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Nuvole nei cassetti

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Consegna prevista Agosto 2026

Si vive seguendo la propria percezione, ponendo il proprio “Io” avanti al resto del mondo. Spesso questo non è possibile, dovendosi adattare a quella che è la realtà, triste o felice che sia. Sofia è una giovane donna che, dopo aver sofferto in passato
scomponendosi più volte, cercherà di colmare il suo vuoto donandosi per una giusta causa, non prima di aver rimosso i
cosiddetti scheletri dall’armadio. Per farlo sarà fondamentale l’incontro con la famiglia di Edoardo, una sua nota conoscenza
che marcherà il suo vissuto e non solo. Le interferenze sono inaspettate ma non necessariamente svantaggiose, il punto di svolta sarà dettato da un evento impensabile.

Perché ho scritto questo libro?

Ho voluto scrivere una storia in cui la ricerca della giustizia, in seguito a un evento tragico, fa da sfondo all’intera opera.
Ogni capitolo ha un suo colore e un registro che cambia a seconda dei caratteri coinvolti. Ho deciso di dare voce e uno spazio anche a chi sta dalla parte degli antagonisti, semplicemente per regalare un diverso punto di vista, non per generare schieramenti ma per comprendere le radici del male e della tragedia. Un libro in cui intimo e crudo si mescolano,

ANTEPRIMA NON EDITATA

    “Alla fine dei conti, direi che non è stata una brutta serata, ricordo di averne vissute di peggiori” ha esclamato Edoardo con il solito fare sarcastico. 

“Sei un vero idiota! Non ci sono dubbi che ne trascorrerai di migliori se continuerò a esserci io”, ha replicato Sofia non volendo lasciargli la battuta finale.

Edoardo la osservava silenziosamente dopo averle dato un piccolo bacio al sapore di “arrivederci” e con la smorfia del sorriso stampata sul suo viso. 

È rimasto imbambolato senza distogliere lo sguardo mentre lei si dirigeva verso il suo portone di casa. 

“Sei carino ad aspettarmi fino alla fine, non pensavo fossi così…”.

“Così come?”.

“Protettivo!”.

“Sono una risorsa di sorprese”.

“Belle o brutte?” Ha chiesto Sofia puntando quegli occhi verdi primavera contro i suoi, scuri come le sere d’autunno.

“Questo spetta a te dirlo, ma già sai la risposta”.

“E va bene superuomo, scrivimi quando arrivi a casa, così non avrò sensi di colpa”.

“Lo sai anche tu che sotto sotto, dietro questa ironia, nascondi solo fragilità, ma non mi va di smascherarle subito, altrimenti che gusto c’è?”.

“Lo dici a me o a te?” Ha ribattuto Sofia sbeffeggiandolo. “Se c’è qualcuno che si nasconde dietro muri di pietre sei tu… Ah un consiglio, non essere così scontato in futuro, vai ora, che è tardi!”.

Dopo averla osservata un ultimo istante, ha ripreso la sua corsa verso casa, sfrecciava per strada come quando era un  bambino delle elementari che si fiondava verso le braccia dei genitori al trillare della campanella. Pensava a come una ragazza era entrata nella sua testa, saltando a piedi uniti, senza chiedere il permesso e con tale prepotenza. Lo stesso faceva Sofia mentre saliva le scale, era così leggera da sfiorare gli scalini con la punta dei tacchi come se stesse volando. 

Era leggera come è giusto che l’amore faccia sentire, quasi un paradosso: un sentimento così pesante e gettonato capace di rimuovere anche solo per un istante quegli spettri che ogni umano cova.

Due esseri diversi ma con dei punti importanti a legarli, quelli che bastano per far andar bene le cose, d’altronde dove sta scritto che servono più fili per legare due oggetti. 

Rischierebbero soltanto di ingarbugliarsi.

La tenacia di lei, nata dalla sofferenza di un passato estenuante, la forza di lui creata da se stesso per far sentire al sicuro gli altri. 

Se è vero che la debolezza non è da condannare, è altrettanto corretto ricordare quanto siano rare le volte in cui puoi sentirti libero o libera di mostrarla.

Dopo quell’appuntamento ne sono avvenuti altri e altri ancora: aperitivi, pranzi, cene e dopo cena (i più graditi dagli ormoni ancora giovani e pimpanti). Il tempo scorreva con la stessa facilità e velocità con cui un’aquila si destreggia nel cielo, salendo fino in vetta per poi scendere in picchiata, a capofitto, sostituendo l’adrenalina con l’ansia, l’avventura con il pericolo.

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“Alza lo sguardo, ti ricordi quell’insegna?” 

Sofia lo ha guardato pensierosa “A quale ti riferisci?” dopo un attimo di silenzio, si è risposta da sola.

 “Quella al neon sul display mezzo rotto che illuminava a intermittenza il nostro primo bacio? Certo! Sei tu quello che di solito ha la memoria di un criceto”.

“Esatto! Quella del supermercato giapponese e, associandoci i colori, dicevamo canticchiando l’insegna rossa e blu, un po’ come sono io un po’ come sei tu”.

