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L’Ultimo Turno di Notte

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Consegna prevista Febbraio 2026
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Stefano è un promettente architetto relegato a mansioni di segreteria dal responsabile dello studio dove lavora. Tutto cambia quando il gruppo che doveva suonare al debutto in società della figlia del suo capo da forfait e così Stefano che si è sempre mantenuto facendo il dj si offre come rimpiazzo in cambio di un aumento delle mansioni lavorative.
Durante la serata conosce Valentina, una bellissima ragazza dai capelli rossi e i due iniziano a frequentasi.
Ma la relazione che sembrava perfetta inizia a logorarsi quando Stefano è costretto a lavorare tutte le sere nei locali per poter pagare i crescenti debiti per la casa appena acquistata prima e poi per riuscire a mettere in piedi una propria attività quando lo studio dove lavora chiude.
Iniziano i problemi con l’alcol e con un ego smisurato cresciuto a causa del successo dovuto alla sua attività notturna. Intanto Valentina parte per Roma con una borsa di studio e vista la situazione Stefano deve prendere una drastica decisione…

Perché ho scritto questo libro?

L’idea nasce dalla mia esperienza personale: quando ho deciso di concludere la mia attività da dj ho voluto racchiudere e conservare tutti i ricordi di quell’ultima volta: il locale, la pista, il palco, le persone che ballavano e i poster sui muri esterni, oltre a un film italiano del 2023, mi hanno dato l’ispirazione.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Capitolo 39: Lo Scandisk.

Dopo un’infinità di scalini Stefano giunse in superficie, impostò il navigatore e di lì a breve giunse al locale.

Lo Scandisk era un locale che passava del tutto inosservato. Era situato in una zona abitata, circondato da palazzi e condomini enormi. Sui muri esterni vi erano appese locandine e poster di manifestazioni in solidarietà del popolo palestinese, del Brancaleone che le autorità volevano chiudere e dei prossimi cortei antifascisti.

Appena Stefano varcò l’ingresso esterno del locale, un corridoio di una decina di metri, anch’esso tappezzato di poster ma di vecchi concerti lo condusse a una seconda porta.

“Oh! Carissimo” gli venne incontro Raffaele con entrambe le braccia tese che lo avvilupparono in un caldo abbraccio.

“È stato facile no? Questo locale lo trovano tutti”.

“Sì!” ne convenne “un po’ meno facile gli scalini per uscire dalla metro. La scala mobile non andava”.

“E cosa ci vuoi fare amico mio?” un sorriso raggiantissimo. “Questa è Roma, ed è irrecuperabile”.

Risero.

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“Vieni, ti faccio vedere il locale e conosce il mio staff. Qui modestamente sono di casa e faccio il bello e il cattivo tempo. Vieni, vieni” lo esortò a fare qualche passo avanti verso la ragazza biondo platino alla cassa. “Lei è Sonia e sta con me da molti anni. È il mio braccio destro. Senza di lei sarei perso”.

“Tu sei il famoso dj fiorentino di cui Raffo parla sempre, eh?” gli tese la mano.

“Mi auguro bene. Piacere, Stefano!”.

“Spero ti troverai bene qui con noi e, conto su di te per ballare perché se aspetto Raffo…” e gli lanciò un’occhiata che sfociò in un sorriso.

“Ma sei seria Sonia?” domandò Raffaele un po’ accigliato. Non aveva colto la battuta.

“Raffo!” mugolò esasperata, “lo sai che scherzo!”

“Ecco! Vorrei ben vedere”. Aveva due asterischi al posto degli occhi.

“Vieni, vieni” continuò Raffaele abbracciando e spingendo il nuovo amico “questo è il locale in tutto il suo splendore”.

Lo Scandisk era un locale molto grande. Al primo sguardo gli sembrava che fosse stato un teatro o un ristorante con tanto di palco dove poter far esibire gruppi jazz.

