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Il rumore del pallone sul cemento

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Domenico e Giulio si conoscono da quando hanno dieci anni. Più precisamente da quando, nelle campagne della provincia romana, un pallone calciato male da Giulio unì le loro vite per gli anni a venire.
Ormai adulto, Domenico ripercorre con la memoria il tortuoso percorso della loro amicizia. Dalle giornate passate a costruire casette sugli alberi alle prime gite scolastiche. Dai primi amori alle scazzottate. Dalle fughe improvvise ai ritorni inattesi. Nonostante le loro evidenti diversità, i due si ostinano a mettere in gioco la loro costante e incessante forza per tentare di colmare l’uno le rugosità dell’altro, ritrovandosi, infine, entrambi completati. Una storia che parla di una profonda amicizia, dell’evoluzione dei sogni e della riscoperta di quelle strade che sembravano dimenticate per sempre.

Driiin… Driiin…
Mi ritrovo nel buio totale e mi sembra di non aver
mai aperto gli occhi. L’unica luce nella stanza è quella

intermittente del cellulare che squilla. Il mix letale
di suoneria assordante e vibrazione che mi trapana i
timpani mi sveglia definitivamente.Continua a leggere
Continua a leggere

Due considerazioni si inerpicano lungo il midollo spinale

fino alla materia grigia: perché mi ostino a
tenere la fastidiosissima suoneria stile “vecchio telefono”

sul mio iPhone? Ma, soprattutto, perché ho dimenticato

di inserire la modalità silenziosa prima di
andare a dormire? Quest’ultima domanda è seguita
da una serie di imprecazioni che ascolto solo io.
Mi faccio forza e, girandomi su un fianco, leggo
l’ora sullo schermo del telefono. Le 02:02, niente di
nuovo. Da anni ormai sono ossessionato dai numeri
doppi. Se mi capita di guardare l’ora in momenti random

della giornata, trovo spesso un numero doppio
a farmi venire la paranoia. Ho addirittura fatto una
ricerca su Google per sapere se fossi completamente
impazzito, trovando, al contrario, parecchie persone
che come me o sono pazze o danno troppo peso alle
coincidenze. Passo il pollice sul freddo touch screen e
un secco “click” attiva la chiamata.
«Pronto?»
«Domenico, siamo in ospedale. È ora.»

CAPITOLO UNO
Come si fa anche solo a pensare di voler raccontare di Giulio?

È un’impresa decisamente ardua, ma
voglio e devo provarci comunque. Dovessi descriverlo
in una parola, potrei dire matto, ma so che non basterebbe,

non gli renderebbe giustizia. Per un osservatore superficiale,

l’aggettivo “matto” sarebbe quello giusto. In un paese di

ventimila anime ci metti un attimo
a essere etichettato, ritrovandoti un cartellino intorno al

collo per tutta la vita. Te lo porti dietro anche
dopo la morte, questa volta appeso all’alluce. Basta un
comportamento fuori dagli schemi, un errore di gioventù

o semplicemente non essere omologati per guadagnarsi

una nomea con tanto di risatine alle spalle
al tuo passaggio. Per me, che lo conosco da quando
eravamo due ragazzini, urge la necessità di arricchire
la sua descrizione. Questo non vuol dire che la sanità
mentale abbia preso la residenza dentro di lui, intendiamoci.

Molto spesso mi è balenato in mente di consigliargli una

buona visita psichiatrica. Ma per non
ridurlo a una persona fuori di testa, dovrò usare ben
più di una parola. Ed è quello che andrò a fare.
Ho conosciuto Giulio a dieci anni. Lui ha la mia
stessa età, è venuto al mondo solo qualche mese dopo.
Ogni estate, finita la scuola, i miei mi recapitavano
a casa dei nonni togliendosi l’incombenza di essere
genitori per un mesetto o, a volte, anche due. Definirla

