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Iperbaldo Maria Quondani

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Consegna prevista Agosto 2026
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Si narrano qui le vicende di Iperbaldo Maria Quondani, figlio unico di genitori agiati, ma con un discutibile gusto per i nomi.
Sbirciando tra le lettere che egli scrive a sé stesso (non senza una certa dose di autoironia), incontriamo Iperbaldo tredicenne – ignaro, timido ed innamorato di una non meglio specificata ragazzina coi capelli rossi – e lo seguiamo nel percorso di maturità che lo porta a diventare adulto.
Diverse sono le peripezie sul cammino del nostro: dal conflitto coi genitori, che si accende e risolve a fasi alterne, ai suoi successi ed insuccessi come studente, come amico e come lavoratore. Lo si vede impegnato in tentativi, più o meno maldestri e più o meno vani, di approcciarsi all’altra metà del cielo, lo si accompagna fin sulla soglia del seminario, andata e ritorno, e si assiste addirittura a più d’un tentativo di fare a schiaffi con l’Altissimo.
Non sarà quindi un percorso lineare e coerente, ma più spesso un brancolare a tastoni nell’ignoto.

Perché ho scritto questo libro?

Iperbaldo nasce dal bisogno di guardarmi dentro, di provare a capirmi quando sono confuso: in questi casi, spesso mi scrivo una lettera. Una volta, quasi per gioco, mi son detto: ma se tu provassi a farle diventar anche belle, queste lettere?
Mi sono tanto divertito, a lavorarci su, che ho poi deciso di costruirci un personaggio: le vicissitudini di Iperbaldo (che tanto diverse non sono da quelle di Luca), tra risate e riflessioni, raccontano quella che potrebbe essere la storia di ognuno.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Iperbaldo Maria Quondani nasce nella primavera dell’anno del Signore millenovecento e ottanta a San Gioviale del Rubicondo, paesone sparpagliato tra i piedi dell’Appennino Emiliano e la campagna sottostante. Figlio unico di genitori agiati, ma con un discutibile gusto per i nomi, frequenta le scuole e la parrocchia di paese fin verso l’età di anni tredici e mezzo, senza ancora mostrare alcun segno della peculiarità che lo porterà, poi, ad intraprendere una sempre più fitta corrispondenza con sé medesimo sui vari temi che andrà via via incontrando. Dunque fino ad allora, non si era nemmeno alla metà degli anni novanta del secolo passato, non si conservano notizie attendibili di quel che gli capitò.

Di seguito, un assaggio del resto.

13 febbraio 1998
venerdì sera

Cos’è che vuoi fare domani, Iperbaldo? Le lasci un bigliettino nel diario, all’intervallo? Domani? Il giorno di San Valentino (Santi Cirillo e Metodio, correggerebbe Pater)? Ma scherzi o sei serio?

È che sei serio, il problema è proprio quello lì: ci hai quasi diciotto anni, ma davanti a un paio di begli occhioni (seh! perché quando la guardi, la guardi negli occhi: sicuro!) vai in banana. Lo sai che sei ridicolo, vero?

Contento te…

liceo Sant’Inumi
14 febbraio
sabato: San Valentino, tra la quarta e la quinta ora

Sei ridicolo, Iperbaldo!

Se ne sono accorti tutti, anche lei. Anzi: lei per prima! Le risate che non si è fatta, quando si è trovata il bigliettino nel diario. Lei e la sua compagna di banco, che poi l’ha passato dietro. E così si son messe a ridere anche quelle altre due. È andato a spasso per mezza classe, quel maledetto scarabocchio, finché se n’è accorto anche il prof di filosofia. E cos’ha fatto, quello str…ano individuo? L’ha preso e l’ha letto ad alta voce davanti a tutti, per chiudere il giro!