Dalla parte opposta della zona dei concerti c’era il bar dove il bartender aveva già cominciato a servire da bere e subito sulla sinistra un piccolo spazio dove il fonico controllava che i volumi del gruppo che si stava preparando per l’esibizione uscissero bene.

Lasciati i suoni alle spalle, una zona con divanetti e tavolini in stile ‘800 e dietro alcune colonne, un corridoio che non solo circondava a L la zona bar ma più avanti portava ai bagni e ad altre spazi che al giovane sembravano potessero avere più uno scopo didattico che di locale.

“Senti Raffo” gli domandò Stefano “ma noi? Dove ci mettiamo?”

“Lo vedi quel tavolino sul palco? Quello a sinistra!” e lo condusse lì davanti. “Appena l’esibizione è conclusa e la strumentazione smontata, noi lo portiamo al centro e ci imponiamo”. Rise.

“Ok, ok. Quindi, i suoni sono già stati fatti?”

“Rarità, ma per chi mi hai preso? Certo che li ho fatti. Ho già pensato a tutto io”.

“E il gruppo quando comincia?” domandò incuriosito.

Raffaele guardò l’orologio. “Adesso… e ne abbiamo almeno per un’ora”. Poi sospirò. La stanchezza iniziava a incalzarlo. “Vieni con me. Lasciamo i tuoi bagagli da Sonia, ci prendiamo da bere e usciamo fuori a chiacchierare”.

La strada era piacevolmente poco trafficata a dispetto del numero incredibile di auto parcheggiate in ogni anfratto possibile e non.

Ogni tanto un filobus transitava facendo voltare il ragazzo affascinato da quei mezzi che da lui non c’erano.

“Allora dimmi zio,” lo appellò come se fosse un amico di vecchia data facendocelo sentire – e con un certo piacere, tale – “come mai hai accettato la mia proposta? Ricordo che mi avevi detto che avevi degli impegni”.

“Non te la farò lunga” sviò il discorso e lo sguardo puntandolo sul fondo del bicchiere in cerca di qualche forma di alterazione nel colore del caramello scuro che stringeva in mano “mi è saltato ciò che dovevo fare e così, prima di partire, ho deciso i venire qui e chiudere alcuni affari”.

“Affari? Lavoro? Donne?”

Sospirò. Si era lasciato sfuggire troppo.

“Tra un paio di giorni mi trasferirò in Irlanda e questo, quello di questa sera intendo, sarà il mio ultimo dj set prima del Grande Volo e di appendere definitivamente le cuffie al chiodo”.

“Ma stai a scherza’ zio? Uno bravo come te non deve assolutamente per nessuna ragione al mondo smettere”. Raffaele si ricordava benissimo il concerto degli Ajax che andò a vedere a Firenze e il dj set che Stefano aveva proposto come suo seguito. “Se uno come te smette, quasi tutti dovrebbero cessare l’attività”.

Stefano arrossì. Nessuno gli aveva mai fatto un complimento così spiazzante.

“Grazie” farfugliò grattandosi la testa “ma di gente brava ne è pieno la penisola”.

“Zio ascolta” e lo sguardo si fece serio “io ho lavorato ovunque, anche a Berlino e nonostante sia la capitale moderna della musica goth, non c’è nessuno – e lo ripeté svariate volte in modo che il messaggio penetrasse nemmeno fosse stato scritto con la penna della Umbridge – bravo come te”.

Poi trasse un respiro e seccò mezza birra con un sorso. “Ovviamente – una serietà incredibile nello sguardo come se stesse per rivelare una delle più grandi verità del mondo -, dopo di me chiaro”.

“Chiaro!” gli fece eco stringendo poi i denti e la mascella per non scoppiare a ridere.

Il quattro staccato dal batterista dette via al concerto, ciononostante, i due djs dopo essersi voltati all’unisono verso l’ingresso colti alla sprovvista da quel suono di bacchette di legno che si erano appena scontrate, tornarono a parlare fitto fitto.

“E in Irlanda? Cosa ci vai a fare? Ah! A proposito. La mia morosa ha vissuto per un po’ in Irlanda”.

