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L’ombra del Virus

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Consegna prevista Agosto 2026
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Un virus sconosciuto si insinua dalle ombre di laboratori segreti e poteri invisibili, intrecciando scienza, politica e inganni internazionali.
Il dottor Ruggero, insieme al Team Virus — un gruppo di amici legati dai tempi dell’università — si ritrova coinvolto in una corsa contro il tempo in cui nulla è come sembra: ogni scoperta apre nuove domande, ogni alleato può celare un inganno.
Tra Torino, Shenzen e l’Africa più profonda, si muovono fili invisibili che collegano esperimenti, complotti e coscienze in bilico.
L’Ombra del Virus è un thriller medico denso di tensione e realismo, dove la ricerca della verità si scontra con l’ambiguità del potere e la fragilità umana di chi tenta ancora di fare la cosa giusta.
Un viaggio nella paura, nella scienza e nella speranza — dove il nemico più pericoloso potrebbe non essere il virus, ma ciò che si nasconde dietro di esso.

Perché ho scritto questo libro?

Ho scritto L’Ombra del Virus per raccontare le paure, i dilemmi morali e il confine sottile tra scienza e potere.
È una storia di ricerca e di coraggio, in cui la verità diventa un terreno minato e la fragilità umana si trasforma in forza.
Attraverso i tre protagonisti — persone comuni chiamate a superare i propri limiti — l’intento è quello di indagare la complessità delle scelte e la difficoltà di restare integri quando l’ombra del dubbio cala sul mondo.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Un BIP flebile e distante faceva da sottofondo a pensieri confusi.

La vita che scorreva nel migliore dei modi, strani incontri con grande interesse sui suoi nuovi progetti e poi… il buio.

Un martellante pensiero  si faceva largo tra la confusione ed il forte mal di testa:

.

Una voce femminile pronunciava quella frase sospesa tra un augurio ed una minaccia.

Di chi era quella voce?

Quando aveva pronunciato quelle parole?

Tutto rimaneva confuso e soprattutto sospeso in un ambiente metafisico tra sogno e realtà; in quel limbo che non ha né tempo né luogo e che non permette di avere piena coscienza di sé.

Le tante voci presenti nella stanza si confondevano con i pensieri urlati

<Non  posso permettere il tuo risveglio>

E poi ancora…

.

Gli occhi ancora non si aprivano, ma la percezione dell’ambiente esterno diventava sempre più forte e vivida.

Doc stava tornando… sentiva sempre più allentare la catena che in quei giorni lo aveva ancorato al letto e la sensazione univa soddisfazione e paura.

Come il giorno della sua prima partenza dalla costiera amalfitana alla volta della Lombardia, come narrato qualche anno dopo nel film “Benvenuti al nord”, con usanze e abitudini completamente diverse.

Ruggero D’Amato non era affatto quel che sembrava: era insicuro e condizionato dalla fama del padre; per questo motivo aveva scelto di studiare biologia a Pavia.

Aveva messo in valigia i suoi sogni con la speranza di liberarsi dal cordone ombelicale che lo legava ai genitori, ignaro che la vita gli avrebbe regalato una sorpresa bellissima: l’unione con gli altri elementi del Team Virus.

Solo lui era consapevole che l’empatia con Vincenzo e Simone aveva contribuito ad eliminare quell’insicurezza facendo emergere le sue qualità migliori, tramutandolo nello studente più brillante di tutto l’ateneo!

Anche in questo momento di difficoltà, lontano da casa e dalla vita reale, gli pareva di avere un sostegno tangibile da parte dei suoi due ex coinquilini.

<McGyver, aiutami a sollevargli le spalle perché devo infilare la manica>

<Batman, siamo sicuri che nessuno si accorgerà di nulla?>

Il rosso di Amalfi non aveva ancora la forza di aprire gli occhi, ma era pronto ad “urlare” la sua amicizia, convinto che gli altri due avrebbero ascoltato i suoi pensieri. E nuovamente la sua mano si era mossa con fatica: pollice, indice e anulare a riformare il loro Pass Code.

