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HANNO SCRITTO DI AINTS “Negli ultimi decenni la antropologia riflessiva ci ha fatto prendere coscienza che l’etnografo non è esclusivamente un ricercatore di strani ed esotici costumi (…), ma anche uno scrittore: un uomo o una donna che presenta la sua esperienza dell’alterità culturale in forme espressive letterarie. Di fatto, in passato ci sono stati […]

HANNO SCRITTO DI AINTS

“Negli ultimi decenni la antropologia riflessiva ci ha fatto prendere coscienza che l’etnografo non è esclusivamente un ricercatore di strani ed esotici costumi (…), ma anche uno scrittore: un uomo o una donna che presenta la sua esperienza dell’alterità culturale in forme espressive letterarie. Di fatto, in passato ci sono stati casi di esperti conoscitori di questa o quella cultura indigena – antropologi e non antropologi – che hanno scritto su questa romanzi e racconti di grande successo di pubblico. Tra i molti, penso qui, tra i primi, a José Maria Arguedas.(…) e, tra i secondi, a Mario Vargas Llosa. Può dirsi che i testi di questi autori rappresentano efficacemente le culture in oggetto, al punto di quasi sostituire la monografia accademica convenzionale. Il libro di Patrizio Warren, dedicato agli Achuar dell’Amazzonia Peruviana, si inserisce in questa scia. In questo lavoro, finzione romanzesca ed etnografia appaiono bene articolate: Il romanzo trae fondamento da un’ esperienza di vita condivisa con gli indigeni e di osservazione del loro modo di pensare e agire, nonché da una conoscenza dettagliata della bibliografia di area e del contesto nel quale si è sviluppata la vita di questo popolo durante il XX secolo. Ciò permette a Patrizio di presentare nel corso della narrazione un’alternanza di capitoli centrati sul punto di vista indigeno e capitoli che invece hanno più il carattere di “racconti dall’esterno”: eventi e storie narrati da viaggiatori, missionari, commercianti e funzionari che ricorrono la regione. Ma ciò che attrae maggiormente il lettore di Áints è la tessitura della narrazione che si presenta come la sceneggiatura di una rappresentazione teatrale, nella quale i dialoghi intensi e vivaci, le opinioni, i punti di vista degli attori sociali, quanto essi conversano e discutono, e le loro opinioni, valutazioni e critiche si impongono con grande efficacia. Può ben dirsi che un quadro così ricco e diversificato della pluralità delle voci che si fanno ascoltare nelle vicissitudini storiche degli Achuar non avrebbe potuto essere presentato e trasmesso in altra forma che quella del “romanzo etnostorico”. Qualsiasi altra forma di narrazione, come la descrizione etnografica classica o il saggio accademico, non avrebbe svelato in modo così penetrante e appassionante la storia del popolo achuar”.

Antonino Colajanni
(dalla prefazione dell’edizione latino-americana di Áints, 2018)

“Lungo tutta la sua carriera, Patrizio Warren ha realizzato studi di antropologia fondamentale e applicativa con rigore scientifico e conoscenza approfondita dei progressi teorici della disciplina, e, al tempo stesso, con una grande passione etico-politica per la promozione di modelli di sviluppo economicamente ed ecologicamente sostenibili e rispettosi delle culture locali. Combinandosi con una profonda riflessione esistenziale, queste due caratteristiche del suo lavoro ispirano anche il suo romanzo etnostorico Áints da poco pubblicato in America Latina. Il libro è stato recentemente presentato ai docenti e agli studenti del nostro dottorato (La Sapienza, Roma). La discussione critica ha mostrato come, ispirandosi in particolar modo a José María Arguedas, Patrizio, nel suo lavoro principale sugli Achuar, ha cercato con successo di superare il formato positivista della monografia etnografica classica, adottando una struttura narrativa e un linguaggio autorale che dà spazio a molteplici personaggi: gli Achuar, naturalmente, ma anche gli antropologi che li hanno studiato, i missionari che hanno cercato di convertirli, i commercianti e gli estrattori di materie prime forestali e infine il personale delle compagnie petrolifere. Basandosi su un’approfondita e dettagliata conoscenza del cambiamento culturale, Patrizio combina tra loro materiali documentari eterogenei e stili differenti per ricostruire un’etnostoria nella quale differenti soggettività si incontrano e, a volte, si scontrano. Come è stato da più parti osservato nel corso del seminario, Áints solleva importanti interrogativi sul modo di scrivere etnografie, sulla relazione tra saggistica e letteratura, sulla stessa possibilità di rappresentare l’”altro” con la scrittura convenzionale (…), suggerendo che altre forme di comunicazione devono essere sperimentate se si vogliono captare e trasmettere non solo i ”fatti” della pratica etnografica, ma anche i suoi intensi vissuti.

Alberto Sobrero,
(lettera di presentazione accademica
di Patrizio Warren, 2019)

Caro Patrizio,

complice il primo maggio, mi sono rimessa in pari con la lettura di Áints in italiano. Grazie per questi doni a puntate. Quello di ieri mi ha lasciato come un’assetata tra le dune di un deserto: fai presto a rifornirmi di acqua, prima che una lunga attesa mi disidrati. E spero che non ci farai attendere troppo per conoscere di più sulla buona sorte di don Eleazar alias Patrón Cisneros. Mai come di questi tempi, farci viaggiare in compagnia dei tuoi personaggi è pura fleboclisi di vita. Non finisce di sorprendermi la fluidità mimetica della tua scrittura, l’abilità con cui riadatti lessico e sintassi a seconda dei personaggi: penso alla magnifica descrizione della terra di Tsumunam da parte di Nantu, messa a confronto con il resoconto di Karsten al chiarissimo professor Westermarck. Ma la cosa a mio avviso più bella è che nelle tue pagine c’è colore, nel senso che si riesce a intuire tutta la varietà cromatica dei contesti. Non so dire meglio, ma se le parole, oltre che corpo prendono colore, vuol dire che c’è fibra vera.

Laura Faranda
(mail inviata nei giorni del lockdown 2020)

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