Esistono sei famiglie di Specialis:
Atomekos/i
- Affinità con l’energia atomica, riescono ad attrarre energia dal mondo esterno e generare radiazioni
- C’è una piccola particolarità: questo tipo di specialità scorre solo nelle vene dei Sylterian, la famiglia reale
Idrolikos/i
- Affinità con l’energia idroelettrica, riescono ad attrarre energia dal mondo esterno e plasmarla in energia idroelettrica e controllare l’acqua
Solarikos/i
- Affinità con l’energia solare, riescono ad attrarre energia dal mondo esterno e plasmarla in energia solare e controllare la luce
- I più bravi e capaci riescono a piegarla affinchè possano diventare invisibili, rifrangendola
Aiolikos/i
- Affinità con l’energia eolica, riescono ad attrarre energia dal mondo esterno e plasmarla in energia eolica e controllare l’aria
Geotermikos/i
- Affinità con l’energia termica, riescono ad attrarre energia dal mondo esterno e plasmarla in energia termica, controllare la temperatura e il fuoco
Fisikos/i
- Affinità con l’energia dei corpi, riescono ad attrarre energia dal mondo esterno e usarla per modificare quella all’interno dei loro corpi o di altre persone. Esistono due tipi di Fisiki: quelli che riescono a plasmare l’energia dei corpi di altre persone, diventando abili guaritori; quelli che riescono a modificare l’energia del proprio corpo, diventando fortissimi guerrieri in grado di autocurarsi all’occorrenza)
- Tra il secondo gruppo, i più abili sono in grado di cambiare le sembianze del proprio corpo e trasformarsi in chiunque vogliano
Prologo
La nascita di due gemelli ha sempre portato con sé molte superstizioni, sono così tante le fantasie che circondavano un evento così raro.
Due anime concepite nel medesimo istante. Dal primo attimo fanno tutto insieme, l’uno lo specchio dell’altro.
Crescono in quell’habitat primordiale, superando gli stessi traguardi nello stesso momento.
Finché, otto mesi dopo, sono pronti per il loro primo passo nel mondo e da quel momento, le leggende più varie e fantasiose, non smettono mai di accompagnarli.
Se uno si fa male lo sentono? Possono capire quello che pensa l’altro senza doversi parlare? Fino a dove si spinge il loro legame?
Nelle epoche antiche la nascita di gemelli suscitava addirittura timore nella comunità, poiché un mito sosteneva possedessero grandissimi poteri utilizzabili per scopi malvagi. Altri sostenevano perfino che era un evento nefasto. Che portasse sfortuna. Che significasse inevitabilmente la morte di almeno uno dei genitori. Oppure, c’era pure chi sosteneva che i gemelli erano stati amanti in una vita precedente, morti prima di potersi sposare.
E la lunga sfilza di credenze non finiva qui
Julius e Victoria erano i Gemelli Reali e il destino dell’Ordine giaceva tra le loro mani.
Facevano tutto insieme. Sempre.
Era strano, perché man mano che i compleanni si susseguivano, era chiaro che non potevano esistere fratelli più diversi.
L’una esuberante, l’altro il contrario. L’uno riflessivo, l’altra il contrario.
Ma l’amore che li legava era talmente forte che superava tutte le differenze che li definivano. Era strano non vederli correre in giro per la Domus appena impararono a stare su due gambe, per nascondersi nei posti più insoliti. Strano non sentire il rimbombo delle loro risate per i corridoi dell’immensa casa. Strano non incappare in uno dei loro scherzi. Purtroppo, nessuno poteva opporsi. Erano i figli del Cesare.
Erano noti a tutti. Come il loro forte legame. Finché non fu brutalmente reciso il giorno del loro quattordicesimo compleanno.
La ragazza sparì. Fu rapita. Fu uccisa. Dipende da chi racconta la storia.
Venne cercata dovunque e mai trovata. E il fratello, che aveva fatto sempre tutto insieme a sua sorella, si ritrovò più solo che mai.
Facevano tutto insieme. Non più.
Ma il ragazzo giurò che l’avrebbe trovata, perché sentiva, nel profondo, che lei fosse ancora viva.
CAPITOLO I
JULIUS
Se avessi messo una camicia una sfumatura più chiara si sarebbero visti gli sfregi lasciati dall’ultimo piacevole incontro con mio padre.
Ovviamente il dolore rimaneva. Le camicie su misura che portavo sempre fasciavano perfettamente le curve del mio corpo senza lasciare il giusto spazio alle ferite per guarire. Il risultato erano tante cicatrici che sarebbero rimaste come monito per gli sbagli futuri. Credevo che mio padre mi mandasse i suoi migliori sarti, ovviamente persone fidate che non avrebbero condiviso con nessuno la mappa della sofferenza marchiata a fuoco sulla mia schiena, proprio per quello.
Se le ferite avessero impiegato più tempo a guarire, ci sarebbe stata più probabilità che la lezione venisse assorbita.
Nihil ut nihil.
Questo era il motto dell’attuale Cesare, Supremo Generale dell’Ordine, nonché il mio amato padre. I dettagli sono ancora scolpiti nella mia mente.
