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La Bella Tenebra – La Stoffa di Crono

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Marzo 2012: un’esplosione devasta la piattaforma oceanica NC-19 della Nagai Corporation, compagnia giapponese leader nella produzione di robot da lavoro. Nella misteriosa esplosione muoiono diversi tecnici della NC, molti operai coreani e un gruppo di giovani contestatori saliti clandestinamente sulla piattaforma. Ryo Nagai, presidente della NC e potente uomo d’affari, viene preso di mira dalla stampa internazionale, dall’opinione pubblica e dalla polizia di Tokyo. A questi si aggiungono i suoi stessi collaboratori che, contrari alla scelta di produrre robot da guerra, hanno intrapreso un movimento di protesta, e gli incubus della Bella Tenebra, una setta votata alla ricerca della Stoffa di Crono e che da decenni porta avanti una battaglia contro la famiglia Nagai. Ma Ryo Nagai non è tipo da accettare passivamente quello che sembra un inesorabile destino.

PROLOGO

La Nagai Corporation di Tokyo sa fare bene due cose: costruire robot e nascondere segreti. Cela molti segreti per proteggere i propri interessi, ma ce n’è uno che tiene nascosto per il bene dell’umanità. Così, quando – per accidente – opinione pubblica, stampa e governi riescono a forzare i segreti della NC, viene pubblicato anche quello capace di distruggere il mondo.

Intanto, agli ordini del generale Aristottero, gli incubus adoratori di Crono rilanciano la loro antica sfida e, mentre la guerra si prepara, due possenti vittime di ingiusta prigionia spezzano le loro catene.

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1 BIOTECNIO

Un dono imprevisto del mare sembra

una paurosa maledizione:

in guerra si teme

qualsiasi regalo la sorte elargisca!

[Luglio 1976 – Casa di Hiroshi Nagai, Tokyo, Giappone]

Guardava le proprie mani sotto la luce del lampione, la baronessa Felix Antony. Mani belle e lisce, appena ripulite: le guardava sempre con ammirazione e una certa tenerezza in quelle situazioni. Sorridendo fra sé, pensò che fosse stata un’azione fin troppo facile, quella appena portata a termine: la villetta fuori Tokyo del vecchio Nagai non era neanche sorvegliata, era bastato accerchiarla con pochi uomini, suonare il campanello e mostrare un ampio sorriso e capelli mossi, di seta. Non era stato necessario sfoggiare un seno fuori misura, il vecchio capitano Hiroshi Nagai era fedele alla memoria di sua moglie Minako quanto un kamikaze al suo Imperatore! Era bastato quel sorriso cui il vecchio gentiluomo, come previsto, aveva risposto, poi era iniziato un breve dialogo che la baronessa aveva provato a rendere enigmatico.

«Buonasera signor Nagai. Forse dovrei chiederle dove tiene nascosta la Stoffa di Crono, ma temo che la nostra conversazione sarebbe inutilmente ladra di tempo…»

«Sapevo che qualcuno sarebbe venuto per questa faccenda, prima o poi. Questo suo amico Crono, però… Gli dica di non indossare quella Stoffa sotto una luce troppo forte, altrimenti la troverà cresciuta di due o tre misure!»

«Credevo che i giapponesi non avessero senso dell’umorismo, né che le fossero già note le proprietà della nostra sostanza prodigiosa! Varrà ancor più la pena, allora, eliminare un tale ingegnoso nemico.»

Il vecchietto non aveva smesso di sorridere neanche quando lo aveva raggiunto il dolore degli artigli della baronessa Antony conficcati nella sua gola.

«Sciocco protocollo retrò! Non potevate vincerla voi la guerra, no di sicuro!

«Voialtri, perquisite la villa da cima a fondo! Sapete cosa cercare. Siate rapidi, non abbiamo tutta la notte!»

****

[11 maggio 1941 – Isola di Yonaguni, Giappone]

La notte mescolava l’odore della sabbia con quello della vecchia pipa. Con lo stesso respiro della risacca, la pipa sbuffava a tratti nuvolette di tabacco dolce che s’aggiungevano ai profumi tropicali.

