Quel sabato il cielo era grigio ma non pioveva, il caldo aveva mollato un po’ la sua morsa. Si svegliò ancora mezzo ubriaco in un maleodorante garage dove avrebbe passato la notte con amici.
C’era un odore preciso in quel garage la sera d’inverno: olio bruciato, birra rovesciata ed amplificatori surriscaldati. Lui, con la giacca di pelle ancora addosso ed il casco appoggiato sulla cassa Marshall, accordava la sua Fender nera con la calma di chi sa già che, prima o poi, farà esplodere tutto.
Faceva l’informatore farmaceutico per pagare le bollette ma la vera cura l’aveva sempre trovata nei riff. E nei chilometri. Chilometri macinati sulla sua moto, tra paesini grigi e sale d’aspetto sterili, col pensiero sempre alla prossima prova, alla prossima pinta.
Quella sera, mentre il cantante urlava contro un microfono che sputava solo feedback, Lui prese una decisione. Non era più tempo di rispondere a capi ottusi e colleghi servili. Era ora di darsi a qualcosa di più forte. Magari alla spina o semplicemente on the rocks.
Ormai era separato da qualche anno, e da qualche anno non vedeva più la sua ex moglie e le sue figlie. La cosa non gli dispiaceva più di tanto, in fondo la sua era una vita da randagio; ogni giorno un posto diverso, gente diversa ma tutti con lo stesso volto, tutto sempre così insolitamente diverso e ripetitivo. A volte si sarebbe anche evitato di passare le serate in malfamati pub a bere con altrettanti mezzi ubriaconi come lui. Certo, qualche scopata tra un concerto e l’altro, la rimediava ma il senso era che ormai Lui si era rotto i coglioni di tutto .
Stava solo aspettando il giorno giusto.
“ Lui, ti muovi con quelle corde del cazzo? Dovremmo già aver provato mezza scaletta! “ gracchiò il cantante che finalmente aveva fatto pace col mixer per mettersi a posto quella voce di merda che aveva.
“ Ho finito cazzone. Stavo aspettando te, miss ugola d’oro! Dai partiamo con November Rain, te la ricordi o dobbiamo scriverti le parole sulla mano? “
Lui suonava in una cover band che aveva fondato parecchi anni fa, con l’idea di scrivere un giorno dei pezzi propri e tentare la vera via del rock. Mano a mano che il tempo passava però tutti i suoi compagni conoscevano la figa e finivano tutti per non avere tempo per la musica.
Così, era una audition continua, prima il bassista, poi il batterista, cantanti a non finire.
Solo Lui era costantemente dedito alla band, anche se ultimamente era molto disilluso.
Sì, il tempo era passato ma non così velocemente come di solito si dice. Il tempo non scivolava sulla pelle di Lui ma piuttosto sfregava, aveva un effetto abrasivo e subiva la resistenza delle esperienze e delle vicissitudini di un uomo che si era spinto troppo vicino all’infinto.
Negli occhi segnati dal colesterolo non scintillava più la sacra fiamma del desiderio, né brillava l’eterna scintilla della speranza. Quello che c’era era il pellucido sguardo dell’attesa che durava ormai da anni, ma ancora per poco.
Gli Erga, la band di Lui, avrebbero avuto un concerto nel vecchio pub di paese da lì ad un mese. Le locandine erano appese in ogni dove e la sera, prima delle prove, Lui obbligava gli altri membri della band a distribuire volantini ai semafori.
Effettivamente non c’era bisogno di distribuire volantini, ma per Lui era fondamentale far capire chi era il maschio alfa. Tutti conoscevano Lui in quel fottuto paesino dove viveva.
Inoltre il pub era l’unico locale del posto, quindi il sabato sera era per forza sempre tutto pieno. Fino all’una di notte però; poi si svuotava di colpo, o almeno tutti i ragazzi single sparivano per andare al night, che invece apriva a quell’ora. Rimanevano solo coppiette e ragazzine che sognavano di fare le groupies. E proprio queste erano le prede preferite da Lui.
Comunque, per quel sabato sera, c’era un’attesa particolare; sarebbe stato infatti l’ultimo concerto della band, l’addio al palco dopo anni di concerti.
La motivazione non fu mai detta e così c’era chi pensava che lo facessero perché poi sarebbero diventati professionisti, chi pensava che in realtà ne avevano le palle piene di suonare e chi se ne fotteva allegramente.