(trovati un buco bello profondo e vattici a nascondere, valà, che questa figura di legno farai fatica a cavartela di dosso)

Com’è che dice Pater? “Chi nasce coglione poi fa fatica a guarire”: buona degenza, Iperbaldo.

campeggio di Porto Lecarte
27 giugno 1998
sabato, ora di cena

Siete proprio tre fenomeni!

Risaliti dalla spiaggia, vi siete trovati tre ragazzine straniere (per di più, gradevoli allo sguardo) nella piazzola accanto, impelagate in un ginepraio di tiranti, picchetti, tele e borsoni. Dunque, ecco l’ingresso in scena dei salvatori della patria (altrui): millantando una pluriennale esperienza (che vi manca, facce di bronzo!), avete offerto il vostro impagabile aiuto, sotto lo sguardo ilare del signore del camper di fronte (il quale, colta l’antifona e per cavarvi d’impiccio, vi ha preventivamente allungato il mazzuolo di nascosto: grazie!).

Non è che il cantiere sia davvero filato liscio come l’olio, ma la seconda tenda è andata su in un tempo e in un modo più o meno decorosi, dai. Una chiacchiera via l’altra, con Tuco, imbambolato, che vi fissava come alieni (è la quarta volta, su quattro, che ha il debito in inglese: magari l’anno prossimo prova a mettercisi), e guarda un po’ che stasera ti tocca cucinare per sei.

Sentenza si sta già dando da fare: si è scelto la meno carina delle tre, ma son poi fatti suoi. Tu per il momento preoccupati dei maccheroni, che almeno cominci da una materia su cui sei ferrato! Poi chissà.

È appena il primo giorno: non avere fretta, Iperbaldo!

1° luglio
mercoledì, alba

Racconta le cose con ordine (così magari va a finire che ci credi, perché vista da qui sembra ancora solo un sogno).

Partiamo dal principio: la delegazione si è prestata. Sentenza nella vostra tenda, Tuco in quella fiamminga (non da soli, evidentemente), Iperbaldo e la ragazzina straniera a spasso per il campeggio. Fino al segnale convenuto: e via di chiacchiera brillante! Tema della serata: “la qualunque”, ché il segnale convenuto potrebbe tardare, anche parecchio.

Imprevisto!: dopo un’oretta o giù di lì, salta su lei. Ti chiede, dal nulla (stavate parlando di fumetti, se non erro: intervento a palla lontana, è almeno antisportivo), se tu non sei interessato a quello che sta succedendo nelle tende.

Con l’acume che da sempre ti contraddistingue, il primo pensiero è che lei voglia abbandonarsi al voyeurismo (o come cavolo si scrive): non te l’aspetti, e per fortuna ti fermi prima di dire alcunché in merito. Soprattutto perché, guardandola meglio, capisci (in ritardo, ma non irreparabilmente) che avresti preso una cantonata monumentale. Con l’intuito che da sempre ti accompagna (ma che è sempre due o tre passi indietro, mannaggia!), cogli finalmente cosa intende davvero. E qui silenzio, imbarazzo, orecchie rosse (meno male che eravate al buio) e silenzio, ancora. Iperbaldo, sfiori il ridicolo!

Ci metti un po’ a farfugliare qualcosa di estremamente confuso sul fatto che lei ti piace, ma che ci hai mille dubbi (sintesi spietata: nel mondo vero, hai farfugliato per una mezza eternità!). E qui, colpo di scena!: anche lei farfuglia, e il motivo è (piuttosto sorprendentemente, in verità) concorde.

Riscrivendola in modo che si possa capire (vi ci sono volute quasi due ore di farfugliamenti, ma ne è valsa la pena): anche tu le piaci (e questo è bene), ma anche lei ci ha mille dubbi (e anche questo è bene). In buona sostanza: entrambi siete reciprocamente attratti (sic!), ma entrambi avete paura di (come suona male! entrambi avete la sensazione che potreste) innamorarvi sul serio, ed entrambi sapete che non sarebbe una buona idea (e questo è molto bene). Entrambi siete convinti che spingervi fino in fondo potrebbe sì essere gradevole al momento, ma non sarebbe bene.