Vincenzo e Simone, questa volta, non si erano accorti del segnale perché troppo intenti a cambiare il pigiama all’amico. Gli era stato concesso un permesso speciale per entrare nella stanza del paziente in quarantena, e gli indumenti indossati come protezione, impedivano la visione periferica.

Alle 21 e 27, orario tutt’altro che normale per una visita in ospedale, la telecamera era stata piazzata negli indumenti di Ruggero. Bisognava attendere il giorno successivo per i primi aggiornamenti: le registrazioni venivano raccolte in una scheda USB riposta nella tasca del pigiama di Ruggero senza possibilità di consultarle online.

Kumunkwa era tornato in albergo, al suo posto di comando ed aveva congedato il gruppo, convocandolo per il giorno successivo a colazione. Erano le 23 passate da poco ed era ora di chiudere questa lunga giornata.

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Simone e Vincenzo, nonostante la stanchezza di quel giorno interminabile, non vedevano l’ora di tornare in stanza per collegarsi all’account di Doc. La notte sarebbe stata lunga…

Con un po’ di emozione Vincenzo aveva acceso il suo computer improvvisato e, dopo aver “smanettato” un po’ sulla tastiera, aveva raggiunto il suo obiettivo: aprire il cloud di Doc.

Sul desktop erano finalmente apparsi i file di Doc, perfettamente catalogati come era solito fare.

Entrambi gli ex coinquilini l’avevano riconosciuto a prima vista: in basso a destra il cestino, perché Doc diceva: se ci fosse qualche file che “puzza” dev’essere messo in un angolo; d’altronde ripeteva sempre che nessuno tiene il cestino al centro della sala.

A sinistra, dall’alto verso il basso, si trovavano le sue cartelle maniacalmente suddivise: “documenti personali”, “documenti lavoro”, “appunti vari”, “team virus”, “serve sempre”. Quest’ultima cartella la utilizzava per inserire bozze, appunti, foto o documenti che non avrebbe catalogato come classici e quotidiani nella sua vita. I file da tenere ma da guardare poco…  sarebbe stata la cartella da aprire, ma, pur essendo stanchi della lunga giornata, i due amici si erano scambiati un cenno d’intesa e McGyver aveva clikkato sul LORO file: teamvirus.

Alla comparsa della nuova schermata il tempo si era fermato, catapultandoli nel loro mondo ideale: “escape room” conteneva tutte le loro avventure nelle stanze con enigmi; “coinquilini”, invece, custodiva l’aspetto romantico della loro storia: tutti i loro scherzi, gli indovinelli, le foto e le feste.

aveva chiesto Simone con  gli occhi sognanti di chi avrebbe voluto uscire da quell’incubo terreno per entrare nel computer e tornare a quei momenti.

e il pensiero era tornato alle feste di Natale post esami del primo semestre del secondo anno, quando Batman aveva conosciuto una ragazza al terzo anno di giurisprudenza e col suo fascino valtellinese le aveva strappato un’uscita a cena, fissata tre giorni dopo l’ultimo esame.

A dire la verità lui aveva flirtato per diverso tempo con Sonia, una ragazza di Broni, ridente cittadina oltrepadana, che era in facoltà con loro, ma non erano mai riusciti ad organizzare un appuntamento… Forse ne rimaneva sempre un po’ innamorato…

Durante l’ultimo anno di studi, Sonia rimase incinta di Ricciardi, che si rifiutò di riconoscere il bambino. Questo comportamento aveva alimentato l’astio di Batman verso il Killer.

Sonia e Simone si erano incontrati anni dopo, il 3 ottobre 2015 all’inaugurazione del nuovo locale di Max Pezzali a Pavia; motivo di reunion per il team virus nella città dei loro studi.

In quell’occasione Sonia aveva parlato volentieri con il valtellinese; gli aveva detto di avere un bimbo di cinque anni e di aver trovato lavoro come biologa molto vicino a casa. Infatti a Casanova Lonati sorgeva la Lab Analysis: un’eccellenza nazionale nelle analisi chimiche, biologiche, ambientali, dove lei si trovava divinamente con i proprietari: padre e madre fondatori dell’azienda e i figli, due ragazzi giovani ed intraprendenti, che proseguivano in pieno la tradizione famigliare.

