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Incastro emotivo

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Consegna prevista Aprile 2026

Nina è una ragazza intensa e sensibile, sospesa tra gioie travolgenti e dolori profondi. La routine la svuota, ma le sue tempeste interiori la fanno sentire viva. Da sempre lotta con ferite invisibili e cerca un senso che vada oltre il sopravvivere. Quando inizia un percorso di psicoterapia, una luce nuova comincia a farsi strada dentro di lei: la speranza di trasformare il dolore in forza. Attraverso questo cammino, Nina sta imparando ad accogliere la sua complessità e a riconciliarsi con il proprio corpo. Attorno a lei c’è una “tribù” di amici autentici e una famiglia che l’ha sempre amata. Nella musica trova rifugio, mentre un amore nuovo e maturo la guida verso una forma diversa di sé. La sua sensibilità viscerale le fa cogliere sfumature invisibili agli altri. Grazie anche, e soprattutto, al percorso terapeutico Nina affronta un viaggio verso una rinascita vera: non un ritorno, ma un approdo luminoso a ciò che è destinata a essere.

Perché ho scritto questo libro?

Ho scritto questo libro spinta da una profonda urgenza, silenziosa ma insistente. L’urgenza di far ordine nel caos di pensieri dispersi, di raccogliere frammenti che non avevano ancora trovato spazio sulla carta. Era il bisogno di raccontare ma, anche di comprendere: di offrire una possibilità di speranza, agli altri, certo, ma ancora prima, a me stessa. Credo che il coraggio di guardarsi profondamente dentro e dare voce alle proprie parti più arcaiche, possa rappresentare, un atto di rinascita.

ANTEPRIMA NON EDITATA

UNA LUCE CELESTE TRA LE CREPE

Nina è sempre stata una ragazza atipica, fuori dal comune, di quelle che, quando le si incontra, lo si capisce subito che hanno un mondo di colori dentro, dalle mille sfumature, alcune tetre, altre raggianti.

La prima impressione è quella di uno stupore che travolge, che infiamma il corpo, che fomenta l’anima. Qualche momento dopo, però, ci si spaventa, perché tutti quei colori inondano chiunque non abbia gli strumenti per saperli contenere.

Nina ha sempre avvertito e colto i più minuziosi dettagli, come se le mancasse uno strato di pelle, è da sempre stata in grado di percepire e percepirsi ad una tale intensità da far sballottare, deragliare, come quando si è in moto e arriva una folata di vento inaspettata: improvvisamente  si ondeggia, si rischia di debordare.

Nina ha occhi veloci e grandi, di un colore raro: un marrone intenso attorno alle pupille vivaci e pulsanti che si mescola, via via ci si allontana, alle sfumature di un verde vigoroso, in un incanto naturale.

La sua anima inquieta è un mare in tempesta, sempre alla ricerca di qualcosa che la possa scuotere, che la faccia  sentire viva. La sua tensione interiore la spinge a cercare un’esistenza che non si interrompa mai, che non si appiattisca nel grigiore di una routine ordinaria.

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Fin da bambina, Nina aveva compreso che il mondo non era un posto che si poteva semplicemente “subire”. Era un’arena, un campo di battaglia dove chi non lottava, non viveva. E lei lottava. Ma non solo contro le sfide esteriori, contro le difficoltà quotidiane o la superficialità della vita. La vera battaglia era nei confronti di se stessa, contro quel dolore profondo che le bruciava come una ferita celeste, un segno che le ha lasciato il passato e che la accompagna ovunque. Una ferita invisibile agli altri, ma che per Nina è come una cicatrice eterna sulla pelle dell’anima.

Ogni volta che affronta un picco di emozioni forti, una beata estasi la fa sentire invincibile e, più che mai, viva. La sua mente diventa lucida, il suo corpo leggero, e il mondo intero sembra dare finalmente ragione alla sua esistenza. Il cuore accelera, le mani vibrano di energia, e tutto, tutto diviene possibile.

Ma come ogni montagna che si risale, una volta in cima, arriva inevitabilmente la discesa. E quella discesa è, ogni volta, vertiginosa, oscura, un abisso profondo dove in Nina si perdono, sembra, irrimediabilmente, le certezze, dove la paura e il dolore la rendono fragile, vulnerabile, ma al contempo, anche in questo caso, più viva che mai.

Perché nei momenti di sofferenza acuta, sente una vitalità che non riesce  a spiegare, come se fosse finalmente in contatto con la sua essenza più pura, più autentica.