Di fatto, questo alone di mistero aveva portato ad un overbooking mai visto prima. Il titolare del pub aveva dovuto far addirittura montare un palco all’esterno per far sì che tutti avessero potuto assistere all’evento. Due ore e mezzo di puro rock anni ottanta, ovviamente cover, ma interpretate come se le avessero scritte veramente loro. Guns ‘n’ Roses, Bon Jovi, Motley Crue, Poison, Cindarella e tanti altri, ovvero il meglio dell’ hair metal.
Questo fece sì che la gente arrivasse da tutti i paesi vicini per godersi lo spettacolo. Inoltre Lui aveva promesso che avrebbero presentato una loro nuova canzone, alimentando voci di corridoio.
Il lunedì mattina, Lui si svegliò bello carico. Aveva dormito alla grande, era fresco e si sentiva pieno di energie. Si mise una maglietta nera, pantaloni neri con catena laterale, stivaletti in pelle e gilet. Si accese una sigaretta ancor prima del caffè e dopo aver pisciato nel lavandino uscì di casa.
Non prese la moto, anche se la voglia era tanta. Ma salì sul suo suv aziendale e si diresse verso l’autostrada. Poco prima del casello c’era un bar trattoria dove lavorava una certa Penelope, donna di quarant’anni circa, nera di capelli e riccia. Labbra carnose e due tette sempre al vento. Visto il caldo di quel periodo non portava neanche il reggiseno e il climatizzatore faceva sì che i capezzoli fossero belli turgidi.
Erano circa le nove del mattino, quando Lui entrò al bar.
“ Hei Penny, me lo fai un caffè bello forte? Così magari la smetto di guardare quei capezzoli che mi stanno puntando! “
“ Non ti sfugge niente, eh Lui ? Hai fatto tardi ieri che arrivi a quest’ora? “
“ No, ‘sta mattina me la prendo con comodo. Ma se ‘sta sera sei libera potremmo fare tardi insieme? “
“ Tieni le tue energie per il concerto, rockstar, che poi ci penso io a raffredarti il radiatore “ disse Penelope mentre si chinava mostrando le tette per servire il caffè.
Lui bevve il caffè tutto d’un sorso ed uscì dal bar facendo l’occhiolino a Penny, diede uno sguardo al cellulare aziendale e vide otto chiamate del suo capo.
“ Testa di cazzo! “
Salì sul suv, lo mise in moto ed imboccò l’autostrada direzione Milano. Il cellulare cominciò a squillare. Ancora il suo capo.
“ Dimmi, testa di cazzo! Cosa continui a rompere i coglioni?”
“ Mah, ma come ti permetti? Adesso basta, è ora di smetterla con questi modi che hai “ rispose quasi allibito il suo capo. “
“ Finalmente hai detto una cosa sensata! Tra mezz’ora sono in sede e vedi di farti trovare che ti spiego due cose “ e agganciò la chiamata.
Una volta arrivato alla sede, Lui entrò e si diresse verso l’ufficio del capo. Ad attenderlo c’erano il direttore, un altro coglione galattico, ed il capo del personale che invece Lui stimava molto. Peccato solo per i suoi gusti musicali di merda, se no qualche serata insieme a bere birra l’avrebbero potuta passare.
Entrò, senza dire nulla guardò il suo capo e gli tirò le chiavi della macchina in faccia quindi uscì. Direzione stazione centrale per prendere il primo treno.
Il capo del personale, alla vista di quella scena, sorridendo disse “ Preparo la lettera di licenziamento “ ed uscì sghignazzando dall’ufficio. “ O magari gli diamo un bel aumento ? “
Il treno si fermò al paesiello alle 15:30, con solo un’ora e dieci di ritardo ma comunque in tempo per le prove. Lui prima andò a casa, doveva farsi una doccia e poi con calma avrebbe preparato una mezza sacca riempiendola di qualche straccio, i suoi appunti sulle canzoni e qualche vecchia foto. I ricordi li portava dentro e gli stavano già facendo marcire il fegato.
“ Meglio muoversi leggeri “
Stappò una birra, si sedette sul divano e sparò la musica al massimo .
