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Fri, il coraggio di migrare

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Melik è una valle rigogliosa protetta da altissime montagne da cui nessuno ha mai pensato di migrare. Fri vive felice, cullato dalla
certezza di un futuro legato al suo stormo e alla sua terra, finché una notte viene assalito da un dubbio a cui nessuno riesce
a rispondere: perché esisto?
Il piccolo uccellino decide così di abbandonare il suo mondo perfetto, affrontando un viaggio in cui si scoprirà straniero in una realtà inospitale. Con l’aiuto di nuovi amici, però, Fri imparerà che la diversità è una grande ricchezza e che i confini esistono solo dove c’è la paura.

MELIK
Tornare a Melik è ogni volta un tuffo al cuore. Il rifugio, la
mia casa, il luogo dove la mia vita cominciò ad avere un
senso. Ce l’ho ancora negli occhi come la vidi la prima volta:
i cespugli di camomilla, il sole caldo, l’ombra dei tigli sulle
colline. La Valle era battuta dalla luce del pomeriggio ed il
fiume la trapassava come una lama di schiume limpide. Non
avevo mai visto prati tanto accesi, nei campi echeggiava un
brusio continuo e i sentieri infuocati erano investiti dai fiori
selvatici. Ricordo la prima volta che sentii parlare di quei
fiori preziosi e la prima volta che il loro profumo mi riempì i
polmoni. Custodi di un’essenza curativa, capace di guarire
ogni ferita e calmare ogni dolore, i boccioli di Melik erano
unici al mondo, e al di là di quelle montagne ancora del tutto
sconosciuti. Il loro odore di miele si fondeva con quello più
acre di Bosco Bianco e delle sue cortecce striate d’argento.Continua a leggere
Continua a leggere