E così, oscilla tra l’alto e il basso, tra le vette di una gioia travolgente e la profondità di un dolore che la consuma.                                                                                                                                    

La via di mezzo? Quella non esiste per Nina. Lì, nel mezzo, nell’assenza di picchi e abissi, lei si sente vuota, invisibile, persa in un mondo che sembra non chiederle né concederle più nulla. Lì non c’è vita, solo una costante e monotona esistenza che le fa dubitare della sua stessa presenza.

Ma tutto questo ha iniziato a intiepidirsi, a perdere ferocità, quando Nina ha cominciato a frequentare un centro di psicoterapia a Milano. È lì che Nina inizia a capire che la ferita celeste che porta dentro di sé da quando è bambina non sarà per sempre un buco nero.

Lentamente, la luce comincia ad entrare da quella ferita. Timida, come il primo raggio di sole che attraversa le nuvole di una giornata di pioggia, la luce celeste inizia a farsi strada nel suo cuore. Non è una luce esplosiva, ma comunque potente, come un lampo in un cielo di mezza estate che rischiara tutto attorno a lei per un istante.

E quell’istante, per ora, le basta, per cominciare a credere che qualcosa di grandioso, qualcosa di straordinario, è possibile, per cominciare, in qualche modo, ad iniziarsi.

Nina non smette di ricercare il brivido, ma inizia a comprendere che la forza della sua vita non dipende solo dai picchi e dagli abissi. Nasce in lei, infatti, una nuova consapevolezza che la attraversa, come una corrente che si fa strada tra le rocce.

I pezzi del suo puzzle esistenziale stanno finalmente iniziando ad incastrarsi e la sua mente, rapida e acuta, comincia a cogliere qualcosa che da sempre le era sfuggito. È come se stesse scoprendo una via d’uscita, un cammino che non è stato tracciato da nessuno, ma che è il suo, unico ed imprescindibile.

I suoi occhi, quegli occhi da guerriera che le hanno dato il coraggio di affrontare mille battaglie, guardano il mondo con un misto di meraviglia e determinazione. Il mondo le deve qualcosa, lo sente nel profondo, come una promessa che prima o poi sarà mantenuta.

Con il suo sorriso, che non smette di stagliarsi su tutto il suo viso, attende, a volte paziente, altre volte un po’ meno, che arrivi quel momento, quel miracolo che renderà tutto il suo viaggio degno di essere vissuto.

Solo Nina conosce il suo stesso segreto: quella spina invisibile ma presente e ingombrante nella sua mente, quel sabotatore silenzioso che a volte la costringe a fermarsi, a rallentare, a dubitare di se stessa. Nonostante la sua bellezza esteriore, che tutti notano e lodano, c’è qualcosa dentro di lei, infatti, che, ancora, lotta per non emergere. Un’ombra che minaccia di oscurare la luce che sta cominciando, tenue, a brillare.

Ma anche quest’ombra fa, forse, parte della sua magia. La sua battaglia interiore nel suo percorso di crescita è ciò che la rende unica, e, in qualche modo, anche più forte. La sua luce celeste, che ora comincia ad espandersi, è il risultato di tutto questo, di ogni dolore, di ogni battaglia, di ogni attimo di bellezza e di abisso.

Così, mentre cammina per le strade di Milano, tra la frenesia della città e i suoi sogni che si fanno via via più vivi, Nina sa bene che la sua strada ha da poco preso la direzione giusta.

Non c’è più solo la ricerca di emozioni forti e di picchi da raggiungere, c’è un’altra dimensione della vita che sta scoprendo: una dimensione che le permette di abbracciare il suo essere, con tutti i suoi alti e bassi, le sue ombre e le sue luci. E questa, forse, è la sua più vera grandezza.

          

            IL RIFLESSO DEI SENSI 

Nina cammina lungo una strada stretta del quartiere in cui ha vissuto per ventiquattro anni, dove si trova, ancora oggi, la casa dei suoi genitori e dei suoi fratelli.                                                          Tra case dai muri consumati dal tempo, ci sono soprattutto ville con giardini che sono una giostra di colori. Ogni passo che fa è un passo che la avvicina ad un mondo nuovo, ma non per il semplice fatto di camminare, bensì perché sente di starsi accostando, pian piano, ad una consapevolezza inedita di se stessa.

Ogni movimento si traduce in un atto di scoperta, un desiderio di immergersi nei dettagli più nascosti, nei suoni più sfumati, nei profumi più distanti.

I suoi occhi, grandi e vivaci, sembrano non smettere mai di registrare, di osservare, di raccogliere. Sono occhi che guardano il mondo come un quadro in continua evoluzione, dove ogni pennellata è carica di un’emozione, ogni sfumatura di una sensazione. Hanno una profondità unica, come due piccole foreste incastonate nel suo volto, con sfumature castane che si mescolano al verde vigoroso, il verde della natura, quello dei muschi freschi e delle foglie al primo mattino.

