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Libreria da Emma

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Un biglietto di sola andata da New York a Milano e una piccola libreria grazie alla quale ripartire da zero. Bianca, giovane newyorkese con una grande passione per la letteratura, fugge a più di seimila chilometri da casa per lasciarsi alle spalle un dolore troppo forte da sopportare. Ad aiutarla in questo processo troverà Leonardo e le sue vecchie lettere, Carlo, un affascinante professore sgangherato, e soprattutto i libri, i suoi fidati compagni di vita che fanno da cornice a una storia d’amore e di rivalsa.

ANTEPRIMA

Prologo

«Un biglietto di sola andata, grazie.»

«Per dove?»

«Ovunque, basta che sia lontano da qui, basta che sia un’altra vita.»

Lo disse con lo sguardo perso nel vuoto, quasi sussurrando.

La signorina della biglietteria la guardò un po’ perplessa. È vero, in aeroporto arrivava gente da ogni parte del mondo, talvolta strana e di ogni cultura, ma una richiesta del genere non le era mai stata fatta.

Osservò meglio quella ragazza così giovane, ma così triste.

I suoi bellissimi occhi verdi erano spenti, le labbra carnose non sorridevano, l’espressione era tirata e il trucco perfetto, nonostante le si leggesse in faccia la voglia di esplodere in un pianto dirotto.

Cosa doveva fare?

Insistere oppure farle un biglietto per una meta qualunque?

Durante tutti gli anni passati dietro a quel bancone, aveva visto tante persone arrivare a New York, la città dei sogni dove tutto sembrava possibile, ma anche altrettante darsi alla fuga, magari in direzione di qualche meta esotica. Quella, però, era la prima volta che qualcuno le chiedeva di scegliere la destinazione del viaggio.

«Ecco a lei, biglietto di sola andata. Parte tra trenta minuti. Buon viaggio.»

La ragazza prese il biglietto e si avviò verso l’imbarco.

«Ah, signorina» la bloccò l’hostess di terra. Lei si voltò.

«Si ricordi che, ovunque andrà, i suoi problemi la seguiranno se prima non li risolve. Le auguro buona fortuna.»

Ed eccola, dopo nove ore di volo, approdare all’aeroporto di Milano Malpensa.

E ora dove andrò? si chiese Bianca, guardandosi attorno.

Salì su un taxi e chiese di essere accompagnata all’hotel più centrale possibile. Poi si lasciò cadere sul sedile e scoppiò in lacrime, pensando a quanto fosse strano il destino: l’hostess l’aveva spedita a Milano, la città da cui era partita la sua bisnonna troppi anni prima, e ora lei era tornata proprio lì, per scappare da una vita che le stava stretta.

«Siamo arrivati, signorina.»

Bianca si asciugò gli occhi, si guardò allo specchio velocemente, pagò l’autista e scese dal taxi. Era ufficialmente cominciata quella nuova avventura. Era ufficialmente in cerca di una nuova vita.

Si avviò a passo lento verso l’hotel che si trovava proprio nei pressi del Duomo. Ormai era sera e il jet-lag non le era di aiuto. Oltrepassò le porte scorrevoli, si avvicinò alla reception e chiese una stanza. Non le interessava il prezzo, desiderava solo un bagno caldo, un buon bicchiere di vino, della musica e un letto in cui dormire.

«Le restituisco i documenti, prego, signorina» le disse la receptionist.

«Grazie» rispose Bianca.

Prese le chiavi e si avviò verso l’ascensore.

Secondo piano.

Inserì la chiave nella porta ed entrò nella stanza.

Incredibile. Un sogno che si avvera, pensò. Peccato che sia venuta fin qui nel tentativo di fuggire, di allontanarmi. Non l’avevo immaginata così la mia prima volta in Italia.

Andò verso il bagno e cominciò a riempire la vasca con acqua bollente, chiamò il servizio in camera e chiese una bottiglia di vino bianco. 

Si spogliò. 

Lasciò cadere tutto sul pavimento e si immerse nell’acqua. 

Bruciava. Era una splendida sensazione. 

Prese il calice di vino che si era versata e, cullata dalla musica che si diffondeva nella stanza, chiuse gli occhi cercando di non pensare.

Stanca, si mise a letto e si addormentò subito, ricordandosi che nessuno sapeva dove fosse.

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  Capitolo uno

Ma dove sono? si domandò Bianca quando si svegliò la mattina seguente, ancora intontita. Si guardò intorno e dopo un attimo di esitazione ricordò: Milano!

