I misteri che avvolgono la clinica psichiatrica H.J. Capicuozzo sono molti e intricati. Per esempio, che fine ha fatto davvero il direttore, scomparso nel nulla in circostanze misteriose? Cosa si nasconde dietro la morte di un paziente ritrovato nel laghetto della tenuta? Sono vere le voci sul bastone dai formidabili poteri magici appartenuto al fondatore della clinica?
Toccherà al nuovo direttore, insieme a un gruppo di simpatici matti, sbrogliare queste e altre matasse di enigmi che da tempo immemorabile avvolgono la H.J. Capicuozzo.

Gaetano Tozzibongi,
il capoinfermiere

Avevo appena messo un piede sulla soglia del grande ingresso principale, che un uomo sulla cinquantina, basso e tozzo, vestito con l’uniforme da infermiere, mi venne incontro con le mani dietro la schiena, esclamando sorridente: «Dottore! Finalmente! È un piacere incontrarla! Benvenuto alla Henry James Capicuozzo!».
«L’onore è tutto mio!» risposi compiaciuto.
Tra i vari documenti che mi erano pervenuti insieme alla lettera di convocazione, ce n’era uno che mi ragguagliava sull’identità dei collaboratori che avrei avuto a disposizione durante la mia permanenza; e anche se non avevo avuto troppo tempo per leggerli, come vorrebbe la prassi, riconobbi quell’uomo.
«Mi permetta di presentarmi» disse rompendo il ghiaccio senza indugio. «Sono Gaetano…»
«Tozzibongi, il capoinfermiere!» lo interruppi io. «Ho letto cose ottime sul suo conto!»
Feci per porgergli la mano, ma lui arrossì imbarazzato, abbassò lo sguardo e rimase con le sue dietro la schiena.
Avevo sbagliato qualcosa? Ritirai la mia mano come se non fosse successo nulla.
Dopo pochi secondi gli occhi del capoinfermiere tornarono a guardarmi e proruppe in un: «Be’, bando alle ciance, dottore, lasci che le mostri la struttura». E si incamminò verso quella che doveva essere la reception.
«Sa, dottore, erano mesi che stavamo aspettando un degno sostituto del primario che l’ha preceduta, per noi è davvero un onore averla qui! Venga! Le faccio strada!»
Così dicendo, si girò di spalle e portò velocemente le mani, fino a quel momento rimaste dietro la schiena, all’interno delle due tasche laterali del camice, come per nasconderle. Fu davvero svelto in quel gesto, ma non potei evitare di notare la straordinaria mole delle sue dita e dei suoi palmi. Così, mentre si incamminava, ebbi modo di pensare che se avessi avuto più tempo per leggere attentamente quei dannati documenti, avrei saputo che il povero Gaetano era affetto da macrodattilia e avrei evitato la prima figuraccia. Forse la terza, dopo i moscerini e l’urlo disumano scagliato al cielo appena fuori all’ingresso.
«Be’, vede, questo posto è enorme,» continuò lui «qualche anno fa eravamo in cinquantadue a prestare servizio qui, tra staff medico, semplici impiegati e inservienti.»
«E poi cosa è successo?» chiesi io preoccupato
«Nulla, il proprietario della struttura decise da un giorno all’altro di automatizzare tutto, con droni, robot e telecamere, e così furono mandati via gli inservienti, via gli infermieri, via gli impiegati, via i medici, per essere soppiantati da macchine e altre diavolerie. Ma le cose non vanno così male, stia sereno» mi rassicurò. «Anzi, le dirò, ora la situazione è molto più controllata; anche i pazienti non sono mai stati così tranquilli come negli ultimi anni. Certo, ogni tanto sono costretto ad agire. Quando la situazione degenera e qualche paziente dà di matto – è il caso di dire –, intervengo con sedativi e qualche schiaffone, ma solitamente risolvo tutto in pochissimi secondi.»
«E ci credo!» esclamai sorridendo. «Con quei ferri da stiro che si ritrova al posto delle mani!»
«Cosa?»
«No, nulla, dicevo: quando ci vuole ci vuole!»
