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Ombre e sabbia

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Consegna prevista Febbraio 2026
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In una terra segnata dall’odio e dal conflitto tra Israele e Palestina, un’antica entità soprannaturale si risveglia: l’Ombra dei Deserti. Emersa dalle rovine di una città dimenticata, questa forza oscura comincia a divorare villaggi interi, lasciando dietro di sé solo silenzio e desolazione. Amir, un insegnante palestinese, vede la sua vita distrutta quando il suo villaggio viene inghiottito dall’Ombra, perdendo tutta la sua famiglia. David, invece, un ex-soldato israeliano perseguitato dai sensi di colpa per gli orrori della guerra, viene reclutato dal governo per investigare sugli eventi misteriosi. Quando le loro strade si incrociano, Amir e David, inizialmente diffidenti l’uno verso l’altro, sono costretti a collaborare per sopravvivere e affrontare l’entità che minaccia di distruggere tutto ciò che conoscono. Una storia epica e intima che intreccia mitologia e realtà, affrontando temi universali, mai così attuali come in questo momento.

Perché ho scritto questo libro?

Il conflitto nella regione israelo-palestinese è qualcosa di inumano che ha fatto nascere in me questa storia. Inizialmente doveva avere un taglio realistico. Ma mancava qualcosa. Era una chiave senza serratura. E proprio dall’inumana drammaticità di quel conflitto, mi è stata consegnata l’Ombra: un’entità soprannaturale che si nutre da secoli della divisione dei popoli, dei conflitti, delle paure. Storia, mito, leggenda si sono fuse. Questo è un romanzo fantasy che racconta fin troppo la realtà.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Intanto, in un angolo tranquillo del deserto, ad Al-Kufayr, la vita scorreva in un ritmo che pareva ignorare il caos lontano. In quella piccola oasi di umanità, Amir si svegliò al suono delle risate; un balsamo contro il terrore che si stava diffondendo altrove. La luce dorata del mattino filtrava attraverso la finestra della casa modesta in cui viveva con la sua famiglia, e dal cortile si levavano le voci allegre di Layla, sua sorella minore, e di sua madre, impegnate a preparare il pane tradizionale sul taboon. In quei momenti, il deserto sembrava un luogo sicuro, un piccolo angolo di pace in mezzo allinfinito mare di sabbia.

Amir al-Hussein era un uomo segnato dalla terra. I suoi occhi, profondi e scuri come la notte sopra le dune, riflettevano un misto di malinconia e determinazione. Ogni ruga, ogni linea del suo volto raccontava di sacrifici e di resistenza, una testimonianza di una vita vissuta in un ambiente ostile e implacabile. I capelli neri, spesso arruffati dal vento, sembravano portare il segno indelebile del deserto, e il suo corpo, magro e agile, parlava di anni trascorsi a lottare contro la natura e contro il destino.

Fin da giovane, Amir aveva mostrato una mente acuta e una curiosità insaziabile, un amore per la conoscenza che nel deserto era un lusso raro. Suo padre, Nabil, gli aveva trasmesso un profondo senso di giustizia e una passione per la storia del suo popolo, raccontandogli le antiche leggende che avevano plasmato la cultura della regione. Le storie di eroi, di sacrifici e di misteriose forze oscure erano diventate per Amir una fonte di ispirazione e di inquietudine. Sua madre, Samiya, aveva invece instillato in lui la pazienza e la gentilezza, qualità che lo rendevano amato e rispettato da tutti, in particolare dai bambini che frequentavano la scuola in cui insegnava.

Quando il sole sorgeva sopra le colline di Al-Kufayr, Amir era già in piedi, pronto ad affrontare una nuova giornata di insegnamento e di speranze. Non era solo un educatore per i giovani del villaggio; era un faro, una guida in un mondo spesso troppo oscuro e incerto. Con passione e dedizione, trasformava ogni lezione in unavventura, incitando i bambini a sognare in grande e a non lasciarsi mai definire dai limiti imposti dalla realtà o dalla storia.

«Non lasciate mai che il mondo vi dica chi siete,» ripeteva spesso, con una voce che portava con sé la forza di chi conosce il valore della libertà interiore.