Quando Nina osserva, non vede solo quello che gli altri vedono. Per lei, i colori hanno suoni e le forme hanno odori. Nota un giardino di magnolie di un rosa di varie totalità, che per lei non è solo un fiore, ma il suono di una risata lontana, il profumo di una promessa che si potrebbe avverare.

Ogni entità è una sinfonia di sensazioni che Nina cattura con una sensibilità che non ha limiti.

Oggi, camminando attraverso una stradina che costeggia un ruscello, Nina si ferma davanti a una vecchia panchina di legno, incorniciata da fiori rosa e bianchi che sembrano danzare al ritmo di una musica che solo lei può sentire. Si china, accarezzando le punte dei petali con le dita: il contatto è delicato, come un segreto sussurrato. Il loro profumo, dolce ma leggermente aspro, la colpisce subito, rammentandole una storia, da lei vissuta, che, a tratti, si era dimenticata. Il calore del sole, che scalda la pelle in questa mattina di maggio, la porta a rileggere quelle parole scritte qualche primavera precedente sul taccuino che porta sempre con sé, per annotare ogni proiezione della realtà che la circonda.

Gli occhi mimetici di Nina scorrono rapidi:

La primavera è la stagione delle magnolie, del giubbetto in pelle e del cambio dell’ora, quello che mi rasserena (una notte si dorme un’ora in meno ma le giornate acquistano improvvisamente un’ora di luce tutta da godere, per continuare a farlo giorno dopo giorno, fino all’estate).

A me, però, la primavera, ogni anno da almeno cinque anni, porta un’ondata emotiva che non ho ancora imparato né a gestire né a controllare.

È come se io ritenessi di non essere pronta per tanta bellezza e tanto cambiamento, così qualcosa dentro di me si spegne, o, comunque, fatica a restare acceso.

Chi mi conosce, o mi ha conosciuta, lo sa: partono incontrollabili sia un senso di inadeguatezza estenuante sia una rabbia accecante, miste a gelidi turbamenti inquieti che mi travolgono in un vortice vizioso.

Frustrazione e malavoglia mi attanagliano e mi spengono pian piano. Pian piano, sì, ma nello spegnersi fanno un caos tremendo mobilitando parenti e amici e facendoli stare col fiato sospeso per giorni.

È inutile dire quanto sia difficile starmi vicino, figuriamoci accanto.

Nina alza lo sguardo, ha gli occhi lucidi e un magone che, a tratti, non la fa respirare: questo ricordo che le si è sbloccato è ancora vivido e fa ancora tanto male. Cerca, però, di continuare:

Questa sensazione di vuoto non mi raggiunge, quasi incolmabile, solo con l’arrivo della primavera, ma in questa stagione ho notato che succede sempre, accade e basta.

Quest’anno l’ondata di malavoglia travolgente, il malessere teso ad una depressione acuta e la svalutazione costante di me stessa sono arrivati circa due settimane fa, portandosi dietro momenti di bassi e di bassissimi, soprattutto in questa settimana.

Ho attorno a me moltissime persone meravigliose, straordinarie (e non lo dico per dire: sfiorano davvero la meraviglia degli occhi e del cuore e vanno oltre tutto ciò che è ordinario) e, tutte, in questi giorni, hanno mostrato un affetto, una stima e un’attenzione incondizionata nei miei confronti.

Lo dimostrano sempre e da sempre, ma, in questi giorni, mi sono proprio accorta di quanto io sia stata brava ad instaurare delle relazioni così piene, profonde, costruttive, sincere, autentiche. Non sono solo fortunata, la fortuna potrebbe essere averle incontrate sul mio arduo cammino, ma è l’aver dedicato il mio tempo ad ascoltare, accogliere, sostenere, consigliare, non giudicare o anche solo abbracciare e fare un brindisi al coraggio con una tra le mie più care amiche e dirle: “non so come aiutarti, vorrei, ma la situazione in cui sei immersa, che ti attanaglia, è più grande sia di me sia di te”, insomma è tutto questo, l’essermi messa a disposizione dell’Altro che mi rende fiera di ciò che sono. Perché io sono questo: sono relazione, costruzione emotiva e affettiva, passione, ardore, legame, io sono giornate al lago o in montagna a parlare di un passato tumultuoso (da cui è entrata, poi, però, dalle crepe più piccole, una luce fulgida e quasi celestiale) e continuare, man mano, a parlare di un futuro che, a causa di quel passato, terrorizza, ma al quale mai vorremmo rinunciare.

