Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

Coincidenze

Svuota
Quantità

 Le coincidenze sono quei piccoli dettagli che possono trasformare un flusso ininterrotto di banalità in un attimo di straordinaria approssimazione al cambiamento.

Fra queste coincidenze si muovono persone normali che lavorano, amano, crescono figli e viaggiano, si spostano. Saranno proprio i mezzi di trasporto – un vagone del treno stipato, la metropolitana caotica di Milano, uno scalo lungo la tratta di un volo – a fare da cornice alle storie di Mia e due ragazzi, e dei personaggi che gravitano attorno alla loro orbita di amicizia, amore e separazione.

STORIA DEL TRENO

1. Milano Cadorna

18:46, lunedì sera di fine novembre

I polmoni di Niccolò bruciano mentre corre sotto le luci dei lampioni, finché non riesce a distinguere le lettere bianche.

Ferrovie Nord Milano.

Si deve fermare al semaforo rosso, il traffico a quell’ora è allucinante, e lui freme mentre aspetta il suo turno per attraversare l’incrocio. Quando scatta il verde, scatta anche lui.

Continua a leggere

Continua a leggere

La stazione è un rigurgito continuo di persone, più o meno di fretta, e per raggiungere il binario deve urtare contro le spalle di diversa gente. Tra sé e sé lancia qualche maledizione. 

Alza lo sguardo sul tabellone delle partenze, solo un secondo, giusto il tempo di vedere se il treno partirà al sette o all’otto. 

È in partenza al sette.

Le palette a forma di numero girano sul teleindicatore e lo incitano a darsi una mossa, gli mettono le ali ai piedi. 

Quasi non ci crede: sta per riuscire a prendere quel treno. 

Si era già rassegnato all’idea di dover aspettare un’ora intera per il successivo, arrivare a casa tardi, quando ormai l’appetito sarebbe già passato, mangiare controvoglia i piatti riscaldati alla massima potenza da sua madre, obbligandola a rimanere in piedi ad aspettarlo e a fargli compagnia con la faccia distrutta dalla stanchezza, i capelli spettinati, le pantofole e la vestaglia. 

Forse così, invece, riuscirà a essere a casa in tempo per cena. 

Prova a balzare sul primo vagone, ma la gente è stipata peggio che in un carro bestiame, gli fa scudo con la schiena, impedendogli di salire. 

Non si sofferma più del necessario, è già volato al vagone successivo, ma anche lì gli si ripresenta la stessa scena. Corre fino al terzo, al quarto, le porte si stanno chiudendo. Cazzo. 

Un ragazzo in completo elegante, con la valigetta porta-documenti stretta nel pugno, legge la delusione e la disperazione nel suo sguardo, appena al di là della linea di accesso al treno. 

Istintivamente, quel ragazzo porta una mano a bloccare le porte.

Le sta tenendo aperte per lui. 

Gli fa un gesto, come a dirgli “muoviti, sali”, e Niccolò si muove, sale. 

Salta sul gradino come un gatto, dice «scusa, permesso, mi dispiace» alla ragazza coi codini e le cuffiette nelle orecchie, alla signora di mezza età con la busta della spesa in mezzo ai piedi, e finalmente al suo benefattore manda un «grazie», un sorriso sincero, di cuore. «E di che?».

È strano, in quella città, trovare qualcuno che sia gentile con te, e che si scomodi anche solo un po’ per farti un favore. Vorrebbe dirglielo, ma non è il caso, perché lui è già tornato a leggere il Corriere a testa bassa.

Che curiosa coincidenza che abbia distolto l’attenzione dalla lettura giusto in tempo per vederlo correre verso le porte a scorrimento automatico.

La voce metallica del treno annuncia la prossima fermata. 

2. Milano Domodossola

Niccolò è schiacciato contro il vetro sporco del vagone. 

È infastidito da quell’ammasso di gente, dalla musichetta sparata a tutto volume nelle cuffie della ragazza accanto a lui, dalla puzza di sudore, dalla voce metallica del treno, dai sospiri d’impazienza della signora con la spesa in mezzo alle gambe, dagli scossoni delle rotaie, dalle frenate brusche, dal non potersi togliere lo zaino pieno di libri dell’università dalle spalle, e nemmeno il giubbotto – quello pesante, invernale – perché fuori fa un freddo cane ma dentro al treno si soffoca di caldo, con quell’aria irrespirabile e appiccicosa sparata a mille dai bocchettoni.

