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Tu devi essere Lauro

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Bloccato in una routine senza ambizioni, un giovane uomo privo di certezze si ritrova catapultato in un viaggio inaspettato verso la Giordania. Nella piccola redazione locale in cui lavora come assistente, una notizia insolita scuote la quotidianità: a Wadi Musa stanno per eleggere come sindaco un cavallo. Sarà lui, riluttante e impreparato, a dover coprire lo scoop. Ad accompagnarlo, un enigmatico interprete che si rifiuta di socializzare e un itinerario che si snoda tra città sconosciute, incontri improbabili e situazioni fuori dall’ordinario. Di tappa in tappa, dalle strade di Lubiana alle polverose terre siriane, il protagonista si troverà coinvolto in vicende che sfideranno le sue paure, lo costringeranno a interrogarsi sulla propria identità e lo condurranno a scoprire il valore nascosto nelle connessioni umane.

Capitolo I

Prima di toglierlo, il tappo della mia penna nera deve avere il lato lungo posto in corrispondenza della scritta bic; e dunque deve coprirla fino a mostrare la sola c. È questo il mio unico vizio, o vezzo.

Soltanto a quel punto, scrivo.

Ma poi cancello.

E riscrivo.

E cancello.

Ore e ore così. Mi sento soffocare. Sul serio: c’è qualcosa che sono in grado di fare?

So fare tutto o forse niente, da domani si vedrà.

Sì, da domani. Ma quando domani diventerà oggi?

Il tempo passa e le persone crescono, il sole sorge e tramonta, la luna nasce e cala, la gente si lamenta ma poi festeggia sempre. E io? Forse anche io mi diverto – ogni tanto – eppure so – questo sempre – di dare a tutti un assaggio davvero piccolo di me; un assaggio che spaccio per portata principale, ma è così misero da non poterlo celare del tutto. Sì, così misero che se fossi seduto in un ristorante, e il cameriere si azzardasse a servirmelo, io lo rifiuterei: «Non ho ordinato azoto condito, se lo tenga!».

Da qualche settimana ho intrapreso ufficialmente la mia prima carriera lavorativa. Sono passato dall’essere stagista all’avere un contratto a tempo determinato per un quotidiano locale. Ed ecco che il perpetuo circuito delle mie giornate si è completato.

Il mio capo è un tipo molto ambizioso; dovrebbe essere un modello per me – ma un po’ mi inquieta –. Penso mi abbia assunto perché gli ho fatto tenerezza. Anzi, voglio essere sincero: sono stato un tantino raccomandato, se in questo caso si può parlare di raccomandazione.

È mia madre l’artefice di tutto, deve avere parlato bene di me a quello che attualmente è, appunto, il mio datore di lavoro.

L’ha conosciuto dal panettiere. Lei stava ordinando un paio di tartarughine, le mie preferite, lui del pane integrale perché, credo, sia a dieta. Così ogni giorno, alla solita ora, quello si reca davanti all’entrata dello stesso negozio e sa che ci troverà mia mamma.

Lei, però, è lì per necessità. Ci passa in quei quindici minuti liberi tra le 9:30, ora in cui finisce palestra, e le 9:45, ora in cui inizia a lavorare; il mio capo, invece, solo perché vorrebbe invitarla a cena. Ma mia madre, donna sveglia, lo deve avere capito. Sì, l’ha capito di sicuro e avrà fatto leva su questa sua debolezza per farmi assumere. Che persona, mia madre! Tantissimo rapportato al poco che sono io. Certe volte penso che la genetica abbia giocato un tantino male con me. Avrò preso da mio padre?

Oltre a questo, dicevo: scrivo e cancello. Ma cosa? Non lo so. Vorrei scrivere un romanzo, o magari qualche poesia. A scopo terapeutico, più che altro. Però non ho proprio stimoli.

Parlando di romanzi, non credo mi manchi la tecnica, piuttosto sono carenti gli argomenti. Di cosa dovrei parlare? Magari scrivo un paio di pagine… Una volta mi sono addirittura inoltrato nel remoto mondo del capitolo intero; ma poi nulla. Immense pagine di vuoto come, nella realtà delle cose, le mie giornate. Sono un po’ distratto.

Quando invece decido di provare a comporre qualche poesia, la situazione è ancora più critica: prendo in mano la penna ma subito devo fermarmi. Come scrivere? Quale metro usare? Sono ancora necessarie le rime nel XXI secolo? Mi faccio troppe domande e, ovviamente, non concludo nulla. Il foglio rimane ancora più bianco di quando lo avevo strappato di fretta dal quaderno. Sì, sono davvero troppo distratto.

