«Dopo trenta giorni non si hanno ancora notizie della principessa Elehanohra, scomparsa misteriosamente il 7 Maggio scorso. Da oggi la Polizia ha affidato le indagini al detective Nathan Goretti, che cinque anni fa è salito agli onori della cronaca per essere riuscito a smantellare New Zion, la pericolosa organizzazione ecoterrorista guidata dallo scienziato ed ex premio Nobel Eibon Madaski.
I sovrani di Babilonia sono ancora convinti che la loro figlia, appena quindicenne, sia vittima di un rapimento a scopo di estorsione, anche se fino ad oggi non sono ancora pervenute richieste di riscatto né rivendicazioni da parte di alcun gruppo.
La tv si spegne.
Tutto ciò che si vede è uno schermo nero.
«Non la ritroveranno mai.» afferma una voce di donna.
«Già.» le fa seguito un’altra dal timbro maschile. «Ma presto lei tornerà a casa.»
Il Quartier Generale della Polizia di Babilonia è un brulicare di voci e di agenti, in divisa e in borghese, che rimbalzano da un ufficio all’altro come palline in un torneo cinese di ping pong.
Le ampie ante di vetro all’ingresso dell’edificio si aprono.
Un paio di enormi mocassini neri ben lucidati atterrano sulla moquette grigio scuro.
Migliaia di altre suole di altrettante paia di scarpe hanno già calpestato quella superficie e i segni si vedono tutti, tracciati su quella stoffa usurata che trasuda odore di piedipiatti e caffè.
Ma per quel paio di enormi mocassini neri ben lucidati è la prima volta.
E vengono presto raggiunti da una coppia di vivaci tacchi arancioni che gli si parano di fronte.
«Buongiorno!» squilla la sorridente receptionist, sollevando i suoi tondi occhi verso il pennonico interlocutore. «Desidera?»
«Buongiorno signorina.» esordisce con gentilezza il gigante coi mocassini. «Sono il detective Nathan Goretti.»
La donna, in leggero imbarazzo, si porta una mano alla bocca: «Mi perdoni, agente! Lo avrei dovuto capire subito dalla sua statura!» si scusa poi, squadrando il gigante con espressione estasiata. «Lei sembra davvero una montagna!…»
Le labbra carnose del detective si distendono in un sorriso cordiale: «Grazie…»
«Morette!» gli va subito in aiuto la segretaria: «Morette Patouki…Ma tutti mi chiamano “Momo”.»
«Piacere, Momo…» riverisce Nathan, con un baciamano ottocentesco che fa sollevare i tacchi della receptionist dalla sudicia moquette. «Dove posso trovare il comandante?»
«L’ufficio è in fondo al corridoio, sulla sinistra.» indica Momo, con l’altra mano.
«Proprio di fronte al bagno?» indovina il detective.
«Esatto!» cinguetta lei, scuotendo la sua chioma arancione, in tinta con il paio di scarpe.
«Allora sarà meglio approfittarne…Mi aspetta una luuuuunga giornata!»
Il paio di enormi mocassini neri ben lucidati si avvia verso il proprio cammino.
Momo osserva la massiccia schiena del detective mentre si allontana, e dalle sue labbra fini sfugge un: «Peccato!…È un uomo così affascinante!»
2
Prendi la classe impeccabile e l’aplomb dell’agente speciale Dale Cooper, mescolali con la grinta e la mole taurina di Rocky Balboa e versa il tutto dentro un Golem in carne e ossa. Ciò che otterrai è lui: Nathan Goretti.
Mentre incede lungo lo stretto corridoio, nel suo altrettanto stretto completo pantaloni-giacca nera e camicia bianca da piedipiatti, il corpulento detective sfila davanti alle finestrone trasparenti che si affacciano sugli uffici del dipartimento.
Al suo passaggio, il frenetico brulicare del traffico che era solito assieparsi attorno alle scrivanie, improvvisamente si tramuta in un infantile silenzio di curiosità e meraviglia.
«Miiiiii quant’è alto!» esclama sotto i baffi un agente dalla pelle solcata dal tempo e dalla salsedine: «Pare una montagna!»
Tra le sue guance rubiconde è disegnato un sorriso sornione e la scura divisa da ufficiale che porta indosso ne delinea con un certo onore la tozza corporatura.
Disinvolto, il poliziotto segue Nathan Goretti fino in fondo al corridoio.
Poi lo osserva mentre si incurva verso l’ingresso del bagno.
