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L’invenzione di Casares

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Uno studioso ritorna all’università di Sarajevo, dopo anni di lontananza e promettente carriera, per un illustre incarico da professore. Il suo arrivo è però venato di timore per via di quella teoria arguta – un po’ stramba, addirittura pericolosa – che ha elaborato e che coinvolge i suoi numi letterari: Adolfo Bioy Casares e Jorge Luis Borges. Peccato che nessuno lì, in quel luogo di sapere, voglia fargliela esporre. Anzi, i tentativi di silenziarlo diventano sempre più criptici e inquietanti: lettere minatorie, simboli, anagrammi, perfino un omicidio. Se aggiungiamo il ritorno di strani sogni e una voce che martella nella testa, il labirinto di congetture e follie sembra essere senza via d’uscita.

C A P I T O L O   I
ARGUMENTUM ORNITHOLOGICUM
Quello da Belgrado non lo si può certo definire un diretto. Vicino alle acque della Drina che segnano il confine, infatti, il treno cavalca bruscamente le alpi Dinariche per guardare il parco di Tara. Ed è proprio una di quelle curve a piegare il mio foglio. Prima di rotolare a terra, dalla penna viene fuori uno schizzo, forse l’anagramma di un’altra parola. Il controllore me la raccoglie,mentre nascondo tutto sotto le parole crociate, che non sono certo il mio forte. Lui s’insospettisce. Tutto OK agente, è solo la verità. Un giorno la sapranno tutti… [incipit da rivedere]
Ma per adesso riapriamo la busta. Ch.mo Dott. Ulog[virgola]
Una volta passata la frontiera dalle parti di Loznica, per Sarajevo non manca molto. Con la presente, diamo seguito agli scorsi comunicati da parte del nostro Ateneo, per ufficializzare l’incarico offertoLe [punto]
Là fuori intanto le conifere endemiche intabarrano il monte Tara, per la velocità i pecci e gli aceri rossi si assottigliano come grissini. In seguito ai risultati accademici da Lei conseguiti [virgola]
Altro scossone, perdo il segno. È la quarta volta che rileggo.[da capo]
In seguito ai risultati accademici da Lei conseguiti, con l’orgoglio di rivolgerci a un ricercatore che ha iniziato gli studi specialistici qui nella nostra facoltà, poi proseguiti presso la Humboldt-Universität di Berlino fino alla tesi di dottorato [punto e virgola]
I picchi neri e le nocciolaie si fanno puntiformi, mentre quasi comincio a indovinare i canyon della Drina, simili a piccole buche da spiaggia visti quaggiù. a fronte dell’importante conduzione degli studi post-dottorali, della ragguardevole posizione accademica attualmente ricoperta e considerato il notevole successo delle Sue recenti pubblicazioni, in prossima edizione anche in lingua bosniaca [puntini di sospensione miei]
Apro l’altra metà del foglio e proseguo

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è con sincero piacere che riceviamo un Suo positivo riscontro in merito alla disponibilità di ricoprire la cattedra già a partire dal primo semestre di quest’anno accademico [punto e a capo]
Il treno si addentra nella Romanija, fra gli spiriti dei Vlasi. Per chi la sa riconoscere, la cima del Trebevićsi può già indovinare a stento. Confermiamo di aver ricevuto la Sua proposta di programma per il corso di questo semestre, in linea con i suggerimenti del Rettore di Ateneo. Le diamo appuntamento in data 11 febbraio, ore 09:00, presso l’Ufficio Archiviazioni e Protocolli per consegnare la documentazione in allegato e registrare la Sua assunzione.
In fede, Igor Taraseroević
Università di Sarajevo [ricontrollare le coordinate spazio-temporali]
Quanto a me, si vede che sono in odore di promozione. Panciotto di velluto stirato, venato solo dalla pinguedine. Quasi pendant con la giacca, nocciola su rovere, di fatto uno spezzato. Scrivere non è da soldati… [abbozzato]
Il vagone traballa ma il rumore di fondo è liscio, rotaie di velluto come la mia giacca su cui il bolide recalcitra. Da Belgrado a Sarajevo sono meno di trecento chilometri e l’orologio non si ferma più come un tempo alla frontiera, dalle parti di Bijeljina [verificare].
