“MAMMAAAAAAAAAA……” “Arrivo tesoro perdonami, la mamma stava finendo di pulire la cucina”
La figura rimase immobile, senza emettere alcun fiato.
Sopra di lui un cielo enorme, azzurro, così chiaro da ferirgli quasi la
vista. Le ciglia, ancora impastate di sabbia e acqua, tremarono mentre
provava a capire dove si trovasse. Il sole, alto e impietoso, lo costrinse
a socchiudere le palpebre, creando ombre tremolanti sulle sue guance
arrossate. Non c’erano pareti attorno, né il soffitto familiare della sua cameretta,
né i suoni ovattati del televisore acceso in soggiorno. Solo l’infinito.
La brezza lo sfiorava con dita salate, scompigliandogli i capelli e facendo ballare i granelli di sabbia che gli si erano incollati alla pelle umida.
Gli facevano il solletico sul collo e sotto la maglietta, che adesso era
pesante e fredda contro la schiena. Il bambino si mise a sedere, tremando un poco. Guardò le mani,
sporche di sabbia. Come ci era finito lì? Niente…..solo buio e ora questa spiaggia che non
aveva mai visto. Si voltò lentamente, sperando di scorgere qualcosa oltre le dune, una
casa, una strada, un volto amico. Ma dietro di lui si alzavano solo colline sabbiose, increspate come onde immobili,
e piante verdi che frusciavano al vento. Nessun rumore di auto, nessuna voce umana. Solo il battito regolare delle onde, il vento e il suo cuore che correva all’impazzata. Il bambino si alzò in piedi con fatica. I piedi affondavano nella sabbia calda. Sentì il bisogno improvviso di piangere, ma non lo fece. Restò lì, con gli occhi larghi, a guardare quel mare sconosciuto e quel cielo che non finiva mai, con il cuore pieno di una domanda silenziosa che ancora non sapeva come formulare. E, da qualche parte, una voce lontana, forse solo nella sua mente, risuonò per un istante, come un’eco nel vento.
“Dove mi trovo?” “Una spiaggia?” “Come sono arrivato quí?”
Il piccolo era pieno di domande, spaventato guardò l’orizzonte, le lacrime cominciarono finalmente a scorrere lungo il suo viso mentre ripensava a sua mamma, perché era successo quell’orribile cosa? Perché proprio a sua mamma? Chi era quella figura? Il piccolo pensava e ripensava a sua madre e a ciò che era successo, i pensieri furono talmente forti ed avvolgenti che improvvisamente,
avvolto da un nuovo bagliore lucente si ritrovò nella sua cameretta. Il piccolo Liam scoppiò in un pianto singhiozzante, mentre il corpo senza
vita di sua madre giaceva sul pavimento in una pozza di sangue ancora fresca.
“Come ho fatto a tornare a casa?” “Cosa mi sta accadendo?”
Con un tonfo il bambino cadde a terra privo di sensi, quando riaprì gli occhi era nuovamente su quella spiaggia.
“Cosa mi stà succedendo?” “Come ho fatto a tornare quí?….”
“Non sei solo” sussurrò una voce….
“Chi ha parlato?” “Sono la Voce del Vento” “Non voglio farti del male” “Non ti conosco….. e dopo quello che ho visto perché dovrei fidarmi?” “Hai tutte le ragioni per essere diffidente piccolo umano” “Ma se ti fiderai, io posso aiutarti” “Hai un grande cammino davanti a tè e ancora non lo sai…..” “Vieni, segui il vento, ti condurrà da me”
Il bambino pieno di dubbi e spaventato cominciò a seguire il vento che leggero lo indirizzava verso la foresta che lentamente si faceva sempre più fitta e scura. Più il bambino si addentrava e più la luce del sole diventava sempre più lieve, il caldo del sole si era trasformato in un fresco quasi piacevole, la voce nel vento continuava a fare da guida al bambino che lentamente e ancora impaurito avanzava senza far domande. Ad un tratto, arrivato davanti ad un albero gigantesco, la voce sussurrò albambino di fermarsi.