A quel punto il curioso pedinatore si ferma presso la porta di fronte, dove una targhetta recita:
Khromn Baylum
Comandante di Polizia
3
«Buongiorno detective!» ricama con voce artificiosa Khromn Baylum, il comandante di Polizia: un uomo dal viso stretto, la cui pelle talmente lucida e tirata pare conciata come cuoio da scarpe.
Il comandante introduce Nathan Goretti all’interno del proprio ufficio stantio e gli indica le due poltroncine collocate di fronte a un’ampia scrivania ricoperta da pile di cartellette e scartoffie.
In piedi, accanto al finestrone su cui si riflette il primo sole d’estate, c’è il baffuto e rotondo ufficiale che poco prima aveva seguito Nathan lungo il corridoio.
Con un mezzo sorriso, porge la mano al roccioso detective:
«Commissario Salvo Morabito, piacere!»
Nathan Goretti incrocia lo sguardo dell’anziano ma vivace ufficiale e rimane colpito dal frizzante scintillio dei suoi occhi mediterranei.
Il detective svuota la cassa toracica da ogni tensione e con un sorriso sincero risponde alla stretta di mano:
«Detective Nathan Goretti! Piacere di conoscerla, commissario!»
«Basta con i convenevoli: dobbiamo riportare a casa la figlia dei sovrani di Babilonia!» irrompe Baylum, invitando i due agenti a sedersi di fronte alla scrivania.
Il comandante si accomoda a sua volta, all’altro capo del tavolo. Maneggia un fascicolo e lo inizia a sfogliare, sollevando di tanto in tanto qualche occhiata verso il nuovo arrivato.
«La chiamano “Il Gigante buono”…Spero non intendano “buono a nulla”…» sogghigna, all’indirizzo di Nathan. «È merito suo se ci siamo liberati di New Zion, questo è certo…Ma purtroppo il loro leader, il dottor Madaski, è stato ucciso prima che lei riuscisse a catturarlo.»
«Il dottor Madaski è stato catturato e ucciso dai fondamentalisti religiosi della Cilicia, dove si era nascosto per sfuggire proprio a me.» spiega il detective, cercando di contenere una stizza che il commissario Morabito, con uno sguardo obliquo, riesce subito a leggere tra le righe del suo volto quadrato. Goretti conclude: «Il suo assassinio è stato anche rivendicato dai terroristi. Non c’era modo di prenderlo vivo.»
«Lo so, lo so, è tutto scritto qui.» risponde con indolenza il comandante Baylum, sventolando il plico in una mano. «Solo non vorrei ritrovarmi sulle spalle un’altra delle sue indagini lasciate a metà…»
Sentendo queste parole il granitico detective inizia a stringere le mascelle.
Il commissario Morabito, memore del suo passato da difensore centrale nelle giovanili del Messina, interviene prontamente di petto e rilancia:
«È meglio se ci concentriamo sul caso della giovane principessa Elehanohra. Dopotutto è per questo che siamo qui…»
La tensione tra il detective Goretti e il comandante di Polizia si spezza.
«Qui dentro troverà tutte le informazioni finora raccolte.» si rassegna l’alto ufficiale, porgendo a Nathan un’altra delle sue numerose cartellette.
Il detective la riceve e dà un’occhiata all’interno.
«Se mi permette la franchezza» si ravviva il comandante, alzandosi solennemente in piedi, «io non avrei affidato a lei questo caso: è stato il Re Nabuk in persona a fare il suo nome, e va da sé che non ho potere di contravvenire a un ordine venuto da così in alto.»
«Forse il Re ha fiducia nelle mie abilità.» suggerisce Goretti. «A differenza di lei, comandante.»
«Io sono dell’idea che un poliziotto grande e grosso sia un bersaglio facile.» taglia corto Baylum.
«Così come un poliziotto basso e grasso corre poco.» lo anticipa Morabito con autoironia, facendo sfoggio della propria rotondità fisica.
Il comandante scruta i due agenti con occhi aspri, mentre coglie un pacchetto di sigarette da un cassetto sotto al tavolo: «Esatto.» sospira, mentre estrae un bastoncino di nicotina. «Voi due lavorerete insieme.» sentenzia: «Il vostro compito è uno e uno soltanto: riportare a casa la principessa. Non c’è bisogno che ve lo dica, la famiglia Ksahl è la più potente di tutta Babilonia. Un esito fallimentare delle indagini trascinerebbe l’intero dipartimento di Polizia nel disonore e nella vergogna!»
Si avvia verso la finestrona e la apre, quel tanto che basta per far entrare uno sbuffo d’aria calda proveniente dalla strada.