Ed è qui, in questa macchia di betulle che voglio cominciare
il mio racconto. A quel tempo Bianco era il cuore cinguettante
di Melik, e i suoi alberi candidi erano occupati da centinaia di
nidi. Inghirlandati di piume ed erbette profumate, i
giacigli si collocavano sui rami più alti e flessibili, che sotto
le carezze del vento ondeggiavano dolcemente cullando
uova e pulcini. Talvolta spuntavano dai cornicioni di paglia
una collana di perline colorate, il brandello di una sciarpa
celeste, una barchetta di carta ripescata sulla riva del fiume.
Gli uccellini adoravano adornare la propria casa con ogni
genere di bizzarrie, trovando la cosa molto civile, molto di
moda. Ed ecco allora che alcuni nidi venivano ricoperti di
conchiglie, altri imbastiti con gusci vuoti di chiocciole,
muffe colorate, funghi decapitati. Ogni uccello era libero di
esprimersi come più preferiva, volare all’altitudine che gradiva,
mangiare ciò che voleva perché la Valle lo permetteva.
Imponeva la pace. Incastonata tra montagne alte ed invalicabili
nessuna tempesta, nessun predatore, nessuna minaccia
avrebbe potuto turbarla. Melik era da secoli un luogo sicuro,
in cui la libertà era autentica all’interno dei suoi confini. Una
costante serenità vibrava nell’aria; ma nessuno entrava, nessuno usciva.
PERCHÉ?
Nonostante alcune scintille di avventura fossero talvolta
balenate nelle testoline piumate di esemplari più giovani, per
poi rispegnersi nella quieta penombra delle fronde di Bianco,
nessun uccello aveva mai realmente pensato di migrare,
prima che nascesse Fri. Molto piccolo, con piume vivaci ed
una curva del becco particolarmente accentuata in cui molti
dei suoi consimili avevano individuato una virgola di sfrontatezza,
che in realtà si traduceva solo in una grande, rara curiosità.
A Fri piaceva vivere a Melik, l’amava. Amava svolazzare nel
fieno e giocare con le nuvole sulle colline, gli
piacevano le spighe dorate che crescevano sui viali e gli
piaceva calpestare le castagne, farle schizzare fuori dai ricci,
lontano, addosso ai muretti muschiati. Adorava infilare le
gocce di pioggia nelle ragnatele del gelso, osservare i ragni
pelosi, passare ore e ore con i grilli per imparare le canzoni
della sera. Un uccellino molto semplice dopotutto, con gli
occhi pieni sin dal mattino di una purissima felicità. Fino a
quella notte in cui nella sua testolina dai pensieri puliti
s’infilò un pensiero mai pensato. Un pensiero insolito tra i soliti
pensieri felici, un cruccio profondo. Non che Fri fosse un
uccellino superficiale o stupido, oh no! Nonostante quel che
pensano gli uomini di noi uccelli, in generale non abbiamo
affatto un intelletto poco sviluppato. E’ errata la convinzione,
tutta umana, per cui le creature che non si lascino addomesticare
abbiano la testa vuota. Secondo me la testa vuota è
propria di chi priva della libertà creature nate libere, e pro-
prio perché Fri era una creatura libera e indomabile, di vuoto
aveva solo le ossa per poter volare più in alto. Eppure, nonostante
fosse un uccellino vispo e intelligente, un pensiero
come quello non gli era mai capitato. Perché gli rimbombava
nel cervello come se tutto il suo mondo ne potesse venire
stravolto? Perché ogni altro pensiero sembrava sbiadire di
fronte a quell’abisso improvviso? Il piccolo Fri pensò fosse
sciocco restare preda di un dubbio e non fare nulla per
soddisfarlo, e a tal riguardo cominciò a guardarsi intorno con la
speranza di calmare il suo cuore, che da quella notte non
aveva più rallentato di un battito. Chiese a quanti gli erano
vicini se conoscessero i loro perché. “Per sopravvivere.” gli
risposero alcune formiche. “Per fare girini!” gracidarono le
rane. “Per annusare tutti i fiori del prato!” sussurrarono le
farfalle, “Per acquisire conoscenza e migliorarci!” sentenziò
il suo Re. Di risposte ce n’erano tante, tutte talmente valide.
Ma nessuna di queste gli sembrava quella adatta a lui, nessuna
di queste liberava la sua giovane testa da quella nebbia in
cui era stata avvolta. Fri trascorse alcuni giorni a studiare
attentamente gli steli della gramigna per scoprire quanti nodi
avessero, osservando la grana delle foglie dei meli e le
coccinelle, per capire se fossero consapevoli dei propri punti. La
Valle intera produceva i suoi frutti, generava, riparava, mutava
continuamente nel susseguirsi incessante delle stagioni.
Nella sua impeccabile precisione nessun filo d’erba restava
senza scopo, nessun raggio di sole cadeva a vuoto ed ogni
cosa cooperava alla vita. Non esisteva inutilità perfino
nell’inverno che, nella sua morte apparente, proteggeva sotto
terra i germogli dandogli il tempo di raccogliere le forze, per
poi esplodere in primavera. Niente accadeva per caso: la
natura aveva calcolato con materna e amorevole perfezione
ogni tempo, ogni vento, ogni brina, per portare avanti il suo
piano di abbondanza e crescita. Tutto intorno a lui aveva un
perché, e più il suo piccolo mondo veniva esaminato più la
domanda si gonfiava, come un muschio spugnoso dopo un
acquazzone, e radicava infestante tra i suoi pensieri: “Perché
esisto?”.

13 dicembre 2018

Evento

Mercatino di Natale, Via Sarandì n°11, Roma, ore 17.00 Fri parteciperà al mercatino di Natale con uno stand. Non mancate! sarandi in festa
07 dicembre 2018

Evento

La piccola Arca di Noè, via Crucoli n°4, Roma Presentazione editoriale in un contesto intimo e divertente. Ore 15.00 La piccola Arca di Noè

Commenti

  1. vale.sgroi

    Ecco la mia opinione completa sul blog : https://welcomeinvales.blogspot.com/2019/04/fri-il-coraggio-di-migrare-jillian-van.html

    Grazie del meraviglioso racconto <3

  2. vale.sgroi

    Un libro in cui si cela un messaggio profondo e che ognuno di noi non dovrebbe mai dimenticare per vivere la propria vita al meglio. Una storia molto bella con cui si riesce ad esprimere la bellezza per la nostra terra e l’importanza di una vita felice.

    Complimenti, un messaggio che non ha età!

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Jillian Van Piggelen
JILLIAN VAN PIGGELEN è un’illustratrice italo-olandese e vive a
Roma. Dal 2012 si dedica alla composizione di dipinti per committenti
privati, coltivando la sua passione per l’acquerello e l’intaglio
di timbri per stampe. Affascinata dai soggetti botanici e innamorata
della sua famiglia, i suoi lavori sono fortemente ispirati al mondo
naturale e ai piccoli momenti della vita quotidiana.
Fri, il coraggio di migrare rappresenta il suo esordio come autrice.
Jillian Van Piggelen on Facebook
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