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Trinity Of Destruction – Vol. 1

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L’ultima cosa che Black si aspettava era di ritrovarsi faccia a faccia con il suo passato, ma quando sei un Cacciatore di Demoni è raro che il passato resti tale. Aveva abbandonato quella realtà dolorosa tre anni prima e l’arrivo improvviso di Saphiria e la sua richiesta d’aiuto lo colgono impreparato, tuttavia sembra fermo sulla sua scelta e sordo all’angoscia della donna.
L’intercessione degli Arcangeli lo porta a rivalutare la sua decisione vista la gravità della situazione.
Saranno necessarie tutte le forze in campo per far sì che il bene prevalga nuovamente. Nuove inaspettate alleanze e vecchie conoscenze si uniranno a questo scopo?
Il Re degli Inganni però, ha pronto un piano che sconquasserà gli equilibri e che potrebbe ribaltare le sorti dell’umanità intera.

Perché ho scritto questo libro?

Ho messo tanto di me in questo progetto. Amo ogni personaggio che scrivo, ogni aspetto, ogni sfumatura e ogni pessima scelta. Vorrei che questo libro portasse chi lo legge a chiedersi; se io fossi al suo posto, che cosa farei? Come mi sentirei? Vorrei che fosse, oltre ad una lettura piacevole, anche un modo per ritornare ad essere empatici, a sentire quello che gli altri provano, caratteristica che si è persa negli ultimi anni. Spero che questa storia trovi tanti cuori in cui abitare.

ANTEPRIMA NON EDITATA

CAPITOLO 1

Seduto al suo tavolo, Black si guardò intorno, scrutando il piccolo bar dove si era fermato prima di recarsi al lavoro. Non era mai entrato in quel posto anche se vi passava davanti tutti i giorni, lo trovava un po’ spoglio ma accogliente.

Un brivido gli percorse la schiena, chiuse un istante gli occhi, si rivolse di scatto al tavolo poco distante dal suo e la vide.

Una ragazza avvenente in compagnia di un giovane che, a vista d’occhio, era attratto dalla sua bellezza, una bellezza sovrumana come la sua essenza. Ella fissò Black negli occhi; sapeva che la stava guardando e sapeva cosa vedeva, i suoi denti divennero affilati e si avventarono con violenza sul collo del giovane, totalmente inebetito dal potere della Succube.

Black scosse la testa, si alzò e si recò al bancone

-Il conto, per favore- prese il suo resto e se ne uscì; la supplica d’aiuto dell’anima del giovane gli risuonò nella testa.

La pioggia novembrina lo accompagnò per tutto il tragitto

Accidenti a questo tempo– pensò tra sè, mentre entrava nel grande magazzino, scrollandosi l’acqua dalla giacca, arrivando rapidamente al negozio di abiti dove faceva il commesso; era venerdì e stava per iniziare l’ultimo turno. Tutti i suoi colleghi odiavano quel maledetto turno; era quello che spezzava la serata, impedendo loro di andare a divertirsi da qualche parte o, semplicemente, di passare del tempo con la loro famiglia.

Lui non aveva amici o parenti da visitare e, tantomeno, voglia di andare per locali, perciò era sempre disponibile ad un cambio, cosa molto apprezzata da tutti. O quasi.

-Buona serata amico! Divertiti!- lo canzonò Richard, ridacchiando di sottecchi; era un energumeno con i capelli a spazzola e con una ragazza diversa al giorno, il tipo di persona che Black non tollerava

-Anche a te Ric, mi raccomando, non fare troppo tardi e chiamami quando sei a casa- rispose con un sorrisetto, Richard arricciò il  labbro, mostrando i denti storti,

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-Fai pure lo spiritoso, prima o poi te la darò io una bella lezione-,

Black sbuffò

-Spero che la tua non sia una minaccia-, rispose sprezzante.

