Recensione
Il fascino del libro è racchiuso in quella bella osservazione di A. Artaud che, molto opportunamente, l’autore ripropone anche come manifesto dello stesso. Evidentemente attento e profondo conoscitore delle opere di Artaud, in particolare de “Il teatro e il suo doppio” e “Il teatro della crudeltà”, Guido De Rossi fa agire i suoi personaggi in quel teatro che “mettiamo in scena abitando in ruoli che ci somigliano ma non ci appartengono”. In questa sottile linea di confine dove realtà, fantasia, sogno, immaginazione, desiderio si confondono e intrecciano l’autore, con efficacia e padronanza degli strumenti linguistici ed espressivi, ci appassiona regalandoci emozioni e suggestioni intense che coinvolgono e costringono a fare i conti con quella parte di noi che spesso non abbiamo il coraggio di far emergere. Lettura, a mio avviso stimolante e piacevole, che suggerisco di intraprendere sopratutto a chi come me nella letteratura cerca nuove domande da porsi più che risposte.
Gianni