“casa” è un’esagerazione. “Rudere” è una parola
più azzeccata. “Quattro mura con cemento sbruffato,
piazzate in mezzo a una distesa di grano e puzza di
letame” rende ancora meglio l’idea. Qua e là sorgevano

altre casette simili a quella dei miei nonni, tra cui
quella di Giulio. L’abitazione rispecchiava perfettamente

la vita bucolica di campagna.
Appena arrivavi ti trovavi di fronte una porta di
legno, completamente mangiata dai tarli, che avevo
paura potesse sbriciolarsi al cospetto di una vigorosa
bussata. I mobili non erano classificabili come oggetti

d’epoca, poiché un mobile d’epoca ha il suo valore
mentre quelli erano solo dei pezzi di legno buoni per
fare il fuoco. Le persiane erano anch’esse in legno,
con totale assenza di isolamento termico. Questo

faceva sì che le temperature raggiunte nei mesi freddi
facessero battere i denti, quando il gelo dell’inverno
spazzava via inesorabilmente il verde dei prati, ingrigendo

tutto e dipingendo una natura morta con
il suo freddo pennello. La vernice esfoliata lasciava
trapelare il bianco di un secolo prima. Il pavimento
era un mosaico di piastrelle una diversa dall’altra.
Qualcuna era spaccata, lasciando buchi attentatori
di caviglie poco attente. I muri ingialliti da un passato pieno

di fumatori meritavano di certo una rinfrescata di bianco.

A quei tempi mio nonno fumava
come una ciminiera, fregandosene dell’aria irrespirabile

che veniva a crearsi in casa: di imbiancare i
muri neanche a parlarne.
Sul retro dell’abitazione c’era il vigneto che garantiva ogni

anno litri di vino sia bianco sia rosso. A
detta di mia madre, il sapore si avvicinava a un misto
tra aceto e urina stantia. Mio nonno, invece, lo giudicava

di alta qualità e rimandava al mittente le bocce di
vino costoso acquistate chissà dove e portate in dono.
Vicino al vigneto c’era l’orticello che mia nonna
curava con molto più amore e dedizione dell’interno
della casa: pomodori, zucchine, broccoli, broccoletti,
patate e via dicendo. All’epoca già conoscevo quand’era

il momento della raccolta di un determinato ortaggio,

perché a tavola si mangiava solo quello.
Nel piazzale c’era il mio orgoglio. Un albero di ciliegie

che utilizzavo come seconda casa. Mi arrampicavo

sui rami che ancora riuscivano a reggere il mio
peso, di parecchio inferiore ai cinquanta chili, da
ragazzino di dieci anni. Incurante del pericolo, stavo
ore e ore seduto lassù a ingoiare quelle dolci sferette e
sputare i semi provando a colpire Rudy, un attempato
pastore tedesco che faceva sì la guardia, ma rigorosamente

al riparo dai raggi solari, così pigro da non riuscire ad abbaiare troppo.
Il resto delle giornate lo passavo sulla tazza del
cesso, maledicendo la quantità decisamente esagerata di

ciliegie appena mangiate e ripromettendomi di
non farlo più. Per “più” intendevo fino all’indomani.
Su un lato della casa si ergeva un muro di contenimento

con una rete di protezione per evitare che
qualcuno facesse un volo di due-tre metri. Al di là
della rete c’era il piazzale, rialzato rispetto a quello
dei miei nonni, dove sorgeva la casa di Giulio. Proprio da lì,

un giorno, mentre tiravo sassi a un barattolo legato a un ramo,

si materializzò un pallone.
Ancora ricordo il rumore sordo che emetteva a ogni
rimbalzo sul cemento armato. Era un Mikasa a toppe

bianche e nere. Quei palloni erano così duri che,
a giocarci oggi, s’infrangerebbero svariate leggi sui
diritti civili.
«Scusami! Potresti rimandarmi la palla su?»
Alzai lo sguardo verso quella voce sconosciuta e
vidi Giulio per la prima volta. La nostra prima conversazione