-Ora basta bambini, avete dato abbastanza spettacolo per oggi-, intervenne Joan, il direttore del negozio, un uomo buono, comprensivo e del tutto insofferente a quegli insulsi battibecchi,

-Signor Johnson-, riprese, facendo cenno a Richard, -Non aveva un impegno urgente? Allora si sbrighi e tu-, si volse, guardando Black, -I clienti aspettano, muoviti-.

Saphiria sussultò tra le lenzuola, spaventata dall’urlo del fratello. Si alzò di corsa, precipitandosi con il cuore in gola nella stanza accanto

-Jason, stai calmo…sono qui, tranquillo è passato-

gli accarezzò la fronte madida di sudore e gli strinse forte la mano

-Sono qui, va tutto bene-. Il telefono squillò improvvisamente e Jason ebbe l’ennesimo fremito febbrile,

-E’ solo il telefono, torno subito-, sorrise appena lei, dandogli un bacio sulla guancia. Raggiunse in fretta la sala, recuperando il cellulare che vibrava sul tavolo.

-Allen-, rispose, ascoltando poi per qualche istante; un sorriso le si stampò sulle labbra e gli occhi si inumidirono appena

-Questa è… è una bellissima notizia Allen, ci vediamo tra poco allora! Grazie-.

Le sfuggì un singhiozzo, sorrise posando il telefono sul tavolo. Tornò dal fratello rapidamente, prendendogli la mano tra le sue e baciandogli dolcemente il dorso.

-L’abbiamo trovato, Jas… finalmente- mormorò, trepidante

-Starai bene… te l’avevo promesso, ricordi? Presto starai bene, Jason-.

Egli sospirò profondamente e tossì; il dolore solcò il viso smagrito, Saphiria prese il panno imbevuto d’acqua posto accanto al comodino e glielo sfregò delicatamente sulle labbra sottili. Gli diede un bacio in fronte e si alzò

-Ti voglio bene -, sorrise appena, andandosi a cambiare velocemente. Allen sarebbe arrivato a breve.

-Giovanotto! Mi ascolta?-, sbottò la signora sventolando un paio di calze sotto il naso di Black. Joan alzò gli occhi al cielo, notando come il giovane fosse totalmente assorto in ben altri pensieri. Si avvicinò e, con la sua solita flemma e cordialità, aiutò la cliente nel suo acquisto. Il turno sembrò durare un’eternità intera e, in un momento di quiete, il responsabile gli si affiancò,

-Io non so che cosa ti stia succedendo, Black-, disse in tutta calma, sistemando i dispenser accanto alla cassa,

-Sei distratto, sembra che tu viva su un’altro pianeta e non va bene-, sospirò,

-Tu mi piaci, per questo ti ho assunto; sei preciso, affidabile e affabile , o almeno lo eri… Di qualunque cosa si tratti beh… Trova il modo di risolverla-.

Capiva di cosa parlasse; quello che vedeva, che sentiva, lo distraeva dai suoi doveri e dalle sue responsabilità lavorative che, per quanto piccole, avevano pur sempre il loro peso.

-Mi dispiace Joan, ti prometto che non ricapiterà-, asserì, facendo un cenno con il capo. L’uomo sorrise e annuì, finalmente potevano apprestarsi a chiudere il negozio.

La giovane scese dalla macchina insieme ad Allen

-Quindi lavora qui–, lui annuì

-Mi hanno detto che lavora in un negozio al primo piano, speriamo che sia ancora aperto-. Salirono a passo svelto sulle scale mobili,
-Non posso ancora credere che siamo riusciti a trovarlo-, non poteva evitare di sorridere Saphiria, mentre il suo amico le teneva la porta spalancata

-Già, è stata una fortuna che Indira sia riuscita a rintracciarlo– spiegò, Saphiria si rabbuiò nel sentire quel nome ma non disse nulla, si limitò a seguire Allen verso il negozio; la serranda cominciava ad abbassarsi.

