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Il Segnato III. La fine del multiverso

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Tutto è pronto per la partita finale. In gioco c’è il destino dell’intero multiverso. Il Segnato, il Bastione, il Cercatore, Isabelle, Ka’Muluth e tutti gli altri dovranno affrontare i nemici più insidiosi: le loro paure, il loro passato, le loro nuove responsabilità, dovendo scendere a compromessi con i loro demoni interiori per essere pronti ad affrontare gli orrori cosmici che si stanno preparando a ristabilire l’antico dominio sugli uomini.

Il Segnato sarà il salvatore del multiverso o colui che lo divorerà come dicono le profezie?

Il gelido abbraccio del cosmo

Il vuoto circondava il corpo esanime, le cui dimensioni apparivano insignificanti di fronte alla vastità del cosmo. La scintilla vitale sembrava averlo abbandonato, un velo di ghiaccio lo ricopriva nella sua interezza. Esisteva da quando il multiverso aveva emesso il suo primo vagito, quando antiche forze generatrici si erano messe in moto sulle note di uno spartito silenzioso, per dare il via alla vita. L’ordine creò il primo Bastione. In risposta a esso il caos generò lui, l’anti Bastione. Suo padre relegò nel suo corpo l’intera energia creatrice, mentre l’ordine distribuiva la stessa quantità di energia in tutto il multiverso.

Ci sarebbero stati infiniti Bastioni, ma un solo avversario, detentore di un potere pari a quello frammentato di tutti i suoi nemici. Nella sua lunga esistenza ne aveva affrontato e vinto un numero considerevole finché, ebbro di potere, era andato oltre i limiti del compito che il genitore gli aveva assegnato, arrivando a sfidare gli stessi creatori. Il caos arrivò a temere suo figlio; provò ad annientarlo, realizzando di aver liberato un potere troppo grande anche per lui. Le due forze opposte del creato furono costrette ad allearsi per la prima volta nella storia e dall’unione tra ordine e caos fu generato un nuovo essere, il cui potere sarebbe stato in grado di rivaleggiare con quello dell’anti Bastione. Lo scontro tra le due entità fu brutale e l’energia sprigionata creò crepe nel multiverso, attraverso le quali molte realtà tracimarono in quelle attigue.

Il nuovo essere riuscì a sconfiggere la sua nemesi portandola a un passo dalla morte e scaraventandola nelle vastità del cosmo. Il corpo dell’anti Bastione vagò nell’universo per eoni, fino a trovarsi in un luogo lontano nello spazio ma vicino nel tempo a quello in cui avvennero gli eventi che ci riguardano.

Da dove si trovava percepì un evento futuro per cui valeva la pena risvegliarsi, qualcosa che sfuggiva alla sua comprensione ma che avrebbe potuto restituirgli un potere così vasto da poter finalmente affrontare e vincere suo padre e i suoi fratelli, così come l’essere che lo aveva sconfitto. I muscoli fremettero, riportando coscienza nel guscio privo di vitalità ma non di vita. Era debole ma sapeva come ricaricarsi. Con le energie residue solcò il vuoto siderale dirigendosi verso una stella. L’impatto col corpo celeste lo inebriò. Si nutrì di quell’immensa energia fino a che non ne rimase più.

Una stella era morta, ma lui era pronto ad affrontare il viaggio che lo avrebbe condotto sulla terra.

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La gabbia

La prigione era angusta e rumorosa. Le urla, i chiacchiericci e i lamenti incessanti esacerbavano la cacofonia insopportabile che non dava tregua ai carcerati. Nel luogo dimenticato da Dio non esisteva l’alternanza sole e luna. Non era mai notte e non era mai giorno. I prigionieri sperimentavano una luce costante insufficiente a illuminare l’ambiente, ma incapace di renderlo adatto al riposo. Migliaia e migliaia di corpi cozzavano tra loro in cerca di spazi inesistenti.

Quando un nuovo detenuto veniva incarcerato lo spazio aumentava magicamente, il tanto che bastava per ospitare il suo corpo in posizione eretta. Quella non era vita, ma agonia. Il peggio arrivava quando il carceriere attingeva alle capacità dei prigionieri che sperimentavano ogni volta nuove forme di dolore. Ogni tentativo di opporsi era fallimentare. Provare ad arginare il potere di quella forza portava solo ad altre sofferenze indicibili, con carni che si laceravano e arti che si spezzavano. Invano i carcerati cercavano di artigliare le pareti della prigione. Jax avrebbe dato tutto per respirare la libertà che gli era stata negata. Ormai però aveva perduto ogni speranza di riacquistarla.

Kaspar Vogel lo aveva sconfitto come aveva fatto con tutti gli altri e ora lo teneva prigioniero della sua anima. Conosceva alla perfezione le emozioni del carceriere e percepiva la reciprocità di questo stato dell’essere. Il Segnato era in grado di sentire ogni singolo pensiero dei suoi demoni interiori. La prigionia era mentale oltre che fisica. Il solo pensare a una rivolta era inattuabile oltre che inutile, perché lui ne era a conoscenza sin dal momento in cui nasceva l’idea della fuga.

