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Consegna prevista Agosto 2026
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Chloe, Samantha, Rehika e Harmony sognano da tutta la vita di organizzare una vacanza in una località esotica, lontana dalla vita monotona di tutti i giorni. Quando arrivano a West Side Beach credono di essere approdate in Paradiso: spiagge infinite, eventi ogni sera, bei ragazzi da conoscere e nessuno che dice loro cosa fare. Il loro sogno, però, viene presto infranto quando si rendono conto che la piccola e innocente cittadina nasconde in realtà dei segreti pericolosi, a cominciare dal misterioso e tenebroso Michael Clayton. Quando una di loro si ritroverà costretta a stringere un accordo proprio con lui, non solo metterà a rischio il legame di amicizia che le unisce, ma anche la vita stessa.

Perché ho scritto questo libro?

Ho scritto “Eight” con l’intento di dare voce a una generazione spesso incompresa e sottovalutata. Siamo quelli che non hanno paura di essere fragili o diversi, che nel peggio cerchiamo sempre il meglio e che, nonostante tutto sembri incerto, vogliamo costruire le nostre certezze. Ogni protagonista incarna un aspetto diverso, tutti possono rivedere se stessi. La svolta per l’idea di questa storia è arrivata grazie ai 5 Seconds of Summer e alla loro musica che mi ha salvata nei momenti più bui.

ANTEPRIMA NON EDITATA

 

Con il braccio a reggere la testa, diventata ormai pesante dopo due ore di viaggio, Chloe era malamente sdraiata sul quasi inesistente davanzale sotto il finestrino alla sua destra, le gambe abbandonate penzoloni sul sedile con una delle due rimasta addormentata sotto il suo sedere. Guardava distrattamente, ma allo stesso tempo con occhio vigile, fuori dal vetro un po’ sporco sul quale vi erano ancora visibili segni di quando aveva piovuto la settimana precedente. Tutto scorreva veloce, non sarebbe bastato un attimo a ritornare con lo sguardo su qualcosa di interessante appena visto che quello era già fuori dal suo raggio visivo.

Si passò una mano tra i capelli scuri, tanto da essere spesso scambiati per neri quando invece erano semplicemente, banalmente come lei stessa li definiva, castani e si sistemò l’auricolare che aveva nell’orecchio sinistro, così da sentire meglio la canzone che la riproduzione casuale aveva appena fatto partire. “Thinking Out Loud” di Ed Sheeran perveniva dolce nella testa della ragazza che, poco dopo, si mise a canticchiare battendo a ritmo le dita sulla sporgenza sulla quale aveva fatto ricadere il suo peso. “People fall in love in mystherious ways”, non aveva resistito e senza rendersene conto aveva cantato ad alta voce la sua parte preferita.

Era particolarmente legata a quel pezzo perché la faceva riflettere, si domandava se davvero le persone cadessero vittima di qualcuno con così tanta debolezza, tanto da non rendersene conto, non si capacitava di come fosse possibile soffrire se davvero venivi amato tanto dal ragazzo o ragazza in questione. E poi era affascinata da quel “modo misterioso” in cui tutto ciò accadeva. Era curiosa di sapere se anche lei si sarebbe accorta in tempo di essere stata stregata da qualcuno perché, in quel caso, avrebbe voluto avere pieno controllo di sé stessa. O almeno lo sperava. Di certo non avrebbe potuto definirsi una persona semplice, includendo ogni sfumatura di significato che il termine indicasse.

Era una ragazza sveglia, che sapeva cavarsela da sola e a cui non piaceva mostrarsi debole, ben sapendo che le persone non avrebbero aspettato altro, per poi usare contro di lei quel lato del suo carattere. D’altro canto, non era neanche la classica adolescente che aspettava trepidante che qualcuno la notasse, scegliendo con cura cosa indossare ogni mattina prima di recarsi a lezione. E, no, non era neanche quel genere di ragazza che voleva uscire con il capitano della squadra sportiva della sua scuola.