“Che cringe, però, riascoltarlo ora”.

Hanno riso dall’imbarazzo senza esimersi dal darsi spintoni 

“Si, ma smettila di usare ogni volta tutti questi anglicismi ogni due parole che dici”.

“Sei tu che sei un boomer! Ormai queste parole le trovi anche sulla Treccani, ti va di dare un’occhiata sapientone?”.

“Ecco appunto, ci rinuncio, sarò io che sono all’antica”.

“Sì certo, quando ti conviene”.

Edoardo ha abbozzato una risata sapendo in fondo che Sofia non aveva tutti i torti, quanto era bello, però, stuzzicarsi nonostante non fossero più una coppia novella.

Erano un continuo evolversi, un cucinarsi con condimenti diversi e, chissà, se anche l’amore è come l’arte della cucina: sperimentazione e ricerca continua.

I due, nonostante le difficoltà, rimanevano sempre insieme a coltivare quell’amore come se fosse la più rara delle camelie, i più giovani non sanno che basta soltanto un battito deciso di ciglia per far scorrere svariati anni, eppure, la bellezza di Edoardo era sempre la stessa, intatta. 

A differenza del vino che muta o migliora con il passare del tempo, invecchiando e maturando, lui è  rimasto esattamente come lo ricordava Sofia il primo giorno in cui, i due, hanno incrociato i loro sguardi ventenni e assetati. 

Tutto ciò non poteva che far gongolare Edoardo che aveva rafforzato e probabilmente peggiorato questa sua smania di protagonismo. Generalmente si dice che con la persona giusta si smussano gli spigoli ma non si parla abbastanza di quanto i vizi e i difetti possano accentuarsi quando ci si culla sull’essere accettati così come mamma ci ha fatto: che sia un bene o un male non spetta a me dirlo, a predicare siamo bravi tutti ma in quanti, realmente, nell’intero universo siamo stati e siamo in grado di apprezzare l’altro senza tentare di manipolarlo, cambiarlo e poi sostituirlo con un umano nuovo di zecca da modellare e far finire nel dimenticatoio una volta spolpato fino al midollo.

Trasportati da una fiamma divenuta un vero e proprio incendio, gli innamorati non si facevano mancare viaggi e fughe nei weekend, passando dalla immensa quanto soffocante Londra alle roventi città e isole del Mediterraneo in cui Edoardo nutriva sempre bei ricordi, d’altronde era il suo spirito di scoperta a coinvolgere facilmente anche Sofia, e avere sempre più voglia di volersi. 

La signorilità e la boria francese, la precisione tedesca con la stravaganza amichevole del popolo irlandese, il nuovo mondo statunitense e l’ammirabile diversità dell’universo asiatico, quasi tutto era nella loro “To do List”,  dopo aver spuntato buona parte delle caselle vacanti d’Europa e del mondo, scoprendo se stessi visitando nuovi luoghi, realizzarono che tutto filava senza intoppi, ben oltre la comune immaginazione di relazione perfetta. 

Gli anni migliori sono quelli in cui non pensi a quanti anni hai, in cui sorridi e quel sorriso lo condividi, in cui non serve altro che avere la persona giusta al proprio fianco, così da non invecchiare mai. Si dicono troppe cose agli altri, consigli scaturiti dai propri rimorsi, da occasioni sprecate, tentennamenti e treni mai presi o posticipati.Ci vuole anche una grande dose di fortuna nella vita, non basta avere un bel viso o un carattere dirompente, le cose vengono determinate dalla sorte, un concetto oltre il controllo umano, persino una testarda come Sofia sa che contro di essa non c’è partita, sfidare la sorte è per audaci, per tentare la vittoria bisogna possedere grandi capacità fisiche e mentali, e non è detto che queste bastino, in soldoni  l’ultima parola non spetta quasi mai a te.

Come se fosse stato già scritto in un copione di un film ambientato negli anni cinquanta è arrivato anche il matrimonio tra Edo e Sofia.

 La tradizionale formalità che corona il sogno e, in alcuni casi, l’illusione di molte coppie, creando la percezione che da questo step in poi ci sarà una svolta fisica e psichica negli individui, che, ufficialmente e legalmente, costituiscono una famiglia e un punto di non ritorno, salvo eccezioni. 

Non è stato il loro caso, per loro si trattava della ciliegina sulla torta, in questo caso nuziale, che non faceva altro che addolcire un rapporto genuino composto da quella tenerezza che fa addormentare i bambini e tiene lontano i mostri, che non aspettano altro che sbucar fuori dal fondo del letto.

La cerimonia aveva rispecchiato le alte aspettative di Sofia che la definiva: “Un vero e proprio sogno”.

