Giada fa l’escort. Leo è un barista. Lei scappa da un passato che ha imparato a vendersi. Lui si nasconde in una quotidianità che non sente più sua. Non si cercano, ma finiscono a vivere sotto lo stesso tetto.
Sono due solitudini apparentemente inconciliabili, eppure si riconoscono.
Tra dialoghi taglienti, corpi che si sfiorano e silenzi che urlano, la loro convivenza diventa un rifugio precario, ma necessario.
Una storia di anime rotte, che inciampano l’una nell’altra senza salvarsi del tutto, ma neppure affondare.
Perché a volte, anche una teiera incrinata può contenere qualcosa di prezioso.
Perché ho scritto questo libro?
Un romanzo nato dall’urgenza di raccontare fragilità autentiche e vite ai margini, lontane dai cliché del romanticismo idealizzato. Una storia in cui l’amore, pur presente, non è risolutivo, e la realtà spesso pesa più dei sentimenti. Un’indagine sincera su ciò che resta quando l’incastro tra due solitudini non basta.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Giada tirò le lenzuola a sé, abbracciata al dolce tepore del risveglio. C’era il sole fuori e dopo colazione poteva andare a fare una passeggiata al parco. Magari provare quella nuova pasticceria vicino a casa, sedersi lì a un tavolino e assaggiare qualche dolcetto alla crema.
Era ancora a letto quando il cellulare sul comodino iniziò a vibrare. Quasi infastidita rispose al messaggio: Non posso ho da fare, inventandosi una scusa per liquidarlo velocemente.
Peccato avevo bisogno di te, rispose dall’altra parte.
Giada sbuffò. In fondo, anche Dio si era riposato il settimo giorno, i suoi clienti avrebbero compreso. Non c’era niente di così prioritario da dover rimanere reperibile anche la domenica.
Il cellulare tornò a vibrare.
Allora ci sentiamo domani mattina? Se non hai una giornata piena, potrei passare direttamente verso le nove…
Avvertì crescere in lei la necessità impellente di impostare la segreteria telefonica.
Domani sarò molto impegnata a casa e non sarò operativa. Ci aggiorniamo per martedì mattina e, se farai il bravo, ti farò uno sconto.
Pensando a lui sembrava tutto così buffo e surreale. Un uomo molto timido, agli inizi, che si faceva problemi per tutto. Ricordava ancora l’imbarazzo del primo incontro, davanti a un fast-food.
«Ciao… sei Giada? Sono Mirco.»
Giada perplessa aveva risposto: «Sì, sono Giada, ma mi avevi detto di chiamarti Giuseppe…»
«Ops…» aveva detto lui vergognandosi, «sai, non dico mai il mio vero nome… per discrezione» indicando la fede al dito. Giada si era messa a ridere ed era salita in auto.
Si erano fermati in aperta campagna, in mezzo alle vigne. Nessun lampione nei dintorni e guardando fuori dal finestrino si potevano scorgere le stelle. Negli anni, era stata lei a evolverne il lato sessuale, «sono di tua proprietà» usava dire spesso ai clienti; sapeva che questo disinibiva, e anche con Mirco aveva funzionato; ma a quel tempo non si faceva ancora pagare.
Sarà meglio cambiarle, pensò annusando le lenzuola. Le tolse dal letto, le spinse nel cestello della lavatrice e caricò la vaschetta del detersivo. Rigorosamente di Marsiglia, l’unico profumo che le piaceva sentire quando si addormentava.
Quel giorno doveva anche pensare a pulire casa. La cucina era un disastro e c’erano piatti accumulati nel lavello da almeno due giorni. Considerando che non aveva nemmeno più tazze o cucchiaini puliti, la sua idea di far colazione fuori diventò più concreta.
Si accese una sigaretta e avviò il computer. Più per inerzia che per reale bisogno.
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