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Una prova d’astuzia

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In una piazza di un piccolo paese, cinque amici continuano a ritrovarsi come facevano un tempo. C’è chi è partito ed è tornato, chi non se n’è mai andato e sogna di farlo, chi si sente sospeso tra provincia e metropoli. Ogni stagione dell’anno li vede di nuovo insieme, seduti nello stesso luogo che resiste al cambiare dei tempi e all’avanzare uniforme dei centri commerciali che hanno contagiato anche Borgo del Po.

La nebbia, mare quieto che protegge e nasconde, diventa il filo che unisce le loro vite, i segreti, le nostalgie e le piccole verità che ognuno porta con sé. In quei giorni sospesi recuperano il presente, quello dimenticato tra i rimpianti e le aspettative future, e tornano a sognare come quando erano ragazzi.

Ma qualcosa di più profondo li lega: un desiderio condiviso, un viaggio rimandato troppo a lungo. Quando finalmente decidono di affrontarlo insieme, scoprono che quella partenza è più di una fuga o un’avventura. È una prova, un banco di verità e di astuzia, che rivelerà cosa sono davvero disposti a lasciare indietro.

Capitolo 1: I cinque
amici

Claudio Rinaldini

In casa c’è silenzio. Solo gli insistenti miagolii del gatto che ha fame rompono l’assenza di suoni. Presto fatto. Un po’ di croccantini dentro una ciotola. Acqua fresca nell’altra. Lo accarezza e ritorna il silenzio assoluto. Claudio è sveglio da due ore. Da qualche anno non dorme più così bene come prima. Neppure nei giorni festivi nei quali non deve alzarsi presto per il lavoro. Si sveglia all’alba e riflette. Pensa soprattutto al passato, nel quale spesso è proiettato e nel quale si adagia un po’ troppo, per assuefazione al presente e timore del futuro. Ha già fatto colazione. Sta leggendo Il Gazzettino del Borgo, al quale è abbonato. Per prima cosa, come d’abitudine, consulta la pagina della cronaca locale. È giugno e inizia a far caldo. Squilla la suoneria con la canzone One moment in time di Whitney Houston, che Claudio si è fatto scaricare e applicare al suo telefonino. È Davide Morganti.

