BLESS MY SUICIDE – IL TITOLO
Nel titolo del romanzo c’è quella parola, “Suicide”, che pesa come un macigno. Una parola che incute timore, grave, difficile da rotolare via come una grossa pietra di fronte ad un sepolcro. E la paura è esattamente quella: che rotolando via quella pietra, cioè sollevando la copertina del libro, ci troviamo di fronte all’immagine della morte.
Moriamo di questo tipo di morte ogni giorno. Davanti alla porta del nostro cuore abbiamo eretto noi stessi dei muri che ci sbarrano l’entrata. Paure che non vogliamo affrontare, ricordi che preferiamo non guardare, sogni che forse è meglio dimenticare, rimpianti che desideriamo nascondere – tutte queste cose abbiamo sepolto nel nostro cuore e sigillato con una grossa pietra. Preferiamo vivere con una roccia davanti al cuore piuttosto che guardarci dentro.
Se per un attimo trovassimo la forza, o ci abbandonassimo alla debolezza, di aprire uno spiraglio sulla nostra anima e guardare in faccia ciò che lì si trova, forse potremmo lasciarci stupire dalla più bella delle sorprese: che in quel sepolcro non c’era la morte, bensì infinite opportunità di vivere la vita davanti a noi.
Ecco, di queste cose parla Bless My Suicide. Di tutte le volte che ci uccidiamo trascurando il cuore, di tutte le volte che preferiamo liberarci dei sentimenti piuttosto che viverli.