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Quattro amiche e una ricerca da scrivere entro la fine dell’anno per il professore di scienze. Da qui inizia l’avventura che le porterà prima in Amazzonia sulle tracce
di un raro fiore a forma di cuore, e poi nei passaggi segreti della loro stessa scuola alle prese con esperimenti scientifici degni del premio Nobel.
Insieme a una serie di personaggi strampalati e carismatici, tra un millepiedi velenoso e un macchinario dal nome quasi impronunciabile, le quattro amiche faranno un’importante scoperta scientifica e impareranno che la via del cuore è la sola in grado di rimarginare le ferite e far guarire nel corpo e nello spirito.

Perché ho scritto questo libro?

Il tema che ho deciso di affrontare è serio, ma ho scelto di farlo in modo non convenzionale, un po’ nello stile di Benigni in “La vita è bella”. Ho cercato di far passare il messaggio delle mete incredibili che possono essere raggiunte da chi si mantiene puro nell’animo, sa sognare e osare. Tutte caratteristiche dell’età giovanile e di chi sa mantenersi giovane dentro. Nel libro si coglie la mia esperienza di insegnante, essendo le protagoniste giovani studentesse, e anche quella di chimico per via dei connotati di giallo scientifico che assume il romanzo in varie sue parti.

 

UN MEMORABILE NATALE
Il giorno di Natale mi alzai presto dal letto. Scesi
al piano inferiore dove, sotto l’albero, mi aspettavano
i regali. Da un paio d’anni avevo avuto la consapevolezza
che i regali dei miei cari avevano sostituito quelli di
Babbo Natale, ma l’emozione della mattina del 25
dicembre era rimasta quasi intatta.
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Iniziai a scartare i pacchetti colorati ma la sorpresa
più grande di quel Natale la trovai in bagno qualche
minuto più tardi. Abbassai lo sguardo e la vidi.
La macchiolina rosso scuro grande come una moneta
spiccava sul bianco delle mutandine. Mi erano venute
per la prima volta le mestruazioni.
«Amanda, sbrigati! La colazione è pronta.»
Mia madre mi stava chiamando, ma la sua voce mi
giungeva ovattata dalla distanza che si era improvvisamente
creata tra me e il resto del mondo.
Entrò in bagno. Mi guardò, poi guardò la macchiolina rossa,
alzò di nuovo lo sguardo verso di me e mi
abbracciò.
Qualche silenziosa lacrima scese a bagnarmi le
guance. Ma non era paura; sapevo ciò che mi stava
accadendo. La mamma me ne aveva parlato e anche a
scuola se ne era discusso. Non era nemmeno dolore fisico.
Si trattava piuttosto di un sottile velo di tristezza
che era sceso a coprirmi l’animo.
Certo, me l’aspettavo che prima o poi sarebbe successo.
Tra pochi giorni avrei compiuto tredici anni e
da qualche tempo avvertivo strani movimenti nel mio
corpo, leggeri pizzicori.
E poi tutti non facevano che dirmi: “Ma come sei
cresciuta, Amanda! Ti sei fatta proprio una signorina!
Sembra ieri che ti tenevamo in braccio!”.
Avevo già avuto modo di riflettere sul fatto che
crescere è una specie di percorso a tappe, fatto di
tranquilli pendii e di improvvise brusche salite. E
sono proprio quei salti che ti trasformano. Da un
giorno all’altro impari a camminare e non gattoni più, poi
vai in bici, impari a leggere e a scrivere, poi… ti vengono
le mestruazioni e… e lì sì che sei fregata!
Non che in realtà mi dispiacesse l’idea di diventare
grande, di vedere il mio corpo cambiare, farsi più
rotondo nelle sue forme. Avevo ben presente quello
che era successo alle mie compagne più grandi. Nel
breve volgere di un’estate erano diventate delle altre e
adesso i maschi le guardavano con un’attenzione che
prima non avevano mai dimostrato.
Ma c’era dell’altro. Avevo sentito da qualche parte
che quando si diventa grandi si perde quella sensibilità
molto particolare che ti fa entrare in un magico
contatto con le cose visibili e con quelle non visibili.
Quella speciale dimensione dell’esistenza che molti
bambini conoscono assai bene, salvo poi dimenticar-
sene quando crescono. Quella perdita, accidenti, sì
che mi sarebbe pesata parecchio!
E ora ero qui, con la faccia affondata tra i capelli
di mamma, in questo strano Natale.
Ero una quasi tredicenne ritenuta piuttosto alta
e slanciata, anche se lo specchio mi rimandava regolarmente
l’immagine di una ragazza bassa e grassoccia. Andavo però
orgogliosa dei miei lunghi capelli
castani e degli occhi con un inconsueto leggero taglio
a mandorla. Ero nata in un ventoso giorno di febbraio, per
un pelo dentro la costellazione dell’Acquario,
segno del quale riconoscevo in me diverse caratteristiche:
spirito libero e indipendente, sognatrice e un
po’ artista. Esprimevo le mie emozioni soprattutto
attraverso i miei disegni.
Se mi fossi paragonata a un frutto, alla vigilia dei
miei tredici anni, sarei stata certo un fico d’india.
Spinosa all’esterno ma dolce e succosa dentro. Sì,
tendevo a pungere, a volte per una forma di malcelata
timidezza, altre per insicurezza o desiderio di non
apparire la brava ragazzina che molti vedevano in me.
Pungevo e tenevo a distanza, a cominciare da chi avevo
più vicino, mia madre, gli insegnanti, a volte alcuni
coetanei. Dischiudevo invece il mio animo succoso
di fico d’india ad alcuni eletti che sapevano far breccia
nella mia buccia, e quando questo succedeva era
come se divenissi di colpo un’altra persona. Il piacere
di far gustare agli altri com’ero veramente dentro, insomma,
dava piacere e tranquillità anche a me. Avevo
sempre mangiato la vita con gusto e spensieratezza,
come un dolce al cucchiaio, ma da qualche tempo la
mia insicurezza mi poneva davanti soprattutto minestre
insipide o dal gusto amarognolo. Senza una precisa ragione.
Vivevo in una piccola casa a due piani con un prato intorno,
proprio in fondo al paese. Oltre la radura
ai margini della casa la civiltà finiva! C’era il bosco,
quindi i pascoli e poi il sentiero che si inerpicava su,
fino in cima alla montagna, che era anche la prima
cosa che scorgevo ogni mattina dalla finestra della
mia camera in mansarda.
Ero figlia unica e vivevo con mia mamma che si
occupava di Filadelfia, il suo negozio di filati tinti in
modo naturale, vestiti tradizionali e tappeti realizzati
con il telaio a mano. Mio padre lo vedevo invece solo
in fotografia: era morto quando avevo solo sei anni.
Era stato un tumore, anche se, chissà perché, nessuno
nominava mai quella parola quando parlava di lui.
Usavano espressioni come “brutto male”, “malattia
incurabile”, e così via con i vari giri di parole.
Anno dopo anno il ricordo che avevo di lui si sfocava
sempre di più. Rimanevano nitide le immagini
di alcuni momenti, come fotogrammi strappati da un
film di cui rimaneva solo un parziale ricordo. Flash
che a volte mi riempivano l’animo di malinconia, a
volte di dolcezza e altre volte ancora mi ponevano
domande sul senso della vita, degli affetti, del tempo che
passa lasciando tracce da decifrare lungo il cammino.
Faceva parte della famiglia anche il mio gattone
rosso Chico, inseparabile compagno delle mie giornate,
strano animale con il quale ero convinta di essere
riuscita a creare negli anni una sorta di comunicazione
non verbale. Quando ero giù mi stava vicino e avevo
la netta sensazione che mi capisse, anzi, che spesso
mi capisse più di molti umani! Quando ero felice
condivideva il mio umore con versetti gutturali e occhi
socchiusi. Sembrava proprio sorridesse.
E poi c’erano le mie amiche, o meglio, le mie tre
amiche molto, molto speciali…