Black si stava cambiando nel camerino, si sgranchì il collo e cominciò a massaggiarsi la spalla sinistra; ogni tanto il dolore ritornava e con lui anche i ricordi legati ad esso. La voce di Joan lo riportò in quella stanza

-Di nuovo niente programmi per questa sera?-, disse

-Dovresti trovarti almeno un hobby! Sei giovane per essere così noioso-, scherzò ridendo appena; era un brav’uomo, aveva una moglie e tre figli piccoli, e ne parlava sempre con tanto affetto quando restavano soli. Non era un uomo che facilmente si apriva, manteneva sempre una certa formalità anche con i suoi commessi ma con Black era diverso.

-Non so perché-, gli aveva confidato, -ma sento che di te mi posso fidare-.

Rientrati in negozio, Joan aprì la cassa del banco per togliervi i soldi e metterli in cassaforte. La serranda del negozio era quasi  metà quando una ragazza la superò seguita da un giovane con i capelli lunghi

-Ehi! Il negozio  è chiuso!-, gridò il gestore e, senza aspettare un solo istante,  afferrò il fucile appoggiato nel secondo ripiano sotto la cassa, puntandolo contro i due senza troppe cerimonie

La giovane sollevò immediatamente le mani, tremando come una foglia,

-L-la prego signore, noi non… non vogliamo fare del male a nessuno! E’.. una questione davvero importante-.

Joan le puntò contro l’arma, armando il colpo in canna,

-Si calmi, la prego! Stiamo cercando una persona che lavora qui!-, Allen le si parò davanti, mettendosi davanti alla bocca del fucile
-Oh certo, come no! Black! Chiama la sorveglianza!-, gridò senza mai abbassare nè arma nè guardia.

Il giovane corse fuori dal retro del negozio,

-Ma che diavolo…-, esclamò, -Joan, che sta succedendo?!-, osservò i due con le braccia alzate,

-Chiama la sorveglianza interna-, ma Black incrociò lo sguardo terrorizzato della ragazza,
-Abbassalo, non sono nemmeno armati Joan!-, l’uomo gli lanciò un’occhiata fugace,

-Black, Ti sei bevuto il cervello per caso? Sono entrati con la serranda a metà vaneggiando di avere una necessità imp- -.

Saphiria sentì il cuore sobbalzare nel petto,

-Tu se Black!?-, esclamò, sorpassando Allen, che la trattenne appena. Joan riportò la sua totale attenzione su di loro, stringendo la presa sul fucile,

-Ti stavamo cercando, t-ti prego, ho bisogno di parlare con te!-
-Ci sono altri modi per parlare con qualcuno, signorina-, rimbrottò Joan,

-Ed entrare come dei pazzi in un negozio non è uno di quelli!-. Nonostante il suo amico la stesse tenendo vicina, la giovane avanzò lentamente verso l’uomo armato,
-La prego, signore, non siamo una minaccia-, ella allungò la mano aperta verso Joan, teso e pronto a tirare il grilletto ma, incredibilmente, quando il palmo di lei si poggiò sulla canna di quest’ultimo, egli parve convincersi e abbassò l’arma.

Allen sbuffò, piegando lievemente il busto in avanti,

-Accidenti, che spavento-, scosse il capo.

Black non riusciva a spiegarsi a cosa avesse appena assistito, ma aveva percepito un’aura di tranquillità avvolgere Joan ed era certo che quel potere provenisse dalla giovane davanti a lui. Era strano; sembrava che una nuvola di cotone l’avesse avvolto, assorbendo tutti i timori e che l’avesse così convinto, ad abbassare l’arma.

L’anima è un’arma potente e Black lo sapeva, ma non aveva mai provato o visto così da vicino ciò che davvero poteva fare.

-E’ tanto tempo che ti sto cercando!-, Saphiria sorrise improvvisamente, lasciando che la tensione provata quegli istanti precedenti, scemasse,
-Mi state cercando?-, ripetè Black, osservando lo sguardo perso del suo capo,
-Sta bene, è solo molto rilassato… c’è un posto dove potremmo parlare con calma?-, lo incalzò lei. Annuì e, mantenendo una certa distanza da loro, uscirono dal negozio.

