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Siamo al quarto giorno della campagna di crowdfunding per Il tempo dei rimedi. Ringrazio tutti coloro che mi hanno dato fiducia preordinando il libro. La speranza è che nei prossimi giorni tanti altri si aggiungeranno permettendomi di raggiungere il mio obiettivo, la pubblicazione del romanzo! Oggi vi racconto qualcosa in più. Premetto che Il tempo […]

Siamo al quarto giorno della campagna di crowdfunding per Il tempo dei rimedi. Ringrazio tutti coloro che mi hanno dato fiducia preordinando il libro. La speranza è che nei prossimi giorni tanti altri si aggiungeranno permettendomi di raggiungere il mio obiettivo, la pubblicazione del romanzo!

Oggi vi racconto qualcosa in più. Premetto che Il tempo dei rimedi non è un’autobiografia. D’altro canto ci sono riferimenti a persone, luoghi e fatti della mia vita reale, gli stessi non sono casuali. Inizio parlandovi di un uomo che ha rappresentato l’ispirazione non solo di un bellissimo personaggio ma anche della visione del mondo che ho voluto condividere tramite il mio libro. Ho avuto lo straordinario onore di frequentare Comunardo (nella foto l’uomo seduto su una panchina abbracciando la nipote) durante l’ultimo decennio della sua vita. Era anziano, al tramonto di una vita vissuta in campagna, nella terra, all’epoca si prendeva cura di suo figlio Piero che era purtroppo affetto da una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale, l’atassia cerebellare. Vi parlerò presto di Piero, anche lui fonte d’ ispirazione. Comunardo era antifascista nell’anima, da giovane fu deportato in un campo di concentramento nazista, in Germania. Alla nascita fu registrato come Comunardo e non fu battezzato, alla morte del padre, tuttavia, sua madre, terrorizzata dal fatto che suo figlio potesse essere perseguitato dai fascisti per via del suo nome, lo fece battezzare con il nome di Giuseppe. Comunardo all’epoca aveva già 6 anni e non si girava quando lo chiamavano Giuseppe, il compromesso fu trovato in Nando, appellativo con cui a Genzano lo conoscevano tutti. Tra le altre cose Comunardo mi ha insegnato a mangiare pane, burro e alici alle 6 di mattina mentre si distilla la grappa e ad amare la vita.

Una volta ho ascoltato Moni Ovadia parlare alla commemorazione per la morte di Teresa Sarti. Raccontò la storia dei 36 saggi che per la cultura ebraica sorreggono, in ogni epoca e nell’anonimato, le sorti del mondo. Se, come probabile, Moni Ovadia aveva ragione nel ritenere di averne conosciuto uno, Teresa, io posso dire con certezza di averne conosciuti due.

quarto giorno della campagna di crowdfunding per Il tempo dei rimedi

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