Mi convocò nel suo studio. Ero consapevole di avere esagerato e sapevo quello che mi aspettava di conseguenza. Sapere però non porta a niente. Perché finché la certezza non arriva, una parte crudele e manipolatrice del nostro cervello continua a sperare che l’inevitabile possa in qualche modo essere aggirato. Come un fiore sulle pendici di un vulcano. Si sa che prima o poi verrà cancellato da una colata di lava. Ma finché l’evento distruttivo non arriva, lo continuiamo ad annaffiare.
Il suo studio era sempre uguale: non c’era un pulviscolo fuori posto e il legno scuro della scrivania luccicava da quanto fosse pulita. Mio padre era seduto dietro, su una sedia di legno foderata che ogni volta mi ricordava un trono. Eppure, ero certo che un qualsiasi scranno, seppur modesto, sarebbe apparso regale se fosse stato mio padre a sedervisi sopra.
Si trovava al centro dell’elegante stanza, con la schiena adiacente alla superficie del ‘trono’ e le mani raccolte davanti a sé. La sua espressione contrariata era in perfetto accordo con quella dei busti marmorei che facevano capolino ai suoi lati. Due imponenti statue bianche splendenti posavano su due colonnine di bronzo. Erano calchi di vecchi ritrovamenti romani, perfetti come niente su questa terra proprio perché non erano umani. Risaltavano i loro visi eleganti, i loro nasi aquilini e le bocche taglienti.
Sono proprio un curioso trio.
Avrei dovuto vergognarmi per la paura che provai in quel momento. Come si può essere intimoriti da pezzi di pietra? Ma l’artista era stato così bravo a intagliarne le espressioni giudicanti e gli occhi pieni di disprezzo che in quel momento un brivido mi fece tremare da cima a fondo. Mi sedetti in una sedia davanti a lui, cercando di mantenere un aspetto sereno. A fianco si stendeva la grande cartina d’Europa ridisegnata dopo la guerra e organizzata in Province e Quadranti.
“Julius, Julius,” sospirò, “stasera hai deluso me e tutti gli altri. Come puoi non riuscire ancora a capire che quello che fai si riflette su di me, sulla famiglia e sulle tue azioni future. Questa sarà la tua eredità. Un giorno ci sarai tu al mio posto a prendere decisioni. E che gli Dei ascoltino le mie parole, speriamo che quel giorno sia lontano.”
La sua voce era rimasta ferocemente calma, ma la sua rabbia appesantiva l’aria.
La mia mente era annebbiata e dovetti resistere l’impulso di vomitare un’altra volta. Evidentemente non ero ancora riuscito ad espellere tutte le schifezze che avevo ingerito la sera prima.
Non mi sarei mai scusato, ero troppo orgoglioso. Inoltre, in verità, non c’era niente di cui scusarsi. Ieri sera sono andato al Pegasus con Malik, il mio migliore amico, e mi ero lasciato andare. Credevo di non aver mai bevuto tanto in vita mia. Ma il problema maggiore non era il comportamento che avevo tenuto nel locale, anche se sono abbastanza sicuro avesse fatto rivoltare nella tomba mio nonno e tutti i miei antenati prima di lui. Piuttosto che non fossi stato capace di smaltire la sbornia in tempo per la festa del giorno dopo, organizzata per festeggiare i diciotto anni del Principe. Avrei dovuto esibirmi nella recita del primogenito perfetto. Perché, in verità, la grandezza dell’Ordine si basava su questo: un’attenta quanto falsa rappresentazione. Una facciata immacolata per sfamare le persone che morivano di fame per strada. Perché, fintanto che il sistema era perfetto, fintanto che le persone al vertice erano così perfette da sembrare invincibili, nessuno avrebbe provato a cambiarlo. Insomma, quel potere che sembra tanto grandioso quanto invalicabile si regge solamente su ignobili quisquiglie come l’ignoranza e l’ipocrisia delle masse.
Io avevo aperto una breccia nella nostra bronzea corazza, lasciando posto a occhi indiscreti di avventurarsi dentro di noi. Per afferrare che anche noi abbiamo delle debolezze, che anche noi siamo marci dentro. Sapevo che il mio errore era imperdonabile.
Ma erano passati quattro anni. E, ad ogni inesorabile rintocco, mi ricordavo che ero ancora lì, nella stessa posizione, consumato dalla stessa inerzia, nella dolorosa consapevolezza che non avevo ancora raggiunto quello che volevo o ottenuto quello che mi ero prefissato.
Infatti, lei era ancora lontana e io non ero minimamente più vicino a trovarla di quanto fossi stato il giorno in cui è sparita.
Alzai lo sguardo e fissai i miei occhi nei suoi. Due buchi neri che riflettevano perfettamente l’oscurità che dimorava al loro interno, in netto contrasto con quelli bianchi delle statue. Non sarei sembrato un codardo. Quindi ressi il suo sguardo. E tutto si fermò per quei pochi secondi.
