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La fenice e Caino. Un mondo nuovo

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In un pianeta devastato da un disastro nucleare, un gruppo di sopravvissuti cerca di ricostruire una società guidata da nuove regole, dove la natura umana inizia lentamente a rinascere.
In perenne bilico tra bene e male, il cantastorie Leo tenta di sopravvivere e inseguire la felicità in un mondo nuovo, in cui il più forte primeggia e il più debole è destinato a soccombere.

I

In un bosco ancora devastato dai roghi del passato e ricoperto da una spessa fuliggine, spuntavano schiacciati alcuni ciuffi d’erba lungo il sentiero. Erano stati colpiti da ripetuti proiettili di una fionda, che aveva fatto cilecca. Un giovane uomo nella boscaglia di pini e querce accanto al sentiero, con l’arma tesa nella destra, stava mirando a pochi metri sotto di lui un daino femmina.

L’animale sentì l’erba scricchiolare sotto uno scarpone e si voltò verso il cacciatore, dietro di lui il sole malato di quell’alba. I grandi occhi color nocciola dell’animale terrorizzati e fissi sul sasso teso nella tasca della fionda.

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Di fianco all’uomo, una ragazza aveva fermato la sua raccolta di frutti per assistere alla scena, le sue ossute braccia si tendevano sotto il peso tra le pieghe del cappotto. Neanche un fiato da parte di nessuno di loro tre, il proiettile sarebbe certamente andato a segno, da quella distanza.

Un piccolo rumore li interruppe. Il cucciolo della femmina fece capolino sotto la madre, mostrandosi al cacciatore. L’attenzione dell’uomo distolta, i suoi occhi bramosi per una preda più ambita mossero l’arma sul cucciolo. Questi, dopo aver guardato la madre, si accorse del cacciatore e come lei si bloccò dal terrore. Sotto quel cielo plumbeo di inizio primavera, le dita solcate da profonde ragadi del freddo tese sui lacci della fionda, pronte a sparare un proiettile, con sicura violenza, tra gli occhi della bestiola.

Il daino femmina mutò sguardo, e senza fretta, ma neanche senza esitazione, si spostò di lato davanti al suo cucciolo e lo nascose con il suo corpo al giovane uomo. I suoi occhi dalle calde tonalità del marrone fissi ancora sull’arma, con una nuova luce di determinazione e sacrificio. I lacci si allentarono per un attimo, gli occhi dell’uomo incontrarono quelli dell’animale. Quasi un assenso lo mosse a tendere di nuovo, e per un’ultima volta, l’arma verso la preda adulta.

Eppure, non successe nulla.

Gli attimi passarono, finché i due animali non fuggirono via, sotto lo sguardo immobile del cacciatore sopra di loro.

Di ritorno dalla ragazza, l’uomo ripose fionda e sassi nelle tasche e la aiutò con la raccolta dei frutti del bosco.

«Che è successo?»
«Niente, donna.»
«Mah… non ho visto bene, ma… avevi trovato qualcosa?»
L’uomo non le rispose subito, le cinse i fianchi come per voler calmarsi. «Lo sai cosa fa una lepre, se si sente minacciata?» «No.»

«Una lepre sa solo fuggire, anche se un suo cucciolo è in pericolo. Un daino, un cervo, un cinghiale e anche un lupo no, non scappano. Se un loro cucciolo è minacciato, fanno di tutto pur di salvarlo.»

La donna non parlò per qualche passo.
«Però, le lepri sono difficili da catturare, gli altri animali meno.» «Vero, ma è solo questione di tempo. Non appena ci saremo organizzati in gruppo e qualcuno sarà riuscito ad avere un arco, le lepri spariranno in fretta.»

La ragazza si accarezzò una treccia che le era uscita dal cappuccio fangoso: i capelli avevano perso da tempo il loro colorito castano naturale, per annerirsi di sporcizia e fuliggine. Sempre camminando, posò la testa sulla spalla di lui, alla ricerca di un mutuo conforto.

