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L’ultima caccia

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Consegna prevista Agosto 2026
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Una mattina d’estate Matthew Whitebird riceve una chiamata da un vecchio compagno di caccia, Steven Mc Dalley, il quale gli propone un ultimo incarico.
Infatti, ad Ishibur, in Sudafrica, un predatore sta seminando il panico tra i pescatori del luogo uccidendoli brutalmente e sulla sua testa vi è una grossa taglia.
Nonostante Matthew e Steven abbiano chiuso i loro rapporti in passato in modo brusco (e McDalley sembri nascondere qualcosa), il protagonista accetterà l’incarico, avendo bisogno di una buona somma di denaro per mandare sua figlia al college.
Ciò che Matthew non sa è che quelle acque sono abitate dal Tak-Uun, Morso Abissale, uno squalo tribale che difende con ferocia una grotta di diamanti che Steven e un altro uomo hanno violato.
Tra menzogne, ricordi tormentati e morti cruente, Matthew Whitebird dovrà cercare di sopravvivere all’orrore di una caccia che potrebbe essere l’ultima della sua vita.

Perché ho scritto questo libro?

“L’ultima caccia” è un romanzo thriller che ho scritto a giugno 2025, una fase buia della mia vita. Per la prima volta dopo tanto tempo, la mia visione del mondo era andata in frantumi e la realtà mi appariva nemica, incontrollabile e soggetta al caso, rendendola così priva di scopo e significato. Perso in questo nichilismo mai provato prima, ho deciso di rappresentare quanto la vita possa apparire insignificante di fronte a gli eventi più terribili che la sconvolgono.

ANTEPRIMA NON EDITATA

V

    Uscii dalla doccia e mi apprestai ad afferrare l’accappatoio che avevo preso con me prima di entrare in bagno. L’acqua mi aveva rigenerato in un modo che non credevo possibile. Pensai bene di aprire un po’ la finestra del bagno e di lasciare la porta aperta, così da non soffocare nel caldo della stanza.

   Ero stanchissimo e decisi di buttarmi sul letto in mutande dopo aver spostato tutte le coperte ai piedi del letto.

   Mi addormentai dopo pochi minuti passati nell’oscurità e sognai nuovamente.

   Ero su di una piccola barca di legno e stavo usando una grossa rete da pesca sperando di catturare qualcosa. Il sole batteva forte su di me e perciò versai dell’acqua sul capo per evitare che il calore mi provocasse un mal di testa indesiderato. Lì con me c’era un altro pescatore, portava un cappello di paglia e una canotta bianca sporca con macchie gialle. Stava maneggiando un coltello osservando bene la lama. Nella mano destra stringeva uno straccio che strofinava con delicatezza sull’oggetto, lo stava pulendo da cima a fondo. Vicino a lui c’era un secchio pieno di pesci, parte del sangue che si trovava all’interno era fuoriuscito attraverso un piccolo foro alla base del contenitore, così da riversarsi sulla barca.

   Gettai la rete senza perdere tempo e chiesi al mio compagno di aiutarmi ad estenderla sul lato destro. L’acqua era calma e silenziosa, non vi era la minima traccia di movimento, se qualcuno avesse osservato la superficie attentamente l’avrebbe definita una pacifica piscina adornata da piante e foglie, quelle stesse foglie che cadevano dagli alberi immersi nel fiume, conferendole un’estetica ancora più naturale e selvaggia.

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   Probabilmente nessuno di noi due aveva dormito, infatti, mentre pazientavamo che la rete catturasse qualcosa, una serie di sbadigli iniziò a colpirci e non potei fare a meno di notare le occhiaie del mio compagno. Non potevo capire come mai non conoscessi il suo nome, ma dopotutto quello non ero io e lo notai subito guardandomi le braccia. Ero un uomo di colore, giovane, e avevo delle gambe lunghe lunghe, il ragazzo doveva superarmi di una decina di centimentri in altezza.