Quattro giorni fa, per esempio, ho deciso di abbonarmi al canale che trasmette tutte le partite della Serie A in full HD. Ben trentacinque euro ogni trenta giorni, con obbligo contrattuale di dodici mesi… Peccato che il campionato finisca la settimana prossima.

Sì, lo so. Oltre che distratto, sono un tantino stupido. Però, se sono nato così, cosa ci posso fare?

Per fortuna oggi è una bellissima giornata, una di quelle da gelato al parco e occhiali da sole. Ho anche una sorta di appuntamento e – devo ammetterlo – non vedo l’ora. Spero solo di non arrivare in ritardo a lavoro.

Ah, chi sono io? Non è importante.

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Capitolo II

Adoro camminare. Cammino e penso. Ma se penso troppo mi fermo. Mi scervello attorno ai progetti che voglio intraprendere, a come rendere concreto ciò che nella mia mente è astratto.

Quindi, sostanzialmente, spreco tempo.

Esco di casa.

Le chiavi? Le ho prese: sono appese al collo.

Faccio così da quella volta in cui ho bucato la tasca destra del mio jeans nero preferito. Mi sono accorto di aver combinato il danno solo quando ho perso venti euro. Quella poveretta di mia madre! Me li aveva dati lei. Voleva solo che le facessi la spesa. Come spesso capita, era molto impegnata quel giorno, e ricordo che si era raccomandata tanto: «Non dimenticarti il latte e soprattutto le crocchette per i gatti!».

«Certo, mamma!»

«Tesoro!»

«Dimmi!»

«Mi raccomando…»

E invece è andata come è andata: ho messo a uno a uno i prodotti nel carrello – stranamente avevo trovato tutto, e anche in breve tempo! –, e sono andato verso la cassa. La cassiera, bellissima, masticando a denti alti una gomma alla fragola, mi ha squadrato, ha accennato un sorriso e mi ha scandito l’importo: «Diciotto euro e venti centesimi».

«Un secondo…»

Ho cercato e ricercato i soldi tastandomi tutto il corpo, come se un esercito di formiche stesse percorrendo le zone della mia pelle più prossime alle tasche. Secondo dopo secondo percepivo un alone di umidità in corrispondenza delle ascelle. Minuto dopo minuto il mio colorito stava diventando più rossastro.

Non sapendo dove guardare, mi sono voltato. Come se la situazione non fosse già abbastanza imbarazzante, una folla di gente era prolificata alle mie spalle – lo giuro, saranno state due o trecento persone –. Sembrava una scena tratta da Le comiche: «Ascolta, giovane, non abbiamo tutta la giornata!». E poi: «Dai, muoviti!».

«Un attimo, vi garantisco che ce li avevo qua…»

Probabilmente l’indice di imbarazzo della situazione si era così tanto saturato che quella ragazza, la cassiera, ha deciso di pagarmi la spesa di tasca sua.

Mia madre nel pomeriggio le ha restituito l’intera somma, più un buon 15% di mancia.

Ma dove erano quei venti euro? Due centimetri sopra al calzino, tra l’interno del pantalone e l’esterno del mio stinco. Dalla tasca mi erano scivolati laggiù.

C’è di buono che, comunque vadano le cose, mi piace cercare di prendere la vita con una sorta di filosofia positiva – e questo, forse, per una questione di necessità –. I miei amici dicono di invidiarmi perché vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Non so se credergli.

In ogni caso la lezione mi è servita: da quel giorno, ho smesso di mettere le chiavi nella tasca anteriore destra del pantalone.

Il tempo stringe.

Quello che ho è un appuntamento serio, con una ragazza vera.

Volendo essere più precisi, in realtà, è “la ragazza”. Proprio quella dei diciotto euro e venti centesimi.

Ieri sera – devo ammettere, molto insolitamente – mi ha scritto per chiedermi se ci saremmo potuti incontrare. Non so come sia arrivata al mio contatto, ma è così bella che non ci ho pensato due volte prima di rispondere: «Certo, domani mattina ci sono».

Forse sono stato un po’ ingenuo, un po’ inesperto. Come minimo avrei dovuto far passare un’ora e tre quarti prima di inviare il messaggio. O almeno, non avrei dovuto essere così precipitoso. È che è davvero bella.

