Arno e Greg, amici da sempre, sono in fuga dalla loro vecchia vita e dal grande nemico: l’Impero Oscuro; e sono decisi a prendere in mano la direzione delle loro giovani vite. Decisi a raggiungere la cittadina di Gromm, famosa a quel tempo per la sua ricca e ricercata produzione di pregiate armi bianche, si avventurano nella sconosciuta valle Trista.
I due amici presto si accorgeranno che non saranno loro a decidere del proprio futuro e che, ancora una volta, dovranno cavarsi da situazioni pericolose in un mondo feroce e spietato.
Li attendono avventure mozzafiato, inaspettate amicizie, roboanti battaglie, improvvisi pericoli, e travolgenti amori, in un viaggio che muterà radicalmente le loro povere vite…ma non nel modo che si aspettavano.
Fiori di ghiaccio è un romanzo fantasy che esce dai classici schemi e coinvolge, stupisce e diverte il lettore calandolo in un mondo realisticamente organizzato.
Perché ho scritto questo libro?
Il libro nasce da un patto suggellato con i miei figli: loro avrebbero letto i libri suggeriti dalle scuole, io avrei scritto per loro una storia coinvolgente e divertente al tempo stesso.
Non nascondo che inizialmente speravo se ne sarebbero dimenticati, invece, hanno insistito e mi hanno incoraggiato (a modo loro) fino al completamento della stesura.
Adesso reclamano a gran voce la loro copia.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Arno continuò a fare congetture sempre più deleterie su chi potesse essere il loro inseguitore e perché li stesse braccando, mentre proseguivano velocemente sulla stretta via sempre più nel bosco sconosciuto.
– Facciamo una cosa, troviamo un buon posto per un’imboscata. Uno di noi attenderà l’incappucciato in modo da essere scorto solo all’ultimo momento, l’altro sarà ben nascosto ad un lato del sentiero pronto ad intervenire.
Se quell’uomo sta andando semplicemente per la sua strada ci ignorerà o manterrà un atteggiamento indifferente, e l’esserci incontrati anche nella locanda del villaggetto si rivelerebbe essere stata solo una coincidenza fortuita. Al contrario, se dovesse mostrare sorpresa nel vedere uno di noi fermo sul sentiero, sarebbe la prova che ci stava seguendo. A quel punto bisognerà farsi dare molte spiegazioni, dovremo essere pronti a qualunque cosa, anche a…-
Arno non terminò la frase, ma non ce ne fu bisogno, Greg capì immediatamente. Arno si guardò attorno, decise che quello in cui erano fosse un buon posto, si scostò dal sentiero di un paio di passi e si appoggiò con la schiena dietro al tronco di un grosso faggio e fece segno a Greg di nascondersi dietro a un muretto a secco poco distante da lui. Greg vi si accucciò ed estrasse, per la seconda volta quel giorno, il suo grosso pugnale. Questa volta il gesto gli costò molta fatica. Sapeva che non gli sarebbe servito per tagliare solo del formaggio.
Con un poco di disappunto pensò al modo di fare non proprio corretto di Arno, il quale aveva deciso arbitrariamente chi avrebbe fatto da esca e chi avrebbe sorpreso alle spalle l’incappucciato. Si convinse che Arno avesse un piano preciso e ben ragionato. Del resto, non era il momento per sottilizzare, ed entrambi i ruoli nell’agguato avevano pro e contro. Greg in cuor suo sapeva che l’amico aveva scelto il ruolo più pericoloso. Nessuno sapeva chi fosse quell’uomo dietro di loro né come avrebbe reagito sentendosi scoperto.
La tensione palpabile portò Greg a respirare velocemente. Cercò di fare meno rumore possibile imponendosi di fare ampi respiri, inspirando ed espirando aria dal naso. Maledisse il freddo che avrebbe potuto svelare la sua presenza attraverso il vapore del fiato. Era talmente teso e attento che percepì ogni minimo rumore che il vento produceva soffiando tra rami e rametti privi di fogliame, percepì anche il gentile e tenue profumo di alcuni curiosi fiori bianchi che crescevano tutt’intorno a lui, a sole poche braccia di distanza. Questi fiori, sbocciando così a ridosso della stagione gelida, con le loro candide corolle rivolte verso il cielo, parevano sfidare impertinentemente il freddo e addolcivano con il loro candore la tristezza degli spenti colori invernali.
Greg attese.
Rimuginò sulla volta che aveva provato una sensazione simile quando, circa un anno prima, assieme ai suoi compagni d’arme, aveva dovuto attendere il comando di un superiore per poter uscire dalle posizioni nascoste, intervenire nella battaglia in corso e seminare morte e distruzione come un demonio contro il nemico. Ricordò che fu una tortura aspettare il comando. Rammentò di essere stato in ascolto del rumore della battaglia, e riaffiorò in lui il senso di inutilità che aveva provato quella volta: i suoi compagni combattevano, soffrivano e morivano, mentre lui e altri, aspettavano in una relativa sicurezza, il momento di attuare il piano. Aveva imparato presto, grazie alla disciplina impartitagli, di obbedire a tutti gli ordini, anche a quelli, e capitavano spesso, che non si capivano o non si condividevano affatto.
Da solo, dietro quel muretto, si sentiva soffocare nonostante l’aria fosse pura e cristallina. Il respiro affrettato non era facile da dominare e il profumo delizioso di quei fiori, che pareva lo canzonasse, non portava giovamento alla situazione. Temeva per il suo amico Arno, temeva per sé stesso e temeva anche per lo sconosciuto che, magari viandante inconsapevole, stava salendo la china. Quei fiori, indifferenti ai sentimenti di Greg, crescevano numerosi allietando l’ambiente incuranti di ogni sofferenza e tribolazione attorno a loro.
Greg aveva i muscoli contratti dall’agitazione e l’orecchio teso ad ogni minimo rumore, quando udì dei leggeri e rapidi passi.
L’incappucciato era infine giunto.
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