Non avendo un esempio di famiglia felice o un trascorso relazionale idilliaco non poteva fare altro che lasciarsi trasportare dalla fantasia. Le due famiglie riunite tra le risate e la spensieratezza, il prato adornato da rose e tulipani a creare un’immagine quasi paradisiaca, le lucine bianche e gialle intrecciate alle staccionate di castagno illuminavano poi il sentiero verso il luogo sacro, un matrimonio estivo festeggiato sotto il cielo limpido e celeste in cui risuonava il canto gioioso degli usignoli che arricchivano una cornice già di per sé completa, la coreografia naturale degli animali in stile fiabesco studiata a pennello per far girare bene gli ingranaggi di quella cerimonia.

 Se solo Sofia avesse avuto poteri in grado di plasmare la natura a suo piacimento non avrebbe fatto a meno dello scroscio di un ruscello piazzato nel bel mezzo delle lunghe tavolate, mirato a separare con grazia una sezione di festa dall’altra.

Questa unione, civile o religiosa che sia, ha sempre destato dubbi e scetticismo all’alba del loro ventennio, come metro di paragone, per i due, vi era il rapporto burrascoso del padre di Sofia con la madre, altre, invece, quel ricordo di coppie che trainano stancamente questo sacramento come se fosse un obbligo morale e civile nei riguardi di conoscenti e familiari, come se il terrore di porre la parola fine, a un qualcosa rotto già da tempo, fosse più grande della voglia di riconoscersi e iniziare un nuovo percorso di vita, incuranti di figli senza colpe e ignari del mondo che gli attende, solo per dare eccessiva rilevanza al giudizio senza scrupoli della gente. 

Sofia ed Edoardo avevano capito che l’amore meritava di essere celebrato, mostrato e condiviso, proprio per dare quella schiacciante e sana dimostrazione che quella luce verde in fondo al tunnel esisteva davvero, un po’ come quando attendevano al liceo il momento della ricreazione: bisognava solo saper attendere.

Capita, all’improvviso, che una persona mai vista prima si prende il lusso di cambiarti la vita, come nel loro caso, per non citarne centinaia di milioni accaduti a lavoro, in spiaggia, nella piazza del paese o nelle viuzze labirintiche dei dintorni di casa.

 

Dopo una manciata di anni trascorsi insieme la vita aveva deciso di regalare a questa coppia una fanciulla. 

Edoardo sperava fino all’ultimo si trattasse di un maschio, come la maggior parte dei neo-mariti, pregustava veder crescere a propria immagine e somiglianza il suo primogenito.

La new entry della famiglia si chiamava Giulia. Un nome importante, un po’ per ricordare i grandi nomi che fecero la storia, un po’ perché pronunciare quel nome trasmetteva serenità.

Soltanto guardandola negli occhi si poteva percepire l’universo che nascondeva dentro, due cuori d’altri tempi ne avevano generato un altro, forse era troppo presto per giudicare l’animo di una bambina, ma come diceva il nonno di Edoardo “Più sono profonde e solide le radici di un albero e più questo può dare frutti migliori”. 

Diceva anche “I frutti non cascano troppo lontano dalle piante in questione e che quelli che non restano a prosperare sul ramo fino a essere raccolti finiscono per diventare marci una volta che toccano il suolo”. 

Sofia, non più sofferente come negli anni adolescenziali, riusciva a toccar con mano quel volto incontaminato, ancora privo di peccati, tutto appariva limpido e gradevole ad ognuno dei suoi sensi.

Edoardo era la persona giusta con cui mettere al mondo e far crescere questa bambina. Gli occhi di lei avevano messo a fuoco le manine di Giulia, soffici e malleabili come l’impasto di una pizza, che afferravano il suo indice e stringevano di riflesso il suo anulare. Ancorato a quel dito corposo non c’era spazio per nient’altro se non per l’anello in oro giallo e quella mano rosa cipria.

Lui aveva preso la bimba delicatamente come fosse fatta di cristallo sostenendo interamente la sua schiena e parte della sua morbida testolina, con l’indice si divertiva a solleticarle il pancino e a fare versi strani solo per farle sbucare un sorriso, la chiamava, col suo buffo dialetto,  A picciridda mia” avendo già dimenticato quella voglia di avere il figlio maschio. Dal suo privilegiato punto di vista, Sofia si soffermava ad ammirare suo marito, quasi impeccabile nelle vesti di padre, stringere tra le sue solide braccia quel batuffolo umano, un’immagine candida e così bella da non sembrare vera. 

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Andrea Graziadio
Andrea Graziadio Nasce nel 1998 a Castrovillari in provincia di
Cosenza. Oltre a lavorare nell’aviazione, coltiva da anni la sua passione
per la scrittura e la comunicazione. Svolge i suoi studi universitari in
Italia presso l’Unical e in Spagna presso l’Università di Saragozza,
consegue la laurea magistrale in Lingue e Letterature moderne nel 2023.
Nel 2020 crea e gestisce la pagina Instagram Oldtimekid che vanta oltre
centomila follower dove condivide pubblicamente i suoi pensieri, i
contenuti creati nel suo account raggiungono mensilmente milioni di
visualizzazioni. Nel 2023 pubblica il suo romanzo d’esordio Un cuore
d’altri tempi.
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