Sì, tanto bella che non riesco a non vedere qualcosa di strano nel fatto che mi abbia scritto. Percepisco una fastidiosa sensazione tra la base del collo e il retro delle orecchie. Non mi sento a mio agio. Questa notte non ho nemmeno dormito, ho pensato a lei tutto il tempo.

Forse sto solo esagerando. Il suo volto non ha mai occupato un ruolo predominante nei miei pensieri, almeno fino a ora. Ma, come spesso accade quando comincio a percepire come vicino un qualcosa che è sempre stato lontano, ho accelerato idealmente il tempo di attesa. La mia mente ha iniziato a concentrarsi sulla sua immagine, pensandola talmente tanto che l’ho anche sognata: seducente, occhi profondi, curve sinuose, voce dolce. Un fiore raro tutto per me.

Il tempo ha stretto troppo.

La vedo a circa sei o sette panchine davanti a me, tra un tiglio e un bidone. Mi fa un cenno pudico con la mano. Prendo un lungo respiro e proseguo verso di lei.

È con un’altra ragazza, che mi sembra di riconoscere: veniva alle elementari con me. Non mi ricordo il nome… forse Alessia o Elisa. Non è mai stata tanto affascinante – anzi, è davvero brutta –, in più sembra indossare gli stessi occhiali che aveva in terza elementare. Ma del resto, quale pietra, se confrontata con un diamante, verrebbe scelta?

Mi chiedo solo che ci facciano insieme.

Ah, sì!

Credo lavori anche lei al minimarket. Mi pare faccia la magazziniera. Vabbè, poco cambia: ho un cuore d’oro, e mi spiace a prescindere per la mia vecchia compagna… Si sa, “fare la candela” è sempre imbarazzante.

Faccio allora un altro bel respiro, molto più profondo del precedente.

Tra l’ansia e la curiosità – ma soprattutto l’ansia –, mi avvicino.

Sto per aprire la bocca.

Penso velocemente a cosa dire.

Ho la bocca semiaperta – credo di sembrare scemo –. Ripeto nella mia mente: Qualcosa dovrai pur dire!

Poi, in un batter di ciglio, il mio diamante mi precede: «Va bene, io vi lascio… Parlatevi, però fate una roba veloce. Se poi è cosa, vi beccherete un’altra volta… da soli».

Una freccia gelida. Mi si congela il cuore.

Rimango ancora di più senza parole. Sento un criceto che mi corre nello stomaco. Il bel sole di questa mattina si spegne, come un mozzicone di sigaretta schiacciato nel posacenere che è il mio petto. Mi ero costruito un castello di illusioni e ora è crollato. Addosso a me. Sono un imbecille, un credulone. Come ho fatto a illudermi così tanto? Certo, questo almeno spiega come abbia fatto a contattarmi: quell’altra deve averle detto il mio nome.

Che doccia fredda.

La mia vecchia compagna, balbettando per l’emozione, prende l’iniziativa: «Ciao, non so se ti ricordi di me. Sono Mar… – ecco qual era il nome: Maria! – Scusa, sono Marzia».

«Sì.»

La sua bocca inizia ad aprirsi per dire un’infinità di cose delle quali non ne ascolto mezza; so solo che ogni secondo che passa, quella pietra, per me, diventa sempre più opaca, fino a trasformarsi in un sassolino. Uno di quelli fastidiosi che ti si infilano nella scarpa.

«Hai capito cosa ti ho detto?»

«No, scusa, ero distratto. Puoi ripetere?»

«Allora ci sentiamo?»

«Ah, sì sì, chiaro.» E guardo con occhi insofferenti il mio sogno ormai infranto.

Ha fissato il telefono tutto il tempo. Non mi ha rivolto nemmeno un singolo cenno, non una parola. Solo uno sbrigativo invito a conoscere la sua amica.

Siamo alle solite.

Quell’altra mi ha lasciato il suo numero di telefono su un foglietto. L’ho trasformato in una palla e, dopo che si è girata, l’ho lanciata in un bidone: ho fatto cilecca.

