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L’Ego di un Indeciso

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Consegna prevista Giugno 2026
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Indeciso ha trentacinque anni, un matrimonio stabile, una figlia vivace di otto anni, un lavoro sicuro come capo del personale in un’azienda che produce agende. Si potrebbe dire che non ha nulla di cui lamentarsi eppure qualcosa non gli torna. La sua mente è popolata da due inquilini ingombranti: il suo Ego, sempre pronto a prendersi la scena e la sua Noia, disincantata che, a modo suo, lo aiuta a tenere i piedi per terra. Tutto cambia di fronte a un evento inaspettato: gli viene recapitata una raccomandata con le ultime volontà firmata da Marina Mannini – la madre della sua storica ex del liceo, Alessia – l’amore adolescenziale che pensava sepolto sotto strati di tempo e razionalità. Avvolto dal caldo estivo della sua Torino, Indeciso intraprenderà un viaggio interiore e esteriore che lo porterà fino a Gerusalemme. Riuscirà ad avere la sua epifania e a riconciliarsi con sé stesso e con le scelte intraprese nella sua vita?

Perché ho scritto questo libro?

Ho sempre scritto “qua e là” soprattutto negli anni dell’università. L’ho fatto in modo disorganico, senza metterci veramente la testa, più che altro per rispondere a un bisogno interiore. Di anno in anno quel bisogno si è sedimentato. Ho scelto di non accantonarlo in qualche angolo remoto del cuore ma ho deciso di esplorarlo e da quel bisogno è maturato un testo, parola dopo parola si è delineata la trama e i personaggi di questo romanzo che altro non è che la parte più intima del mio essere.

ANTEPRIMA NON EDITATA

L’Indeciso

o meglio

“L’Ego di un Indeciso”

di Vincenzo Parisi

A Silvia, Diana e Vera

Viviamo in un mondo cinico, un mondo cinico, e lavoriamo in un ambiente di persone fortemente competitive…io ti amo, tu mi completi.

Jerry Maguire

nel film – che vi invito a vedere – Jerry ha 35 anni come il protagonista di questo romanzo, l’Indeciso, anche se quest’ultimo ne dimostra dieci in più. Entrambi portano con sé la paura di aver perseguito scelte sbagliate, non fedeli a sé stesso.

Inoltre, l’Indeciso non è come quei personaggi incerti dei film di Woody Allen che balbettano insicuri. La sua è un’indecisione profonda che riguarda le strade intraprese nella sua vita.

Infine, e poi iniziamo, speriamo che anche lui trovi il suo momento di Epifania

Personaggi principali

Indeciso

Ego

Noia

Sara, moglie compagna dell’Indeciso

Matilde, figlia di Indeciso e Sara

Alessia Mannini, ex storica dell’Indeciso

Marina Mannini, Madre di Alessia

Valentina Mannini, sorella di Alessia

ATTO PRIMO

Scena prima

[Camera da letto di Indeciso]

Autore: “Smettila di pensarti a scrivere e inizia a scrivere veramente, fallo e basta!”.

Aspettate un attimo, cosa mi state chiedendo esattamente? In un momento così delicato per le ragazze, non so se saprò scegliere le parole giuste. Lo capite?

Ego: “Non hai alternative, svegliati ragazzo è ora di alzarsi”.

Indeciso: “Ma che razza di caldo è questo”.

Non so se vi capita mai la mattina di domandarvi se avete dormito o meno, o se addirittura vi capita di svegliarvi nel cuore della notte, aprire gli occhi e non esser sicuri di riconoscere il luogo in cui vi trovate.

Ultimamente la notte non prendo sonno e, puntualmente, il mio cervello si mette in moto e mi riporta agli anni della adolescenza. Non so spiegarlo ma sta diventando una condizione costante, regolare.

Non mi definirei attempato. Non avendo nemmeno quarant’anni sarei ridicolo anche solo a pensarlo, eppure c’è una fase nella vita in cui si è veramente giovani, a partire dai pensieri e desideri che si provano. Mi riferisco a quando ero un liceale. Non c’è un motivo particolare, non mi sento inquieto però ogni notte sono lì: col corpo nel letto, con la mente in un’altra epoca, sempre mia, ma di quasi vent’anni or sono.

Da dieci anni a questa parte è cambiato tutto. Sono un uomo, ho una famiglia e una casa.

Ego: “Che bel quadretto”.

Il caldo d’estate a Torino non ti lascia stare nemmeno per sbaglio. Ricordo quando non erano solo le alte temperature, o almeno non solo quelle, a non lasciarci dormire a me e Sara, quando la principale causa d’insonnia era la nostra goffa cucciola sfrontata, Matilde.

