Tra calli immerse nel Carnevale e palazzi che sussurrano storie dimenticate, una strana energia riaffiora e, con essa, un’ombra che non appartiene al presente. Quando gli agenti della NAT, un’organizzazione che studia il paranormale, iniziano a indagare, scopriranno che la linea tra mito e realtà è più sottile di quanto si creda.
Il fato esiste? Una domanda che, forse, è meglio non porsi.
Perché ho scritto questo libro?
Ho scritto questo libro spinto dalla passione per la creazione di storie, nata in seguito alla decennale esperienza nei giochi di ruolo. Proprio da un gioco di mia creazione proviene l’ambientazione che propongo nel romanzo: un mondo ricco di mistero, magia e conflitti nascosti, sviluppato negli anni e ora trasformato in una storia da condividere.
ANTEPRIMA NON EDITATA
1
“Sì, nel primo cassetto della scrivania, a destra. Josh già lo sa, ti farà entrare. Senza fretta, tranquillo, sto partendo ora. A dopo”.
William Carlton Rivenbrook chiuse la telefonata, infilò il cellulare nella tasca del suo cappotto e prese dall’ingresso il suo paio di guanti in pelle nera, uscendo di casa. La sciarpa e l’eccentrica bombetta che indossava gli offrivano scarso riparo dal vento.
Un clima inusuale, anche in pieno periodo invernale: l’aria gelida della mattina soffiava impetuosa mentre immobili nuvole grigie incorniciavano quel quadro, facendolo apparire un presagio di sventura.
La stazza dell’uomo rappresentava, comunque, già una fonte di protezione sufficiente a tollerare quelle temperature ostili.
Era in Croazia per affari, un viaggio che aveva organizzato da tempo, con l’intenzione di portare avanti alcuni importanti incontri legati a investimenti nella zona. Aveva noleggiato una villa e un’auto sportiva, come era solito fare in quelle occasioni.
Entrò senza fretta nella E7, ultima figlia della Versus. Era un amante della guida, e per brevi tratte preferiva non avvalersi dell’autista. Aveva così lasciato a casa Roger e, uscito dal vialetto alberato della tenuta, girò a destra, verso la strada che costeggiava il fiume Krka, diretto verso la cittadina di Drniš, una ventina di chilometri a est del ponte di Šibenik.
L’auto, un bolide nero e lucido, avanzava con potenza, il motore ruggente sotto il cofano mentre sfrecciava sulla strada semideserta. Il suo respiro si condensava contro il parabrezza. Guidare gli aveva sempre dato un senso di libertà e spensieratezza, e Rivenbrook sembrava quasi ignaro del mondo che gli girava attorno.
Tuttavia, qualcosa nel suo corpo cominciò a tradirlo. Un formicolio improvviso si estese dal petto fino alla spalla sinistra, un dolore che iniziò come un piccolo pizzico e che presto si tramutò in una morsa insostenibile. Dapprima pensò fosse solo un malessere temporaneo, ma quando il dolore divenne acuto, impossibile da ignorare, l’auto accelerò senza che lui avesse alcuna intenzione di farlo. Il piede, ormai privo di controllo, premeva sull’acceleratore mentre il cuore batteva in modo sempre più irregolare.
L’auto, che prima scivolava sulla strada con grazia sportiva, ora sembrava una bestia fuori controllo, spinta da una forza che Rivenbrook non riusciva a fermare. I suoi occhi si facevano più pesanti, il respiro più affannoso. Cercò di domare il volante e di mantenere il controllo, ma le sue mani tremavano, la vista offuscata dal dolore che gli stringeva il petto. Il fato volle che già si trovasse sul ponte di Šibenik: Rivenbrook non sarebbe mai riuscito a raggiungerne l’estremità opposta.
La gomma destra della vettura scivolò fuori dal bordo della strada, il guardrail sfiorato appena, e la macchina, colpita da una vibrazione improvvisa, prese a girare su se stessa, sbandando pericolosamente. Il corpo di Rivenbrook fu scagliato verso il finestrino, il dolore al petto che lo privava della forza necessaria per rimanere lucido. Stavolta il veicolo colpì il guardrail con una violenza tale che il parabrezza si frantumò in mille pezzi, schegge che volarono come scintille nel vento gelido.
Il colpo successivo, un impatto sul lato destro dell’auto, fece saltare la macchina nell’aria come una marionetta senza fili. La cintura di sicurezza, che avrebbe potuto salvarlo, non era allacciata, un dettaglio banale ma fatale. Rivenbrook fu sbalzato fuori dal veicolo con una violenza inaudita, mentre l’auto, ormai fuori controllo, ruotava e rimbalzava contro la roccia del guardrail. Il suo corpo, sospeso per un attimo nell’aria gelida, fu poi risucchiato dalla gravità.
Tutto accadde in un istante. Con un urlo silenzioso, Rivenbrook precipitò verso l’acqua, la superficie del Krka che si avvicinava con una freddezza mortale. Il rumore dell’incidente si dissolse nel vento, e poi rimase solo il fruscio dell’acqua che inghiottiva ciò che era stato.
Il suo corpo si faceva strada nell’oscurità del fiume. La morte, un’ombra lunga e implacabile, l’aveva trovato senza preavviso, senza alcuna possibilità di scampo.
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