2024-04-11

Evento

Barberì Caffè - Bologna, via Barberia 1b Giovedì scorso si è tenuta la seconda presentazione bolognese del mio romanzo. L'evento è stato anche un'occasione per festeggiare tutti insieme il traguardo dei duecento pre-ordini. Grazie ancora a tutti: non ci stavate nella sala! Oltre a questo, mi ha fatto moltissimo piacere vedere così tanti volti nuovi e interessati, e spero davvero che il romanzo vi piaccia. Intanto, la campagna di pre-ordini - così come l'iniziativa benefica collegata - continua: il prossimo obiettivo è duecentocinquanta copie pre-vendute. Dunque, come sempre, il contributo di ogni lettore è fondamentale. Raoul
2024-03-31

Aggiornamento

Duecento pre-ordini, in meno di un mese. Più di centocinquanta persone diverse che hanno acquistato delle copie del mio romanzo. Per questo, vorrei ringraziarvi tutti; per me è un obiettivo di enorme importanza. Spero infatti di avere il modo di mostrare personalmente questa gratitudine ad ognuno di voi, ma intanto vi basti sapere - ancora una volta - quanto siete stati e siete importanti. Qui lascio una foto degli appunti che ho preso e su cui mi sono basato per immaginare e progettare il viaggio su cui si basa il romanzo. Questo sia per rispondere a una delle domande che mi viene fatta più spesso, ovvero "ma hai fatto davvero questo viaggio?", sia - simbolicamente - per farvi partecipare retroattivamente ad ogni fase di questa impresa, della quali siete parte attiva e fondamentale. Ora, sebbene il primo e più importante obiettivo sia stato raggiunto, la campagna di pre-ordini prosegue. Il prossimo goal è arrivare a 250 pre-ordini, così che il mio romanzo possa contare su una spinta promozionale ancora più forte. Inoltre, come promesso, il mio ricavato di ogni copia che venderò da qui alla fine di questa campagna sarà devoluto a Medici Senza Frontiere; dunque, anche per questo, è ancora importantissimo l'aiuto di ogni possibile lettore.
2024-03-21

Evento

Barberì Caffè - Bologna, via Barberia 1b
Ciao a tutti!
Innanzitutto, ancora grazie per la velocità e la voracità con cui state pre-ordinando il romanzo: mancano solo 40 copie!
Segnalo poi che questa sera, dalle ore 18:30, presenterò il mio romanzo presso il bar "Barberì Caffé" di via Barberia a Bologna. Sarà la prima presentazione di questo romanzo e siete tutti invitati! Ci sarà anche un ricco aperitivo per tutti e un piccolo omaggio che farò a chi pre-ordinerà il libro. Segnalo inoltre, nel medesimo evento, la presentazione del cortometraggio ""Heavens" di Alberto Meleleo. A stasera!
Raoul
2024-03-14

L’Informatore Vigevanese

Un trafiletto su "Tu devi essere Lauro" è oggi sul settimanale "L'Informatore Vigevanese"! Ne approfitto per ringraziare tutti quelli che stanno dimostrando la loro stima e fiducia nei miei confronti e nei confronti del mio romanzo tramite il pre-ordine di una copia di questo. La campagna sta volando: più di 130 copie vendute in appena dieci giorni! Neanche Fabio Volo vende così tanto. A parte gli scherzi, se la trama del romanzo vi ha preso, il progetto vi ha interessato o avete una semplice curiosità, l'acquisto di anche solo una copia del libro è vitale! Dunque, continuate a pre-ordinare e fatemi sapere cosa ne pensate! Raoul

Commenti

  1. Ho letto e riletto l’anteprima del romanzo di Raoul Spiccia, mi ha intrigato talmente tanto che non vedo l’ ora di continuare la mia piacevole esperienza, aspettando che mi venga spedito il libro, per conoscere meglio come si svolge l’avvincente storia. Complimenti Raoul!

  2. (proprietario verificato)

    Tu devi essere Lauro. Titolo significativo che si collega a un passaggio fondamentale del romanzo: un momento di ricerca della propria identità e proprio questo tema fa da cardine a tutta la storia.
    Essere giovani in un mondo pieno di conflitti e difficoltà non è facile, tanto meno trovare il proprio spazio e la propria voce.
    Il protagonista del libro potrebbe rappresentare un po’ tutti noi, persi nella quotidianità senza avere il coraggio di andare a ritrovare noi stessi.
    Grazie a un viaggio sui generis per l’ambientazione e soprattutto per la compagnia, assistiamo a un cambiamento interiore che alla fine ci spronerà a provare lo stesso.
    Consiglio vivamente la lettura di questo romanzo, a tratti molto emozionante, divertente e riflessivo.

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Raoul Spiccia
Raoul Spiccia, nato a Vigevano (PV) nel 2000, ha conseguito la laurea in Lettere moderne, proseguendo poi il suo percorso accademico a Bologna, dove ha ottenuto il titolo in Cinema, televisione e produzione multimediale. Attualmente è dottorando di ricerca presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. “Tu devi essere Lauro” è il suo primo romanzo.
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