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Quanta pazienza ci metteva Sara. Ora Matilde ha otto anni ed è ancora l’angelo ribelle della casa, ha fatto la sua scelta: preferisce creare un inferno anziché donarci il paradiso di notte.

Chissà se anch’io ero così e chissà se mio padre si dava da fare più di me per farmi addormentare, non me lo vedo tanto.

Quando Matilde aveva circa due anni e di notte diventava insofferente (solitamente d’estate), ci pensava Sara a calmarla e spesso con successo.

Le volte in cui nostra figlia non mollava e vedevo che lei stava per perdere le staffe, allora scendevo in campo io con lo stesso fare sicuro di quando la squadra è sotto uno a zero, mancano pochi minuti alla fine del match e l’allenatore vede in te l’uomo partita, l’uomo della domenica, da ultimo minuto, capace di capovolgere il risultato.

Ego: “Sì, è arrivato Roberto Baggio, eh su”.

Noia su una sdraio con occhiali da sole e una visiera parasole dal balconcino della camera da letto: “Ecco guarda un sentito grazie a nome di tutti i lettori”.

Indeciso: “Va bene, ho capito ragazzi, sempre diretti con me”.

Comunque, per farla breve, il mio intervento durava circa trenta secondi, poi iniziavo a sbraitare anch’io e si andava avanti fino alle prime luci del giorno, sudando il doppio. L’allenatore non sembrava poi così contento.

Quanta pazienza consumata.

Ego: “Non mi sembra che questo sia l’Ego di un impaziente, però potrebbe essere lo spunto per il secondo romanzo”.

Indeciso: “Lasciami proseguire”.

A Torino, al civico 7 di via Mercanti, si suda già all’alba, il caldo rallenta le cose sia in città che in casa, le tende bianche ricamate a mano scelte da Sara non si muovono neppure sotto minaccia e io mi sento un po’ come lo straniero di Albert Camus però, lo ammetto, e mi scuso per questo, più felice, o forse più ottimista.

Il riflesso del sole rimbalza sul balcone e si proietta lungo la parete della camera da letto. Ormai sono pratico, anche senza guardare l’orologio saranno le 08.35 ma non le 9 perché alle 9 il riflesso ha già raggiunto il gentiluomo con giacca e paglietta che regge l’ombrello in spiaggia nel quadro di Jack Vettriano, lui sì che sta patendo il caldo, certo, però almeno è al mare.

Guardando attraverso le tende riesco a vedere il mercurio che ha già percorso tutta la scala graduata del tubicino di vetro abbandonato sul muro esterno del balcone.

Non è un problema, ho quasi maturato l’idea di alzarmi, di scalare le marce per correre, penso già alla camicia da mettere, sì, quella bianca magari nuova e leggera, buona per tutte le occasioni. Che poi anche quella a righe bianche e blu con il colletto button-down funziona bene.

Lavorare in smart working ha i suoi vantaggi, questo è fuori discussione, mi manca solo l’aria condizionata dell’ufficio.

Che silenzio quando non ci sono le ragazze.

Ego: “Perché non metti su un po’ di musica”.

Ego ha ragione, ma quale musica? Mi giro e guardo verso la fila dei miei dischi appoggiati per terra, noto che ce n’è uno che si sporge più in là, oltre la linea degli angoli delle custodie di cartone, in coda a tutti gli altri spuntano gli occhiali di Dave Brubeck, i nostri sguardi si incrociano, sbaglio o mi sta sorridendo? Ho capito, mi alzo. Dave, tu, tieni il tempo per tutta la giornata. Take Five.

Mentre mi tiro su ma poi di nuovo giù faccio finta di non vedere la dozzina di libri lasciati a metà, impilati sia sopra che a lato del comodino.

Premetto che non ricordo di aver letto molto nella mia vita, però nelle poche volte in cui mio padre mi ha rivolto la parola mi toccava sorbirmi commenti del tipo: “Ma quanto leggi? Ci vuoi annegare in quei libri? Ma che leggi a fare se non guardi alla vita?” su per giù avrò avuto sedici anni.

Con un piccolo escamotage, ho sempre letto testi di qualità, solo romanzi consigliati, oppure grandi classici così era più facile scegliere. Leggevo per lo più italiani e americani. E poi un francese. Sembra l’inizio di una barzelletta, ma non lo è.

Pesa così tanto il francese nella mia lista che a mio avviso dovrebbe essere una lettura obbligatoria in tutto il pianeta e non solo a scuola, ovunque, anche a lavoro o in qualunque contesto voi siate, parlo di Antoine de Saint-Exupery l’autore del Piccolo Principe. Non a caso è il libro più tradotto al mondo insieme alla Bibbia e al Corano.