Hiroshi non aveva mai sentito prima i profumi dei mari del Sud. Era cresciuto fra gli odori del vecchio Giappone: quelli del mandorlo in fiore, delle leccornie delle bancarelle delle feste, quello del legno e della carta delle antiche dimore, e quello pungente del sakè; nelle città, poi, si era abituato, come tutti quanti, all’odore secco del metallo e dello scappamento dei mezzi automobili, al fumo dei treni, i nuovi odori del Paese lanciato verso un futuro d’azione e di superuomini, capaci di cavalcare razzi e sparare contro il chiar di luna. Anche all’odore della polvere da sparo si stavano abituando tutti: l’odore prepotente delle parate militari, sempre più persistente nelle piazze e nell’attitudine dei governi.

Gli odori tropicali erano tutta un’altra cosa, e davano alla testa.

L’aria sembrava più densa ai tropici, si appiccicava alla pelle; il salmastro, che nel porto di Tokyo dava a Hiroshi il senso della stanchezza dei pescatori e del consumarsi degli scafi, si mescolava ai fiori e alle palme come spezia pungente. Con quella stregoneria degli odori, al capitano Hiroshi Nagai era parso che sull’Isola Yonaguni fossero stati mandati a difendere l’armadio dei filtri magici dell’Impero. Molti loro camerati erano stati inviati a espandere il controllo sul Pacifico, altri difendevano e rafforzavano le città e le roccaforti, altri si sarebbero addentrati nell’antica Cina, servendo il sogno della Sfera di Coprosperità della Grande Asia Orientale: un imperatore alla testa d’un grande sistema di nazioni, pacifico e integrato. Gli uomini del capitano Nagai erano stati mandati, invece, a custodire il forziere dei filtri magici di quel sogno.

Per tutta quella roba dell’Impero, Hiroshi aveva meno trasporto dei suoi soldati: lui era un giovane studioso, non un samurai, la meditazione davanti al tempietto degli avi o sui libri lo appagava più che il canto degli inni davanti ai superiori, e s’era rallegrato fra sé quando gli avevano assegnato una missione di retrovia in quell’isoletta sperduta della Prefettura di Okinawa, dove avrebbe incontrato piante e insetti strani, ma non stranieri in armi.

La pipa sbuffava, il mare cullava il mondo, la calma non riusciva però a invaderlo completamente e vincere le sue preoccupazioni, ma non per la guerra che si preparava: più vicino a lui, ripiegate nel suo taschino, troppo vicino al cuore forse, c’erano quelle tabelle inquietanti, stese a mano in numeri minuti.

A un tratto il pacchettino di carta diventava pesante, lo trascinava con sé in un vortice di fantasticherie tremende, in cui il mondo veniva rovinato da un’immane guerra fra terra e cielo, in mezzo restavano schiacciati gli uomini. Prese le tabelle, le distese sbattendole contro l’aria, le rilesse alla fiamma dell’accendino. La pipa sbuffò con furia: due giorni prima i suoi uomini avevano recuperato, dai gradoni di pietra sommersi poco sotto costa, una strana sfera, grande come un pallone da calcio, all’apparenza metallica, che al pugno suonava vuota come una noce di cocco. L’avevano aperta facilmente: conteneva solo un piccolo grumo di sostanza violacea appiccicato sul fondo.

Hiroshi aveva ordinato di riporre la sfera da qualche parte e i suoi uomini l’avevano lasciata per caso aperta in un magazzino, dove il sole la illuminava per qualche ora al giorno; si erano presto accorti che alla luce solare il grumo era cresciuto, raddoppiando in mezza giornata la sua taglia.

Col miglior microscopio che s’era potuto portare da Tokyo, il capitano Hiroshi Nagai aveva esaminato attentamente l’oggetto, che non pareva essere tessuto vivente, sembrava più polvere di grafite. Ne aveva anche misurato la resistenza elettrica col suo nuovissimo tester tascabile, un cipollotto che sembrava uscito dalla fantasia di Jules Verne, e aveva trovato che quel grumetto era pure un buon conduttore di elettricità. Diviso in più pezzetti, poi, tornava a riunirsi come una cosa viva, eppure sembrava più una cosa creata dalla tecnica, fatta per condurre elettricità, quindi utile per formare circuiti, per stare in una macchina. Una macchina speciale, però, capace di ripararsi da sola, e di fare chissà quali altre cose meravigliose. Una macchina, del resto, fa ciò che le richiede chi l’ha costruita.