“Molto interessante. Magari se dopo me la presenti, posso parlarci e capire come sia cambiato il paese dall’ultima volta che ci sono stato”.

“Oh! Eccola! Streghetta, vieni qui!”

“Raffa, cosa fai? Stai importunando come sempre qualche povero sventurato?” gli domandò prima di baciarlo.

“Streghetta, lui è Stefano, il dj di Firenze che stasera il Red Light ospita”.

“Piacere Michela”. Gli tese la mano e un largo e caldo sorriso.

“Stefano”.

“Streghe’ sai che Stefano parte per l’Irlanda? Tra due giorni si trasferisce là”.

“Bello. Come ti invidio. Io ci sono stata fino a un paio di anni fa. Poi,” Raffaele la strinse a sé “sono tornata e adesso sto in pianta stabile qui”.

“Io mi trasferirò a Cork per lavoro. Sono un architetto e hanno accettato un mio progetto e… nulla” tagliò corto per non ammorbare la coppia. “Sono un architetto. Tutto qui. Non aggiungo altro”.

“Ti troverai bene. La gente è semplicemente stupenda”

“Meno male. Pensavo fosse cambiata da un po’ a questa parte. Mi rincuori”.

“Adesso” Michela baciò Raffaele “vado dentro e vi lascio parlare. Ci becchiamo poi, no?”

“Certo. A dopo!”

I due amici continuarono a parlare del più e del meno quando furono interrotti da Sonia.

“Raffo, al gruppo manca un pezzo”.

Poi guardò Stefano, gli sorrise e continuò. “Vi conviene prendere posto nei pressi del palco che tra pochino iniziate”.

Appena l’esibizione fu terminata, con uno scatto felino che tradiva la sua età, Raffaele salì sul palco e estratti un paio di cd dai suoi raccoglitori dette vie alle danze.

Stefano si mise al suo fianco e guardava la pista crearsi dal nulla e crescere a ritmo costante.

“Cosa ne pensi? Può andare bene?” domandò conferma del suo operato.

“A mio avviso” replicò “direi ineccepibile. Ma io” continuò “Quando…”

“Non ci sono schemi” estrasse un cd dal lettore riponendolo al suo posto e ne inserì un altro.

“Quando ho finito o mi son stancato, tocca a te!”

“Allora mi tengo pronto e intanto faccio un giro”.

“Non preoccuparti che ti mando a chiamare da Streghetta o Sonia. Se poi alla gente piaci” e drizzò la schiena per un faccia a faccia “puoi fare tutta la serata tu e io mi ubriaco”.

Risero e si salutarono.

Stefano scese dal palco e iniziò a esplorare meglio il locale.

Capitolo 40: Il Dj-Set Perfetto (Come la Primavera… d’Altronde).

L’animo si era fatto nuovamente pesante e il respiro corto.

Sapeva benissimo che a breve avrebbe dovuto affrontare uno speranzoso quanto ineluttabile destino e a ogni passo che faceva, ogni volta che i suoi anfibi calpestavano il suolo del locale, sentiva una sensazione di morsa al cuore.

L’ansia e l’agitazione la facevano ormai da padrone senza nessuno con cui parlare o che stesse lì a distrarlo.

Era inevitabile che la sua mente lasciata libera cavalcasse in verdi e ampie praterie di paranoie.

D’altronde, i pronostici non lo davano certamente favorito… un po’ come l’Italia nel RBS. Ma quell’anno la nazionale aveva dimostrato di valere dando filo da torcere a tutte le altre squadre quindi, con una piccola parte di cuore – grande come tutto l’universo o forse più – il giovane sperava nel lieto fine.

Assolto nei pensieri e appoggiato a un piccolo albero all’esterno del locale con il peso suddiviso tra quest’ultimo e una singola gamba, si sentì chiamare e si voltò. Era Sonia.

“Ciao Sonia, dimmi”. Si raddrizzò.

“Raffo mi ha detto che tocca a te”.