-Non gli accadrà nulla, si sveglierà tra qualche momento e non ricorderà più nulla, te lo giuro-, lo rassicurò di nuovo Saphiria,

-Che cosa sei?-, chiese schietto, osservandola con sospetto ma anche con una certa curiosità
-Non sono niente, è… sempre stato così, mi chiamo Saphiria e lui è Allen, un mio caro amico-. Costui, alto e ben piazzato, fece un lieve cenno

-Devi perdonare la mia invadenza e mi dispiace molto per averti spaventato, ti assicuro che non l’avrei mai fatto se non ne avessi estrema necessità-.

Vide il viso incupirsi all’improvviso e tutta la calma che aveva potuto percepire prima, si trasformò in una profonda angoscia. Si guardò intorno,

-Scendiamo nei garage-, suggerì Black, precedendoli in fretta.

Arrivati alla sua macchina sospirò, voltandosi nuovamente verso i due,

-Ditemi, che cosa posso fare per voi?-, chiese.

Saphiria guardò Allen che, affettuosamente, le posò una mano sulla spalla,
-Io ho bisogno del tuo aiuto-, si schiarì la voce

-Circa… tre settimane fa, mio fratello è caduto vittima di… di un Demone. E’ chiamato in molti modi ma… il suo preferito è Baal-.

Black sussultò e serrò la mascella; non udiva quel nome da anni e non l’avrebbe mai più voluto sentire.

-Il veleno ormai è entrato in circolo e… se non viene curato con l’antidoto giusto lo ucciderà-, la voce della donna tremò ma sollevò il viso per guardarlo dritto negli occhi,

-Ci è stato detto che anche tu sei stato ferito da questo demone-, egli scosse il capo
-Ascoltami, ti prego… dal tuo sangue è possibile ricavare il siero per salvare mio fratello!-, concluse, cominciando ad agitarsi,

-Sei.. sei l’unica persona che può aiutarmi-, le labbra fremettero nel tentativo di reprimere il pianto che avanzava. Gli occhi erano umidi e le mani erano strette, così strette che i polpastrello iniziarono a sbiancare.

-Ti hanno male informata, temo-, mormorò roco, senza che il suo viso tradisse il minimo rimpianto in ciò che stava facendo,

-Sono… desolato per ciò che sta accadendo a tuo fratello ma io non posso aiutarti-.

Aveva chiuso con quella vita; aveva perso tutto ed ora non si sarebbe più lasciato trascinare in quella spaventosa realtà. Nemmeno per aiutare un’anima innocente, come non aveva aiutato quella del bar, ma… allora perché sentiva la sua anima sanguinare? Perché, quando Saphiria abbassò lentamente lo sguardo, si sentì come travolto da un’ondata di infinita angoscia?

Forse era lei ad emanarla. Forse ora, si sarebbe vendicata per quel suo rifiuto. L’avrebbe ucciso?

-Capisco-, si limitò a dire, tornando a scrutarlo con una tale profondità che Black si sentì impietrito e impotente,
-Mi dispiace per… aver creato tanto disturbo e per lo spavento che ti ho causato-, mormorò lei, accennando un timido sorriso,
-Probabilmente è così… probabilmente era un’informazione sbagliat–.

La figura corpulenta di Allen si avventò con violenza contro Black, sbattendolo contro la macchina
-Sei un codardo! Stai solo cercando di defilarti!-, ringhiò, stringendo la presa sulla giacca,
-Allen! No! No… fermati!-, singhiozzò Saphiria, intervenendo immediatamente, posando la mano sul petto dell’amico, guardandolo tristemente,
-Lascialo, ti prego… Non voglio altro sangue sulle mani-.

Egli, con una smorfia, mollò bruscamente la presa, allontanandosi velocemente, Saphiria diede un’ultimo sguardo a Black e scosse il capo.