Che cosa sarebbe successo se quella strana sostanza fosse finita nelle mani di chi ora preparava la guerra? Il puzzo di polvere da sparo sul doppiopetto dei governanti, da qualche anno a quella parte, lo lasciava disgustato; per servire il suo paese, Hiroshi avrebbe fatto meglio a impedire che una potenziale terribile arma finisse nelle peggiori mani di quei governi. Decise che avrebbe inviato la sostanza a Tokyo, e ordinò al suo attendente di consegnare il pacco alla giovane moglie Minako, sua assistente e complice di sempre. Sentendo il cuore pieno di saggezza, e finalmente di calma, pensò al biglietto con cui accompagnare il pacco:

Curiosità nascosta:

venuto il tempo

insieme la saziamo.

Aspirando una nuvola sapida dalla pipa, al pensiero di Minako sorrise: socchiuse gli occhi e lasciò che l’accendino s’impadronisse del foglietto dei suoi appunti.

Minako avrebbe capito quell’haiku e custodito l’oggetto misterioso fino al suo ritorno.

****

2021-01-06

Evento

https://www.facebook.com/massimo.materassi/videos/10159047413419025 Primo video di lettura di un brano de La Bella Tenebra - La Stoffa di Crono, con lettura di poche righe dell'incipit.
2021-01-06

Aggiornamento

"Quel che resta dell'anno", con la partecipazione di due protagonisti di questo romanzo, e di quelli della stessa saga che seguiranno: Tetsuya Miyazaki e Rei Johnson. Innamorati, idealisti, combattenti, divisi dalle politiche della Nagai Corporation e dalle trame della Bella Tenebra. Un amore fra il Giappone, gli USA, il Sudamerica e la Polonia... ...e molto, molto, molto più di questo ancora! 😃 😃 😃 Il riferimento è a un meraviglioso film del 1993, con Anthony Hopkins ed Emma Thompson: Quel che resta del giorno.
2020-12-16

Aggiornamento

Seconda puntata de "La Bella Tenebra - La Stoffa di Crono" vs film celebri. Stavolta il film è "Rosencrantz e Guildenstern sono morti", di Tom Stoppard, del 1990. Nel libro a subire una vicenda non dissimile da quella di Tim Roth e Gary Oldman sono Zaccaria "Zac" Nepa ed Adolfo "Jack" Zamboni, sulla cui fine ci narrerà Sasuke Musashi, Ispettore della polizia di Tokyo... "Due anime belle rubano la chiave del paradiso: il diavolo le trova e se le mangia..."
2020-12-14

Aggiornamento

Inizia la galleria intitolata: "LA BELLA TENEBRA - LA STOFFA DI CRONO" VS FILM CELEBRI. Una carrellata di locandine di pellicole immortali "interpretate" dai personaggi del nostro romanzo: per suggerire atmosfere, a volte iconiche, a volte ironiche. Il film di oggi è IL BUONO, IL BRUTTO E IL CATTIVO (1966, di Sergio Leone) La frase tratta dal romanzo è: “...sorridi, Tifeo, è l'ultima smorfia che farai!” Nella locandina, Ryo Nagai (il buono, forse), il moloc Tifeo (il brutto, di certo) ed il Generale Icaro Aristottero (il cattivo, per contratto). La locandina, eccola qui...

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Massimo Materassi
Nasce nel 1970 a Firenze, in una famiglia operaia. Da piccolo si appassiona alle scienze naturali, al mondo degli animali e all’evoluzione. Si laurea in Fisica teorica e consegue il dottorato nel 2000; dallo stesso anno lavora presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Nel 2011 pubblica, con Lite Editions, quattro racconti erotici con lo pseudonimo di Lord Teua. “La Bella Tenebra - La Stoffa di Crono” è il suo primo romanzo.
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