(solo qui ti è venuto in mente di prenderla per mano! solo qui! Iperbaldo, sei pessimo tra i pessimi!)

E allora, cominciate a condividere le vostre ragioni, le vostre sensazioni, i vostri dubbi, i vostri tutto quanto: presi per mano, con dipinto sul viso un sorriso per uno, due sorrisi di quelli che avrebbero sciolto un macigno. Prima ancora di accorgervene, vi abbracciate e vi baciate.

(Iperbaldo: vi abbracciate e vi baciate! lo scrivi come fosse la cosa più normale del mondo? forse hai ragione)

Non un bacetto da cuginetti: un bacio, uno di quelli veri. Vi allontanate un attimo, come sorpresi: ma non siete arrivati a parlare di questo proprio dicendo che no, che non è il caso? Scoppiate a ridere come due bambini, e vi baciate di nuovo, stavolta senza la sensazione della sorpresa.

Il segnale convenuto, se anche è arrivato, ve lo siete perso: avete parlato, abbracciati, avete riso e vi siete baciati, per tutta la notte, sulle panchine davanti allo spaccio del campeggio (classico esempio accademico di romanticismo, come autorevolmente riportato in tutta la letteratura di settore: sei pessimo tra i pessimi, Iperbaldo!). Ora il cielo si sta facendo rosso, e lei si è addormentata da una mezz’ora con la testa sulle tue ginocchia. Tu, sveglio di contentezza, la guardi: bella com’è, acciambellata che pare una gattina, con la testa sulle tue ginocchia. Le passi le dita tra i riccioli e stai bene, come non sei mai stato così bene prima di oggi!

(e allora cosa fai? prendi il taccuino e scrivi: pessimo tra i pessimi, Iperbaldo!)

Scuotila: sorge il sole, rimedia al romanticismo (innegabile) delle panchine dello spaccio, offrendole l’occasione di godervi insieme l’alba sul mare.

San Gioviale del Rubicondo
14 luglio
martedì

È già passata una settimana, Iperbaldo. Anzi, addirittura qualche giorno in più: lo vedi che non ne sei morto?

D’accordo, deve ancora venire una sera che, prima di addormentarti, non te la vedi su quelle panchine, acciambellata che pare una gattina, con la testa sulle tue ginocchia: ma sono due sere di fila che riesci a non piangerci. Anzi, ieri notte hai addirittura sorriso, ripensando a come stavi bene mentre le passavi le dita tra i riccioli.

Coltiva questo ricordo, Iperbaldo. Sgravalo di tutte le pene, tergilo di tutte le lacrime, e conserva solo quello che rimane, che è bellissimo: lei sarà per sempre quella che ti ha fregato per prima. Ti sarà prezioso per tutta la vita, questo ricordo: una storia (non un’avventura!) di soli tre giorni, ma che ti ha fatto intravedere che cosa vuol dire essere innamorato sul serio.

Verrà il giorno in cui sarai innamorato di nuovo, sul serio: non dovrai più pensare a lei, allora, ma potrai tenerti a mente come sei stato bene, e come vorrai stare bene ancora.

11 ottobre 1998,
domenica, sera

Per cena, stasera, a casa Quondani, tempesta: tuoni e fulmini, con contorno di saette.

Il primogenito, il figlio diletto, l’erede (unico) che pensa di lasciare la dinastia per vestire la tonaca? Ma siamo nel medioevo? Ecco, forse Pater non l’ha presa benissimo.

Mater, dal canto suo, s’è sentita probabilmente lesa nel suo inalienabile diritto di nonna in pectore, ché le argomentazioni volgevano più spesso che no al rovello della continuazione della stirpe.