“Pensavo non ti saresti presentato alla festa. Una festa che si preparava da mesi, per te. E, tornando indietro, maledico gli istanti in cui ho sperato che saresti arrivato. Sarebbe stato molto meglio se non ti fossi fatto vedere invece che arrivare quando già gli ospiti se ne stavano andando, senza giacca e con la camicia stropicciata.”
“Non succederà più.”
Alle mie orecchie arrivò di rimando una risata aspra e senza gioia.
“Le tue promesse valgono meno di zero, come te d’altronde. Sono più patetiche della bocca che le sta pronunciando in questo momento.” Disse con tutta la calma del mondo. Come se fosse ormai una verità assodata, supportata da migliaia di esempi a suo favore. Ma non aveva finito, sapeva come ferirmi. Di conseguenza decise di peggiorare questa giornata ulteriormente. “Pensi che tua sorella avrebbe voluto questo?”
Per tutto il giorno avevo cercato di non pensare a lei, ovviamente senza riuscirci. Perché la sua mancanza al nostro compleanno era ancora più forte che ogni altro giorno dell’anno. Tutto di quella giornata era stata una puntura dolorosa. Dolore quando la festa era solo in mio onore. Dolore quando mi venivano fatti gli auguri. Dolore perché anche se il suo nome non veniva pronunciato da nessuno rimbalzava dentro alla mia testa miliardi di volte fino a lasciarmi senza fiato.
Victoria. Victoria. Victoria.
“Non saprei. Non la vedo da un po’.” risposi sarcastico. Era difficile mantenere la calma.
Tuttavia, l’avrei trovata. Fosse stata l’ultima cosa che avessi fatto nella mia vita.
“In ogni caso non credo che avesse voluto vedere suo fratello strafatto e ubriaco.”
“Come osi pretendere di sapere cosa avrebbe pensato.” Sibilai. “Non hai mai fatto un minimo sforzo per capirla! Quando più aveva bisogno di te, tu non ci sei mai stato e ora hai abbandonato ogni ricerca per trovarla! Quindi non osare nominarla.”
Non riuscii a trattenersi e rise di gusto.
Lo odiavo.
“Girati Julius Sylterian. E togliti la maglietta.”
Mio padre era un Atomekos, la classe di Speciales che ha affinità con la materia e l’energia atomica. In grado di generare radiazioni abbastanza potenti da mettere al tappeto pure un elefante da 6 tonnellate. Al ricordo le cicatrici sul mio torso sembrarono infiammarsi. Era come se fossi tornato veramente lì in quel momento, a ricevere enormi scariche elettriche che si abbattevano sulla mia schiena come proiettili. Il dolore sembrava così reale che dovetti chiudere gli occhi e sedermi sul letto dietro di me. Le mie gambe erano improvvisamente incapaci di sorreggere il mio peso. Le mie palpebre chiuse erano diventate un megaschermo in realtà aumentata. Vedevo i lampi blu e bianchi illuminare lo studio in maniera più fredda e precisa. Ogni singolo muscolo si irrigidì e iniziai a tremare. Ero una motocicletta che si dirigeva in automatico verso un ponte interrotto e i freni tagliati. Non sapevo come fermarmi, come tornare in controllo.
Serrai le palpebre, stringendole finché non mi fecero male.
Rimasi steso sul letto, accovacciato, per quella che mi sembrò un’eternità.
Simona Fregni (proprietario verificato)
Libro splendido e molto brava la giovane Lucrezia!
Francesca Liberti (proprietario verificato)
Un libro super consigliato a tutti gli appassionati di romanzi young adult ambientati in un futuro distopico. Pieno di imprevisti, inganni e un’intrigante triangolo d’amore che mi ha tenuta incollata alle pagine.
È una lettura che ti fa riflettere su quanto sia labile il confine tra giusto e sbagliato, e quanto esso sia influenzato dalle nostre origini e convinzioni. Attraverso il punto di vista della protagonista, si impara quanto sia difficile talvolta distaccarsi dai propri affetti e dalla propria famiglia per poter perseguire la strada della giustizia, in un mondo in cui ognuno pensa per sé e in cui non ci si può fidare di nessuno.
Questo libro è stato una bella sorpresa.
STEFANIA GERMALLI (proprietario verificato)
Il libro mi ha letteralmente catturato tanto che l’ho letto in una settimana circa… molto molto intenso e profondo nella descrizione dell’animo e delle emozioni dei vari personaggi, con riferimenti a problematiche sociali del presente, del passato e del futuro, ambientazioni e riferimenti storici di un passato imponente come quello dell’impero romano, con un lessico molto ricercato, descrizioni molto accurate, precise e affascinanti , dialoghi e monologhi che si rincorrono tra le pagine, metafore e similitudini azzeccate, colpi di scena, suspense e un’intimità fisica ed emotiva che ti lascia senza fiato…
Grazie per aver scritto questo libro, per quello che mi ha suscitato come riflessioni e mi ha fatto sentire come emozioni, tanto da immedesimarmi nei vari personaggi…
PS. Sicuramente rileggerò il libro, quando mi arriverà in formato cartaceo, per assaporare ancora di più, tra il profumo delle pagine del libro, la sua lettura.