Poi si rivolge a Morabito:
«Quanto le manca alla pensione, commissario?» gli domanda, con un ghigno stretto tra i lembi conciati delle guance. «Uno? Due anni?»
«Due anni, signor comandante.» replica l’anziano agente, levandosi in piedi. Nei sotterranei della sua voce di pietra ribolle uno strato di lava. «Ma non si preoccupi, che alla pensione ci arrivo…»
«Bene, allora è tutto!» sobbalza Baylum, mentre i suoi denti si rivelano in un sorriso artificioso. «Tenetemi aggiornato sugli sviluppi e per qualunque necessità non esitate a rivolgervi a me: sarò felice di accogliervi!»
Si porta la sigaretta alle labbra e la accende.
Alle sue spalle, sulla parete, è appeso un’inequivocabile cartello che riporta la scritta VIETATO FUMARE.
4
«Nathan Goretti…» solfeggia il commissario Morabito, mentre percorre lo stretto corridoio al fianco del colossale collega. «Italoamericano?»
«Di Philadelphia.» precisa quest’ultimo.
I baffi del commissario si drizzano:
«Come Rocky Balboa!»
Il volto roccioso di Nathan Goretti si distende:
«Esatto!» sorride. «Ma mio padre è di Perugia.»
«Aaaah, conosco bene l’Umbria!» intona con enfasi il panciuto ufficiale. «Ci sono stato in vacanza con mia moglie e mia figlia…» e aggiunge tristemente: «Prima del Grande Esodo…»
«Lei di dov’è invece?» avanza curioso il gigante.
«Messina!»
«Calabria?» cerca di indovinare Nathan.
Il commissario scuote la testa:
«Sicilia…» pronuncia con malinconia. «Ma Messina è separata dalla Calabria solo da un piccolo stretto, quindi c’è andato molto vicino.»
Il breve silenzio tra i due è disturbato soltanto dai rumori che provengono dagli uffici: stampanti al lavoro e dita che picchiettano sulle tastiere dei pc.
Poi il commissario svolta verso una saletta, seguito dal massiccio collega.
«Caffè?» domanda il primo, piazzandosi davanti alla macchinetta.
«Com’è?» cerca di indagare l’altro.
«Sa di pozzanghera.» è la risposta secca di Morabito: «Ma come si dice, questo è quel che passa in convento…»
«Non ci resta che pregare allora.» sorride Nathan, ormai del tutto disteso.
Morabito gli porge il bicchierino di plastica fumante, ma con un gesto della mano lo prega di attendere prima di bere:
«È come ferro fuso.» spiega, riferendosi al caffè. Poi indica la cartelletta che Goretti tiene in una mano; quella che gli è stata consegnata dal comandante Baylum e che contiene tutte le informazioni e gli indizi finora raccolti in merito alla scomparsa della principessa Elehanohra. «Tanto oggi ne ha di tempo per leggere…»
Il detective solleva il faldone, quel tanto che basta perché il suo tozzo collega debba inarcare il mento all’insù per seguirne il movimento.
«Troverò nulla, qui dentro?» domanda, scuotendo leggermente il plico.
«Troverà tanti fogli pieni di parole.» replica il navigato collega. Poi si porta il bicchierino alle labbra e vi soffia sopra: «Ma ho idea che la verità stia da un’altra parte…»
I due, bicchierini fumanti in mano, tornano a percorrere lo stretto corridoio.
«Ecco il nostro ufficio!» annuncia vivace il cicerone, dopo essersi fermato di fronte ad una porta bianca, identica a tutte quelle che si alternano lungo le pareti color piombo.
Ma prima di introdurre il nuovo arrivato nella stanza, il commissario indugia ancora un po’ sul corridoio:
«Visto che io e lei, da oggi, lavoreremo insieme, mi permetta di invitarla a casa mia per cena questa sera!» esclama, facendo vibrare i suoi baffi scuri. «Mia moglie sarà lieta di riportarle alla memoria i sapori della vera cucina della nostra terra!»
«E io sarò lieto di accettare l’invito!» ringrazia il detective Goretti, con un mezzo inchino. «Di solito evito i giudizi affrettati e tendo ad essere piuttosto diffidente verso le persone che non conosco…» anticipa, distendendo un sorriso fiducioso: «Ma ho l’impressione che io e lei andremo molto d’accordo, commissario!»
«Lo spero tanto, signor detective!» sorride l’affabile collega. Apre la porta dell’ufficio e invita Nathan ad entrare.
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