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«Pronto? Ah, sei tu! Non mi è comparso il tuo nome: ’sto cazzo di telefono fa come vuole. Ciao Davide. Ciao bello. Come vuoi che vada: al solito. Eh? Come? Parla più forte, che non ti sento bene. No, non sono diventato sordo, pirla: è che la tua voce va e viene e sembra inscatolata, metallica. Ma cosa vuoi che succeda qui? Mi sembri matto! Non lo conosci questo posto? Ti sei dimenticato com’è? Non c’è in giro nessuno. Il coprifuoco. Questo è un paese fantasma. La morte civile. La gente resta in casa. E quei pochi che escono, non si fanno i cazzi loro. La nebbia, che ormai non è così intensa come anni fa, s’è rifugiata nel cervello di molta gente. Hanno il grigio dentro. Eh? Non ho capito, ti sento male. Da solo? Ma dove vuoi che vada in giro da solo. Cosa vuoi che faccia da lupo solitario. Ci fosse qualcuno di voi, allora sì che sarebbe tutto diverso. Davide, se ci fossi tu, sarebbe tutto diverso. Eh, già: perché noi il “tiro in porta” ce l’abbiamo ancora, patatone. E io, quando giocavo a calcio, ero un goleador. Ci pensi che bei casini che faremmo ancora? Ma qui da solo, dove cazzo vuoi che vada. Se non posso condividere con te e con voi amici, che senso ha? Come? Ma sì, qualche bella pesciolona cade ancora nella rete del pescator Rinaldini. Provo emozioni sporadiche che durano il tempo di un “io ti battezzo” e poi stop. Dopo che son riuscito a uscire con qualche bella cliente avvenente o qualcuna carina conosciuta in un bar o in una pausa pranzo, mi fermo e non do seguito. Faccio il provolone per mantenermi allenato ma in realtà poco m’importa di approfondire e proseguire la conoscenza. Ma ormai tutto ciò succede sempre più raramente. Tieni anche conto del fatto che ho mia moglie Luisa che non si fida di me, quindi devo fare attenzione. Però la verità è che adesso non me ne frega più niente: questo è il punto. Il vero dramma, è che non ho più stimoli. Sicuramente ritroverei stimoli se fossimo in compagnia, se condividessimo le nostre avventure come succedeva anni fa. Ma m’avete abbandonato: chi da una parte, chi dall’altra. È la vita, lo so. Tu e tuo fratello Andrea abitate nella metropoli e il povero provincialotto Claudio resta ancora qui. Lo so: colpa mia perché ho sbagliato tutte le decisioni più importanti della vita. Qui mi resta soltanto Massimiliano Landoni, ma lo conosci bene anche tu e sai che vive in un mondo tutto suo. Fai presto tu a dirmi di muovermi, di darmi da fare. Ma dove vuoi che vada in giro da solo come un barbagianni. Ma dai! E poi non voglio più menate, discussioni. Voglio stare tranquillo. Anche se tranquillo non ci sto comunque, lo sai. Dovrei trovare gli stimoli. Dovrei innamorarmi, ecco! Ma nella vita, la persona che vorresti magari non ti vuole nella sua. Perché nei rapporti, seppur in modo non esattamente speculare, ci vuole comunque una certa reciprocità, ci vuole desiderio. Per innamorarsi ancora ci vuole tempo, impegno e soprattutto una bella botta di culo. Caro mio, è così. E poi la vita senza amici è difficile, credimi. C’è meno soddisfazione a far tutto. Ad esempio, a chi lo racconto che ho trombato una di fuorivia? Al barista chiacchierone? Al gatto? A chi? Tu fai alla svelta a parlare. Tu e Andrea avete mille opportunità nella big city: teatro, concerti, locali di tutti i tipi. Tu giri. Tu vai. Le lezioni di tennis ai ragazzini. Le loro mamme carine e disponibili da broccolare. Minchia, se abitassi anch’io a Milano. I numeri. I numeri da circo faremmo. Ma qui, che numeri vuoi fare? Solo quelli che dai in tabaccheria per il concorso del Superenalotto. E così alla sera resto a casa e guardo alla tele quel programma che almeno mi diverte. Quale? Ma sì, quello dei vip sull’isola. A volte un filmetto carino e comico. Mando dei messaggi a qualche topina, giusto per sentirmi vivo. Uno spezzone di porno sul tablet, quando quella “mummia isterica” di mia moglie s’addormenta. Sì, perché Luisa sembra una mummia che ha i nervi a fior di pelle. È da quasi trent’anni che la sopporto. Che ci sopportiamo. Se ci penso, mi viene da star male. E ogni tanto devo purtroppo fare ancora il mio cosiddetto dovere coniugale per evitare menate e discussioni. Eh? Perché non la mando a cagare? Mi dispiace. In fondo sono buono e mi dispiace. Senza di me, dove vuoi che vada? Ormai è andata così. Non si può più tornare indietro. Bisognerebbe trovare la forza di andare avanti. Se ci foste qui voi, sarebbe diverso. Avrei più forza. Probabilmente troverei la forza di mandarla a fanculo. Il resto? Ma quale resto vuoi che ci sia? Te lo ripeto: programmi in TV. Guardo qualche partita di calcio che mi distrae, visto che neppure a calcetto posso più giocare per via del mio infortunio. Tu non sai che voglia avrei di poter giocare ancora almeno a calcetto. Poi guardo l’isola vip perché in quel reality ci sono di quelle gnocche da paura! Non lo guardi tu? Fai male, dovresti vederlo. Ma dai, ma non fare l’intellettuale che secondo me te lo guardi di nascosto. Se no di cosa parli con la gente il giorno dopo? Di questo programma, di quello dei cuochi, del talk show sulla politica o di calcio. Qui è così e ci si deve accontentare, caro mio. Qui si viaggia di conserva. Faccio due battute alla cassiera del supermercato, quando mia moglie è in un’altra corsia e non mi vede. Sono diventato mezzo rincoglionito. E come in Febbre da cavallo: “Ce semo