avvenne grazie a un pallone. Effettivamente,
ora che ci ripenso, tutta la nostra amicizia partì da
quello. Non posso fare a meno di pensare che se la rete
fosse stata un po’ più alta da non permettere al pallone di

passare o i suoi piedi fossero stati più precisi,
oggi non sarei qui.
«Ci provo! Non sono bravissimo con i piedi!»
Impiegai cinque calci e quattro lanci con le braccia per

riuscire a rimandargli il pallone indietro. Alla
fine, fiero di me ma stremato per l’impresa titanica,
dissi: «Ciao, come ti chiami?».
«Giulio» fece lui
«Io sono Domenico. Vivi qui?»
«Sì. Tu sei il nipote di Natale e Maria, vero?»
«Esatto. Sono qui per le vacanze estive, come
tutti gli anni.»
Passammo tutto il pomeriggio a parlare del più e
del meno, della scuola elementare che frequentava-
mo, dell’ultima puntata dei Cavalieri dello Zodiaco
che, scoprimmo, piaceva a entrambi e altri innumerevoli

argomenti che possono interessare solo a due
ragazzini di dieci anni. Quel giorno non mangiai ciliegie

e non passai mezz’ora al bagno, ma in compenso
trovai quello che le persone chiamano “tesoro”.

11 Ottobre 2017
Lunedì 16 ottobre dalle 12.30 Dario Santonico sarà a Goodmorning Milano su Milano AllNews per parlare del suo libro "Il rumore del pallone sul cemento"! Non perdetelo e passate parola!
11 Ottobre 2017
Casateonline parla di Dario Santonico e "Il rumore del pallone sul cemento"! Pre-ordinate anche voi la vostra copia! https://bit.ly/2ya1elw
13 Ottobre 2017
Una nuova recensione per "Il rumore del pallone sul cemento" di Dario Santonico su librierecensioni.com! Ecco il link https://bit.ly/2kLfPOO
16 Ottobre 2017
Ecco il video dell'intervista di ieri a Dario Santonico a Goodmorning Milano! https://bit.ly/2gLJeUt
23 Ottobre 2017
Un'altra bella intervista a Dario Santonico per "Il rumore del pallone sul cemento" su Il forziere delle meraviglie https://bit.ly/2y1PBZM
13 Novembre 2017
Una bellissima recensione del libro di Dario Santonico. Buona lettura! --> https://bit.ly/2iccNPK
16 Gennaio 2018
È impossibile non leggere questo libro senza sentir spuntare un sorriso complice... Laura Bellini su Sole e Luna scrive una bellissima recensione a "Il rumore del pallone sul cemento" https://bit.ly/2DexabI

Commenti

  1. Un racconto coinvolgente e toccante, in cui è facile rispecchiarsi e ritrovarsi. Nei personaggi vibrano sentimenti capaci di creare intense risonanze; assorbiti dalla storia, si perde coscienza di essere ‘lettori’: la distanza si assottiglia e non possiamo fare a meno di percepire noi stessi come ‘compagni di vita’ dei protagonisti

  2. Rosanna Lia

    “Il rumore del pallone sul cemento” è un libro davvero bello: mi ha tenuta incollata alle pagine senza mai annoiarmi, mi ha fatto sorridere, commuovere, a tratti un po’ arrabbiare.
    Una bella storia di amicizia… di quelle amicizie nate per caso e destinate a lasciare un segno indelebile nel cuore e nell’anima di chi ha la fortuna di trovare questo tesoro!
    Complimenti, Dario!

  3. Una storia di amicizia vera, intensa, leggera, fresca, vivida, profonda, divertente ed emozionante… incredibilmente emozionante!
    Bravo a Dario Santonico, sa toccare le corde dell’anima!