L’uomo avrebbe voluto portare in dono al nuovo venuto biondo una testa e un cuore di daino, se cucciolo meglio ancora. Essere ricevuto con grandi onori, ma non quel giorno.

Al bivio per il forte, l’uomo esitò un istante, e lei fermò appena il suo incedere per guardarlo, per poi lasciarsi condurre verso il torrente, spinta da lui con decisione per un fianco.

«Non pensiamoci. Abbiamo sempre un bel mucchio di frutta» disse. «E puoi star certa che quest’oggi pescherò un bel pesce da portare in trofeo.»

La ragazza annuì con un tiepido sorriso.

I loro scarponi logori sull’erba a creare solchi e impronte. Discesero un pendio appena sopra un laghetto artificiale evitando piccoli crateri anneriti, che si erano creati dopo tremendi incendi.

Tutt’intorno a loro coltri di fuliggine spessa, pronte a sollevarsi a ogni minimo accenno di vento mentre l’orizzonte albeggiava.

***

Nello spiazzo tra i resti di un’antica fortezza erano radunati da poco dodici sopravvissuti. Decine di armi e trofei sparsi sulla ghiaia, tra buche che erano cicatrici di vecchi bombardamenti di un tempo dimenticato. Oggetti sparpagliati ad arte per testimoniare ai dieci sopravvissuti il prestigio del Capo. E, in mezzo a loro, un falò, con legna raccolta lì intorno e plastiche di recupero, a ravvivarlo si erano gettati scheletri di animali e non.

Il momento sembrò raggiungere il picco di solennità quando colei che chiamavano Sorella si avvicinò lenta, con movenze da felino, verso l’uomo alto e robusto che pretendeva di comandare su tutti loro. L’uomo che si faceva riconoscere come Capo reggeva la mano destra sul manico di un coltello, con lo sguardo catturato dai fumi neri del rituale e dai bagliori del fuoco crepitante.

Il giovane uomo e la compagna dagli scarponi logori assistevano in estatico silenzio con accanto a loro uno strano trio. Un vecchio e due curiosi animali mugolarono, rapiti dal momento solenne. Alle loro spalle, in silenzio, quattro o cinque ragazze e ragazzi.

Avevano preferito sedersi più discostati dal focolare, acceso alle prime luci di quel tramonto sanguinante. Tra loro un bastardino con il muso a terra.

La Sorella ormai si trovava davanti al Capo, che porgeva il grosso teschio di un cervo, fratturato e tenuto insieme da un fil di ferro.

«Oggi, mentre il Sole muore e il Fuoco rivive, sei incoronato. Siamo giunti alla nostra N, tutti noi con l’unico scopo di sopravvivere a tutto.» Gli pose il teschio sulla testa fermandolo con il fil di ferro. «Tu sei sopra tutti il Protettore, su te il Fuoco della Notte, tu la nostra Guida.» Un ululato di scherno tra loro scese dal rudere di una casupola in granito mezzo annerita.

2023-02-27

Aggiornamento

Grazie al tuo aiuto, sono arrivato all’obiettivo delle 200 copie e alla prossima pubblicazione del romanzo, ti ringrazio e ti invito a promuovere un passaparola a chiunque conosci possa essere interessato, grazie molte Marcello

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Marcello Ciccarese
nato a Tortona nel 1984, durante l’adolescenza sviluppa la passione per la storia e la lettura, prediligendo il romanzo contemporaneo e quello di fantascienza, e nel tempo libero coltiva la passione per la scrittura di vari generi letterari, spinto dalla curiosità del nuovo e dal desiderio di scoprire nuove peculiarità artistiche. La sua prima opera, Mosaici di una vita, vede la luce nel 2009. La fenice e Caino. Un nuovo mondo, la cui stesura è iniziata nel 2017, è il suo secondo romanzo.
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