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Le Leggende di Kentar. Astri insanguinati

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Lily, Arthur, Xina e Mark hanno finalmente ritrovato Cyril, ma il loro viaggio verso Eregast è solo all’inizio. Insieme alla giovane regina, dovranno svelare le trame oscure che minacciano il regno di Grodar. Una nuova ombra si staglia all’orizzonte: il Grande Sacerdote Portos, con il suo crescente potere e il controllo esercitato attraverso il Culto, ha assoggettato il popolo alla sua volontà. Eppure, dietro di lui si cela una figura ancora nell’ombra, capace di stringere alleanze persino con i nemici storici del regno. Nel loro cammino, i protagonisti saranno messi alla prova da creature terrificanti e da avversità che sfideranno non solo la loro forza fisica, ma anche il coraggio e la stabilità delle loro menti. Oltre a combattere contro nemici visibili, dovranno affrontare le proprie paure più profonde, in una lotta per salvare non solo Grodar, ma anche loro stessi.

Introduzione

È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che siamo stati a Kentar e credo sia doveroso fare un piccolo riassunto di quanto successo.

I fatti di questo libro si svolgono immediatamente dopo Le leggende di Kentar. Gli ultimi Cacciatori.

L’alleanza sognata dal re di Smeraldix Smox dei Sigmagxi tra i regni di Kentar sta piano piano prendendo forma; Grodar è isolato e i nemici non sono solo oltre i suoi confini.

Il principe Eduard Lenuar e il cavaliere Alexandar Villar devono districare la matassa di intrighi escogitata dal Grande Sacerdote.

Nel frattempo, a nord, il gruppo composto da Lily, Xina, Mark e Arthur, dopo una complicata lotta contro un branco di Troll, ha finalmente ritrovato Cyril.

Il fratello di Lily sarà caduto preda dei suoi occhi? C’è ancora speranza per l’ultimo Cacciatore di Bosco Ombra?

Mentre il mondo è in subbuglio, occhi di nemici dimenticati attendono pazientemente il momento opportuno per poter fare la loro mossa.

Prologo.
La volontà degli dèi

Fuori pioveva, l’ennesimo preambolo di un inverno ormai imminente, e l’acqua schiaffeggiava i vetri colorati del Grande Tempio fustigato da selvagge raffiche di vento.

Sir Kyrios Asperthir indossò la sua armatura consacrata, d’acciaio pregiato e tirato a lucido, e sulla cotta d’arme era cucita una stella dorata a quattro punte, il simbolo del Culto, il vessillo del Grande Tempio di Altais. L’elmo a cappellina aveva decori dorati e drappi bianchi cadevano dalla sommità, il mantello che gli avvolgeva le spalle era candido, sinonimo di purezza, quella limpidezza d’animo che ben si addiceva ai guerrieri consacrati che avevano donato la loro vita agli dèi.

Si guardò allo specchio, il viso perfettamente rasato, i corti capelli neri tenuti in ordine e il naso con l’attaccatura alta leggermente storto, come sempre; sotto gli occhi scuri pesavano due borse dovute al poco sonno.

Uscì dalla sua stanza, il corridoio era silenzioso, le altre porte sbarrate. Gli altri si devono già essere diretti alla navata principale, disse tra sé, incamminandosi lungo il buio corridoio.

Gli alloggi per i Figli della Stella si trovavano nella parte nordest del Grande Tempio, due alti bastioni a base circolare vi erano connessi tramite altrettanti ponti di pietra con ringhiere d’oro e piastrelle di marmo.

Copos si è raccomandato di aspettare che tutti fossero usciti, ricordò Kyrios mentre percorreva le scale a chiocciola che lo avrebbero portato sul terrazzo del tempio. Quella sera era stato indetto un sacro concilio, perché il nuovo Gran Sacerdote voleva parlare ad alcuni dei suoi fratelli e aveva convocato molti sacerdoti da tutto Grodar, mentre altri scortati da guarnigioni di Figli della Stella erano stati mandati ai palazzi e alle fortezze dei nobili o nelle cattedrali più isolate del regno. Portos pretendeva che in ogni magione o villaggio vi fosse una rappresentanza del Culto, affinché i fedeli non si sentissero abbandonati in quei difficili giorni d’inverno minacciati dai venti di un conflitto che sembrava imminente.

Ormai è ovvio, ci sarà una guerra. E noi che faremo? si chiese Kyrios. Staremo a guardare o combatteremo? Da tempo il Culto non entrava nelle questioni di Stato, per via di un vecchio trattato stipulato tra Fede e Corona quando sul trono c’erano i Dragan. “Ma Portos la pensa diversamente, è molto legato alle antiche usanze. E quel trattato è stato stilato con i Draghi, non col Leone Alato di Forteruggito” dicevano molti dei suoi confratelli più anziani. “Vedrai che presto ci ordinerà di entrare in guerra!” affermavano i più giovani con tono colmo di entusiasmo. Probabilmente hanno ragione, Portos è diverso dai vecchi Grandi Sacerdoti, ha sempre affermato quanto fosse importante riunificare il Culto come lo era nei suoi primi giorni. Prima che l’egoismo e la smania di potere dei mortali ne deviassero il messaggio dando vita alle altre dottrine.

