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Alighiero

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Nella Pangea primordiale, la tribù dei Mig vaga da secoli in cerca di un luogo da chiamare casa. È qui che Alighiero cresce tra incomprensioni, prove di forza e scherno, fino a trovare nell’ingegno la sua arma segreta. La sete di dimostrare il proprio valore lo spingerà oltre i confini del villaggio, in una traversata che si trasformerà in naufragio.

Tra antiche guerre per la sopravvivenza, amicizie inattese e una natura in tumulto, Alighiero dovrà affrontare la più grande delle sfide: trovare il proprio posto in un mondo che minaccia di crollare.

Un viaggio epico di rivalsa, coraggio e meraviglia, nell’alba dei tempi.

250 milioni di anni fa

Il nostro mondo nasceva da poco, un piccolo, singolo granello di sabbia in un cosmo interminabile costituito da enormi dune sparse chissà dove, nell’infinito dell’ignoto. Debole per sopravvivere in un universo intriso di mistero e potenza allo stato puro. Proprio come una crisalide, si sforzava in un continuo mutamento pur di portare avanti l’intera sua esistenza. Tra tutti i periodi peggiori che visse la Terra, tra l’essere una palla incandescente e l’essere una palla di ghiaccio, forse l’epoca della Pangea fu il momento in cui il nostro povero pianeta poté finalmente riposarsi un po’, riuscendo a rimettere in ordine le innumerevoli idee, almeno prima della sua trasformazione finale in farfalla.

Mentre il globo si concedeva un momento di relax, era in corso una feroce diatriba per il possesso delle sue terre emerse, unite in un unico e freddo continente. Le tre tribù dei giganti, popoli di inumana potenza, erano in lotta tra loro dalla notte dei tempi per appropriarsi di ogni risorsa disponibile. Scrutando senza sosta ogni metro delle lande desolate, combattevano sanguinose battaglie per i migliori territori di caccia. Ogni etnia acquisiva nel corso dei secoli abilità e specializzazioni diverse, cercando la migliore forma di adattamento possibile tramite le esperienze vissute.

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I Dark, dalla natura prettamente impulsiva, tentavano di sovrastare con ogni mezzo i nemici, organizzando spesso attacchi a sorpresa nel cuore della notte. Incutevano timore e inquietudine per il loro fare selvaggio e senza regole, proprio come delle bestie; alcun membro si riconosceva come appartenente di una comunità, né tantomeno di una famiglia. Eterni misantropi uniti esclusivamente per cacciare e lottare, in disaccordo su tutto il resto. L’istinto prendeva il comando di ogni pensiero e di ogni azione, lasciando che l’utilità del cervello fosse quella di separare le orecchie.

Gli Hunter, abilissimi nella caccia degli erbivori più grandi, nonché fini costruttori di trappole, erano i più sornioni e i più organizzati tra le tre fazioni. Amanti e studiosi della volta celeste, tracciavano i loro percorsi utilizzando le costellazioni. Abituati a utilizzare prima il cervello e poi i muscoli, cercavano soprattutto in modi subdoli e infidi di ottenere sempre ciò che progettavano, disinteressandosi dei tradimenti e degli inganni che ne derivavano.

Infine i Mig, protagonisti di questa storia, prettamente cacciatori e guerrieri, militarmente organizzati e specializzati nella guerra, nonché nella difesa dai predatori più pericolosi. Gli ultimi dinosauri, le tigri dai denti a sciabola, le mandrie di mammut inferocite: non esistevano belve che non sapessero affrontare. Abituati a prosciugare qualsiasi tipo di risorsa che il territorio offriva loro, non stazionavano nello stesso luogo per più di dodici mesi, ottimizzando così il tempo e lo spazio per rendere il posto sicuro. Si dedicavano quotidianamente anima e corpo al prezioso addestramento, donne e bambini compresi. Per loro l’unione era tutto, e proprio come un branco di lupi non lasciavano nessuno indietro, leali unità di un’unica grande e fusa famiglia. “Capocaccia” era titolo dato al gigante più meritevole della tribù, uscito vittorioso dalle battaglie più cruente, l’unico in grado di guidare il popolo con la sua esperienza e il carisma, forgiatosi durante i mille scontri. Leader indiscusso dei Mig, l’autorità massima e colui sul quale riversava il peso della sopravvivenza dell’intero popolo. Chiunque si fosse opposto alla sua elezione, durante la Festa del Sangue, avrebbe dovuto dimostrare in uno scontro fatale di essere proprio lui il meritevole di tale nomina. Inutile nascondervi che diventare Capocaccia fosse l’ambizione di ogni giovane gigante. Corpi statuari, alti circa quattro metri per trecentoquaranta chilogrammi, modellati dal duro addestramento, venivano abbelliti da pellicce e trofei venatori come zanne e artigli. La peculiarità maggiore era data dalla loro inusuale usanza, quella di scalfire il proprio corpo con profonde cicatrici, definite “segni gloriosi”, tante quante le loro gesta eroiche in battaglia.

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Simone Digrandi
Simone Digrandi (Roma, 1992) è un ex militare e un attuale agente delle Forze dell’Ordine. In Alighiero emerge la passione per il mare e per lo sport, anche grazie alla bellezza di una città che lavorativamente lo ospita da molti anni.
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