Eppure, sotto quella calma apparente, Amir portava un peso invisibile, un dolore silenzioso che lo legava alla sua famiglia. La prematura scomparsa di suo padre aveva lasciato un vuoto profondo, e la presenza di sua madre e, soprattutto, di sua sorella minore Layla, era per lui un prezioso ricordo della dolcezza e dellamore perduto. Layla, con il suo spirito vivace e sognante, era per Amir il simbolo stesso dellinnocenza e della speranza, una stella luminosa in un mare di oscurità. I loro momenti insieme, fatti di risate, di sussurri e di sogni condivisi, erano diventati il pilastro su cui si fondava la sua esistenza.

Al-Kufayr, con le sue case in pietra calcarea e le strette viuzze lastricate, sembrava sospeso nel tempo. La mattina, una sottile nebbia avvolgeva le colline, trasformando il paesaggio in un dipinto impressionista, mentre il sole, pigro e dorato, risvegliava ogni angolo della cittadina. Le abitazioni, costruite con pietre locali dalle sfumature beige e dorate, erano adornate da porte in legno intagliato e finestre ad arco, ornate da tendaggi di lino leggero. Ogni casa era un piccolo scrigno di tradizioni, con giardini segreti in cui crescevano menta, basilico e rosmarino, e pareti interne decorate da mosaici fatti a mano, raffiguranti ulivi, colombe e simboli di pace.

Il cuore pulsante di Al-Kufayr era la grande piazza, dove il vecchio pozzo in pietra, circondato da una pavimentazione geometrica, era il luogo dincontro per le donne del villaggio, che si scambiavano storie e risate mentre i bambini correvano spensierati tra le bancarelle di spezie e frutta secca. Al tramonto, sotto lombra accogliente degli ulivi secolari, gli anziani si radunavano per raccontare leggende antiche e osservare i pastori che riportavano le greggi alle stalle, un rituale che univa il passato al presente in un abbraccio di tempo e memoria.

La vita ad Al-Kufayr scorreva semplice e ritmata, scandita dal lavoro quotidiano e dallamore per la famiglia. Amir, oltre a essere un insegnante appassionato, si dedicava con impegno a trasmettere ai suoi allievi il valore della conoscenza, convinto che le parole e i libri potessero essere la chiave per un futuro migliore, anche in una terra dilaniata dai conflitti. Eppure, in quella mattina che sembrava diversa, un presentimento oscuro si insinuò nel cuore del villaggio. Il vento, solitamente fresco e lieve, era caldo e pesante; il cielo assumeva una sfumatura grigiastra e le colline circostanti erano avvolte da una foschia innaturale. Amir, uscendo di casa, scosse la testa, convinto che fosse solo frutto della stanchezza o di un eccesso di calore, ignaro del destino imminente.

Quella sera, mentre la scuola svaniva nel silenzio e la luce soffusa della lampada a petrolio si faceva complice della routine, Amir rimase ancora a correggere i compiti dei suoi studenti. In quellatmosfera di calma apparente, il tempo sembrava rallentare, fino a quando non fu interrotto da una vibrazione insolita. La penna che scorreva sui quaderni tremolava, come se il mondo intero stesse per cedere sotto il peso di un presagio inconfessabile. Alzando lo sguardo, Amir si accorse che il vento aveva smesso di soffiare e laria era divenuta pesantemente immobile. Un boato sordo ruppe il silenzio, seguito da un lamento lungo e straziante, un suono che sembrava provenire da tutte le direzioni, invadendo ogni angolo dell’anima. Amir si precipitò fuori dalla scuola, in cerca di risposte.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Giuseppe Buompane
Marito di Mariana e papà di Antonio e Aurora, nasce a Caserta il 4 settembre 1982. Appassionato di lettura fin da piccolo, coltiva la segreta passione per la scrittura, sfogandola in piccoli racconti, mai pubblicati. A 16 anni si reca in Galles, a Cardiff, per un viaggio studio, dove tornerà altre due volte. Studia e si laurea in legge, non abbandonando mai l'amore per i libri. Svolge la professione di Avvocato a Napoli. Dal 2018 al 2022 ricopre la carica di Deputato della Repubblica.
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