I’m on a Highway to Hell, urlavano gli AC/DC. Lo sguardo perso nel vuoto che lo circondava. Poche immagini, rapide e confuse, quasi sbiadite, prossime a sparire. “Highway to Hell – Highway to Hell “.
Quella sera le prove andarono veramente alla grande. I riff si susseguivano con una fluidità mai sentita prima; il cantante era in splendida forma e Lui aveva uno stile pazzesco. Durarono due ore e mezza, senza interruzioni e senza errori. Alla fine i ragazzi, ancora gasati, uscirono dal garage ed andarono al pub per farsi qualche birra e festeggiare.
Nel locale non c’era molta gente ma quella sera c’era Penny. Aveva chiuso il bar in anticipo e si era fermata per una bevuta o forse per vedere se c’era Lui. Fatto sta che avvicinandosi al bancone, Penny lanciò uno sguardo che non aveva bisogno di spiegazioni e che, ovviamente, Lui intese subito.
Prese il casco e si alzò dal tavolo, ricevendo anche gli insulti dei suoi amici che evidentemente avevano intenzioni di continuare a bere tutta la notte.
“Ragazzi, c’è solo una cosa che può fermarmi dal bere tutto il pub! Non rompete i coglioni e bevete anche la mia parte “e si allontanò.
Penny ovviamente lo seguì senza aggiungere una sola parola e due secondi dopo, la marmitta svuotata della moto urlava le loro intenzioni.
Sesso. Fecero del puro sesso. Sporco, urlato e senza sentimento. Di quello che ti svuota e che ti fa sentire leggero per ore e ore. Ognuno poteva pensare a chi voleva o cosa voleva, ma sicuramente a nessuno dei due interessava dell’altro.
Penny venne quattro volte, Lui a mala pena ce la fece una volta. Colpa dell’alcol o più semplicemente delle sue cicatrici. Finito il giro in giostra, Lui la riaccompagnò a casa e sparì inghiottito dal buio della notte. L’indomani mattina arrivò la notizia che sconvolse tutto il paese.
LUI E’ MORTO! Su tutti i giornali del mattino lo stesso titolo scritto a caratteri cubitali: LUI E’ MORTO!
“il fatale incidente è avvenuto verso le 3 del mattino, all’altezza dello studio di registrazione della nostra rockstar. Lui stava rientrando in studio, in preparazione del grande concerto imminente, quando un camion ha accidentalmente colpito la sua moto facendolo sbalzare dalla sella e volare direttamente nel burrone antistante. Il corpo non è ancora stato ritrovato. Il camionista non aveva né bevuto né era sotto l’effetto di sostanze psicotrope. A dare l’allarme lo stesso camionista, la cui versione è stata confermata dalle immagini registrate dalle videocamere di sicurezza proprio dello studio di registrazione”
The sound of silence: hallo darkness my old friend, I came to talk with you again.
Nessuno voleva crederci. Nessuna parola fu spesa di fronte a quella notizia. Penny, che aveva appreso la notizia all’apertura del bar, aveva ancora addosso il suo odore e non riusciva a spiegarsi né dove né quando fosse potuto accadere. Ma così era.
Una lacrima le scese silenziosa e cadde sulla pagina del giornale.
“Lui è morto “
Due giorni dopo venne celebrato il funerale. L’intero paese in silenzio percorreva quella stretta e grigia strada che portava al cimitero. In cima al corteo il carro funebre, seguito dal prete che continuamente borbottava le sue formule magiche: avrebbero convinto chi di dovere a concedere un posto in paradiso per Lui ?
Il suo funerale fu un giorno triste. In molti si fecero vedere addolorati in lacrime, millantando chissà quale amicizia: c’erano dotti, medici e sapienti ma anche e soprattutto puttane, alcolizzati, motociclisti e semplici ma veri amici. Tutti portavano la loro croce e tutti erano pronti a scaricarla su quel feretro che, per quanto vuoto, portava il peso di una vita costellata di cadute e rinascite.
Sapere che comunque tutti avevano ritagliato anche solo un’ora del loro tempo per dedicarla a quello strano personaggio, faceva pensare: forse non tutto era perso e forse non tutto era poi così sbagliato.