   Sto sognando il Sud Africa, pensai mentre osservavo la foresta pluviale attorno alla nostra barca. Tutto era immobile e il sogno pareva assai noioso a dire il vero, non succedeva niente e tutto rimaneva come prima, calmo e silenzioso. Il mio compagno pescatore canticchiava sereno e io lo ascoltavo, finendo talvolta alcune delle sue frasi.

   Poi accadde qualcosa che turbò entrambi. La rete che avevo gettato prese a muoversi con violenza trascinando la nostra piccola imbarcazione prima a destra e poi a sinistra, con la pausa di qualche attimo in cui non riuscivo bene a comprendere che cosa avesse attaccato la nostra attrezzatura in modo così violento e potente.

   La presenza nascosta sotto la superficie era dotata di una forza micidiale, la barca si sbilanciò violentemente e tentai di non cadere in acqua durante le forti scosse, fino a quando quella cosa non colpì la nostra imbarcazione dal basso facendo volare il mio compagno in acqua.

   La mia testa andò a sbattere contro il secchio pieno di pesci e tutto il contenuto che stava all’interno si riversò su di me e sul pavimento di legno, emanando un odore fetido accompagnato dalla sensazione sgradevole dei corpi aperti di tutte quelle creaturine che avevamo preso con la rete.

   Con qualche difficoltà cambiai posizione e cercai di capire dove fosse finito il pescatore. Le acque, nel punto in cui mi trovavo ora, erano coperte dalle ombre degli alberi e non era facile vedere cosa si nascondesse sotto l’acqua. Tremavo come non mai e cercai il coltello che avevamo preso con noi ma non lo trovai. Dopotutto lo stava tenendo proprio quell’uomo. Questa mia ignoranza nei confronti delle persone che stavo sognando mi provocava un’angoscia immensa, perché non potevo davvero aggrapparmi a nulla in quella situazione, se non che io stessi sognando qualcosa che non prometteva bene e per di più mi trovavo sicuramente nel luogo verso il quale ci stavamo dirigendo io, Steven ed Igor per dare la caccia a qualcosa che ci avrebbe terrorizzati a morte prima di ucciderci senza pietà.

   Due braccia risalirono la superficie, stretto nella mano destra stava il coltello che avevo inutilmente sperato di trovare.

   Uscì dall’acqua anche la testa e l’espressione di stupore misto al terrore di quanto accaduto mi colpì come un tram sui denti. Gli occhi pieni di paura e le labbra contratte in una smorfia di incredulità erano solo un assaggio di quello che avrei visto a momenti.

   Presi un bastone che stava dietro di me e lo allungai facendo cenno al mio compagno di avvicinarsi, volevo fare il possibile per aiutarlo a tornare con me sulla barca. Mi allungai il più possibile sperando di non cadere in acqua. Il braccio era steso al massimo e con la spalla girata di lato tentavo di rendere quanto più lungo possibile l’aiuto che elargivo al di sopra dell’acqua.

   Lui iniziò a nuotare verso di me, veloce e in preda alla paura. Anch’io ero in un profondo stato di agitazione e potevo sentire il sudore scendermi dalla fronte rapidamente. Dovevo essermi provocato un piccolo taglio sul capo, perché iniziavo ad avvertire un bruciore fastidioso.

   Aveva ormai raggiunto la punta del lungo bastone con la mano sinistra nel momento in cui un’ombra terrificante passò sotto la mia barca. Nonostante le sagome degli alberi rendessero l’acqua un enigma per niente facile da risolvere, l’ombra indefinita della presenza che aveva scosso la rete si muoveva terribilmente sotto la superficie e io potevo vederla in tutta la sua ferocia.

   Era uno spettacolo terrificante e il mio compagno non tardò molto ad accorgersene. Iniziò a gridare, disperato, dimenandosi nell’acqua. Cambiando direzione puntò a raggiungere la pianta più vicina alla nostra posizione. Gli urlai qualcosa che non potevo comprendere e lui iniziò a sbattere con forza le braccia nell’acqua per cercare di salvarsi la vita. Ma fu solo uno sciocco tentativo, perché la cosa iniziò a nuotare ad una velocità spaventosa, che se qualcuno me lo avesse raccontato di persona, sicuramente gli avrei riso in faccia.