L’unica cosa che non lo infastidisce in realtà è una persona: il ragazzo che gli ha permesso di salire su quel dannato treno. 

Se non fosse stato per lui, si sarebbe ritrovato al gelo sulle panchine del binario per un’ora intera ad aspettare il treno successivo. E si è pure dimenticato il Walkman a casa di Mia, perciò non avrebbe saputo come far passare quei sessanta minuti che sarebbero sicuramente sembrati infiniti.

Il ragazzo se ne sta anche lui incollato contro la porta a vetri del treno, proprio a fianco, ma tra loro – fortunatamente – qualche centimetro di distanza c’è, e questo concede loro di non odiarsi come invece stanno odiando tutte le altre persone presenti, che per la mancanza di spazio si sono appiccicate ai loro giubbotti, alle loro schiene, alle loro spalle. 

Niccolò lo osserva di sottecchi: è un ragazzo alto, robusto, vestito in modo formale con un completo, la camicia, le scarpe stringate di cuoio. Porta occhiali da vista eleganti e un giubbotto blu scuro, sportivo, che gli dà un’aria un po’ più pratica. Ha una faccia che suscita simpatia, anche se non ha mai sorriso, nemmeno quando gli è caduto lo sguardo sulle vignette satiriche in prima pagina del quotidiano, quando l’ha arrotolato per infilarlo sotto al braccio. Sembra stanco, chissà che lavoro fa. Difficile immaginare che età possa avere, la fronte corrucciata lo fa apparire pieno di rughe, forse ha trent’anni, ma la freschezza nello sguardo fa pensare che sia più giovane. 

Il flusso di pensieri di Niccolò viene arrestato da un ricordo che gli compare davanti agli occhi in uno squarcio. Si tratta dello scambio di battute che ha avuto tre quarti d’ora prima con Mia, sulla porta di casa sua, appena prima che lui si lanciasse in una corsa frenetica lungo i marciapiedi di Milano.

La signora con la spesa lo sta fissando con insistenza e sta cercando di farsi spazio a forza di spallate poco delicate, e Niccolò si infastidisce. Teme che quella donna possa intrufolarsi nella sua mente e navigare tra i suoi pensieri tormentati.

«Dai, fammi andare, se no perdo il treno!». Sorride tra sé e sé, mentre ricorda l’unico dettaglio piacevole di quella separazione: la testolina di Mia insistentemente premuta contro lo sterno, le braccia che gli circondano la schiena per impedirgli di andarsene. 

Nota che anche il ragazzo, il suo benefattore, lo sta osservando di sottecchi. Si cancella il sorriso ebete dalla faccia mentre diventa improvvisamente geloso dei propri pensieri, della propria intimità. Distoglie lo sguardo e fissa un punto imprecisato al di là del vetro, s’incolla al paesaggio che muta con l’incedere esasperatamente lento del treno, ma in realtà non sta assorbendo alcuna immagine. I suoi occhi sono ancora pieni di Mia. 

«Quando posso rivederti?» le aveva chiesto, mentre usciva sul pianerottolo e si apprestava a imboccare le scale di corsa. 

Il suo umore si fa sempre più cupo. La risposta di Mia alla sua semplice richiesta era stata troppo vaga, presagiva un lungo periodo di silenzio, di telefonate rubate nel cuore della notte e di incertezze. 

Tutto d’un tratto anche il compagno di viaggio che aveva ritenuto tollerabile, se non addirittura simpatico, lo irrita. 

Rinuncia a guardare, fuori dal finestrino, la bocca scura della galleria in cui si stanno addentrando e si fissa le scarpe fino alla fermata successiva. 

3. Milano Bovisa

Se ne stanno schiacciati gli uni contro gli altri, come sardine in una scatoletta di latta. È l’orario di punta, dopotutto. 