Riunire il Culto, però, non era facile. Hornar aveva la sua visione della religione, che non prevedeva grandi cattedrali sfarzose, milizie armate o sacerdoti consacrati. I Laghi, invece, da quel punto di vista erano più organizzati, ma le differenze di vedute parevano insanabili: per loro non c’era un Grande Sacerdote, ma si affidavano a un Consiglio di monaci scelti dal re che annualmente si riuniva per discutere la dottrina e i suoi dogmi. Solo a Grodar il Culto era indipendente, organizzato alla stregua di un regno, con eserciti, castelli, terre e oro… molto oro.

Forse una mediazione con le altre dottrine sarebbe possibile, pensò Kyrios. Dopotutto, preghiamo gli stessi dèi. E non credo che vogliano vederci mentre ci uccidiamo tra noi, anche se in loro nome. Certo, Portos non sembra uno incline al dialogo o a un qualsiasi compromesso e soprattutto ha le idee chiare: è sempre stato disposto a tutto pur di ottenere i risultati desiderati, per sé o per i suoi fedeli; non mi sorprenderebbe se anche solo la metà delle voci su Portos e la sua banda di seguaci fossero vere.

Non era chiaro come Portos fosse stato eletto nuovo Gran Sacerdote, alcuni sospettavano dei brogli e un intricato giro di corruzione. Non sarebbe certo la prima volta, la Chiesa delle quattro stelle va avanti a sacchetti d’oro e favori da secoli… E poi il precedente Gran Sacerdote è morto in circostanze alquanto misteriose… Non è normale addormentarsi sani e risvegliarsi freddi.

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Ma Kyrios sapeva bene che il Traghettatore ti prendeva quando meno te lo aspettavi e non c’erano prove che vi fossero Portos e i suoi dietro a tutto; anche il concilio di elezione era stato organizzato con una fretta alquanto sospetta e alle votazioni mancavano molti sacerdoti aventi diritto. Questi ultimi, però, avevano fatto sentire le loro ragioni e avevano chiesto di rivotare, ma ormai Portos era già stato santificato.

E una volta che qualcuno viene santificato con i quattro oli, è Gran Sacerdote fino a che il Traghettatore non se lo prende. In quasi ottocento anni, non era mai successo che qualcuno contestasse un Grande Sacerdote santificato. Ma c’è sempre una prima volta, e quelli del movimento avverso a Portos sembrano essere molto agguerriti.

Aprì la porta di quercia con gli infissi di ottone e si trovò sul largo terrazzo che collegava gli alloggi al tempio. Il vento soffiava impetuoso agitando il mantello bianco che nel frattempo si impregnava d’acqua, la pioggia gli si insinuava tra le giunture della corazza scendendogli lungo la schiena.

Si sporse dal parapetto e guardò la piazza. Un ampio spazio circolare e di qualche centinaio di metri si estendeva attorno a lui, con la sfarzosa costruzione sacra come epicentro. Le case di diverse altezze recintavano il piazzale, una grande fontana con statue di quarzo e marmo si trovava poco distante dall’ingresso del tempio. Un fulmine illuminò il cielo facendo risplendere la cittadella e il Palazzo d’Oro, lontani e leggermente sopraelevati rispetto al secondo livello della città; le mura dorate e le alte torri a protezione dominavano sul panorama e trasudavano leggenda. La casa dei re, pensò guardandola con ammirazione.

Un tuono urlò tra le nubi, illuminando il tempio e l’imponente cupola dorata che fungeva da tetto alla navata principale, ai cui lati svettavano quattro campanili con dorati tetti sferici che arrivavano alle nuvole.

La cupola era alta circa novanta metri e almeno il doppio di diametro; era ricoperta da immense tegole dorate e sulla sommità, appesa a un palo di ferro ombra, troneggiava una stella a quattro punte in oro massiccio. La luce che vince sul buio. Ma quella non era l’unica cosa che il lampo aveva illuminato.

Una figura più o meno alta quanto lui lo aspettava sotto la tettoia di marmo, portava una corazza identica alla sua e stringeva l’elmo a cappellina sotto il braccio destro. L’uomo aveva ricci capelli rossi, occhi neri e il viso pulito poco più giovane del suo. Naso largo ma con la radice alta tipica di Grodar.

«Fratello Copos» disse salutandolo con un movimento del mento.

Copos era l’addetto agli uccelli messaggeri del Grande Tampio, aveva prestato servizio per un paio di anni alla Roccaforte delle Stelle settentrionali, ma si era addestrato nel Sud. Lì, nelle Terre delle Caverne, c’era un sacerdote famoso per i suoi esorcismi e amico di vecchia data di Portos, che ora serviva come Alto Sacerdote a Fortebuio e a Città del cuore.

«Kyrios! Eccoti, finalmente. Dobbiamo muoverci, il concilio sta per cominciare» disse Copos guardando il cielo.