  4. (proprietario verificato)

    “Ti ho pensato sempre. In ogni posto in cui sono stato, c’era sempre il tuo volto ad accompagnarmi”.
    I volti delle persone speciali, così come le loro parole, li portiamo sempre con noi. Sono quelle stelle che illuminano il nostro cammino e che inondano il nostro cuore di tenerezza.
    Possono essere persone che incontriamo una volta sola, quelle che restano con noi tutta la vita o che ne hanno fatto parte ed ora non ci sono più.
    Sono coloro che vedono oltre le apparenze. Sono coloro che ci accolgono così come siamo. E così facendo riescono a far spuntare il sole dentro di noi e a farci credere di nuovo in noi stessi.
    Il rumore del pallone sul cemento è tutto questo e molto di più.
    Ci ricorda di non dimenticare quel ruolo di educatore e guida alla vita che ogni adulto è chiamato a ricoprire. Ma, soprattutto, sussurra al Domenico che è in ognuno di noi di continuare ad avere il cuore aperto all’inaspettato e le mani e i piedi pronti a rilanciare il pallone dall’altra parte della staccionata. Perché solo così si possono aprire strade che mai avremmo pensato di percorrere. Sono le strade dell’amicizia autentica, fatta di gesti semplici e di tempo condiviso a giocare, a guardare le stelle e a sognare…

  5. (proprietario verificato)

    Questo romanzo è come un quadro. Dolci pennellate, sfumature di acquerello su una tela bianca, quella dell’anima. È una storia di amicizia, di sentimenti molto spesso soffocati. Dario ci riporta indietro nel tempo, alla giovinezza che è quasi infanzia; quando l’amicizia era condivisione, stare spalla a spalla, correre in campagna a piedi nudi, gioa di stare insieme per tirare calci a un pallone e rompere vetri. Temoi in cui, quando cercavi un amico, andavi a bussare alla sua porta, dove lo smartphone era solo un miraggio. Questo libro ci parla di tempi andati che vorrei ritornassero.

  6. (proprietario verificato)

    Solo leggendo la premessa del libro mi sono emozionato, cisà quando leggerò l’intero libro!!! Bravissimo.

  7. (proprietario verificato)

    Questo è un romanzo di un’amicizia, ma potrebbe sembrare riduttivo. In effetti è un romanzo che racconta la vita così com’è, nuda e cruda, senza tanti orpelli. La narrazione è adeguata al contenuto, lineare, semplice, priva di esercizi di stile. Un pregio e non un difetto perché arriva sincera e fa rivivere situazioni ed emozioni che chiunque di noi ha vissuto. Non è forse anche questo il compito della letteratura?
    L’amicizia di Domenico e Giulio, molto diversi tra loro ma complementari, come lo stesso autore spiega “Eravamo complementari. Io lo portavo nel mondo reale, come quel giorno, mentre lui mi spingeva ad inoltrarmi nella tortuosità della mia mente. Mi faceva sempre osare un passo in più nell’oscurità dei miei pensieri, quando io avrei voluto girare i tacchi e tornare indietro alla vista di quella selva oscura. Lui era la mia torcia, un lume artificiale che mi aiutava a vedere dove mettevo i piedi, in modo da non inciampare in una radice e cadere con la faccia nel fango.” Domenico irruente, Giulio riflessivo, Domenico che sogna e Giulio che studia con la curiosità di chi è destinato a grandi cose.
    Il rumore del pallone sul cemento non è però un romanzo scontato, e il lettore si ritrova a vivere il ribaltamento dei ruoli: Domenico che, dopo un evento particolare, diventa improvvisamente responsabile e concreto, la visione del futuro che cambia, e così i colori delle giornate, mentre Giulio si rivela poeta. Perché poeta non è solo chi scrive poesie ma colui che guarda le cose del mondo in un particolare modo, tutto suo. Leggere questo romanzo è stato passare del tempo in buona compagnia. A tal proposito chiudo con una citazione dello stesso Dario Santonico: “È proprio vero quando si dice che se passi il tempo in buona compagnia, questo scappa via fugace come un pugno di sabbia che trova vie di fuga tra le dita aperte.”
    Non è mai tempo perso quando si legge qualcosa che diverte e commuove, quando le parole riescono a stanare la Tenerezza. Tenerezza, maiuscolo, sì, perché ne abbiamo tanto bisogno.
    Maria