tutti, a papà: vai cor tango”. Non sono più i tempi, caro Davide. Come quali tempi? I nostri tempi, cazzo. Allora sì che stavamo davvero bene. Non mi ci far pensare che scappo di casa e Luisa la mando a fanculo davvero stavolta. Se mi gira, ci metto un attimo! Come? Come non ce la faccio? Come lo dico da anni ma poi sto sempre qui con lei? Tu lascia fare a Claudio e vedrai che prima o poi un bel giorno cambierà. Vedrai vedrai: pensa che questa canzone di Tenco, che era già uscita sul mercato da oltre dieci anni, è stata uno dei primi 45 giri che mio zio mi ha regalato quand’ero bambino. Quanto mi piaceva quella canzone. Quanto mi piace ancora adesso. Quelle di oggi invece non te le ricordi più dopo qualche mese. Caro Davide, ma un bel giorno un viaggio insieme ce lo facciamo ancora. Una bella vacanza come dico io. Tutti insieme come allora. Lo facciamo noi un bel botto, un bel casino prima di rimbambirci del tutto. Caro il mio patatone: tu lascia organizzare a me e vedrai. Io ogni tanto ci penso. Caraibi. Brasile. Dove c’è la fi… sarmonica che suona per noi. Scappiamo. Scappiamo e non torniamo più. La nostra rivincita. Alla grande, cazzo. Ah, cambiando argomento: hai saputo che Luigi s’è separato? Come, chi? Luigi, quello dell’edicola. Non dirlo a nessuno ma te lo spiego io il perché. Gli hanno fatto una soffiata e ha beccato la moglie a letto con un altro. Un dirigente. Un pezzo grosso della banca in cui lei lavora. Un ispettore inviato dalla sede centrale della banca e che ogni tanto gira a controllare le filiali. Passa ogni due o tre mesi da ciascun paese della zona. È uno sveglio. Uno che ci sa fare. E la moglie di Luigi, pare ne abbia subito il fascino. Che casino! Che casino è successo. Lo han saputo tutti qui a Borgo sul Po. Un casino che non ti dico. Lui che urlava. Lei più di lui. I vicini alla finestra. Non l’ha perdonata. Adesso si è separato e vive a casa. Come quale casa? Quella dei suoi genitori. Eh? Come? Parla più forte che non ti sento. Ma dove sei? Sei in chiesa a confessare i tuoi peccati, visto che parli così piano? No, guarda che il mio telefono funziona bene: sarà il tuo che va male. Vabbè, comunque cosa c’è di male se Luigi è tornato a vivere dai suoi genitori? Perché ha cinquant’anni? E chissenefrega! È pur sempre casa sua. Anzi, quella è la sua vera casa: te lo dico io. E poi con quel che costano gli affitti anche qui. Cosa fai, ridi? Ridi, ridi, ma c’arriverai anche tu ad avere il cinque che è quasi sei come primo numero dell’età, patatone. C’arriverai anche tu. Ti mancano pochi anni ad avere il cinque davanti. Te ne accorgerai. Il fisico, il fisico. Il metabolismo, il metabolismo. Prima digerivo anche i sassi ma ora fatico a digerire anche l’insalata. C’arriverai e allora capirai, Davide. Dovrei vivere più rilassato? Con chi? Con lei? Ma sei fuori! Te l’ho già detto: siamo come fratello e sorella. E ti ho detto tutto. A buon intenditor poche parole. Luisa al massimo è una con la quale scambiare due chiacchiere, due pettegolezzi. Una con cui andare al supermercato. Che poi, a volte, ci vado da solo a far la spesa e sto pure meglio perché sono più libero. Ma sì, poi ci parlo con mia moglie, ma stando sempre attento a quel che dico. Perché se ci si apre troppo, si è fottuti. Se perdi lo scettro e se perdi il volante, sei fottuto. Che palle, Davide. Che due palle che mi tiro. Come? Ti sento ancora male: la tua voce sembra provenire dall’aldilà: sei andato direttamente all’Inferno o ti hanno graziato e sei in Purgatorio? Ma dove cazzo sei, in galera o ti hanno rapito e segregato in una grotta? Ahahah. Ti stavo dicendo che tutto sommato voglio bene a Luisa, come si può voler bene a una sorella. Una sorella di quelle con le quali litighi spesso. Ma se trovassi la forza, te lo dico io: via! Via di corsa! Ma da solo dove mai potrei andare? Se ci foste voi, venderei la casa enorme che ho e fuori dai coglioni. Un bel cartello “Vendesi” affisso sotto in strada e fuori dalle palle a divertirci. E invece devo mandar giù e subire. Quand’è che ti fai vedere, Davide? Qui cambia tutto ma in fondo non cambia niente. Qui ci sono le solite storie di tutti i giorni, come canta Riccardo Fogli. Tutto è uguale qui. È così che va la vita. Non siamo più quelli di prima. È inutile. Vorrei ma non posso muovermi con la “palla al piede” che mi son tirato in casa. E poi c’è anche il mio gatto di dodici anni. Eh sì, perché la casa è mia e il gatto è mio. Mi dispiace andarmene. Mi faccio troppi scrupoli del cazzo, lo so. Tempus fugit? È vero, però fai alla svelta tu a parlare ma bisogna provare a esserci in certe situazioni per capire bene come vanno le cose. Un giorno ti spiegherò. Ti parlerò con calma. Quando torni a Borgo? Ok, va bene. Benissimo. Sì, ciao. Ciao, a presto. Ci vediamo presto. Ci conto.»

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Maurizio Amigoni De Stefani
Dopo un’adolescenza e una parte della sua strada da adulto trascorse in giro per il mondo, ha indirizzato il suo percorso professionale tra la recitazione, il doppiaggio, la radio e la televisione. Parallelamente, ha intrapreso gli studi in ambito Comunicazione e Relazioni pubbliche, esercitando anche come coach di Public Speaking e Life Mental Coaching. Di recente ha scritto uno spettacolo dedicato a Frank Sinatra, dal titolo My dear Frank. È al suo secondo romanzo.
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