«Ho fatto come hai detto. Ho aspettato in camera che tutti quelli del mio piano fossero usciti. Ora vuoi dirmi che succede?»

«Hai fatto bene, ma adesso seguimi. In silenzio, mi raccomando.»

I due entrarono nel tempio e si ritrovarono esattamente sotto la cupola dorata: il soffitto circolare era affrescato, gli dèi rappresentati con sembianze umane e vestiti di sete pregiate guardavano in basso con i loro occhi in madreperla. Kyrios si sentiva seguito dal loro sguardo. Giudicato. Loro sanno. Le divinità erano dipinte con una maestria impressionate, il Guerriero vestiva la sua armatura celeste, il capo coperto dal grande elmo barbuto, tra le mani aveva la sua spada alta quasi quanto lui, dalla lama blu e l’anima arcobaleno. Accanto, la Moglie vestiva sete rosa e al collo pesavano enormi gemme color rame, il viso era bellissimo, raffinato e aggraziato, lunghi capelli neri scendevano sulle spalle avvolgendole tutta la schiena. Verso sud, il Saggio indossava una tunica d’oro, il bastone con i draghi che il Culto usava durante le funzioni era stretto nella mano destra, mentre nella sinistra sembrava inclinarsi una bilancia d’argento; il viso dipinto con tratti affilati e con lunga barba grigia era parzialmente coperto da un cappuccio circondato da splendenti raggi solari; infine, a est, la Contadina portava alla bocca il suo corno ancestrale; aveva corti capelli marroni, un viso aggraziato e dai lineamenti umili, indossava le vesti tipiche del popolino, portava anelli di smeraldo alle caviglie e ai piedi non calzava nulla se non la propria pelle.

Mi stanno giudicando, sento i loro occhi su di me. Avvertendo quello sguardo, Kyrios cercò di farsi piccolo fino a sparire. Non si poteva dire che fosse un uomo di fede; certo, era un Figlio della Stella, ma molti altri figli bastardi o lontani parenti di più o meno grandi Lord lo erano, quindi che fare altrimenti? Suo padre Lord Gulgos Asperthir, signore di Delta dei Sentieri, non navigava certo nell’oro e un giorno lo aveva convocato nelle sue stanze mettendolo di fronte a una decisione: o sarebbe entrato nel Culto o sarebbe diventato cavaliere di ventura. Se la sua famiglia fosse stata più ricca e lui più abile con la spada, probabilmente gli avrebbe trovato un posto come cavaliere alla corte di qualche Lord, ma sfortunatamente la spada non era il suo punto di forza. Era pur sempre cavaliere, ma qualunque figlio di Lord poteva diventarlo e quel titolo ormai aveva perso tutto il suo valore, utile solo come lasciapassare per saltare qualche gerarchia o qualche anno di gavetta tra i soldati. Almeno a quello mi è servito, pensò Kyrios mentre pensava al giorno del suo giuramento e seguiva Copos nei lunghi corridoi del tempio. Quel giorno ero più amareggiato che arrabbiato, l’ordine non dà spazio a ripensamenti, un cavaliere errante può sempre lasciare il suo servizio presso un nobile e cercarne un altro. La vita da ramingo o da mercenario è difficile, ma almeno sarei stato libero. Un sacerdote non può andarsene e quel giorno mi sono messo da solo un guinzaglio al collo… D’oro, ma pur sempre un guinzaglio. Quei pensieri tornavano spesso a ronzargli nella testa durante le preghiere mattutine, diventate obbligatorie dalla benedizione di Portos. In quei momenti in cui le stelle lasciavano posto al sole dell’alba, Kyrios rimuginava sui suoi voti e sulla loro futilità. Quanto poteva essere comodo per un uomo rifugiarsi negli agi di una falsa fede? Quanto poteva andare avanti quella bugia?

Passarono di fianco a un dipinto che prendeva quasi tutta la parete e che mostrava una figura alta davanti alla quale uomini, giganti, nani ed elfi si prostravano. Vestiva poche umili pelli, tra le mani animalesche aveva un bastone che si biforcava in due punte arcuate alla sommità e si trovava sopra una nave dalle vele fiammeggianti, con lo scafo di cristallo. Rossi occhi di fuoco brillavano nel viso, una barba grigia e all’apparenza mal curata scendeva fino alle ginocchia: era un ritratto del Traghettatore, incaricato di portare le anime al cospetto degli dèi. Era l’unica figura presente nelle religioni di tutte le razze, venerato sia dagli elfi che dai nani, dagli uomini come dai giganti.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Riccardo Frontali
Riccardo Frontali, classe ’99, vive a Riolo Terme (RA) ed è un appassionato di cinema, calcio e gastronomia. La sua passione per la scrittura è nata inizialmente come un gioco, ma ben presto è diventata un impegno costante. Nel 2023 ha pubblicato il suo primo romanzo, “Le leggende di Kentar - Gli ultimi Cacciatori”, un’opera che segna l’inizio del suo percorso nel mondo della letteratura.
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