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Aggiornamento

Ecco il piccolo naviglio ancorato alla boa numero 60, la prima boa e mentre lui, Cuoresardo, si gode un poco di meritato riposo, io mi tuffo tra le pagine della mia memoria per cavarne fuori un nuovo raccontino di Sherazade dei Centogiorni e una notte. E allor, avanti e questa volta il racconto si intitola […]

Ecco il piccolo naviglio ancorato alla boa numero 60, la prima boa e mentre lui, Cuoresardo, si gode un poco di meritato riposo, io mi tuffo tra le pagine della mia memoria per cavarne fuori un nuovo raccontino di Sherazade dei Centogiorni e una notte.
E allor, avanti e questa volta il racconto si intitola “Sigarette rosse” e ci riporta indietro un poco all’inverno, al freddo, ai cappotti, vabbè. Ziti zitti e cominciamo.
Al mattino molto presto quando gli occhi delle case sono ancora chiusi dai loro legni verdi e marroni e le coltri calde invitano ancora al riposo, io sono già sveglia e grilla da un bel pezzo e, dopo aver sfaccendato per le vuote stanze, spazzando via i pensieri con le loro zampe di ragno, nell’orazione che sempre mi accompagna, eccomi già pronta all’uscita per recarmi alla Santa Messa quotidiana che, per me, è nutrimento di corpo e d’anima. E dopo, l’ite missa est, seguita dall’Adorazione eucaristica, in santo incenso che profuma l’aria nei bagliori d’oro del Santissimo, sono con due balzi e una breve passeggiata al tabaccaio di Via Nazionale che conosco per essere lui un tipo sveglio, sorridente e. come scoprirete, un ottimo venditore.
Dunque sono lì a ricaricar la tessera dell’Atac, quando da dietro, nella folata di freddo che entra, distinguo un uomo tutto intabarrato in barba, cappello, occhiali e giaccone. Senza badare a me che sono servita dal tabaccaio, il simpatico signore in maschera da alta montagna, si rivolge alla tabaccaia. “Vorrei le ruonnnnnnnnnntanssse”. Gli occhi celesti della signora si riempiono di sgomento: “Come, scusi?”. E lui ripete quell’arrotato pastrocchio di lettere. E lei (ma anche io. seppure muta…) ripete: “Come scusi?”. Interviene al salvataggio il tabaccaio che, svelto, allunga al tipo le Rothmans rosse e aggiunge: “La scusi, sa, non parla inglese…”, con un’occhiata complice (ma al fumatore!) a lei che se ne sta in un canto. Tutto soddisfatto il nostro amico esce con il suo bottino americano, e allora, io: “Mi scusi ma che sigarette erano?”. “Viene sempre qui a comprarle…”, dice il tabaccaio e lei sorride. Il sorriso si fa risata comune, di noi tre rimasti nel negozio, una risata di cuore, intenerita dalla simpatia del fumatore che, in questo mondo dove si traducono troppe parole, pensa di saper l’inglese… Nella risata comune e intenerita ritroviamo un poco di allegria in questa Roma flagellata dalla pioggia, un poco desolata e in recessione

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