Quando la giustizia tradisce se stessa, chi resta a difenderla?
Tre agenti dell’Interpol — Dylan Rinaldi, Clara Moretti e John Patterson — si trovano coinvolti in una caccia senza tregua contro la Fratellanza, un’organizzazione criminale capace di manipolare il potere globale. Ma il nemico più insidioso non si nasconde nelle ombre: è già tra loro.
Tra tradimenti, verità scomode e un sicario imprendibile chiamato Umbra, i protagonisti dovranno affrontare un labirinto di scelte impossibili, dove ogni passo verso la verità ha un prezzo. Le loro convinzioni vacilleranno, e il confine tra giusto e necessario si farà sempre più sottile.
Ombre di Giustizia è un thriller psicologico ad alta tensione, dove l’azione mozzafiato si intreccia con la fragilità dell’animo umano. Un viaggio oscuro e viscerale che costringe i protagonisti — e il lettore — a chiedersi: fino a che punto siamo disposti a spingerci per difendere ciò in cui crediamo?
Perché ho scritto questo libro?
Ho scritto Ombre di Giustizia per esplorare il confine tra giusto e necessario. In un mondo dove la verità è spesso distorta, volevo raccontare una storia che unisse azione e introspezione, mostrando il coraggio di chi lotta anche quando tutto sembra perduto. È un thriller psicologico nato dal bisogno di dare voce alle ombre che ci abitano e alla luce che cerchiamo.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Il ritorno dell’investigatore delle ombre
Introduzione: In questo estratto dai primi capitoli di Ombre di Giustizia, Dylan Rinaldi — investigatore italiano di ritorno da New York — si ritrova immerso in una Roma che non ha mai smesso di osservarlo. Tra ricordi, tensioni e nuovi volti, il suo rientro nella squadra investigativa segna l’inizio di un viaggio oscuro, dove la giustizia non è mai ciò che sembra.
Estratto: New York non era mai stata casa sua. Troppo rumorosa, troppo veloce, troppo lontana. Ma per quindici anni lo era stata abbastanza. Dylan Rinaldi osservava il suo riflesso nel vetro appannato della caffetteria all’angolo tra la quarantaduesima e Lexington. Il solito posto, caffè annacquato e il solito rimuginare. Aveva lasciato Roma per studiare criminologia, con il sogno di diventare un investigatore come quelli dei romanzi noir che leggeva da ragazzino. Ora era uno di quei detective, almeno sulla carta. Aveva fatto gavetta, aveva visto cose che avrebbero fatto rabbrividire chiunque e, nel frattempo, aveva accumulato una piccola collezione di oggetti inutili. Ogni caso chiuso lasciava un segno: una chiave arrugginita, un bottone dorato, un accendino senza gas. Pezzi di puzzle che non avrebbero più trovato il loro posto, ma che per lui raccontavano storie meglio di qualsiasi rapporto ufficiale. Stavolta, però, era diverso. L’oggetto tra le sue dita non era un semplice cimelio. Era un biglietto aereo per Roma.
[…]
L’atterraggio fu brusco, come se Roma stessa volesse ricordargli che tornare non sarebbe stato indolore. Fiumicino, un caos organizzato. Dylan respirò l’aria densa dell’aeroporto e sentì un peso sul petto. Roma aveva un odore diverso: di caffè vero, di smog familiare, di pioggia imminente.
[…]
«Benvenuto a casa, detective. Abbiamo un caso per te.» Dylan accennò un sorriso stanco. «Nemmeno il tempo di farmi un caffè?» De Santis scoppiò a ridere e gli diede una pacca sulla spalla. «Lo sapevo che eri sempre il solito. Dai, ti offro il primo, ma sappi che il secondo te lo prepari da solo. Qui non siamo mica in America con i vostri bicchieroni di carta.»[…]
«Quindi alla fine torniamo sempre da dove siamo partiti?» domandò Dylan, sollevando lo sguardo. De Santis sorrise. «Forse sì. O forse è solo che certi posti e certe vite non ci lasciano mai davvero.» Dylan annuì, portando la tazzina alle labbra. Il caffè era forte, intenso, come i ricordi che gli tornavano alla mente. Roma lo aveva accolto di nuovo, ma dentro di sé sapeva che il vero viaggio era appena iniziato.
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