Vi dirò, so che ha scritto altro, ma onestamente non mi interessa, non indagherò fra la sua bibliografia, perché sono convinto che non ci si può ripetere dopo un capolavoro così.

Ego: “Ma tu non eri l’indeciso in questa storia?”

Indeciso: “Su poche cose ho le idee chiare, poche”

Non esagero: se non l’avete letto, chiudete questo libro per carità di Dio, e andate a comprarlo. Se invece l’avete letto e non la vedete come me, beh, chiudete comunque questo libro e andate a farvi fottere.

Se vi state chiedendo il perché di tutti questi rimandi alla buona musica e a una certa letteratura, vi dico che non li sto inserendo per fare l’intellettuale o altro, ma solo per svelarmi, per farmi conoscere più rapidamente da voi.

Un modo per fare una terapia di gruppo fra autore, protagonista e lettori.

Noia sempre dal balcone mentre si affina le unghie con la lima: “Terapia?”.

Sì, terapia o, meglio, un po’ di catarsi, ecco ce l’ho: un’esperienza catartica attraverso la narrazione.

Ego sotto la doccia urla: “Ma la narrazione de che?”.

Indeciso: “Attraverso la scrittura allora”.

Autore: “Ok, ma il romanzo lo sto scrivendo io non tu”.

Indeciso: “Non ti ci mettere anche tu adesso”.

Quando si decide di scrivere un romanzo (ma fosse anche un sonetto) lo si fa per due ragioni: per sé stessi e per piazzare un best seller buono per tutte le librerie del mondo e per farlo consegnare dai corrieri in ogni dove.

I corrieri hanno un peso specifico non indifferente al giorno d’oggi, oserei dire essenziali; varrebbe quasi la pena sottoscrivere con loro un verbale di accordo sindacale, ne sono maestro, ne avrò scritti a centinaia negli ultimi anni.

Sì, un accordo fra noi e i corrieri – di seguito denominati La Lobby – perché le persone non escono più di casa, io ad esempio sono ancora in camera da letto mentre il mio Ego è già in bagno a guardarsi allo specchio per cercare di far sparire le occhiaie con la sola forza del pensiero. Quanto è ostinato quell’altro.

Le premesse sono parte integrante dell’accordo

Ego con lo spazzolino in bocca: “Daje sbrigati”.

In via Mercanti alle 09.45 non ha smesso di far caldo e Dave B. spinge come fosse l’ultima volta che può suonare questo pezzo, lo state almeno ascoltando anche voi? Lo definirei ipnotico.

Ci vuole uno stile di scrittura snello, senza troppi giri di parole, facile per tutti, in sintesi: devo arrivare anche al più disinteressato degli stranieri seduto nel suo piccolo balcone al primo piano di corso De Gasperi.

Sempre nell’ottica di conoscerci meglio, ci tengo a raccontarvi un mio pensiero fisso. Pongo sempre attenzione ai nomi che hanno le vie e i corsi, ad esempio a Milano mi piaceva molto quando ero in via Torino, ma solo perché amo la città in cui sono nato perché per il resto è una tortura quella via, troppe persone e troppi negozi uno dietro l’altro.

Ma il focus non è semplicemente sul nome della via ma sul processo decisionale. Immagino il momento in cui un consigliere comunale decide di farsi avanti per avanzare la sua richiesta, magari anche solo per cambiare il nome di una via, meravigliose le targhe che in piccolo riportano “già via…”, che coraggio e quanta determinazione, pensate il peso di dover scegliere il nome di una via o di un corso, un corso grande con viale e contro viali. La stessa attenzione la pongo anche quando sono in viaggio in altre città, per quanto mi riguarda ogni città dovrebbe avere una:

Via Roma

Via Giuseppe Garibaldi

Via Giuseppe Mazzini

Via Camillo Benso conte di Cavour – nome magnifico.

Corso Alcide De Gasperi – anche Alcide meraviglioso ma entrambi non li troverete fra i più gettonati nelle statistiche ISTAT dei nomi più utilizzati in Italia per i nascituri dal 1999 ad oggi.

Via Adriano Olivetti – se non sai chi è forse meglio che tu chiuda questo libro, di nuovo. Adriano non era soltanto il produttore di macchine da scrivere, Lui rappresentava un’intera nuova visione del lavoro ponendo al centro il benessere dell’individuo, rinvestiva gli utili a beneficio della comunità. In via esemplificativa non esaustiva nel 1953 apriva un nuovo stabilimento a Pozzuoli (NA), creava librerie, sale cinema e alloggi per i propri dipendenti. È il padre del c.d. welfare aziendale, in più suo padre si chiamava Camillo.