Ciò che accadde quel giorno fu qualcosa di impensabile e sorprese tutti: la voce di Kaspar risuonò per la prima volta tra le pareti della prigione.

«Mi rivolgo a ognuno di voi per proporvi un patto. So che mi state ascoltando, così come so che alcuni di voi stanno già pensando di infrangerlo, pur senza conoscerne i termini. Potrei elencare i nomi di ognuno dei centoquarantasette ribelli. Ma vi dico: prima di pensare al tradimento ascoltate quello che ho da offrirvi.»

Nessun demone fiatò. Ognuno di loro aveva già sperimentato la furia del Segnato e non voleva trovarsi ad affrontarla una seconda volta. Jax era conosciuto come il giullare dell’apocalisse, un demone minore con la capacità di fare battute divertenti e adeguate al momento. Il suo scopo nella vita prima della prigionia era quello di creare la battuta definitiva, quella che avrebbe fatto ridere a crepapelle anche un uomo in punto di morte. Vogel non aveva mai attinto alla sua capacità. Però era un ottimo oratore e visto che tutti tacevano si decise a prendere la parola.

«Se sei davvero tu, dacci un segno.» Nessuno rise, ma lui insistette. «Questa era pessima. Non credo che me la segnerò.» Il silenzio dopo una battuta era la cosa peggiore che potesse capitare a un caratterista quale lui si considerava. «Va bene, va bene. Siete veramente demoni tristi.»

La voce di Vogel risuonò forte e chiara: «C’è qualcun altro a voler prendere la parola oltre a questo buffone?».

Jax era ferito. Lui era un giullare e non tollerava che gli si desse del buffone. «Sei scortese e ignorante. Se vuoi parlare con qualcuno, parla con me. Sono Jax, il giullare dell’apocalisse. Scusami se non mi inchino, ma ho le spine uncinate del mio vicino di destra nelle costole e le zanne di quello di dietro conficcate nella schiena.»

«Va bene allora. Ho deciso di non utilizzare mai più le vostre capacità.»

Jax fu colpito da quell’uscita a effetto e notò che anche i demoni che avevano cercato riparo tra i corpi dei vicini stavano alzando timidamente la testa incuriositi dall’affermazione.

«In cambio di questo, voi smetterete di combattere in cerca di una libertà impossibile da ottenere.»

«Non è giusto. Io non ci guadagno nulla. Non ho mai provato a scappare e non mi hai mai considerato nemmeno per errore.»

«Non sto forse parlando con te? Se sei d’accordo ti nominerò mio portavoce ufficiale.»

«E anche consigliere? Sono affidabile e onesto.»

«Non esagerare, demone. Purtroppo sento che troppi dei presenti anziché essere felici sono ulteriormente rancorosi e non posso permettermi che non siate d’accordo all’unanimità.»

«Suvvia, ragazzi. Non fate cose di cui potreste pentirvi. Se non accettate quello che ci chiede il nostro aguzzino, continuerete a farvi malissimo.»

«Aspettate. L’accordo non finisce qui. C’è un’altra parte.»

Quando il Segnato finì di spiegare i termini del patto, Jax credette di non aver capito bene. Eppure non c’era molto da fraintendere e il fatto che ogni demone accettasse fu la prova che la proposta aveva centrato il bersaglio, per quanto incredibile.

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Commenti

  1. (proprietario verificato)

    L’epica conclusione della saga del Segnato: le trame dei numerosi personaggi presentati nel corso della trilogia scorrono e, seguendo tortuosi percorsi, confluiscono nel movimentatissimo e apocalittico finale.
    Un high-fantasy che si può leggere a più livelli, in cui l’elemento principale è l’avventura, con la quale convivono senza stridere atmosfere lovecraftiane e siparietti umoristici: un’operache sa riproporre in chiave occidentale l’essenza dei manga.
    Il ritmo placido delle prime pagine aumenta di capitolo in capitolo, così come di capitolo in capitolo l’atmosfera si fa più cupa e i personaggi -che al termine del secondo libro sembravano aver raggiunto il proprio equilibrio- sono chiamati ognuno per suo conto a fare delle scelte, a sacrificare una parte di sè, ad abbracciare il proprio aspetto preponderante, a diventare eroi, a prendere parte alla fine del multiverso.

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David Giuntoli
classe 1967, nato a Lucca e pisano da una vita, è infermiere e da sempre appassionato di letteratura horror, fantasy e fantascienza. Ha pubblicato diversi racconti e Il Segnato III, La fine del multiverso è il terzo volume della saga dopo Il Segnato (bookabook, 2017) e Il Segnato II, I pirati del multiverso (bookabook, 2018).
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