Le mie persone, che io chiamo “i miei angeli custodi” dimostrano sempre e da sempre questa stima incondizionata per la persona che sono, ma, in questi giorni, mi sono accorta di quanto io sia davvero fortunata ad essere circondata da tanto amore. Lo scrivo qui, sul mio taccuino di sempre, per lasciare un vivido segno che mi possa rammentare tale fortuna in futuri momenti come quelli appena trascorsi.

Perché sì, nonostante la malavoglia, i sensi di colpa, la negatività e il vuoto talvolta nei miei occhi, tanti ci sono col cuore ed è grazie a loro se riesco ad avere, ogni giorno, la possibilità di guardarmi sempre più dentro, sempre un po’ più a fondo, e, soprattutto, mi danno, ad ogni crisi, una nuova chance, di vedere il mondo come riesce a guardarlo la parte migliore di me, quella parte che, quando fioriscono le magnolie, quando si comincia ad indossare il chiodo e quando la giornata acquista un’ora, non fiorisce ma vacilla, offuscando tremendamente la parte più frizzante di me stessa, rendendomi osservatrice passiva che si auto squalifica e non più protagonista attiva della propria ricca esistenza”.

Il vento comincia ad alzarsi, Nina si abbandona sulla panchina in un pianto che sembra inconsolabile; in realtà, è un pianto potente, che libera dalle sue paure più antiche, arcaiche e primordiali, e, a questo, si aggiunge, sempre più evidente, la consapevolezza che, in questa primavera, per la prima volta dopo anni, ha vinto la parte più luminosa di se stessa, quella dai colori vivaci e raggianti, sconfiggendo le parti più plumbee.

Nina chiude gli occhi e apre le narici per assaporare meglio quel profumo di fiori misto a odore di terriccio, ed è, subito, come un abbraccio lontano.

La sua bocca ora sorride senza che lei ne sia pienamente consapevole. Tutto viene catturato e trattenuto dal suo corpo, da ogni angolo della sua pelle, come se ogni piccolo frammento fosse un dettaglio che contribuisce a costruire la trama di una vita che lei ama vivere con totale intensità.

Il mondo, quindi, per Nina, non è soltanto visibile, è tangibile ed è insieme odore, suono e gusto.

Tutto si mescola e si amplifica attraverso i suoi sensi: il fruscio del vento tra i capelli, la sensazione della terra sotto i suoi piedi nudi appena si toglie le scarpe, che le ricordano che è ancora selvatica come quando era bambina. Improvvisamente le viene alla mente il profumo del basilico fresco di sua nonna, che annusava, perdendosi, quando si rannicchiava in giardino, i giorni estivi, tra l’erba alta che sembrava voler tendere al cielo, l’odore della terra umida, il ronzio delle api.

Il suo cuore, a quel tempo, batteva forte come se ogni piccola vibrazione del mondo fosse in grado di scuoterla dentro, un ciclo infinito di sensazioni che non smettevano mai di sorprenderla.

Oggi, c’è qualcosa di ancora speciale nei suoi occhi: non sono occhi curiosi come quelli di quando era bambina, sono occhi che si sono già abituati a cercare oltre. Oltre la superficie, oltre le apparenze, per scoprire il messaggio nascosto in ogni piccola cosa.

Ognuno dei suoi sensi guida Nina in un viaggio continuo. Ogni nota sembra comporre una melodia nuova, una sinfonia che cambia ad ogni respiro.

E, mentre il suo sguardo si perde nella vastità di un cielo dipinto di azzurro, Nina sa che il mondo non è a solo da vedere ma è da sentire, da assaporare, da toccare, in una continua e meravigliosa sorpresa.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Francesca Butti
Sono Francesca Butti, nata il 28 gennaio 1996 a Lecco, città dove sono tornata a vivere col mio compagno tre anni fa, circondati dal fascino della natura e dalla familiarità dei luoghi, dopo aver vissuto in un paesino di provincia.
Dopo il Liceo e prima di laurearmi in Scienze dell’Educazione, indirizzo infanzia, presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, ho intrapreso percorsi che, con il tempo, si sono rivelati poco affini a ciò che realmente accende il mio entusiasmo. Ogni esperienza, tuttavia, mi ha insegnato qualcosa e ha contribuito a definire chi sono oggi.
Appassionata di scrittura fin da giovane, amo raccontare la realtà attraverso parole che riflettano emozioni autentiche e vissuti interiori. Accanto alla scrittura, coltivo l’amore per la cucina e per la musica e adoro rilassarmi nella natura, da cui traggo ispirazione ed equilibrio.
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