Aprì le finestre e respirò l’aria italiana che aveva sempre e solo immaginato. Si voltò verso il comodino alla ricerca del cellulare; guardò nella borsa, nella tasca dei pantaloni, in valigia, in bagno, sotto le coperte, ma niente, del telefonino neanche l’ombra. Poi, come in un flashback, rivisse il momento in cui, presa dalla disperazione, prima di salire sull’aereo, aveva lanciato il telefono nel cestino dei rifiuti.

Ora doveva proprio ricominciare da zero.

Ce l’avrebbe fatta? O aveva fatto l’ennesimo sbaglio?

Si stava forse già pentendo del gesto estremo che l’aveva portata dall’altra parte del mondo?

Un po’ sconsolata e un po’ incerta, si cambiò e andò a fare colazione.

«Good morning, Miss» le disse il cameriere dell’hotel.

«Buongiorno» rispose lei. «Parlo italiano, non si preoccupi.»

Ma che buongiorno e buongiorno, pensava intanto. Vorrei solo prendere una botta in testa e non ricordare più nulla della mia vita fino a oggi.

Fece colazione. Non fu molto cordiale con quel ragazzo tanto gentile che, chissà, magari lavorava per pagarsi l’università, o era stato appena lasciato dalla fidanzata, o aveva una situazione difficile a casa. Che ne sappiamo della vita di chi incrociamo per caso?

Ridestatasi dai suoi pensieri, finì la colazione, prese il cappotto, ringraziò il cameriere e uscì.

L’aria era fredda e la gente frenetica. Le sembrava di essere la protagonista di uno dei tanti film che aveva sempre guardato assorta. Peccato che la vita non fosse un film e non sempre ci fosse un lieto fine.

Non sapeva dove andare, non aveva con sé neanche una cartina e soprattutto non aveva abbastanza denaro per cavarsela a lungo. Doveva trovare un lavoro.

Sì, ma da dove partire?

Si fermò a un semaforo e osservò la folla che si riversava in strada: il manager con l’iPhone che strillava contro quella che probabilmente era la sua segretaria; il bambino che andava a scuola; la mamma che portava a spasso il neonato; l’adolescente incazzato col mondo che ascoltava musica a palla; la modella di turno che sapeva di non passare inosservata; il barbone in cerca di uno spicciolo; lo sportivo pronto per correre; l’uomo normale che leggeva il giornale; la coppia di innamorati che si baciava e l’anziana che li guardava tra il sognante e lo scandalizzato; l’intellettuale che chiamava un taxi; i turisti che felici bevevano il famoso caffè italiano.

Quante esistenze. Quante persone. Quante etnie. Eppure nulla era diverso: tutti di corsa, tutti con i telefoni sempre in mano, tutti presi dalla propria vita e mai da quella degli altri.

Un ragazzino troppo impegnato a scrivere l’ennesimo SMS della mattinata la strattonò, facendola trasalire.

Attraversò la strada e prese la prima traversa a destra.

I pensieri le vorticavano in testa, mentre percorreva strade di cui aveva sentito parlare dalla nonna e dalla mamma, quelle vie i cui nomi le risuonavano nella mente, i cui scorci le ricordavano quella vecchia foto ingiallita posta in un angolo del salotto della nonna.

Era stanca Bianca. Guardò l’orologio e vide che era ora di pranzo, la mattinata era volata. Si fermò in un ristorante e poi si rimise in cammino. Non sapeva dove stava andando, ma non voleva tornare in hotel, e non voleva neanche pensare. 

Desiderava solo fermare il tempo, così, quando alzando lo sguardo vide davanti a sé una piccola e vecchia libreria con l’insegna scolorita su cui spiccava la scritta “Libreria da Emma”, non poté non entrare. 

Appena varcò la soglia venne sommersa dal familiare profumo dei libri, quell’odore che hanno i volumi un po’ vecchi, con le pagine ingiallite, quelli che hanno una storia da raccontare e che sanno dare una risposta a ogni domanda. L’odore degli scaffali carichi di quei libri messi lì, un po’ alla rinfusa, in attesa di una casa. Ne prese uno e ne inspirò la fragranza, solo allora si rese conto che si trovava all’interno di una libreria dell’usato. 

Amava quei posti, amava perdersi tra le pagine; a New York le capitava spesso di entrare in negozi come quello e, per un momento, le sembrò di essere tornata a casa.