Meno sospetti, meno pause solenni, silhouette di colline che non hanno più il tempo di riposare nella cornice del finestrino in ore calde, e che si agitano adesso per metà pomeriggio finché la stazione circonda i passeggeri inermi nei vagoni. Nel mio c’è un uomo di mezza età, con giacca e gilet quasi pendant. Cioè io, appunto. E poi teste di ragazzi imbragate di fili che sparano note gracide, un bambino impegnato a cambiar bandiera tingendosi di cioccolato la maglia a righe, con la mamma che interroga dal finestrino le prime giornate di luce febbrile. Non ce n’era a Belgrado. Solo nuvole, informi nuvole nere… [dispersivo]
Tanto meglio, nessuna tentazione di rimpiangere gli ultimi quattro giorni trascorsi in sala convegni. I fisici almeno ci salvano il mondo con quelle chiacchiere, e i politici si concedono il gusto di rovinarlo. Noi invece ci aduniamo a sentenziare sul Manifesto dell’Ultra e l’Avanguardia letteraria argentina. Sant’Arsenio! Ce le meritiamo proprio, le nuvole nere informi… [vive]
Oggi però rimiro per la quarta volta il mio premietto e di nuovo il sole esce dalle nuvole bianche a illuminare la pagina su cui la lettera spicca. Il mio lasciapassare per l’Università [maiuscola mia].
L’ho ricevuta a Berlino, quando ormai le mie stesse teorie mi perseguitavano. Avevo ricominciato a scrivere la verità, a cambiare le carte in tavola. Ma io li odio gli anagrammi, non li risolvo mai. Nell’attesa mi metto con comodo a contare i giri di quell’aereo sul campo, pigro il paesaggio. Ricordo ancora un racconto di Casares sulla trama celeste. Forse il suo primo che abbia mai letto, anche se non ricordo esattamente… [approfondire]
Per farla breve, parla di un aereo che compie una serie di volute nel cielo e indovina per caso una sequenza magica che lo porta in un’altra dimensione. Un origami, una cabala, un realismo magico. Ci penso sempre da insonne e mi placa. “Il treno è in arrivo alla Željeznička stanica di Sarajevo”. Quanto tempo. Scusa, sempre in aereo questi anni. Tu invece sempre con la faccia insulsa: il palazzo grigio in leggero semicerchio, i nove finestroni verticali, l’orologio art déco a tacche in pietra, la Jugoslavia sul francobollo ti ci aveva pure disegnato un obelisco [censurare].