  8. (proprietario verificato)

    Questo è un romanzo di quelli che si leggono tutto d’un fiato,io stessa l’ho divorato in poco meno di due ore. Il linguaggio è semplice ma attuale e a volte spregiudicato,cosa che lo rende ancor più vicino al lettore. Le vicende si susseguono in un moto incalzante che trascina con se’ svariate tematiche:amicizia,adolescenza,problematiche familiari,Fede,morte,paternità…e tanto ancora. La minuziosità di dettagli ti permette di entrare pienamente nella scena,a volte sembra di essere accanto a Giulio e Domenico,con una birra in mano,seduti ad un tavolino. Che dire?leggetelo,appassionatevi come me che ho pianto come una bimba leggendo questo romanzo e soprattutto parlatene a quante più persone possibile!aiutiamo Dario a far sì che il suo sogno diventi realtà!

  9. Dario Santonico

    (proprietario verificato)

    Grazie infinite a voi che avete speso il vostro tempo per lasciare un commento al mio romanzo. Ve lo giuro, è stata dura trattenere le lacrime dopo ognuno di essi! Siete il motivo per cui non ho nessunissima voglia di mollare!
    Io sono il sangue di questo romanzo, voi siete il cuore che lo pompa!

  10. (proprietario verificato)

    Ho avuto la fortuna di poter leggere in anteprima il libro di Dario: mi mandava un capitolo alla volta, perché gli dessi il mio parere (non da critico – sono profondamente ignorante in materia – ma da appassionato lettore).
    Devo dire la verità: non vedevo l’ora di ricevere le sue mail!
    Come è già stato detto da altri, molto più competenti di me, credo che una delle bellezze di questo libro sia la capacità di Dario di dosare le notizie, i dietro-le-quinte, lasciando che il lettore conosca Giulio e Domenico un po’ alla volta, cresca con loro, diventi loro amico.
    Ho sofferto con loro, ho gioito con loro, ho pianto con loro.
    Ho letto tanti libri in questi anni, ma pochi mi hanno dato tutte queste emozioni!
    Grazie Dario, continua così! 😉

  11. (proprietario verificato)

    Ho avuto il privilegio di leggere questo romanzo in anteprima. Non voglio annoiarvi dilungandomi in una recensione che ne decanta lo stile o le ottime capacità narrative di Dario, anche perché non è il mio mestiere. Ma posso garantirvi che le emozioni che suscita sono vere e forti. Chi di noi, chiudendo gli occhi, sente ancora il rumore del pallone che sbatte sul cemento facendolo rimbalzare a ricordi che appartengono alla nostra infanzia e adolescenza. Nel titolo viene racchiuso un mondo che Dario ha raccontato in maniera esemplare Se volete una lettura che vi susciti emozioni autentiche vi consiglio di ordinarlo immediatamente. Aiutiamo a realizzare un sogno.

  12. (proprietario verificato)

    Scusate non mi ha scritto ‘estenuante treno merci’ tra le virgolette. La frase risultava incompleta.