E tu, serafico, che stavi a sentire sfuriate e sospiri, minacce e patemi. Rispondendo con (teatrale: ammettilo, che a quel punto hai cominciato a farlo apposta) serenità ad ogni colpo, fino a che hai giocato la carta vincente, il carico che ha sparigliato il gioco. Non hai mica ancora preso alcuna decisione: il percorso che comincia domenica serve proprio per capire se quella decisione la vuoi prendere, oppure no.

E allora Pater (lo si è chiaramente visto tra le righe, che intanto stava puntando tutti i suoi cospicui risparmi sul “no, prete mai”) s’è ammansito et Mater (che altrettanto chiaramente, sebbene altrettanto tra le righe, ha coperto senza esitazione alcuna la scommessa del consorte) s’è rasserenata: sembravano voler dire “ebbene, va’. Basta che poi decidi altrimenti”.

Avresti ben preferito un’accoglienza diversa, eh, Iperbaldo? Non dico il tappeto rosso, ci sta che sia un boccone un po’ grosso da mandar giù col sorriso. Ma non ti aspettavi nemmeno la guerra: vaghi ricordi di un cinno di terza media, e di una sfuriata onnicomprensiva su bisnonni, licei, chirurghi e suore. Cinque anni dopo, le battute cambiano ma il canovaccio è sempre quello.

Dovrai lavorare su due fronti, Iperbaldo: da una parte ti metti con tutto te stesso a cercare di capire se quel che ci hai indosso è una vocazione sacerdotale o un ghiribizzo di adolescente, e dall’altra ti lavori con ferma gentilezza Matrem atque Patrem per negoziare almeno un cessate il fuoco.

(mi sorprende il tuo tono sereno e distaccato, ironico a tratti, Iperbaldo: temevo tragedia, in conseguenza della tempesta. stai forse imparando a mantener saldo il timone nelle avversità? sarebbe un gran bel guadagno)

9 giugno 2000
venerdì notte

Oh, strano che non riesci a dormire, Iperbaldo!

Sarà mica che domani è il giorno che ti sei dato per capire come stanno le cose tra te e la Bionda, vero? Sai bene che non potrai prendere a mano il taccuino e leggerti l’omelia (nein! verboten!): quindi che vuoi fare, scrivertela lo stesso? Soccia che scemo che sei.

Comincia con la chiacchiera brillante: è un marchio di fabbrica, bisogna mantenerlo. Poi portala nel locale della prima volta: e mentre siete seduti al tavolo a bere il vostro cocktail, attacchi il tuo discorsetto.

(prendila per mano, non essere pessimo)

Oh: mica farlo suonare come un discorsetto! Per favore, va’ dritto al sodo: niente ampolloso preambolo, stavolta. Le dici, chiaro e conciso, che stai molto bene con lei: che vorresti che la vostra non fosse solo una bella amicizia, ma qualcosa di più (“sto molto bene con te: vorrei che la nostra non fosse solo una bella amicizia, ma qualcosa di più”. solo diciannove parole: un bel respiro, e glie le dici tutte d’un fiato, ma scandendole per bene). E diglielo, che sei innamorato di lei (“sono innamorato di te”: sono solo altre quattro, ma prendi un altro bel respiro, prima)! La cosa peggiore che può succedere è che ti rida in faccia: non si muore di questo, sai?

Vero: in realtà la cosa peggiore che possa succedere è che questa bella amicizia termini (in malo modo: sai, non si muore neanche di questo), ma ti basta così? Non ci credo: e non ci credi neanche tu. Tutto o niente, stavolta. A tutti i costi.

In bocca al lupo, Iperbaldo.

(e buonanotte, scemo!)

