffigurante una donna nuda avvolta per tre quarti dalle lenzuola di un letto era sito dietro un bancone sudicio e lungo. Alla base aveva un poggiapiedi in metallo e faceva angolo con due grossi barili e un enorme cantinetta fatta a scafale. Sul piano superiore c’erano le spillatrici di vino e birra.

Due teste di alce sovrastavano poi il lato nord del locale; il pavimento era in cotto mentre il soffitto era decorato a cerchi concentrici. Al centro una colonna. C’era una scala a pioli che portava al piano di sopra e alle pareti, ricordi. Quadri storti, alcuni vuoti, altri che raccontavano storie e leggende, altri che incorniciavano paesaggi della Terra Nera. Così era solito chiamare il mondo, dopo la sua personale rinascita. La cosa sorprendente è che questa sensazione d’antico si sposava ad ambiguità tecnologiche tipiche dell’Anno Domini corrente.

Sul lato nord della colonna, infatti, c’era uno schermo touchpad su cui vi erano sudicie impronte, chiamato il Connettore; permetteva qualsiasi tipo di collegamento in ogni luogo conosciuto e, anche, meno noto. Era anche possibile collegarsi alla più imponente banca dati del pianeta per ricercare e recuperare informazioni utili.

Voluto fortemente dal Consiglio dei Nove, che dominava il mondo, dopo la Guerra del Terrore, era divenuto obbligatorio in ogni locale pubblico.  Già la guerra; non l’aveva vissuta come combattente ma come semplice civile; in ogni caso fu un’esperienza sconvolgente.

Il mondo fu sopraffatto dalla speculazione e dagli interessi di pochi, comportando un notevole stravolgimento a livello economico ambientale e socioculturale. Milioni di persone morirono e la Madre Terra contemporaneamente si ribellò, stanca anch’essa di secoli di consumi illeciti da parte dell’uomo.

Una catastrofe.

Terminato il conflitto, le Nazioni rimanenti decisero di tentare un riequilibrio generale. Crearono un’unica forza politico sociale: il Consiglio dei Nove appunto. La domanda che attanagliava la sua mente, soprattutto conoscendo bene la fragilità dell’uomo, era sempre la stessa: avrebbe funzionato?

Si scosse come per allontanare quel pensiero. Anche le sue narici erano stimolate. L’odore che aleggiava, era forte, acre e gli dava fastidio. Sudore e sporcizia si mischiavano al naturale olezzo del legno muschiato. C’era poca gente quella sera, ma tanto bastava per provocargli prurito alle mani. Strana gente quella di Trylios, grandi lavoratori, i più, ma sempre ubriachi e iracondi.

Fini la sua birra, lascio sul bancone il dovuto, si alzò e si diresse verso l’uscita. La spalancò, pioveva.

«Sai che novità.» Esclamò.

«Il cielo non fa altro che piangere.»

Si coprì la testa con il cappuccio del giubbotto e guardò la catena che aveva al collo. La sua croce era li. Era un dono di Dio, era speciale e si chiamava YOD di un metallo indistruttibile e con un’anima pura. La catena era spessa, pesante e lunga. YOD gli batteva sul possente petto.

S’incamminò verso la sua auto parcheggiata a pochi metri. Era la sua trasposizione materiale; la chiamava Daisy per via del colore bianco perlato con le stripe blu. Era una Ford Mustang Shelby GT500 Super Snake del 1967 con un motore sovralimentato V8, cinquecento venti cavalli di potenza, era capace di accelerazioni da cardiopalma. Sotto i 4 secondi sui 100 metri. Il propulsore faceva cantare gli scarichi con un tuono di potenza pura. Gli ricordava sempre il rumore del vecchio desmo.

Fu l’ultima cosa che comprò assieme a suo padre, con il quale condivideva la passione per i motori.

La avviò, attivò le spazzole, si accese una sigaretta e incurante del freddo e della pioggia abbassò il finestrino. Stette un minuto immobile, poi ingranò la marcia e partì lasciando per terra aggressivi segni neri e nell’aria un urlo possente sviluppato dal motore di Daisy.

Sparì.

 

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Gian Luca Partengo
Gian Luca Partengo nasce a Torino nel 1972. Fin da ragazzo mostra un’anima creativa e inquieta, attratta dalla scrittura, dalla musica e da tutto ciò che permette di dare forma al pensiero. Cresciuto negli anni Ottanta e Novanta, si definisce forgiato da quel fuoco: libero, diretto, con pensiero tagliente e rispetto sacro per la vita. Dopo una lunga carriera nel design e nel web, sceglie di tornare alla sua vera vocazione: la scrittura, da sempre compagna e rifugio. Adottato da due persone che gli hanno insegnato il valore dell’amore scelto, porta nel suo modo di vivere e di scrivere una profonda gratitudine verso la vita e verso chi la condivide.
Per lui scrivere significa cercare un senso, dare voce all’introspezione e restituire al mondo valori che considera fondamentali — onore, coraggio, disciplina, cultura e intelligenza.
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