“Ha già terminato?”

La ragazza annuì con la testa sorridendogli. “Mi ha detto che è ansioso di sentirti in azione”.

Anche lui portatore d’ansia? Cristogesùsantissimo! Tutta quest’ansia mi farà venire l’ansia.

“Fammi strada bionda” e alzò il braccio per invitarla a precederlo.

Sonia sorrise raggiante e scortò Stefano alla console.

“Raffo, ti ho portato Stefano!”.

Raffaele ringraziò la ragazza poi volse lo sguardo verso Stefano. “Bello mio!” lo appellò “fammi vedere di cosa sei capace”. Poi si corresse subito ricordandosi del suo set a Firenze. “Anzi, so già di cosa sei capace. Fammi sognare”.

Stefano gli sorrise calorosamente. Non lo aveva mai fatto prima di allora. In quel piccolo momento si sentiva ben voluto, rispettato e forse in qualche modo diverso dal solito, amato.

Poi, quel sorriso caldo come il sole venne meno e la dolcezza dagli occhi scomparve.

Raffaele e Sonia si accorsero del cambiamento.

Lo sguardò divenne quello di un lupo intento a studiare la preda prima di passare all’attacco.

I lineamenti del volto da efebici si serrarono come se il ragazzo fosse pronto a buttarsi nella mischia con l’intento di spaccare crani.

Nella sua testa risuonavano musiche celtiche atte a incitare il guerriero berserk alla battaglia.

Raccolse le cuffie e le indossò.

Ogni movimento era lento e fluido come se quel rito fosse stato messo a punto durante l’arco della sua intera vita.

Regolò i volumi tendenzialmente alti che stavano sfiorando i led rossi, aprì la sua borsa da dj e ne estrasse un cd.

Stefano scomparve e per l’ultima volta il suo alterego Dempsey scese il campo.

La pista era piena e la selezione delle canzoni era lineare, segno che tutto ciò che veniva proposto era stato studiato per anni fino a raggiungere la perfezione.

Nell’orecchio sinistro scoperto dalle cuffie il suono presente nell’ambiate, nel destro la cuffia proponeva il prossimo, in testa sempre l’incalzante ritmo di tribali tamburi votati alla guerra.

La concentrazione era talmente elevata e il volto così impassibile che niente lo avrebbe scosso.

Il popolo notturno ballava e lo ringraziava per la selezione che stava proponendo.

Una ragazza salì sul palco e gli si avvicino. “Stai facendo una selezione fighissima. Cioè non ci credo. Erano anni che non sentivo questa roba. Pure la Coldwave!”

Dempsey rimaneva impassibile. Quei complimenti non lo scossero, proprio come se quella ragazza non esistesse.

Sonia che intanto aveva lasciato l’ingresso per andare a prendersi da bere buttò un occhio alla pista rimanendo a bocca aperta. “Raffo! Raffo! Vieni qui!” lo invitò con un braccio. “Guarda te Stefano. Ma te lo aspettavi?”

“Certo che me lo aspettavo. Te lo avevo detto che era bravo no?” Poi, rendendosi conto di aver esagerato, riprese: “ovviamente, non come me, ma bravo…”

“Raffo, fattelo dire” si voltò Sonia guardandolo negli occhi: “questo ti fa il culo a strisce”.

Raffaele rimase basito. Qualcosa in lui si era rotto. Il pavimento sotto ai suoi piedi si era incrinato e il suo equilibrio era venuto meno.

Barcollò.

Si era reso conto che ciò che aveva detto Sonia era vero.

Non era una questione di mixaggio o di mera selezione musicale: tutto quello che faceva Dempsey era calibrato, calcolato fino al millimetro e oltre.

Raffaele non si era mai trovato di fronte a un fenomeno del genere nonostante potesse vantare decine e decine di collaborazioni.

D’un tratto si rese conto che aveva iniziato a respirare in maniera sempre più contratta e flebile.