Se qualcuno l’avesse presentata descrivendola in quei termini, Chloe Henderson avrebbe sogghignato attenta a non farsi notare perché quella era solamente la parte più superficiale di lei. Dentro, nel profondo, era tutt’altro che la brava figlia che ogni madre avrebbe voluto. Certo, non avrebbe mai potuto paragonarsi alle sue migliori amiche, che al suo cospetto sarebbero state il diavolo e l’acquasanta, ma era decisamente il tipo di persona per cui i genitori avrebbero dovuto aspettarsi una chiamata dalla centrale di polizia a causa di corse clandestine con le auto. E ciò era effettivamente accaduto. 

Chloe era vitale ma riservata con chi non faceva parte della sua cerchia di conoscenze, amava provare qualsiasi attività che le procurasse un’adrenalina indescrivibile, non poteva fare a meno di distruggersi le ginocchia andando sullo skateboard e, anche se quel lato del suo carattere contrastava con tutto il resto, non riusciva proprio a far tacere quello romantico e sognatore che abitava in lei, sperando che prima o poi avrebbe trovato chi l’avrebbe apprezzata per ciò che era, come accadeva alle sue coetanee.

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Un altro dissesto stradale la fece sobbalzare e la ragazza seduta accanto a lei, complice anche la musica proveniente dalle cuffie di Chloe, si voltò nella sua direzione. Le allungò una gomitata per richiamare la sua attenzione, dal momento che pronunciare solamente il suo nome non era bastato alla sua vicina per farla voltare verso di lei.

«Allora, Chloe!» esordì raggiante la sua bionda amica che, nel frattempo, stava sgranocchiando una barretta di Kit Kat. «Sei pronta a divertirti?» proseguì ammiccando con uno sguardo malizioso, per poi scoppiare in una fragorosa risata che rivelò due fossette appena visibili ai lati delle labbra.

Chloe tolse l’auricolare che, così facendo, la strappò brutalmente dalle riflessioni di poco prima e dalla voce di uno dei suoi cantanti preferiti.

«Dopo che avrò fatto una bella dormita sì, Sam.» rispose lei, ancora un po’ frastornata sia per la musica che per il viaggio. 

Chloe adorava visitare posti nuovi e sperimentare le culture locali, fin da bambina aveva sempre avuto quella passione, ma se c’era una cosa che davvero detestava era viaggiare. Non sopportava di stare chiusa per tante ore in macchina o in pullman, era meno avversa ai treni ma sentiva pur sempre la nausea salirle dallo stomaco alla bocca.

Tutto il contrario delle sue amiche che, da quando avevano preso la patente, passavano quasi più tempo a girare in auto che sulla terra ferma. E anche di sua cugina, che si era unita a loro in quel viaggio dal quale, ancora, non sapeva esattamente cosa aspettarsi.

Samantha Prescott, Sam per gli amici, alzò gli occhi al cielo e fece una linguaccia al vuoto. La teatralità era sempre stata il suo forte. Poi tornò a fissare l’amica.

«Sei la solita palla! Ehi, tu con quella faccia, vedi bene di non vomitarmi addosso!» 

Schernì Chloe sapendo della sua avversione ai lunghi viaggi e in tutta risposta ebbe un bel dito medio dalla ragazza che, subito dopo, si sistemò nuovamente nella posizione in cui era poco prima di essere interrotta.

Samantha si avventò sulla sua barretta di cioccolato per torturarla con un altro morso e guardò il cellulare per controllare se fosse arrivato qualche messaggio, magari da sua madre.

Era una ragazza davvero bella, inseparabile amica di Chloe e Harmony, terzo elemento di quel gruppo fin dall’asilo; portava i capelli sciolti lunghi appena fin sotto al seno, biondi quasi platino, risultato di numerose tinte fatte dalla mano esperta di Harmony; erano ondulati e, a causa del gran caldo all’interno del pullman, erano stati fermati in parte in cima alla testa con una pinza. Aveva gli occhi azzurri ma tendenti al verde, ricordavano quasi quell’acqua cristallina delle isole caraibiche, quando sul fondale si depositano alcune alghe che, combinate con l’acqua blu, danno come risultato quell’effetto. 

