Se mi si dovesse chiedere quale tema è maggiormente in risalto nel romanzo, la risposta sarebbe la voglia di vivere. Un desiderio impetuoso, straripante, invincibile di vivere. È il motore di Eva, Marcus, Ren, Igor. Tutti i personaggi agiscono e prendono le loro decisioni in conseguenza e con lo scopo di non cedere il passo alla morte, in un mondo irto di minacce, continuamente messi alla prova da nemici, visibili e non.
Marcus non può cedere dinanzi alla consapevolezza che il suo mondo possa venire rovesciato e distrutto dalla decisione di pochi. Sente la spinta prepotente non solo di vivere ma anche di permettere ad altri di farlo, senza alcun giogo né compromesso. Immola fino all’ultimo respiro di cui è capace sull’altare di questo desiderio, proprio perché è cosciente di avere la forza per perseguirlo.
Eva, d’altro canto, viene subito e bruscamente messa a confronto con un quesito tremendo: sei in grado di accettare di vivere, pur in questa orrenda condizione? Sei disposta a sacrificare ogni cosa, pur di non morire? La battaglia di Eva consiste proprio nel cercare costantemente una risposta a queste domande. Non sa ancora a quanto è disposta a rinunciare pur di non permettere alla morte di vincere su di lei. E il tormento che le causa questa condizione è tangibile lungo tutto il suo percorso, in ogni decisione presa.
In sostanza, la domanda fondamentale è: quanto possiamo sacrificare, di noi e del mondo, pur di non morire? Dove si trova il confine fra ciò che ci è lecito e ciò che non possiamo raggiungere?