Batman rivedeva in Sonia quella bellezza senza tempo essendone invaghito nell’anima. La stimava tantissimo per la sua intelligenza e per la scelta fatta di non interrompere la gravidanza, pur sapendo di dover crescere sola il bimbo che portava in grembo. Quel giorno in Cina Simone si era ripromesso di cercarla nuovamente per esternare i suoi sentimenti.

<Batman, ti sei incantato davanti al computer? Mi sembri malinconico, ma quella storia era stata divertente avevamo creato un buon diversivo>

La voce di McGyver, udita in lontananza come quando la mamma lo svegliava per andare a scuola, l’aveva riportato con lo sguardo sullo schermo e gli aveva strappato un sorriso ripensando a quel file.

In quei giorni Simone stava preparando l’esame di inglese scientifico ed aveva la mente concentrata sul rush finale pre vacanze, ma la ragazza coi suoi messaggi insistenti era diventata un elemento di distrazione

.

“Cosa fai?” era uno dei messaggi che, alla risposta “sto studiando” si zittiva per pochi minuti e poi nuovamente: “e adesso cosa fai?”. Era bastato poco a far spazientire il giovane che, per non essere scortese, aveva scelto di andare lo stesso all’appuntamento, ma la voglia era ormai completamente passata. Doc, vedendolo così nervoso e demoralizzato ma riconoscendo la sua bontà d’animo nel presentarsi all’incontro, gli aveva trovato la soluzione migliore, ma l’aveva comunicata, come al solito, in modo singolare.

Il giorno della cena di Batman, che sarebbe stata in una pizzeria del centro, Ruggero aveva appositamente parlato ad alta voce alla presenza degli altri due amici.

<McGyver, stasera verranno a Pavia quei tre ragazzi che abbiamo conosciuto in vacanza l’estate scorsa e che non vediamo da tempo; andiamo a cena, ok?>

Simone aveva risposto per primo e un po’ indispettivo aveva sbottato:

.

Il contenuto del discorso ed il tono irriverente dell’amico avevano fatto comprendere immediatamente il piano a Batman, che con una fragorosa risata aveva già trovato il titolo della strategia:

Mentre due componenti della banda ridevano, il terzo, come al solito, coglieva in ritardo le confabulazioni ed era costretto a farselo spiegare dall’ideatore:

Il momento dei ricordi si era concluso con Simone che ricordava a Vincenzo come, pur non litigando, quella ragazza non gli avesse mai più chiesto di uscire insieme.

Era ora di tornare alla realtà e capire qualcosa in più sul mistero cinese.

<Ok, McGyver… affrontiamo la realtà e cerchiamo ciò che ci interessa realmente; tu sai in che cartella controllare?>

Vincenzo conosceva già quella schermata, avendola vista il giorno precedente insieme a Poletti, che però non aveva notato una cartella dal nome T.V.M.C.

Invece l’aretino non poteva sbagliare, conoscendo come le proprie tasche Doc che diceva sempre: “Se vuoi che l’attenzione dell’interlocutore non si fissi su un oggetto, non dargli un nome” e così faceva anche per i file; inseriva le iniziali senza entrare nello specifico.

gli aveva chiesto Batman accorgendosi che il compagno di stanza stava per aprire quella particolare cartella.

<Vedi, Simo, l’avevo già notata a casa di Doc, ma non potevo aprirla per la presenza dell’ispettore, ma mi sono fatto un’idea ben precisa: Team Virus Mistero Cinese!!>

A Simone si era gelato il sangue nelle vene e nell’alternarsi ciclico del pensiero positivo o negativo, come nei vecchi film con l’angioletto o il diavoletto che si materializzavano sulle spalle, era tornato a dubitare dell’amico.

Cosa ci sarà in quei file e perché un documento col loro codice delle iniziali parlava del team?

gli aveva detto l’amico, mettendogli una mano sulla spalla e capendo il pensiero di Simone solo dal suo sguardo,

aveva aggiunto mentre faceva doppio klick sul tasto improvvisato, per poter entrare nella cartella interessata.