Ego in tono ironico: “Ora sì che torna tutto”.

Via Enrico Mattei – come sopra ma con un trascorso da partigiano e l’astio di sette Sorelle che non lo lasciavano dormire sonni tranquilli.

Corso Gianni Agnelli, buonanima, in quota campanilistica.

Via Atticus Finch – per informazioni chiedere di Harper Lee.

Via Aldo Moro, Dio lo abbia in gloria. Per quanto vi crediate assolti sarete per sempre coinvolti.

Via Massimo Bordin, per quella voce inconfondibile che aveva in radio durante la rassegna stampa del mattino.

Via Massimo Troisi, viaggiatore nel tempo e nello spazio. Ho scritto viaggiatore non emigrante.

Via Lucio Battisti, perché fa bene all’anima.

Credo che le vie debbano essere dedicate a brave persone.

Il mio elenco è breve così come sono poche le brave persone, ahimè, però le strade sono molte e non è facile rinominarle tutte, così il consigliere forte dei suoi voti e del suo consenso sarà in grado di assegnare un nome consono e dignitoso a ogni via?

Lo ammetto, provo grande ammirazione per il consigliere di cui sopra, sì, perché non solo deve superare le correnti politiche, battersi su nomi divisivi, convincere gli scettici, scendere a compromessi con i peggiori, no signore, lui deve scegliere! Deve prendere una cazzo di decisione.

Tuttavia, non si tratta solo del nome delle vie, si tratta proprio di percorrerle. Quei nomi danno fiducia ma la complessità vera, è scegliere le vie giuste da intraprendere nella vita. Quella di Battisti, per esempio, sarebbe quella più adatta per i sentimenti, penso alle tante occasioni perse o vinte nelle relazioni che si vivono nel corso della propria vita. Chi poche chi molte, fino a che non ci tocca scegliere o essere scelti. Si può anche scegliere di rimanere da soli. Quella di Mattei, Olivetti e Moro sarebbero quelle del coraggio che vi serve per affrontare e comprendere il futuro in proporzione al vostro contesto, si capisce.

Ego: “Aspetta un attimo ma di cosa stai parlando e con chi soprattutto? Guarda che qui siamo solo io e te e fortunati gli altri che non ci sono. Su alzati e prepara il caffè, Sara è già uscita per andare a lavoro e Matilde è dai nonni da ieri sera.

Indeciso: “Gran mossa avere la casa libera di venerdì mattina, no?”.

Ego: “Inutile ricordarti che ieri ti ho fatto fare i numeri con i colleghi a cena, sempre con la battuta pronta, tutti che aspettavano la successiva, a un certo punto Chiara e Manuela si sono accasciate l’una sull’altra dalle risate, avevi l’attenzione perfino della cameriera”.

Indeciso: “E tutto questo per cosa?”.

Ego a petto nudo con l’asciugamano intorno alla vita: “Per sfamarmi ragazzo. Siamo rientrati a casa che non passavo dalla porta, a metà serata ero grosso come Hulk, sono riuscito a creare l’atmosfera giusta, la stessa magia che crea Dave Brubeck con il suo quartetto, la stessa di un passante lungo linea sul set point, la stessa di un tiro in sospensione alla fine dei 24 secondi, la stessa di quando ti innamori per la prima volta del profumo della pelle di una donna e pensi, in quell’attimo senza fine, che starai con lei per sempre. Non so se mi segui, e tirati su, non ho intenzione di vivere come tutti gli altri, mi capisci? Lo so, il concetto è poco originale ma il punto è questo”.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Vincenzo Parisi
Mi chiamo Vincenzo Parisi, ho 37 anni e vivo a Torino con la mia compagna e le nostre due figlie.
Amo la musica, suono sia la chitarra che la tastiera. Sono un fanatico dei Beatles e del cantautorato italiano degli anni 60' e 70'.
Sono dieci anni che lavoro nel mondo HR, dopo esperienze in multinazionali oggi ricopro il ruolo di capo del personale in un'azienda di stampo imprenditoriale. Ogni volta che ho tempo leggo, soprattutto romanzi, anche se a dire il vero gli ultimi due libri che ho letto parlano di scrittura in modo personale e originale come "On writing" di Stephen King e "Nuotare sott'acqua e trattenere il fiato" di Francis Scott Fitzgerald. Se volete scrivere vi suggerisco caldamente di leggerli! Tra le mie passioni vi è chiaramente la scrittura che mi ha portato a scrivere "L'Ego di un Indeciso"!
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