Va bene, Celeste, che sia per ora un piccolo, allegro dialogo tra noi mentre fila la metropolitana lungo i suoi binari e poi lasciando il mondo e bucando la notte andandosene a zonzo tra le stelle. Sì, ecco molto meglio, prendiamo una metropoliutana che conduce nel firmamento e lì, in silenzio, ammiriamo le lucine che parlano al cuore. Oh non voglio farti andare a dormire pensando a cose tristi! E allora, una piccola storia tragicomica che non troverai in Romaamor perché si svolge a Torino.
A diciannove anni o giù di lì, ancora bambina in cuore e ben lavata all’umiltà dall’Istituto Mater Dei, finii (non so neanche dir perché) a dare una mano a una certa compagna di classe, figlia di un addetto stampa della Camera dei deputati, in una importante Fiera del Libro. Dovevamo far da ufficio stampa al primo romanzo di Hugo Pratt. Dormivamo – Pratt e Corto Maltese nella stanza accanto – in un albergo zeppo di stelle, nel centro di quella città sull’attenti, savoiarda, un poco buia per i miei gusti. Lei la mia amica, che portava un nome tale e quale a una via consolare romana e aveva negli occhi di lampo verde una malizia di femmina a me allora sconosciuta, mi sussurrò fin dal primo giorno di stare in guardia: in albergo, infatti, non sapevano che io occupassi il secondo letto in camera sua… Come se non mi bastasse già l’insicurezza che portavo fin dalla culla cucita all’anima.
Ogni mattina, dunque, con la pioggia o con il sole, rimboccavo per benino le lenzuola che, di notte, cercavo di gualcire meno della principessa sul pisello. Poi scivolavo, spolverando i muri, giù per le scale, senza metter piede in ascensore che non si sa mai. Lei, “l’amica”, mi aspettava neanche fossi una spia al bar dell’angolo. “Ti hanno vista?”, sussurrava. E via in taxi alla fiera. Una mattina, mentre sgattaiolavo rasente i muri, facendo a precipizio le scale color porpora, incrociai un tipo impomatato, con dei gran riccioloni neri. Mi fermò, trattenendomi per la mano. Io, dal terrore, clandestina e rea qual ero, quasi gli sputavo il cuore mio in faccia… Ma lui, bonario, mi disse: “Non c’è bisogno che si rifaccia tutti i giorni il letto, signorina. Le cameriere sono pagate per questo…”. Io, color porpora come le scale.
Aggiornamento
Va bene, Celeste, che sia per ora un piccolo, allegro dialogo tra noi mentre fila la metropolitana lungo i suoi binari e poi lasciando il mondo e bucando la notte andandosene a zonzo tra le stelle. Sì, ecco molto meglio, prendiamo una metropoliutana che conduce nel firmamento e lì, in silenzio, ammiriamo le lucine che […]