18 febbraio 2019

Il Libraio

Su Il Libraio si segnala l'uscita del libro per ragazzi Ananda di Giuseppe Paschetto, professore piemontese candidato al Global Teacher Prize.
02 febbraio 2019

Uno Mattina, Rai 1

Il nostro autore Giuseppe Paschetto, candidato per il Global Teacher Prize, presenta il suo libro Ananda nel corso della trasmissione Uno Mattina in onda su Rai 1.   Ananda nel corso della trasmissione Uno Mattina
20 Dicembre 2017
Lunedì 8 gennaio dalle 19.30 "Ananda" di Giuseppe Paschetto sarà presentato al circolo letterario femminile "Le Libranti" presso il Chiostro di San Sebastiano a Biella. Stay tuned!
17 Novembre 2017
Non perdetevi l'intervista su Notizia Oggi a Giuseppe Paschetto che racconta il suo progetto "Ananda"e il suo bellissimo messaggio di speranza.
16 Novembre 2017
Giuseppe Paschetto su AAM Terranuova racconta la sua campagna crowdfunding e il messaggio importante di "Ananda": https://bit.ly/2hwHgHy

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Romanzo dal tono positivo da cui traspare la consapevolezza che nella natura che ci circonda esiste tutto quello che ci necessita per star bene e godere del dono della vita! Complimenti!

  2. (proprietario verificato)

    Avrei voluto leggere solo le prime pagine del libro, giusto per farmi un’idea, e lasciare la lettura del testo completo a quando avrei avuto il libro tra le mani….non ci sono riuscita! Ho letto pagina dopo pagina, fino alla fine e quasi tutti d’un fiato…mi sono appassionata e commossa, divertita ed emozionata.

  3. Giuseppe Paschetto

    (proprietario verificato)

    Prossimamente due presentazioni a Cossato e a Milano (a cura di CAI-SEM)

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Giuseppe Paschetto
GIUSEPPE PASCHETTO, nato nel 1955, è chimico e
insegnante di matematica e scienze per la scuola media.
Ha pubblicato diverse guide escursionistiche, tra
cui In treno in Piemonte (2013), e cura la collana didattica
della sua scuola. Ananda è il suo primo romanzo.
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