«Buongiorno, signorina.»

Un uomo anziano dalla voce roca la salutò. Aveva i capelli bianchi e un sorriso dolce che ricordava tanto quello dei nonni.

«Buongiorno» rispose la ragazza.

«Non è di Milano, vero?» le chiese il proprietario

«Effettivamente no…»

«L’ho capito immediatamente. Ormai è raro che qualcuno entri nella mia piccola libreria, lo fanno solo gli appassionati e i turisti.» Il signore sorrise e nei suoi occhi si accese la luce di chi fa un mestiere per passione e non per denaro.

«Vengo da New York» disse Bianca, sorridendo di rimando. «E sono una turista, ma anche un’appassionata. A casa mi succedeva spesso di entrare in librerie come la sua e mi dispiace sapere che posti come questo non sono molto frequentati.»

«Ah, ragazza, sono lontani i giorni in cui questo posto era pieno.» E si allontanò.

Bianca lo osservò andare dietro al vecchio bancone malandato e sedersi su una sedia che immaginò essere lì dai tempi dell’apertura. Si voltò e andò verso la porta.

«Arrivederci, è stato un piacere.»

«Arrivederci, signorina, buona vacanza.»

E, lasciatasi il tintinnio della porta alle spalle, ricominciò a camminare. Si specchiò in una vetrina per sistemarsi il cappotto, non era molto alta, ma era piuttosto magra e indossava sempre vestiti adatti alla sua esile figura.

Trascorse il pomeriggio girovagando per negozi, amava fare compere, ma sapeva anche rinunciare a qualche sfizio quando era necessario. Solo quando calò la sera, decise di tornare in albergo. Le parole del libraio, però, continuavano a risuonarle nella mente e, pensandoci, crollò addormentata.

 

Quando si svegliò, voltandosi verso l’orologio, si rese conto che era notte fonda. Non era ancora riuscita ad abituarsi al fuso orario. Si girò e rigirò nel tentativo di riposare. Si arrese, accese la luce e fece l’unica cosa che la aiutava sempre: prese un libro e si mise a leggere.

La lettura era la sua più grande alleata. Riusciva a distrarla e proiettarla fuori dall’ordinario. Insieme ai personaggi della letteratura aveva girato il mondo, dall’Inghilterra all’Asia, fino alla Cina, per poi trovarsi a Roma o a Firenze; aveva vissuto le guerre, si era sposata, aveva sofferto, era stata intrappolata in amori non corrisposti e platonici, ma quasi sempre aveva chiuso i volumi con il sorriso e a volte con gli occhi lucidi.

Li reputava i suoi amici fedeli e ovunque andasse ne portava uno con sé. Ora si trovava nell’Inghilterra dell’Ottocento insieme a Funny ed Edmund, personaggi di Mansfield Park, della zia Jane, come si divertiva a chiamare una delle più grandi scrittrici di romanzi di quell’epoca: Jane Austen.

La zia Jane l’aveva accompagnata veramente ovunque: c’era Orgoglio e pregiudizio quando aveva fatto il test di ammissione all’università; la divertente Emma quando aveva iniziato a frequentare quelli che pensava sarebbero stati per sempre suoi amici e che invece l’avevano delusa; era insieme a Ragione e sentimento quando aveva incontrato il ragazzo che credeva essere quello giusto; Persuasione, invece, l’aveva allietata nel post laurea; I Watson nel breve tragitto casa-lavoro; Sanditon nel viaggio per iniziare il master.

Insomma, ogni traguardo, ogni delusione, ogni momento che aveva lasciato una traccia era stato accompagnato dall’abile penna di un’autrice che, secoli prima, sembrava aver già capito le pene di tutte le donne.

Riaprì gli occhi con le mani informicolate, gli occhiali di traverso, le pagine stropicciate al suo fianco e realizzò di essersi addormentata.

Erano le nove del suo primo venerdì mattina nella città italiana. Si fece una doccia veloce, si infilò i jeans, il maglioncino verde che tanto amava e gli stivaletti.

Una spolverata di terra sul viso, una linea di eye-liner, mascara, giubbotto, sciarpa, cappello e via: era pronta. Il calendario segnava il primo dicembre e l’aria tagliente la accolse appena mise piede fuori dall’hotel.

Capitolo due

Ci sono momenti improvvisi in cui la mente vaga senza che lo si voglia e riporta indietro, lontano dal punto in cui ci si trova.