“Sei giunto fino a me….. finalmente” “Chi…chi sei?” “Perché mi hai fatto venire quí?” “Tempo al tempo….” “Tutto ti verrà rivelato” “Compreso….il tuo destino” “Cosa vuoi dire?”
Sopra uno dei rami saltò fuori una piccola figura.
“Tu…cosa sei?” “Mi presento, io sono “La Voce del Vento” e sono un elfo di questa foresta”
La sua pelle era pallida come la luna, quasi luminescente, come se fosse fatta della stessa materia della luce stessa. I suoi occhi, grandi e dorati, brillavano di una luce antica, ma con una vivacità che tradisce un’anima giovane e curiosa. Il bambino non potè fare a meno di notare le orecchie appuntite, eleganti come le foglie d’autunno, ma ancor più perfette, quasi scolpite da una mano divina, i capelli arruffati che ricordavano rami pieni di foglie verdi, portava degli strani abiti di tessutoazzurro ed in fine delle scarpe marroni.
“Non devi temere, sono quí per aiutarti, sono stato mandato dal Grande Sacerdote in persona per condurti a Pinevalley al suo cospetto, dove ti verrà svelato tutto quello che devi sapere>”
Il piccolo con passo incerto si convinse a seguire quella creatura, d’altronde, cos’altro aveva da perdere?Il bambino era circondato da un mare di verde. Gli alberi erano alti e robusti, con tronchi spessi e contorti, che sembravano magici. Le foglie, ancora giovani e brillanti, filtravano la luce del sole, creando piccoli giochi di luce che danzavano sul terreno. Alcuni raggi del sole penetravano attraverso il folto fogliame, creando macchie dorate sul terreno, mentre altre zone rimanevano più ombreggiate e fresche. Ai suoi piedi, l’erba era alta e morbida, e a volte riusciva a vedere dei piccoli fiori selvatici che spuntavano tra i cespugli, dai colori vivi come il viola, il giallo e il bianco. Le foglie cadute, ormai secche, scricchiolavano sotto i suoi passi, ed il bambino poteva sentire la freschezza di quel luogo che si sprigionava ad ogni passo. Nel cielo sopra di lui, si intravedeva qualche uccellino che volava da un ramo all’altro, con il loro cinguettio che risuonava nell’aria. La luce che filtrava attraverso le fronde sembrava un pò come se disegnasse una sorta di mappa, che il bambino osservava con attenzione, cercando di capire se c’era qualcosa d’interessante nascosto tra le ombre.
“Wow….che posto meraviglioso” “Aspetta giovane umano, resta ad ascoltare”
Il silenzio della foresta era interrotto da mille piccoli suoni. Si sentiva il cinguettio degli uccelli, che sembravano conversare tra loro, ma anche il fruscio delle foglie mosse dal vento. Il rumore di un ruscello che scorreva nelle vicinanze era quasi ipnotico, un suono continuo e rilassante che si mescolava a quello dei passi dei due che si facevano strada tra la vegetazione. Ogni tanto, poteva sentire il fruscio di un cespuglio mosso da un animaleche si muoveva dietro di lui o il picchiettio di un picchio su un albero lontano. Il vento stesso emetteva un suono lieve, quasi come un sussurro,che faceva muovere le fronde e creava un ritmo rilassante. La foresta sembrava agli occhi del piccolo un mondo a parte, un posto magico che nasconde misteri e segreti. A volte, il suoi passi si facevano più veloci, se scorgeva qualcosa di interessante o se il rumore provocato da un animale lo faceva balzare in avanti, altre volte si fermava ad ascoltare un suono, ad osservare una pianta o un insetto che si muoveva vicino a lui. Non mancava una piccolasensazione di paura, soprattutto se il silenzio della foresta diventava troppo profondo o se qualcosa si muoveva nel sottobosco. Ma la paura dura poco, superata dalla curiosità che lo spingeva a camminare ancora di più. Ogni tanto si fermava e si guardava intorno, come per assicurarsi che tutto fosse al suo posto. Le ombre tra gli alberi lo affascinavano e impaurivano allo stesso tempo, e si chiedeva se qualcun’altro li stesse osservando, magari una creatura magica o una bestia selvatica. Ma tutto questo lo faceva sentire anche più vivo, come se fosse protagonista di un’avventura fantastica. Pur essendo da solo, il bambino non si sentiva completamente solo. La natura sembrava far parte di lui ad ogni passo, come se gli alberi e gli uccelli, il vento e la terra, fossero vecchi amici che parlavano un linguaggio che lui comprendeva. La solitudine è un po’ inquietante, ma anche speciale. È un silenzio che non è vuoto, ma pieno di vita da scoprire. Ogni tanto il suo sguardo si alzava verso le alte fronde degli alberi e si perdeva in un mondo che gli sembrava tanto lontano quanto vicino, tornerà mai a casa?Mentre camminavano il giovane elfo cominciò a spiegare al bambino l’importanza e allo stesso tempo la forza della natura, l’importanza dell’equilibrio tra gli essere viventi e la natura stessa, l’uno rispetta e dà forza all’altro. Il cammino fu lungo e meraviglioso allo stesso tempo, i due parlarono per tutto il resto del tragitto, molte furono le cose dette ed il piccolo umano appariva agli occhi dell’elfo frastornato e bombardato di
informazioni a lui ancora non capibili del tutto.