9 giugno 2014, lunedì
primo di una lunga serie di treni

Alla fine ci sei saltato, su questo treno. Non ci credevi neanche tu, nemmeno sulla banchina, vero? Eppure hai preparato lo zaino con cura, tutto insacchettato in caso si prenda pioggia: la credenziale; tre di tutto, calzini mutande magliette pantaloni; una felpa; il giubottino impermeabile le ghette e il guscio per lo zaino; il sapone di Marsiglia il docciasciampo il dentifricio e lo spazzolino; assistenza per caviglie e ginocchia; un paio di ghiacci istantanei e i due medicinali due di cui potresti aver bisogno, più i cerotti delle vesciche; scarponi sandali e lacci di riserva; torcia da fronte e ciappetti; un libro. Il taccuino e la scorta di penne. Comecosa? Ci hai messo dentro anche la tromba? Ma perché, hai intenzione di fermarti a suonare la tromba per strada? E va bene, ci hai messo dentro anche la tromba: è quella di plastica da viaggio, non pesa poi tanto. Non suona proprio come una tromba vera, ma almeno non pesa poi tanto (davvero hai intenzione di fermarti a suonare la tromba per la strada? è da un po’ che non lo fai più, il saltimbanco…). Dieci chili e mezzo in tutto, comprese le bacchette. Più la scorta d’acqua. Lo sai che ogni grammo te lo devi portare a spalle, vero?

La decisione l’hai presa di getto, non sei stato tanto a pensarci su: un’occhiata agli orari dei treni, alle coincidenze internazionali, ai prezzi dei biglietti, e via! Stasera tappa a Marsiglia, domattina si riparte per León. Poi, fino a Santiago de Compostela ci si va a piedi: dovrebbero essere circa una dozzina di tappe, son poco più di trecento chilometri. Trecento chilometri? A piedi? Ma sei scemo, Iperbaldo? Forse che sì, forse che no: lo scopriremo (se, e) quando arriverai in piazza a Santiago: calendario alla mano, dovrebbe essere nei pressi del ventidue di giugno, domenica. Tanto sei disoccupato (sei uscito dal seminario da meno di due settimane: datti tregua!): se anche tardi qualche giorno, il mondo non crollerà.

Ma poi: che cosa ci vai a fare, a Santiago a piedi? Da solo, addirittura? Hai delle colpe da scontare? Forse che sì, forse che no, ma il punto non è questo. Hai delle domande da fare? Neanche, sebbene una manciata di risposte non è che ti farebbero schifo. E dunque? Eh, e dunque hai deciso che devi litigarci, finalmente, con l’Altissimo. È ora che vi chiariate: se non fosse che stiamo parlando dell’Onnipotente, si potrebbe dire che è ora di fare a schiaffi, da uomo a uomo. È ora di presentare il conto: per gli anni sprecati (no, non sprecati: investiti) in seminario, per la tua vita sentimentale sgangherata (vita? pare che su Marte ce ne sia di più, non trovi?). Per gli anni a Vergate e per quelli al liceo, per i due anni (che pesano come venti) di silenzio con casa.

(anche il conto per la Bionda, che dopo così tanti anni, evidentemente, non hai ancora chiuso del tutto)

Presentare il conto: ma poi, chi paga?

Buon cammino, Iperbaldo.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Luca Zambonelli
Luca Zambonelli nasce a Milano il 15 gennaio del 1980, ma già all’età di tre mesi decide scientemente di trasferirsi a Bologna, dove qualche lustro più tardi intraprende gli studi di ingegneria. Condisce lo studio delle materie scientifiche con amenità varie, tipo la musica (che tuttora coltiva con passione) e la giocoleria (abbandonata invece per via). E intanto legge di tutto: dai fumetti ai romanzi impegnati ai racconti umoristici.
La scrittura arriva solo dopo, invece: quando scopre dentro sé stesso l’esigenza di fare chiarezza, soprattutto a seguito delle molte volte in cui si è trovato a ripartire dal via sul tabellone di questo stupendo gioco che è la vita.
Iperbaldo Maria Quondani non è il suo primo romanzo in assoluto, ma è il primo bello.
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