Una macchina, un gesto, un colore, un profumo e tutto sa di quel giorno di qualche anno prima, in cui, immersi tra le pagine di quel romanzo che tanto si è amato, si sorrideva con un tè bollente in una mano e le avventure di Anna Karenina come compagnia.

«È libero questo posto?»

Aveva sempre odiato quando qualcuno la disturbava nel bel mezzo del capitolo. Non alzò neanche la testa.

«Sì, certo.» Continuò a leggere.

«Amo i posti vicino alle finestre. Da qui si può osservare fuori indisturbati.»

Indisturbati, appunto, fu la prima cosa a cui pensò, e accennò un freddo sorriso.

«Non trovi anche tu che ci sia qualcosa di magico nel poter osservare chi non ne è consapevole? I gesti, le espressioni di coloro che sono al telefono o di chi ascolta musica… Non ti chiedi mai con chi stiano parlando? Cosa stiano ascoltando?»

Silenzio.

«Scusa, forse ti sto disturbando. Cosa leggi?»

A quel punto non ebbe molta scelta, alzò lo sguardo e si ritrovò con gli occhi nei suoi.

«… Anna Karenina. Sì, sono una ragazza atipica, me lo dicono tutti e quindi ti risparmio il commento.»

Una risata forte, troppo, partì da quella bocca così perfetta.

«Pensa che a me piacciono le ragazze atipiche. Be’, sì, sono un ragazzo atipico anche io. Ho persino letto questa meravigliosa perla della letteratura russa. Sei rimasta senza parole? È l’effetto che faccio alle ragazze.» La barriera crollò e anche dalle sue labbra sgorgò una risata. Chi l’avrebbe detto che Anna Karenina avrebbe segnato il suo destino?

La vita fa giochi strani.

***

 

«Ehi, signorina, pensa di spostarsi per favore? Vede che c’è scritto di stare sulla destra?»

Bianca fu riportata ferocemente alla realtà.

Promemoria: sulle scale mobili di Milano, mai stare a sinistra. Rischi di essere travolta.

Ancora una volta si era fatta trasportare dai ricordi, quei ricordi che voleva cancellare. Era scappata per quella ragione. E allora perché continuavano a perseguitarla?

La frase della signorina in aeroporto le tornò in mente: Si ricordi che, ovunque andrà, i suoi problemi la seguiranno se prima non li risolve.

Aveva ragione. I problemi l’avrebbero seguita ovunque.

Fu così che, inconsapevolmente, Bianca si ritrovò nello stesso vicolo del giorno precedente, davanti alla stessa vecchia libreria. Decise di entrare di nuovo.

La accolsero il tintinnio del giorno precedente e lo stesso sorriso del vecchio libraio.

«Buongiorno, Miss. È tornata? Non torna mai nessuno qui da me.»

«Buongiorno a lei. Pensi che mi sono ritrovata di nuovo qui per caso. Credo che oggi farò un giro più accurato tra questi bellissimi scaffali.»

«Faccia pure, cara. Ma di bello questi scaffali non hanno nulla. La bellezza è tutta nei libri a cui hanno dato casa.»

Sorrise ancora quel signore, che l’aveva colpita già tanto il giorno precedente.

Aveva proprio il viso di chi è soddisfatto della vita e di chi sa che ormai quel che è fatto è fatto.

Le ricordava molto suo nonno paterno. Aveva ancora nelle narici il buon profumo che si spruzzava ogni volta, dopo la doccia e prima di uscire, l’immancabile completo con camicia e giacca e la camminata inconfondibile con la quale risaliva la stradina quando tornava a casa. Era bello suo nonno. Come suo papà. Aveva origini italiane anche lui. Entrambi i genitori avevano radici italiane; i loro nonni infatti si erano trasferiti negli Stati Uniti per motivi di lavoro, ma tutto nella sua famiglia richiamava la magia dell’Italia.

«Ha trovato qualcosa di interessante?»

«È sempre tutto interessante nelle librerie, soprattutto in quelle piccole e antiche come la sua.»

«Lei è troppo gentile, signorina. Io comunque mi chiamo Leonardo.»

«Io sono Bianca, piacere.»

«È qui in vacanza, Bianca?»

«In un certo senso sì. Ma è una storia un po’ lunga.»

«Ho tutto il tempo che vuole, se le va.»

«Mi dia del tu, la prego.»