  13. (proprietario verificato)

    Non sono una critica letteraria ma posso dare un mio giudizio da lettrice.
    Leggendo l’anteprima ho trovato piacevolissima la fluidità con il quale scrive Dario, una scrittura che il più delle volte mi ha fatto sorridere. Credo sia un romanzo che possa essere letto a qualsiasi età, un romanzo nel quale tutti possono ritrovarsi. Un romanzo che porta alla memoria le vicissitudini adolescenziali che allora ci sembravano insormontabili, e che oggi vengono ridimensionate dalle vicissitudini vere e profonde di chi non vuole crescere e purtroppo e/o per fortuna è cresciuto. Problemi che verranno affrontati nel corso del romanzo. Mi ricorda molto i romanzi di formazione, i Buildungsroman studiati a scuola, nel quale assistiamo alla formazione del protagonista dall’età infantile a quella adulta. Mi ero ripromessa di non leggere la bozza inviatami con il pre-ordine, ma purtroppo, poiché la curiosità è donna, non ho resistito e non ne sono rimasta delusa.
    Vorrei sottolineare la freschezza stilistica usata da Dario.
    Bè non vedo l’ora di ricevere la copia cartacea, così il mio giornaliero viaggio da pendolare in treno, che come scrive Dario può essere accomunato ad <> , verrà allietato da una buona lettura.

  14. (proprietario verificato)

    Il romanzo di Dario, riesce a emozionarti pagina dopo pagina, ricordando un’infanzia che tutti abbiamo vissuto, con episodi simpatici, o tristi. Per poi passare all’adolescenza e ai suoi “problemi” che poi diventano reali nell’età adulta.
    È a tutti gli effetti un romanzo di formazione, dolce e raffinato che parla di amicizia.
    Giulio e Domenico si conoscono da piccoli, frequentano la stessa scuola, giocano insieme. Poi crescono e si perdono. Quella che però non si perde è la loro amicizia.
    Dario racconta tutto con una scioltezza notevole, sembra che sia proprio lui uno dei protagonisti e che abbia vissuto in prima persona un’amicizia simile, tant’è vicina alla realtà.
    Ma Dario ha anche un altro pregio: quello di parlare con una scrittura semplice e fluida. In alcuni passi credevo di aver conosciuto davvero Giulio e Domenico.
    Che dire, lo ho già letto ma non vedo l’ora di rifarlo!

  15. (proprietario verificato)

    Il romanzo “Il rumore del pallone sul cemento” è scritto con un bello stile; usa una prosa asciutta, diretta, piuttosto visiva, un linguaggio semplice e ricco al tempo stesso.
    Ii dialoghi non sono forzati e tengono bene il ritmo.
    La narrazione è scorrevole e avvincente, per tutto il libro si ha voglia di proseguire perchè sapientemente vengono centellinate le informazioni sul seguito.
    La narrazione in prima persona come flash back di memorie del protagonista Domenico, non deve trarre in inganno: in effetti è una storia dove protagonisti a pari merito sono entrambi, Domenico e Giulio, e anzi Giulio prende quasi il sopravvento come protagonista anche se riflesso negli occhi di Domenico che lo osserva.
    Il romanzo è un romanzo di formazione, ha molto spazio il tema delle inquietudini adolescenziali dei protagonisti, vissute con coerenza e competenza sapiente, viene citata esplicitamente la sindrome di Peter Pan.
    Ci sono note non banali sulle difficoltà del vivere, la crisi, il poco lavoro, le difficoltà scolastiche.
    In definitiva potrebbe sembrare un libro di memorie un po’ proustiane, una madeleine di rumore del pallone sul cemento.
    Ma non è neppure solo questo: quello che ha che vale di più, a mio avviso, è la storia di un’amicizia maschile e i sentimenti veri, molto ben descritti con tono sobrio e al tempo stesso intenso.

    Per essere un’opera prima rivela un talento notevole. Restiamo in attesa di cosa saprà produrre in seguito questo talento ancora molto giovane e coraggioso.

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Dario Santonico
Dario Santonico nasce nel 1983 a Colleferro. Dopo aver viaggiato molto per motivi di studio, si è laureato in Geologia presso la Sapienza di Roma. Da cinque anni vive in Brianza con la sua compagna, un bambino e un cane. Lavora nel mondo della ricerca petrolifera, ma non smette di curare le sue innumerevoli passioni, come la scrittura e la pasticceria. Il rumore del pallone sul cemento è il suo primo romanzo.
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