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Aggiornamento

Agli amici di bookabook, un brano del mio romanzo di prossima pubblicazione, letto recentemente in un incontro pubblico di lettori. … “I pensieri si addensano attorno al piccolo bar accanto alla stazione d’autobus. – Ecco, è finita. Neppure questa volta sono riuscito a portare qualcosa a termine. Niente. Il tempo guarirà tutto? Ma se il […]

Agli amici di bookabook, un brano del mio romanzo di prossima pubblicazione, letto recentemente in un incontro pubblico di lettori.

“I pensieri si addensano attorno al piccolo bar accanto alla stazione d’autobus. – Ecco, è finita. Neppure questa volta sono riuscito a portare qualcosa a termine. Niente. Il tempo guarirà tutto? Ma se il tempo stesso è una malattia? – mormora. – Se ci si deve solo chinare, per vivere? Tutto gli appare slegato.
Attende che la pioggia cessi, fintanto che vede ricomparire un cielo timido. I tergicristalli stridono a vuoto sulle ultime trecce d’acqua che scivolano lungo i bordi del vetro. Tenta di respirare più profondo per vincere sulle fitte. I polmoni gli si riempiono dell’odore che prende a venir su dalla terra rianimata. I rumori tornano distinti.
Quelle volte girava per le strade ad aspettare la sera. Voleva respirarla, andarle dietro.
Trascinava la propria ombra lungo i muri, tra l’indifferenza degli alberi intenti a divorare la luce dei lampioni, finché sentiva il bisogno di vedere facce. Allora si perdeva in un bar. Tardi, si faceva tardi, ma era così che riusciva a comprarsi la notte.
Capitare in uno di quei locali in pieno giorno dava un senso d’eccitamento. Scoppi di risa, fumo trasparente, groviglio di voci, luci che feriscono il soffitto per colare giù dai muri. Era come salire su un ring e affrontare un tipo particolarmente robusto e cattivo, senza un allenatore ad aspettare all’angolo a darti coraggio.
La sera, fino quasi a notte, era differente. Ci si fermava per ore, gomito a gomito davanti al grande specchio dietro il bancone, a bere e mangiare un boccone, nel rumore rassicurante di un ambiente saturo d’odore di frittata ed acido d’alcool.
Corpi sgraziati dagli sgabelli e anime sensibili. Ciascuno dava l’impressione di avere qualche conto con la vita che, lì, sembrava appartenesse a tutti.
Gli faceva bene entrare in quei locali; sentire, là fuori, la notte continuare a spargersi lenta e inondare, avvolgere, capovolgere, sollevare marciapiedi, strade e quanto le si poneva di fronte.
Erano locali puliti, senza sorrisi scintillanti di vetro, con luci fluorescenti che piombavano da soffitti in cartongesso, e pochi avventori chini sul loro bicchiere. Lì dentro, si sentiva protetto.
La sera tardi, rientrando, crollava sul letto, greve.”

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