  Stava sotto l’acqua senza emergere, eppure era così grossa quella bestia che potevo vedere la sua sagoma nera viaggiare verso il mio amico, pronta ad ucciderlo. In un attimo lui sparì.

  Urlavo a squarciagola pur di farmi sentire, ma la mia disperazione non era destinata ad orecchie umane, bensì a quelle delle natura nella quale ci trovavamo immersi, dimenticati da qualsiasi civiltà si trovasse lì vicino, soli nella morsa di quella presenza, che appariva sempre più spaventosa e malvagia.

   Delle bolle rosse iniziarono a formarsi sulla superficie e da quel calderone putrido vidi balzare fuori dall’acqua delle mani che si dimenavano in cerca di salvezza. Rimasi inorridito nel vedere quell’uomo mentre veniva trascinato a velocità disumana prima verso un lato e poi verso l’altro mentre dalla sua bocca il sangue usciva rapido in preda all’agonia, gli occhi spalancati erano in procinto di uscirgli dalle orbite per il terrore di quello che stava accadendo.

   Urlò un’ultima volta con le poche forze che gli erano rimaste e udii il serrarsi di due mascelle. Lo schiocco fu così forte da lasciarmi pietrificato, lì solo su di una piccola barca di legno, quella stessa barca che sapevo inutile a difendermi.

   Emerse parte del busto, tranciato in due, le budella sparse nell’acqua, il volto pieno di orrore rivolto verso il cielo e le braccia stese come a chiedere pietà per la propria vita.

Un silenzio minaccioso perturbava l’aria della foresta, sempre più indifferente alla mia disperazione.

   Avvertii dietro le mie spalle lo spezzarsi del legno prima che due enormi fauci infernali mi azzannassero le gambe, trascinandomi insieme a loro negli abissi di quel fiume.

2025-10-27

Aggiornamento

Non volendo cadere nella banalità, ho deciso di cambiare completamente l’ambiente nel quale si svolge la vicenda, andando quindi ad eliminare il mare aperto, per quanto spaventoso, immergendo i protagonisti in un habitat selvaggio e ostile (la foresta pluviale) abitato dai predatori più temibili che esistano sul pianeta, come ad esempio il coccodrillo del Nilo, il pitone e lo squalo leuca. Il Tak-Uun nasce come versione mostruosa di quest’ultimo, dato che non sono pochi i racconti spesso esagerati circa questa affascinante creatura. Il manto del Tak-Uun, con i suoi cerchi concentrici e il suo colore nero, rappresenta l’eterno ritorno delle cose del filosofo Friedrich Nietzsche del quale ho avuto il piacere di leggere diverse opere e, in particolare, la ciclicità degli eventi più spaventosi della vita, destinati a ripetersi in eterno in tutta la loro brutalità.

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Giovanni Passaretti
Mi chiamo Giovanni Passaretti, sono nato a Santa Maria Capua Vetere il 07/08/2006 e vivo da sempre a Fanano, in Emilia Romagna.
Nella mia vita ho praticato tantissimo sport: due anni di nuoto, tredici di calcio e un anno di sport da combattimento.
Da piccolo mia madre mi ha trasmesso la passione per la lettura, oltre a quella per il cinema, e così ho sempre consumato tantissimi contenuti dai quali traevo ispirazione per scrivere dei piccoli racconti da leggere a lei e alle mie insegnanti.
Il genere che è riuscito ad occupare un posto speciale nel mio cuore è stato l'horror e già da piccolo guardavo moltissime pellicole, anche se il mio film preferito è sempre rimasto "Lo Squalo" di Steven Spielberg.
Attualmente studio filosofia all'Università di Bologna e nel tempo libero mi piace scrivere nuove storie, allenarmi e passare del tempo con i miei cari.
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