«Va bene, cara, ma anche tu chiamami semplicemente Leo.»

E rise, con quella risata grossa tipica degli anziani. Quella che mette il buonumore in ogni circostanza. 

Anche lei scoppiò a ridere. 

Una risata bella, forte e liberatoria. Una risata di cui aveva bisogno e che era stata generata da una persona che forse non aveva incontrato solo per caso, ma che sarebbe stata fondamentale nel corso di quel soggiorno in quella città sconosciuta che le ricordava tanto la sua famiglia.

03 ottobre 2019

Aggiornamento

La carissima Alice mi ha dedicato uno spazio nella sua rubrica: 5 domande per l'autore. Per leggere l'intervista cliccate qui!
03 ottobre 2019

Aggiornamento

Ancora parole meravigliose per il mio libro e per me è sempre una grandissima emozione. Grazie Esmeralda viaggi e libri!
13 settembre 2019

Aggiornamento

Altra recensione positiva. Grazie, grazie, grazie!
21 settembre 2019

Aggiornamento

Grazie Marta per aver letto e apprezzato il mio Libreria da Emma. Per leggere la recensione guardate a questo link.
09 settembre 2019

Aggiornamento

Ringrazio Valentina per le belle parole dedicate al mio libro. Se vi va date un'occhiata alla sua recensione.
05 agosto 2019

Aggiornamento

Un articolo per condividere con voi le emozioni provate nel vedere il mio lavoro pubblicato. Fate click qui!  
14 novembre 2018

Aggiornamento

La blogger Elenia Stefani ha pubblicato la recensione di Libreria da Emma dopo averlo divorato in una notte. Qui il link per leggerla.
24 ottobre 2018

Aggiornamento

Nuovo articolo su modaeparole, il mio blog, vi parlo di sogni e in particolare del mio Libreria da Emma.

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Scrittura scorrevole, si legge tutto d’un fiato.
    Libreria da Emma è un romanzo senza tempo e senza spazio: è ambientato a Milano, nei giorni nostri, ma i protagonisti vivono in una libreria che potrebbe trovarsi anche nei nostri pressi, assaporano libri ed edizioni senza età.
    Non è solo una romantica storia d’amore tra due ragazzi, è anche famiglia, amicizia e sogno.
    In un’epoca di confusione e astrusità come questa, un libro semplice ma con carattere è quello che ci vuole. Da leggere!

  2. (proprietario verificato)

    L’ho divorato in due giorni! Questo romanzo mi ha stupita fin dalle prime pagine. La storia è molto attuale. Una delle cose che mi è piaciuta di più di questa lettura sono state le citazioni di vari romanzi e classici al suo interno che trasmettono la passione per la letteratura. Bellissima scrittura, mai banale o noiosa.
    Insomma direi che il consiglio è quello di leggerlo!

  3. Libro molto bello per la bellissima trama, per il linguaggio molto curato e per la scelta dei personaggi.
    La bravura dell’autrice fa si che ti senti coinvolta nella storia raccontata e vorresti non finisse mai.
    Lo consiglio vivamente!!

  4. (proprietario verificato)

    Incuriosito dall’anteprima, ho deciso di acquistare il libro. Ammetto che non è il genere che prediligo, ma è proprio per questo che “Libreria da Emma” è speciale. Nonostante non ami i romanzi rosa, questa scrittura ha il potere di tenerti incollato alla lettura, catapultandoti dentro la storia e facendoti sentire parte integrante di essa. Libro molto leggero e scorrevole, l’ho apprezzato un sacco e vorrei consigliarlo a chiunque, anche a chi come me non ama i romanzi. Brava Serena!!

  5. (proprietario verificato)

    romanzetto per ragazzine, scrittura immatura, colloquiale, ripetitiva.
    buono come bozza, necessita di un grande lavoro di rifinitura

  6. (proprietario verificato)

    Forza… Il sogno è vicino!

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Serena La Manna
Serena La Manna è nata ad Avellino nel 1990, ma vive in Friuli dall’età
di tre anni. Dopo aver conseguito una Laurea in Lettere e un Master in
Comunicazione e Giornalismo di moda ha svolto, e continua a svolgere,
diversi lavori, perlopiù legati al suo settore. Sul suo blog modaeparole
racconta di libri, viaggi e lifestyle. Libreria da Emma è il suo secondo
romanzo dopo Identità Cercasi (2013).
Serena La Manna on InstagramSerena La Manna on Wordpress
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