Dal fondo del corteo funebre, due giovani donne lottavano per trattenere le lacrime. Lottavano per mantenere dignità di fronte alla conferma che ora veramente non avevano più un padre a cui dare tutte le colpe. Passarono inosservate ai più, ma il loro passaggio lasciò un segno indelebile negli occhi di chi, senza aspettare tre giorni, sarebbe rinato per sua stessa scelta.
Quella medesima notte, un traghetto lasciò il porto di Genova. A bordo solo poca gente, spesso lavoratori in trasferta che certo non erano dell’umore giusto per scambiare due chiacchere. Tra le macchine parcheggiate a bordo, una moto. Un chopper senza marca, artigianale.
Sul sellino posteriore, assicurata da due corde elastiche, una sacca mezza vuota ed una chitarra portata come un fucile, su larghe spalle avvolte da un giubbotto in pelle nera.
“RINASCITA “. Se lo ripeteva ogni mattina quando riapriva gli occhi e tossendo si accendeva una sigaretta. I colpi di tosse cronica erano calmati da una brocca di caffè bollente.
Aveva abbandonato quelle aride terre tra montagne e pianura ormai da venti giorni; era risorto con lo pseudonimo di Herman.
La cosa lo divertiva parecchio: HER, aggettivo possessivo “di lei “. MAN: sostantivo “uomo“. Uomo di lei. Il suo uomo, come lo chiamava quella zoccola della sua ex prima di scoparsi il fottuto mondo! Ma anche (H)ER MAN in una sorta di romanesco inglesizzato, quasi a darsi un tono: L’ UOMO. Più semplicemente: Lui.
Ebbene, Lui si era trasferito su un’isola spersa nell’arcipelago scozzese, l’isola di Eigg. Quando scese dal traghetto Herman si voltò verso il tramonto e, con il volto inumidito dalla paura dell’ignoto, diede l’addio a Lui e lo lasciò correre verso il tramonto accompagnato dall’immagine sbiadita delle sue figlie.
“Addio vecchio bastardo. E’ stato un onore vederti vivere…non ti dimenticherò mai” bisbigliò mentre in un attimo cancellava cinquant’anni di guerre perse.
L’isola di Eigg, situata a sud di Skye, è un’isola pittoresca con spiagge molto belle e ricca di luoghi storici protagonisti di grandi battaglie, e letto di spoglie eroiche. Composta principalmente da un enorme altopiano di brughiera, l’isola si erge drammaticamente sulle selvagge acque circostanti con le sue fertili distese. Sulla punta meridionale si trova la prominente roccia vulcanica di An Sgurr che si alza a 393 metri con la spiaggia di quarzo di Eigg. E proprio lì Herman aveva trovato lavoro, in un eremo faro che amava definire come la sua tomba.
Herman ne era il guardiano. Gelosamente ne custodiva i segreti spifferati dal vento e le prove portate dal mare che si infrangeva sugli scogli. Lavorava sei giorni a settimana, ventiquattro ore al giorno ma il lunedì aveva diritto ad un intero giorno di riposo e poteva allontanarsi dal faro. Come in ogni fottuta parte del mondo, il lunedì era però il giorno di riposo per tutti gli stronzi che fanno i lavori che nessuno vuole fare. Così spesso si ritrovava a bere, ancora da solo, ancora nella sua tomba, un numero non precisato di lattine di birra scadente comprate in un minimarket dell’isola. Praticamente il centro commerciale di Eigg.
La radio era ancora una volta la sua unica compagna, amante e memoria che lo seduceva tramite la voce rauca dello speaker. Sputava aneddoti rock, non si capisce se inventati o reali, usati per introdurre i brani successivi.
“Anche le groupie hanno fatto parte della storia del rock, in un certo senso: quelle ragazze, spesso minorenni, che seguivano ovunque i propri idoli. Una di queste era Lori Maddox, si racconta che abbia perso la verginità all’età di tredici anni con David Bowie ma lei stessa dichiara di esser sempre stata legata al chitarrista Jimmy Page, incontrato negli anni’70. Fu lui a notarla per primo e volle conoscerla a tutti i costi anche se allora era già impegnato. Si mormora che la ragazza gli abbia raccontato di essere ancora vergine per conquistarlo ma al cantante non importava perché se lo avessero scoperto le autorità, avrebbe passato guai ben più gravi. Ed ora per voi che vivete la vostra vita rockeggiando su e giù per quest’isola: Whole Lotta Love…..let’s rock!“
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