Mentre avanzavano, in lontananza, si intravedeva un enorme muro di foglie e radici.
“Siamo arrivati” sghignazzò l’elfo. “Cos’è quello?” Chiese il piccolo. “Quelle sono le mura della nostra città, nessuno ha mai osato andare oltre”
Davanti al piccolo si ergeva un mucchio di foglie secche e radici contorte, un ammasso di vegetazione che, a prima vista, non sembrava nulla di più dei resti dell’autunno. Ma mentre il bambino si avvicinava, la sua percezione iniziava a cambiare, come se l’aria stessa intorno a lui vibrasse in modo sottile, come il sussurro di qualcosa che sta per rivelarsi. Le foglie, di un verde profondo ma ormai sfumato verso toni di giallo e rosso, sembravano vibrare su una leggera brezza, ma al loro interno, se osservava con attenzione, il bambino poteva scorgere dei contorni. Piccole increspature tra le foglie, movimenti impercettibili che non sembravano appartenere al vento. Sono muri, solidi e resistenti, seppur incrostati di muschio e fiori selvatici. Le radici, enormi come colonne d’albero, si intrecciavano a formare una rete intricata, una rete che potrebbe sembrare un caos di legno e terra ma che, a uno sguardo più acuto, si rivelava essere l’architettura di una civiltà nascosta. Il bambino cominciò a sentire il profumo di umidità della terra mescolato al dolce aroma di fiori. Il suono della foresta, che prima
sembrava distante, ora si faceva più nitido. Gli uccelli cantavano sopra di lui, ed il fruscio delle foglie, che inizialmente era casuale, sembrava ora un coro armonioso, una melodia che cresceva più intensa, quasi comese la stessa foresta stesse parlando.
Ma non è solo la natura a suonare, una leggera musica eterea si mescolava ai suoni, come il vento che fà vibrare le corde di un’arpa invisibile. In un batter d’occhio, la corteccia di una grande radice si sollevò e una figura emerse da essa, un altro elfo.
“Non temere” disse l’elfo.
“Ti dò il benvenuto nella nostra città” “La foresta non nasconde nulla, ma protegge ciò che è più prezioso”
Il bambino, sebbene intimidito, camminava tra le foglie, scoprendo che leradici e le piante che sembravano disordinate ora si aprivano con un movimento quasi impercettibile, rivelando passaggi nascosti e porte scolpite direttamente nella corteccia degli alberi. Mentre si addentravano nella città, il bambino notò che l’architettura era tutt’altro che convenzionale. Le case erano costruite intorno e dentro gli alberi secolari, le mura sembravano respirare, vibrando lievemente come se fossero fatte di vita stessa. Alcune case erano sospese tra i rami,collegate da ponti di radici che oscillavano appena, senza mai cedere. Gli elfi camminavano con grazia, ogni movimento sembrava come danzare silenziosamente con la natura che li circondava. Le loro vesti sono fatte di foglie intrecciate, di seta naturale e di fibre di piante rare, anche la loro pelle sembrava quasi riflettere la luce della foresta, con un bagliore che li rende parte del tutto.
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