Le labbra non erano grandissime, infatti era solita volumizzarle con matita e rossetto, così da ridisegnare la bocca che tanto invidiava ad alcune modelle. La sua carnagione era chiara ma, a dispetto di quanto si potesse pensare, diventava subito dorata dopo qualche ora di sole, fatto che mandava fuori di testa Chloe che, invece, si scottava sempre ogni volta decidessero di abbronzarsi un po’.

Un tratto particolare di Sam era sicuramente la sua passione per i tatuaggi, che tanto amava lei quanto, invece, sua madre odiava, la quale dovette arrendersi all’idea di veder tornare a casa la sua “bambina” con una grossa rosa dai contorni neri che le prendeva tutta la spalla destra, avvolgendo parte del braccio fino al gomito con lo stelo e le spine. Non le aveva più parlato per una settimana, ma Samantha aveva messo via i soldi da anni aspettando il suo diciottesimo compleanno, caduto alcuni mesi prima. La madre si era tuttavia fatta promettere dalla ragazza che non sarebbe tornata sotto l’ago almeno per un paio d’anni, e lei aveva dovuto cedere e darle la sua parola.

Adorava Chloe e non avrebbe permesso a nessuno di ferirla, la considerava un po’ come la sorellina che non aveva mai avuto e sapeva di essere stata lei in gran parte la causa di alcune delle sbandate della ragazza. Samantha, insieme a Harmony, l’altra mina vagante di quel terzetto, sembravano non avere molto in comune con la mora, eppure avrebbero fatto qualsiasi cosa l’una per l’altra.

L’acceso scambio di battute tra le due ragazze aveva attirato l’attenzione di una testa rossa che, ormai però, sembrava più un rosa pesca sbiadito per colpa della ricrescita scura che aveva fatto scolorire la tinta. Fece capolino dal sedile davanti a quello di Chloe, una ciocca scivolò sul poggiatesta, accompagnata repentinamente da un paio di occhioni scuri dall’evidente taglio furbetto. Puntellando i gomiti su di esso si voltò nella direzione della mora e della bionda, rimanendo in ginocchio sulla sua postazione.

Si passò la lingua sul labbro, prima inferiore e poi superiore, per ingannare la lotta tra la secchezza del clima e l’afa all’interno dell’abitacolo, dal momento che l’aria condizionata sembrava essersi dissolta.

«Cos’è? Miss Santarellina ha paura che qualcuno la sbatta al muro appena arrivata?»

Scherzò, continuando a torturarsi le labbra. Aveva un evidente tono divertito, era solita punzecchiare Chloe che, ormai, non se la prendeva più. O quasi.

Chloe, infatti, saltò su dalla sua postazione e le urlò malamente in faccia, ma con una punta di ironia nella voce tenendole testa.

«Hai forse paura che me lo sbatta prima io qualcuno, togliendoti il divertimento? Sappi che solo perché sono tranquilla non significa che io sia una sfigata!»

Harmony, di fronte a lei, non ribatté, spiazzata dalla risposta della sua amica. Sam, dal canto suo, si intromise a calmare le acque ricorrendo al tono più calmo che avesse nel suo repertorio.

«Dai, ragazze! Chloe, è ovvio che non sei una sfigata, altrimenti non saresti nostra amica. Sai com’è fatta Hammy, è aggressiva fin da quando all’asilo minacciava i bambini e gli sottraeva la merenda.»

A Chloe scappò un sorriso, tornando con la mente a ricordare i tempi passati con le due amiche. Non riusciva a capacitarsi di quanti anni avessero già trascorso insieme, adesso appena maggiorenni. In realtà lei avrebbe compiuto diciotto anni di lì a due mesi, ma quello lo considerava solamente un dettaglio, se non per il fatto che Sam e Hammy le avevano già falsificato una carta d’identità da spacciare nei locali una volta giunte nel luogo di vacanza.