-Addio-, sussurrò.

Rimase immobile contro la macchina per un tempo indefinito tenendo gli occhi fissi a terra.

Allen aveva ragione; era un vigliacco. Aveva perso tutto e, nonostante sapesse bene cosa volesse dire, aveva negato il suo aiuto ad una persona disperata.

Lui avrebbe fatto di tutto pur di riavere chi aveva perso, eppure…

All’improvviso, un altro brivido. Sollevò lo sguardo cupo; non c’era nessuno, era tutto così spoglio e deserto. O forse no.

-Vuoi farmi sentire in colpa adesso?-, esclamò, allargando le braccia, voltandosi rapidamente da una parte all’altra.

-Mostrati! Lo so che ci sei!-, gridò.

Una violenta folata di vento le buttò malamente a terra,

-La tua indifferenza verso la sofferenza di quelle anime mi addolora, Black-,

disse una voce penetrante alle sue spalle, Black gemette appena, rimettendosi in piedi, spazzandosi la giacca inumidita

-Sono passati tre anni dall’ultima volta che ti ho visto-, finalmente si volse,

-Gabriele- disse.

L’essere lo fissava con i suoi grandi occhi neri; a differenza di quello che si può pensare, l’Arcangelo indossava dei sobri abiti scuri; visto da lontano, lo si poteva confondere con un passante qualsiasi… o un becchino.

In pochi potevano vedere le bellissime ali proiettarsi come ombre sul muro
-Non dirmi che la crisi ha colpito anche piani così alti-, commentò il giovane, osservandolo piuttosto deluso.

-Il tuo umorismo è fuori del tutto fuori luogo, come sempre d’altronde-, sospirò,

-C’è un’anima innocente che sta morendo tra atroci sofferenze-, lo sguardo del giovane s’indurì

-Ce ne sono miliardi di anime che muoiono ma non mi sembra che tu stia applicando per evitar loro la sofferenza-, si avvicinò alla macchina, un sorriso beffardo gli si stampò sulle labbra
-Dopo tutti questo tempo, sei solo capace di venirmi a fare una paternale- aprì la portiera

-Inoltre, delle anime non me ne importa più niente e lo sai bene… ho abbandonato quella strada, voglio solo vivere la mia vita come tutte le persone normali, quindi fammi il favore… sparisci-.

Entrò in macchina, sbattendo la portiera e appoggiando pesantemente la testa contro il sedile

-Il tuo rancore nei miei confronti lo posso capire, ma non capisco la tua rabbia verso gli altri- la voce di Gabriele risuonò all’interno dell’abitacolo, Black alzò gli occhi al cielo; non si sorprese dell’invadenza dell’Arcangelo. Certe cose non cambiano.

-Pensaci bene; quella ragazza non ti ha chiesto niente di più di quello che tu avresti chiesto tre anni fa se ne avessi avuto la possibilità-.

Avvertiva lo sguardo penetrante su di sè e sentiva il calore emanato dall’aura di quella creatura tanto terribile quanto caritatevole.

-Onora il loro sacrificio-, posò la mano sul cruscotto e il motore si accese, il navigatore aveva già un indirizzo importato,

-Salva quel ragazzo-. Black si volse per replicare ma sul sedile v’era soltanto un bellissimo giglio bianco.

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Sara Gasparini
Nata in piccolo paesino della bergamasca, ho sempre avuto una passione per tutto ciò che è inusuale. Passo tanto tempo all’aperto ad immaginare mondi e creature bizzarre. A 13 anni, a seguito di un lutto, comincio a scrivere storie per sfogare questo dolore ma, alle superiori, le mie compagne di classe mi chiedono di leggere questi racconti. In un attimo questo diventa un appuntamento settimanale fisso e da quelle storie nasce la necessità di costruire una trama sempre più corposa. Sono trascorsi vent'anni e mille revisioni da allora e finalmente oggi, dopo tanto tempo, questo romanzo ha trovato una casa.
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