La cartella si era aperta con 2” di latenza, che ai ragazzi erano sembrati un’eternità ed aveva evidenziato sullo schermo tre file word: il primo era la stessa lettera che Poletti e Chiti avevano trovato nelle mail non inviate, il secondo file portava il nome “appunti di viaggio” ed i due amici avevano deciso di lasciarlo per ultimo, mentre il terzo file, che McGyver aveva aperto quasi d’istinto, era denominato “indice di un successo”.

INDICE DI UN SUCCESSO

    • Studio della formula 

    • Ricerca di uno laboratorio “prova” (Whuan)

    • Modifica della formula

    • Nuova prova XXXX

X Help help help

X Ultimo tentativo poi contatto con Batman per aiuto

X Gli amici si vedono nel momento… all’inizio

Vincenzo si era girato spontaneamente verso il suo amico chiedendogli con voce interrogativa:

<…E tu che c’entri?>

Dopo aver pronunciato quelle parole se ne era già pentito, soprattutto guardando il volto sconvolto del suo compagno di avventura.

<Scusa, Batman, ho pronunciato quelle parole d’istinto, ma so benissimo che non sai neanche tu cosa possa significare questo file>

Il biondo aveva perso la salivazione e, prima di rispondere, aveva sorseggiato un bicchiere di thè nero che ormai era freddo, essendo rimasto per almeno mezz’ora in tazza.

<Grazie, Mac della tua comprensione; il problema non è precisamente cosa c’entro io, ma, se gli ispettori venissero in possesso di questo documento, non penso proprio siano comprensivi come te>.

si era affrettato a puntualizzare il giovane informatico, rafforzando le sue parole con un occhiolino messo in risalto dalle spesse lenti che amplificavano la grandezza del suo bulbo oculare.

L’interesse dei ragazzi era stato catturato dai simboli degli elenchi puntati: alle prime 4 V simbolo di successo, seguivano 2 X con richiesta di aiuto… probabilmente era proprio lì che si era arenato Doc… e se la cronologia non li ingannava, quell’“ultimo tentativo…” poteva proprio essere il 9 gennaio, giorno del suo ultimo ritorno da Whuan.

L’altro documento, “Appunti di viaggio”, era un file stranamente disordinato per quel che rappresentava la mente di Ruggero: un insieme di formule e parole apparentemente insignificanti, tra le quali balzava all’occhio la ripetizione di due vocaboli talvolta scritti in grassetto: BISOGNA FISSARE. A Simone era venuto in mente quel gioco che dal 2007 era entrato nelle case degli italiani tutte le sere: “Reazione a catena”, nel quale bisognava collegare due parole per risalire alla soluzione.

Cosa voleva dire “bisogna fissare” e perché era entrata nella testa di Doc quasi come un’ossessione?

Fissare un obiettivo? Fissare inteso come “mirare” un virus su una fetta di popolazione?

Già su questa seconda ipotesi il valtellinese aveva deciso di fermarsi coi ragionamenti per non aggiungere negatività ad una situazione già complicata.

Era giunta l’ora di andare a letto, la stanchezza cominciava a farsi sentire, anche se non faceva il pari col sonno, che ormai era stato portato via da quanto trovato sul desktop del Pc di Doc. Gli sguardi degli avventurieri erano delusi, perché pensavano di trovare notizie più utili, ma soprattutto più confortanti nei meandri della memoria informatica di Doc.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Mattia Giacobone
Mattia Giacobone nasce a Voghera il 2 ottobre 1979. Fin da giovane esplora il confine tra corpo e pensiero. Laureato in Scienze Motorie nel 2004, prosegue con l’Osteopatia e successivamente con la Fisioterapia. Oggi è osteopata, docente all’Università di Pavia e allenatore UEFA A, formato a Coverciano. La sua visione del calcio supera il risultato: è linguaggio del corpo, dell’anima e dell’emozione. Autore di testi tecnici su taping, massaggio, coppettazione e didattica calcistica, nel 2019 pubblica Meglio di un film. Piacenza Campione d’Italia, dedicato alla storica vittoria dell’Under 15. Durante il lockdown del 2020 torna alla narrativa con un romanzo che intreccia realtà e finzione, segnando l’avvio di una nuova ricerca: quella dentro l’uomo, dove il gesto e la parola si fondono nella stessa idea di cura.
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