Non si era mai e poi mai messo in discussione considerandosi – e a ragion veduta – il miglior dj di Roma se non d’Italia ma da quel momento in poi, tutte le sue convinzioni crollarono come un castello di carte spazzato via da una tempesta tropicale.

Ogni poco Dempsey buttava un occhio sulla pista per poi riportarlo sul mixer e sui cdj per gli aggiustamenti; infine, sulla borsa dei cd per la scelta del prossimo brano.

Concentrato come era non aveva notato che la pista era completamente piena e non vi era più spazio per ballare. Le persone erano gremite: alcuni riuscivano a stento a muoversi, altri solo a saltare e altri ancora fermi, ormai consci del fatto che non avrebbero potuto fare altro data la situazione.

In quel momento Dempsey si rilassò e dopo aver scelto il nuovo pezzo drizzò la schiena e incrociò le braccia per poi intrecciate le mani portandole dietro la testa come il dottor Cox.

Era solito assumere quella posizione quando tutta andava bene ma per quell’occasione avrebbe dovuto assumerne una da Superman.

Intanto la ragazza di poc’anzi tornò sul palco, gli bisbigliò qualcosa che non capì e lo abbracciò baciandolo.

Questa cosa lo sorprese e gli fece perdere l’equilibrio. Barcollò all’indietro.

La posizione Coxiana venne meno, sorrise alla ragazza e puntò gli occhi sulla pista.

La vide.

Vide Valentina all’angolo destro del bar che lo fissava.

Il sangue gli si gelò nelle vene, il cuore perse svariati colpi. Smise di respirare andando in apnea.

L’ex gli fece un gesto con il capo.

Stefano, tornato in sé si guardò intorno in cerca di Raffaele senza però riuscire a vederlo.

Scorse streghetta e si sbracciò verso di lei per attirare la sua attenzione.

Quando la ragazza lo vide andò verso di lui.

Ansimante come se avesse appena corso dieci chilometri le mise entrambe le mani sulle spalle senza riuscire a calibrare il tono della voce, pieno d’urgenza.

“Michela, devo lasciare la console. Mandami Raffaele”.

“Non so dove sia…”

“Ti prego amica mia” e lo sguardo divenne supplichevole “ho bisogno del cambio. Devo uscire…”

Non precisò altro.

Michela si guardò attorno e scorto per caso il suo moroso si gettò nella mischia portandolo sul palco.

“Zio, bellissima serata, non trovi?”

“Raffo…” l’agitazione cresceva sempre di più e le persone di fronte se ne stavano accorgendo “ho bisogno tu mi dia il cambio. Devo uscire”.

“Cosa succede zio?”

“Ti prego” tagliò corto uno Stefano con un volto contorto da un’espressione folle “prendi il mio posto… ti prego…”

A sentire quelle parole ma a maggior ragione guardandolo negli occhi, Raffaele capì la situazione e raccolto il testimone gli dette il cambio.

Stefano raccolte il borsone lasciato all’ingresso e uscì fuori.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Daniele Civinini
Daniele Civinini è nato a Prato nel 1981.
È un musicista, cantante e deejay.
Nel 2014 vince con "Alex" il primo premio del concorso Nanà Giovani Scrittori per l'Europa consegnatogli da Luciano De Crescenzo.
L'anno successivo pubblica il libro in doppia tiratura con la casa editrice marchigiana David and Matthaus.
A gennaio del 2020 pubblica “La Corda” per la casa editrice fiorentina Porto Seguro.
Tra il 2020 e il 2021 scrive il suo terzo romanzo, Il Nastro mentre l'anno successivo il quarto, "Abbracciami, Roma" che seppur non vincendo il concorso al quale era iscritto, cattura l’attenzione della casa editrice marchigiana Montag che lo mette sotto contratto pubblicandolo nel giugno del 2024.
Tra metà ottobre del 2023 e giugno del 2024, inizia e completa il suo quinto libro “L’Ultimo Turno di Notte”.
Attualmente è in lavorazione un nuovo romanzo, "La Seduta".
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