Loro tre erano sempre state molto legate, nonostante avessero caratteri abbastanza diversi: Chloe, appunto, era solita stare un po’ sulle sue, e insieme a sua cugina erano le più responsabili del gruppo, quest’ultima anche la più saggia dal momento che era anche un anno più grande di loro; Samantha e Harmony, crescendo, erano diventate quel tipo di ragazze che a scuola erano considerate “facili”, ma loro non si ritenevano tali: avevano solo voglia di divertirsi, andare a ballare e flirtare con i ragazzi carini che capitavano loro sotto mano. Sostenevano sempre che si è adolescenti una sola volta nella vita, e quell’occasione tanto preziosa non poteva di certo essere sprecata; ogni tappa, nella propria esistenza, esige di essere vissuta, e quello era il loro momento. 

Dal canto suo, Chloe era più moderata delle amiche, ma ciò non significava assolutamente che a lei non piacesse fare le loro stesse cose; infatti, le seguiva sempre in tutto, però era capace di fermarsi un attimo prima di essere additata come una “che la dà a tutti”, nel gergo della loro scuola. Più volte Sam e Hammy l’avevano spronata a essere meno riflessiva e a buttarsi un po’ di più, a essere meno calcolatrice e più sciolta; ma la verità era che a Chloe non andava a genio l’idea di bruciarsi col fuoco. Non voleva tanti ragazzi, sognava semplicemente che qualcuno la prendesse per mano e le dicesse che da quel momento in poi ci sarebbero stati solo loro, per sempre.

Nonostante avesse appena cominciato l’università, Rehika, la cugina di Chloe, si era ben volentieri aggregata alle ragazze per lo Spring Break, che anche da lei era consentito e iniziato.

Ray, come spesso la chiamavano tutti, era sicuramente simile alla cugina, pacata e tranquilla era decisamente una ragazza bellissima, dai tratti delicati e quasi celestiali. Fino all’anno precedente aveva i capelli biondi lunghissimi fino al fondoschiena, ma una volta cominciata l’università aveva deciso di tagliarli corti fino alle spalle e, quindi, di non piastrarli più risparmiando tempo prezioso che proprio non poteva sprecare.

Gli occhi non erano di un banale azzurro, bensì di un colore intenso, quasi magnetico, di quelli che non passano inosservati a nessuno; la bocca, carnosa e sensuale, ricordava la forma di un cuore e la sua pelle perfetta sembrava velluto al solo tocco. Inutile dirlo, Rehika Coleman era una delle ragazze più ambite del suo corso, i ragazzi si inventavano impensabili strampalerie per attirare la sua attenzione ma, ovviamente, invano in quanto lei era dedita solamente allo studio e alla danza classica, che praticava fin dall’età di tre anni. Le piaceva uscire con le amiche della cugina, con loro si trovava bene e, dopotutto, era pur sempre una ragazza di diciannove anni anche lei.

Rimasta in silenzio fino ad allora, intenta a divorare con gli occhi uno dei numerosi romanzi che si portava sempre appresso, Rehika prese la parola per annunciare alle compagne che erano appena giunte al luogo di destinazione.

«Ci siamo, finalmente.» un sorriso radioso si dipinse sul suo volto di porcellana mentre, seduta accanto a Harmony, si voltava per vedere in faccia le sue amiche. «Siamo arrivate!»

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Mary Dawson
Attualmente vivo a Genova e lavoro come impiegata bancaria, ma ho studiato prima al liceo classico perchè ho sempre amato scrivere e ho pensato che quel percorso avrebbe contribuito a darmi ottime basi. Ho scelto poi di laurearmi in Filosofia perchè non mi basta mai una spiegazione, mi piace addentrarmi negli argomenti, sviscerarli e confrontarmi con altre correnti di pensiero. Ho preso anche una seconda laurea in Editoria, per portare avanti il mio sogno nel cassetto di poter pubblicare, un giorno, il libro che avevo iniziato a scrivere, ovvero Eight. Nel tempo libero adoro leggere young adult, thriller, romance, passare da un genere all'altro. Continuo a scrivere storie brevi e a immaginare nuovi romanzi a cui dare vita. Mi piace molto anche scattare fotografie ai paesaggi e cucinare. Al momento non ho mai pubblicato niente, ho solo partecipato ad alcuni concorsi letterari.
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