Una gamba avvolta in un jeans, un braccio insaccato in una manica di cappotto, una cascata di capelli castani che gli solletica la spalla, e il pensiero di Niccolò viaggia subito, veloce e potente, al contrario lungo il tragitto dei binari, fino a tornare al suo punto di partenza: un monolocale in centro a Milano. «La mia scatola di scarpe,» la schernisce Mia ridendo. 

Le parti di quei corpi che lo circondano gli fanno tornare in mente la gamba nuda di Mia sul letto. Il braccio esile. La cascata di capelli castani che gli solletica la spalla, nuda e bianca, prima di rivestirsi e via, veloce, verso la stazione. Quanto gli è pesato, questa volta, separarsi da lei.

Ormai è felice solo quando si trova in quell’angolo minuscolo di mondo, sperduto in una città più grande di lui, più grande di loro. In cosa è andato a cacciarsi? 

Le unghie dipinte di una ragazza, un occhio verde che guarda fuori dal finestrino.

E Niccolò ripensa subito a Mia accoccolata sul materasso, prima di fare l’amore, già spogliata, che si dipinge le unghie di rosso, un sorriso sereno disegnato sulle labbra. Ripensa a Mia sdraiata sulla schiena, che guarda in su, fissa il soffitto, con quel suo occhio verde che lo fa impazzire, sembra l’occhio del ciclone. E lui ci è dentro fino al collo. 

La rabbia che ha provato fino a poco prima scompare nella tenerezza di quei frammenti di Mia. 

«Devo capire come organizzarmi, non ho molto tempo libero tra il lavoro e tutto» aveva detto così lei, mentre Niccolò già le dava le spalle. È quel “e tutto”, ora, a pesargli come un macigno. 

«“E tutto” vuol dire quello là?» non aveva potuto fare a meno di rispondere lui. Aveva usato un tono aggressivo, se ne rende conto solo ora. 

Lei era ammutolita. Aveva sentito che stavano arrivando delle lacrime, perciò si era affrettato a togliersi di torno e a inghiottirsi gli scalini delle rampe di scale due alla volta. 

Odiava sentirla piangere. 

Non capisce perché non sia capace di mettere fine a quella relazione, visto che ora vuole bene a lui. Perché vuole bene a lui, su questo non ha alcun dubbio, anche se non gliel’ha mai sentito dire. 

La sua Mia, che andava ad aprirgli la porta del monolocale con addosso soltanto una vecchia felpa, a piedi scalzi. Erano quei piedini scalzi a farlo impazzire, non tanto il fatto che non indossasse nient’altro che la felpa. In quei momenti non poteva fare a meno di assalirla di baci. 

La sua piccola scatola di scarpe diventava la loro piccola scatola di scarpe, il loro rifugio. 

E Niccolò amava quel rifugio che profumava di foglie di cannella, caramello e miele. Amava quel tavolo rotondo sempre disseminato di cianfrusaglie, amava quel fornello dove preparavano il caffè insieme, la mattina, appena svegli. Amava quel sofà con la coperta di lana fatta a mano, amava quegli scaffali che straripavano di libri. 

Mia invece amava leggere. Eccome se lo amava. E lui avrebbe potuto passare ore intere a osservarla mentre divorava un romanzo, interrompendo l’immobilità del suo corpo solo per sfogliare una pagina, o sistemare una ciocca di capelli dietro l’orecchio, o alzare lo sguardo su di lui, un attimo soltanto, ecco, quell’attimo in cui lei gli sorrideva con l’occhio del ciclone e lui doveva trattenersi dall’essere troppo felice. 

Perché gli esplode una felicità contagiosa in un punto imprecisato in basso, nel ventre, ogni volta che lei lo guarda così.

C’è quel piccolo particolare lì, però, che lo fa tornare sempre coi piedi per terra, quando lei gli fa “il sorriso”. Quel piccolo particolare non gli permette di addormentarsi serenamente, la notte, e lo obbliga ad abbracciarla con un po’ troppa forza ogni volta che la saluta quando devono separarsi, gli fa crescere un moto di rabbia ogni volta che si prende quel corpo minuto, ed è costretto a sfogarlo con movimenti violenti che altrimenti non gli apparterrebbero. Quel piccolo particolare che lei cerca di evitare di affrontare. 