«… Eh già! Il primario precedente sosteneva che ogni tanto un concentrato di violenza controllata risulta addirittura terapeutico per i nostri pazienti; ma lungi da me l’idea di essere considerato una persona aggressiva!» ci tenne a precisare. «Mi reputo abbastanza tranquillo, se non fosse per qualche giornata storta che può capitare a chiunque, nella quale sbuffo e maledico il prossimo come tutte le persone comuni!»
«Ma certo!» confermai io con un tono rassicurante per lui e anche per me; e per provare a cambiare discorso gli chiesi falsamente incuriosito: «Buon Gaetano! Ma lei, da quanto tempo presta servizio qui? Dove lavorava prima?».
Lui mi guardò come se non stesse desiderando altra domanda, gli si illuminarono di nuovo gli occhi e sussurrando mi si avvicinò: «Dottore! Sono passati più di trent’anni da quando ho messo piede qui. Sa? Ho sempre fatto questo lavoro, il vecchio primario mi prese sotto la sua protezione; ma se le racconto una cosa, mi deve giurare che non ne farà mai parola con nessuno!».
«Può aprirsi con me, Gaetano» cercai subito di creare una complicità. «Apra pure il suo cuore!»
A quel punto pensai che mi avrebbe raccontato qualcosa di drammatico, magari qualcosa legato alla sua immeritata malformazione, o che ne so, qualcosa che mi avrebbe commosso e che io, da bravo dottore della mente umana, avrei accolto, per restituirgli coraggio e dargli certezze e serenità. Ma lui iniziò a narrarmi della sua eccezionale vita, prima di approdare alla H.J.C. Mi raccontò, con una serie di dettagli interminabili e divagazioni superflue, di essere ormai orfano da molto tempo e, nonostante non fosse cosa riconosciuta, giurò che le sue origini erano molto molto importanti. Cercò di convincermi di essere niente poco di meno che il figlio segreto di Wojtyła, avuto con una monaca napoletana alla fine degli anni Sessanta. Non sapevo se credergli; anzi, all’inizio ero quasi certo che mi stesse mentendo in preda a un attacco di mitomania acuta, ma poi, dato che era diventato impossibile fermarlo e ascoltando quella narrazione così accuratamente dettagliata, quasi quasi mi convinse; e a guardarlo bene, mi sembrò che al papa polacco gli somigliasse pure un bel po’.
Francesca Sorrentino (proprietario verificato)
Esilarante, avvincente, divertente, il tutto condito con disegni che danno quel tocco di realismo magico In una parola: intelligente.
Da lettrice forte, vi dico che Vale Tutto !
Semplicemente, è da leggere e da tenere in libreria.
Andrea Alemanno (proprietario verificato)
Il libro è un viaggio nella mente, in primis dell’autore che ci svela la sua anima folle e fanciullesca,ma anche della propria mente che si apre ad una cascata di personaggi,di parole,di colpi di scena, con una crescente fame di continuare a leggere,a scoprire, ridendo delle situazioni e ironizzando sulla realtà.un viaggio,un sogno,uno splendido volo della fantasia
Massimo Veneziani (proprietario verificato)
Ricevere in dono la responsabilità di leggerlo prima degli altri, mi ha dato la possibilità di scoprire un testo fedele alla mano di chi lo ha scritto: ironico, onirico, divertente, folle. È la dimostrazione che tra gli esordienti ci sono penne che hanno il dovere di scrivere ed essere apprezzate. Vale la pena. Compratelo.
Deborah Divertito (proprietario verificato)
In questo libro c’è tutta la follia geniale dell’autore e allo stesso tempo la sua incredibile capacità di farti affezionare ad ogni personaggio attraverso sia la scrittura con dialoghi molto cinematografici che con illustrazioni che hanno una gran personalita. Fa ridere, ma anche riflettere su come da vicino nessuno è normale. Neanche tu che leggi. Da leggere assolutamente e da promuovere!
Maria Principe (proprietario verificato)
Ho avuto il privilegio di leggere il libro di Maurizio Di Martino in anteprima e mi è piaciuto tantissimo. Ironico, divertente, surreale. Lettura consigliatissima. Le illustrazioni, dello stesso autore, sono fantastiche!