Sì, tra poco rivedrò tutto. La luce ora mi si ripiega in fronte, nelle scarpe di pelle i calzini pulsano evasivi, manca l’aria ma inalo tutto ciò che passa dal finestrino… [retorico]
“Avviene un miracolo ostile, una piacevole e lunga meraviglia, un atroce eterno ritorno. Dormo quando ormai non è più indispensabile prendere un sogno per realtà o realtà per follia, perché le teorie più lucide che si frantumano il giorno dopo sono prove di inettitudine ed entusiasmo” [manca la fonte]. Non dimentico mai le parole di Casares quando sto per sognare. E giuro che ogni volta immagino uno stormo di uccelli che mi transita davanti. Stavolta li ho visti fuori dal finestrino del treno, ma potevano anche essere disegnati, che so, sulla maglietta di quel bambino davanti a me, immersi in una nuvola di cacao. E quindi funziona che io penso un numero e poi mi basta uno sguardo per contare lo stormo e il numero è sempre quello che avevo pensato all’inizio. Insomma, a questo punto ne sono certissimo: sto sognando… [Arg. Ornitholgicum]
Come l’ultima volta, e quella prima, ecco si profila la sagoma di un’isola. Nessuna invenzione, io là ci sono nato. Distretto di Kalinovik, nel sud del Paese. San Metropolita! Su un’isola! Chissà che fine avrei fatto se non me ne fossi andato a studiare in città. Con i compagni si giocava ad arrivare fino in fondo, fino alla spiaggia, ma morire che poi uno si tuffasse. Del resto ricordo poco, un cristo accidente. Né i loro nomi, nemmeno il mio aspetto. Sono qui in catalessi dentro un vagone forse già fermo e tuttociò che mi interessa è sognare un uomo, con minuziosa interezza, e imporlo alla realtà. Un progetto magico che esaurisce lo spazio della mia anima. E se qualcuno chiedesse il mio di nome, o un tratto qualunque della mia vita anteriore, non saprei cosa rispondere… [vive]«Gospodine…? Signor Ulog?»«Chi è?»«Il signor Sergej?»«Mi conosce?»«Sta qui sul biglietto.»[sa fare il suo mestiere]«Conosce per caso… anche la mia vita anteriore?» [pensieri in corsivo]
«Come prego?»«Ma quand’è che le ho dato il mio biglietto, mi scusi?»[fiiiiiiiiiiiii!]«Stazione di Sarajevo!»[scossone]
«Arrivederci! Dài Mirko, saluta.»[spennellata di cacao]
«Ciaooo…»[come non dar la manina a un grande artista]
Qualcuno allora ha il coraggio di salutare questo cicciottello in giacca e panciotto quasi pendant, che conta uccelli per narcotizzarsi e, come un sonnambulo, si fa scippare il biglietto. Tutta colpa dell’isola, mi è bastato nascerci per non scordarla più, né di giorno né di notte. Strano però, erano mesi che non tornava.«Ecco, signore!» [gli si porta pure la borsa, al narcolettico]
«Oh, hvala! Grazie, grazie.»Ammara dalle mani del fattorino sulla banchina di porfido. Palmo disteso. Vuol dar la mano anche lui a un grande artista? Sono solo un docente.«To’! Fatteli bastare…» [pacca]
Silenzio opaco intorno, facce nuove. Quei piccioni lì sulla banchina, se stessi sognando potrebbero pure mettersi a sventagliare di qua e di là per la stazione, ma io li conterei, tutti in un baleno, anche con il sole febbrile negli occhi e le scarpe di pelle che torturano sui lastroni di porfido [sciogliere la sintassi].
Dopo, ho detto! Adesso voglio solo un caffè, altrimenti conto pure le mosche e la banchina mi diventa una spiaggia. E insomma il chiodo fisso dell’isola ritorna, rientra alla base. Ah, ma la recluta qui mai l’avreste riabbracciata, cari amici. Non fosse stato per Sonia…«Taxi!» Dubito avrebbe accettato di trasferirsi lei a Berlino [surrettizio].
Ha sempre odiato venirmi a prendere in stazione. Adesso starà in casa a fingere di non aspettarmi.«Dobro… Dove la porto?» [cappellino, occhiali a goccia]
«Al 10 di Hamdije Kr.» [pacca al portabagagli]

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Federico Filippo Fagotto
nato a Milano nel 1989, studia filosofia fra Milano e Venezia e collabora poi con la cattedra di Estetica. Dopo aver scritto per varie riviste e dopo una breve parentesi nella nazionale di Bridge italiana, fonda nel 2015 la rivista di arte e cultura La Tigre di Carta. Dal 2016 presiede l’Associazione culturale La Taiga, che dal febbraio 2017 gestisce il teatro milanese “Corte dei Miracoli”. In qualità di Direttore artistico cura diverse pubblicazioni, svolge cicli di conferenze fra letteratura e filosofia, cura regia e sceneggiatura di alcuni spettacoli. L’invenzione di Casares è il suo primo romanzo.
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