Prima di lui c’è un altro. 

Lei ha scelto un altro. 

E continua a sceglierlo, dato che non vuole decidersi a separarsene. 

Forse, Mia non è sua nemmeno mentre la sta stringendo. 

Ecco, il malumore è tornato. Mentre il treno entra in stazione e si ferma al binario, Niccolò si guarda attorno e spera che qualcuno scenda dal vagone, che l’aria torni a essere nuovamente respirabile. 

Invece le porte si aprono, un paio di ragazzi e due turisti giapponesi con lo zaino sono gli unici passeggeri ad abbandonare il mezzo, per il resto si rimane incollati gli uni agli altri tra gli sbuffi innervositi, i “mi scusi” e i musi lunghi. Che nessuno salga, implora mentalmente Niccolò. E la sua preghiera viene esaudita. 

Il treno riparte.

2021-11-23

Aggiornamento

Ciao amici, “Coincidenze” ha terminato la fase di editing ed è quasi pronto per la pubblicazione! Non ho ancora una data precisa da anticiparvi, appena la saprò ve la farò sapere. Intanto colgo l’occasione per ringraziarvi ancora una volta per avermi dato fiducia senza conoscere minimamente le mie reali capacità artistiche, e non vedo l’ora di mostrarvi la copertina che i grafici hanno realizzato per il libro. A prestissimo con più informazioni, Sofia
2021-02-08

Aggiornamento

Raggiunto il 100%! Che dire? Non ho ancora parole. Grazie.
2021-01-31

Aggiornamento

Abbiamo raggiunto l'80% dei pre-ordini! Manca pochissimo al raggiungimento dell'obiettivo... Ringrazio chiunque abbia deciso di supportarmi in questa campagna, siamo una grande squadra :)
2021-01-26

Aggiornamento

Sono passate meno di 24 ore dal lancio della campagna di "Coincidenze" e siamo già al 40%! Ci tengo a ringraziare di cuore chi ha scelto di sostenermi in questo percorso: i parenti, gli amici, ma anche tutti i conoscenti che pur non avendo un contatto diretto con me sono rimasti incuriositi dal mio lavoro :) Avanti così!

Commenti

  1. Mi è piaciuta la tua anteprima. Scorrevole e senza fronzoli, chiarisce da subito al lettore la storia che andrà a dipanarsi. Da scrittrice ti faccio i miei complimenti.

  2. Silvia Ferraresi

    (proprietario verificato)

    Mi ha incuriosito la trama e questa giovane scrittrice mi ha fatto rivivere, nel suo modo fluido e scorrevole, situazioni e sentimenti che ho provato. Oltre all’amore vissuto e mai scordato, i viaggi da pendolare sui treni delle nord, la vita da ragazza nella grande Milano e molto altro. Brava, spero che questo sia il libro di esordio a cui ne seguiranno altri.

  3. (proprietario verificato)

    Trovare mia figlia Sofia scrittrice è stata una delle tante sorprese che la vita mi ha voluto regalare. Ora… Curiosa come tutte le persone che l’hanno acquistato (grazie a tutti!), non vedo l’ora di poter iniziare a leggere COINCIDENZE nella speranza di trovare un po’ di lei!

  4. (proprietario verificato)

    Ho pre-ordinato Coincidenze ma non ho potuto fare a meno di iniziare a leggerlo subito, anziché aspettare che mi venisse consegnato. E’ una lettura piacevole e i capitoli sono molto scorrevoli. E’ adatto a tutti.

  5. (proprietario verificato)

    Avevo voglia di leggere un libro, mi arriva un messaggio via mail con un link, apro ed è una campagna di crowdfunding per la pubblicazione di un libro…mi chiedo se sarà una coincidenza…!!!

Aggiungere un Commento

Condividi
Tweet
WhatsApp
Sofia Manzoni
è nata a Erba, in provincia di Como, nel 1997. Vive a Milano, dove frequenta l’università e lavora. “Coincidenze” è il suo primo romanzo.
Sofia Manzoni on FacebookSofia Manzoni on Instagram
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors