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Le Leggende di Kentar – Astri insanguinati

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Consegna prevista Gennaio 2025
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Dopo essersi finalmente ricongiunti a Occhi di Corvo, Lily, Arthur, Xina e Mark scoprono il tradimento di Agmiur e la nuova minaccia che ora grava sul mondo.
Decidono di dirigersi a Eregast, unico regno rimasto amico del perduto popolo dei Cacciatori, sul cui trono, ora, siede una giovane regina nel cui sangue sopravvive l’eredità di Zargo.
Ma la strada per Eregast non è certo facile, un lungo viaggio attende il drappello di eroi, tra creature selvagge e altre dimenticate, i servitori del loro misterioso nemico si muovono verso la guerra assaporando l’idea di una vedetta a lungo attesa.
Mentre le mani di un male senza nome stringono il collo di Bosco Ombra , nel regno di Grodar lo scontro tra il Culto e la corona dei Lenuar sfocia in un conflitto dall’esito incerto.

Perché ho scritto questo libro?

Quando ho iniziato a scrivere “Le leggende di Kentar” l’ho fatto per gioco, volevo evadere con la mente, perdermi in un luogo nuovo, misterioso e pieno di magia.
Poi quel mondo ha iniziato a riempirsi, ogni personaggio che incontravo aveva la sua storia, i suoi sogni e i suoi difetti e così pagina dopo pagina quel mondo ha preso vita.
La magia di Kentar mi ha dato e mi sta dando tanto e l’idea che anche tutti voi possiate stringere tra le mani questo libro mi rende realmente felice.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Prologo

La volontà degli Dei

Fuori pioveva, l’ennesimo preambolo di un inverno ormai imminente, l’acqua schiaffeggia i vetri colorati del Grande Tempio ora fustigato da selvagge raffiche di vento; Sir Kyrios Asperthir indossò la sua armatura consacrata, l’acciaio pregiato e tirato a lucido, sulla cotta d’arme era cucita una stella dorata a quattro punte, il simbolo del Culto, il vessillo del Grande Tempio di Altais.

L’elmo a cappellina aveva decori dorati e drappi bianchi cadevano dalla sommità, il mantello intorno alle spalle era candido, sinonimo di purezza, quella purezza d’animo che ben si addiceva ai guerrieri consacrati che avevano donato la loro vita agli Dei.

Si guardò allo specchio, il viso affilato perfettamente rasato, i corti capelli neri tenuti ordinati e il naso con l’attaccatura alta leggermente storto, come sempre; sotto gli occhi scuri pesavano due borse dovute al poco sonno.

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Uscì dalla sua stanza, il corridoio era silenzioso, le altre porte sbarrate. “Gli altri si devono già essere diretti alla navata principale” Disse tra se incamminandosi lungo il buio corridoio.

Gli alloggi per i Figli della Stella si trovavano nella parte nord-est del Grande Tempio, due alti bastioni a base circolare erano connessi al Tempio tramite altrettanti ponti di pietra con ringhiere d’oro e piastrelle di marmo.

“Copos si è raccomandato di aspettare che tutti fossero usciti” Ricordò Kyrios mentre percorreva le scale a chiocciola che lo avrebbero portato sul terrazzo rialzato del tempio. Quella sera era stato indetto un Sacro concilio, il nuovo Gran Sacerdote voleva parlare ad alcuni dei suoi fratelli e aveva convocato molti alti sacerdoti da tutto Grodar, mentre altri scortati da guarnigioni di Figli della Stella erano stati mandati ai palazzi e alle fortezze dei nobili o nelle cattedrali più isolate del regno.

Portos pretendeva che in ogni magione o villaggio vi fosse una rappresentanza del Culto, affinché i fedeli non si sentissero abbandonati in quei difficili giorni d’inverno minacciati dai venti di un conflitto che sembrava imminente.

“Ormai è ovvio, ci sarà una guerra. E noi che faremo?” Si chiese Kyrios. “Staremo a guardare o combatteremo?” Da tempo il Culto non entrava nelle questioni di stato, per via di un vecchio trattato stipulato tra Fede e Corona quando sul trono c’erano i Dragan. “Ma Portos la pensa diversamente, è molto legato alle antiche usanze. E quel trattato è stato stilato con i Draghi, non col Leone alato di Forteruggito”. Dicevano molti dei suoi confratelli più anziani. “Vedrai che presto ci ordinerà di entrare in guerra! ” Affermavano i più giovani con tono colmo d’entusiasmo. “Probabilmente hanno ragione, Portos è diverso dai precedenti Grandi Sacerdoti, ha sempre affermato quanto fosse importante riunificare il Culto come lo era nei suoi primi giorni. Prima che l’egoismo e la smania di potere dei mortali né deviassero il messaggio dando vita alle altre dottrine”

Ma riunire il Culto non era facile. Hornar aveva la sua visione della religione, che non comprendeva grandi cattedrali sfarzose, milizie armate o sacerdoti consacrati. I laghi invece da quel punto di vista erano più organizzati, ma le differenze di vedute parevano insanabili, nei Laghi non c’era un Grande Sacerdote, al contrario si affidavano ad un consiglio di Monaci scelti dal re che annualmente si riuniva per discutere la dottrina e i suoi dogmi.

Solo a Grodar il Culto era indipendente, organizzato alla stregua di un regno, aveva eserciti, castelli, terre e oro…molto oro.

“Forse una mediazione con le altre dottrine sarebbe possibile” Pensò Kyrios. “Dopotutto preghiamo gli stessi Dei. E non credo che vogliano vederci mentre ci uccidiamo tra noi. Anche se in loro nome”.

“Certo Portos non sembra uno incline al dialogo o a un qualsiasi compromesso, ha le idee chiare ed è sempre stato disposto a tutto pur di ottenere i risultati che desiderava, per se o per i suoi fedeli, non mi sorprenderebbe se anche solo la metà delle voci su Portos e la sua banda di seguaci fossero vere”.

Non era chiaro come Portos fosse stato eletto a nuovo Gran Sacerdote, alcuni sospettavano dei brogli e un intricato giro di corruzione. “Non sarebbe certo la prima volta, la chiesa delle quattro Stelle va avanti a sacchetti d’oro e favori da secoli” inoltre il precedente Gran Sacerdote era morto in circostanze alquanto misteriose. “Non è normale addormentarsi sani e risvegliarsi freddi” Ma Kyrios sapeva bene che il Traghettatore ti prende quando meno te lo aspetti e non c’erano prove che vi fossero Portos e i suoi dietro a tutto. Anche se dovette riconoscere che il concilio di elezione era stato organizzato con una fretta alquanto sospetta, inoltre alle votazioni mancavano molti sacerdoti aventi diritto. Questi ultimi avevano fatto sentire le loro ragioni; volevano rivotare, ma ormai Portos era già stato santificato.

“E una volta che qualcuno viene santificato coi quattro oli è Gran Sacerdote fino a che il Traghettatore non se lo prende”

“In quasi ottocento anni non era mai successo che qualcuno deponesse un Grande Sacerdote santificato. Ma c’è sempre una prima volta, e quelli del movimento avverso a Portos sembrano essere molto agguerriti.”

Aprì la porta di quercia con gli infissi d’ottone e si trovò sul largo terrazzo che collegava gli alloggi al tempio. Il vento soffiava impetuoso agitando il mantello bianco che nel frattempo si impregnava d’acqua, la pioggia gli si insinuava tra le giunture della corazza scendendogli lungo la schiena.

Si sporse dal parapetto e guardò la piazza. Un ampio spazio circolare e di qualche centinaio di metri si estendeva attorno a lui, con la sfarzosa costruzione sacra come epicentro. Le case di diverse altezze recintavano il piazzale , una grande fontana con statue di quarzo e marmo si trovava poco distante dall’ingresso del tempio. Un fulmine illuminò il cielo facendo risplendere la cittadella e il Palazzo d’oro, lontani e leggermente sopraelevati rispetto al secondo livello della città, le mura dorate e le alte torri a protezione della cittadella dominavano sul panorama e trasudavano leggenda. “La casa dei Re” Pensò guardandola con ammirazione.

Un tuono urlò tra le nubi, illuminato il tempio e l’imponente cupola dorata che fungeva da tetto alla navata principale, ai suoi lati come torri di un castello quattro campanili coi dorati tetti sferici arrivavano alle nuvole.

La cupola era alta circa trecento metri ed almeno il doppio di diametro; era ricoperta da immense tegole dorate, sulla sommità appesa a un palo di ferro ombra troneggiava una stella a quattro punte in oro massiccio. “La luce che vince sul buio”. Ma quella non era l’unica cosa che il lampo aveva illuminato.

Una figura più o meno alta quanto lui lo aspettava sotto la tettoia di marmo, portava una corazza identica alla sua e stringeva l’elmo a cappellina sotto il braccio destro. L’uomo aveva ricci capelli rossi, occhi neri e il viso pulito poco più giovane del suo. Naso largo ma con la radice alta tipica di Grodar. -fratello Copos.-Disse salutandolo con un movimento del mento, Copos era l’addetto agli uccelli messaggeri del Grande Tampio, aveva prestato servizio per un paio di anni alla Roccaforte delle Stelle settentrionali, ma si era consacrato nel sud; nelle Terre delle Caverne, li c’era un Sacerdote famoso per i suoi esorcismi ed amico di vecchia data di Portos, quell’uomo ora serviva come vescovo a Fortebuio e a Città del cuore.

-Kyrios, eccoti finalmente. Dobbiamo muoverci il concilio sta per cominciare- disse Copos guardando il cielo.

-Ho fatto come hai detto. Ho aspettato in camera che tutti quelli del mio piano fossero usciti. Ora vuoi dirmi che succede?-

-E hai fatto bene a fare come ti avevo detto. Adesso però seguimi …in silenzio mi raccomando.-

Entrarono nel tempio e si ritrovarono esattamente sotto la cupola dorata, il soffitto circolare era affrescato, gli Dei rappresentati con sembianze umane e vestiti di sete pregiate guardavano in basso coi loro occhi in madreperla, Kyrios si sentiva seguito dal loro sguardo. Giudicato. “ Loro sanno”. Le divinità erano dipinte sopra l’alto soffitto con una maestria impressionate, il Guerriero vestiva la sua armatura celeste, il capo coperto dal grande elmo barbuto, tra le mani aveva la sua spada alta quasi quanto lui, dalla lama blu e l’anima arcobaleno. Sul fianco ovest, la Moglie vestiva sete rosa e al collo pesavano enormi gemme color rame, il viso era bellissimo, raffinato e aggraziato, lunghi capelli neri scendevano lungo le spalle avvolgendole tutta la schiena. Verso sud il Saggio indossava una tunica d’oro, il bastone coi draghi che il Culto usava durante le funzioni era stretto nella mano destra, nella sinistra sembrava inclinarsi una bilancia d’argento, il viso dipinto con tratti affilati e munito di lunga barba grigia era parzialmente coperto da un cappuccio circondato da splendenti raggi solari; infine a est la Contadina portava alla bocca il suo corno ancestrale, aveva corti capelli marroni, un viso aggraziato ma dai lineamenti umili, così come le vesti tipiche del popolino, portava anelli di smeraldo alle caviglie e ai piedi non calzava nulla se non la propria pelle.

“Mi stanno giudicando, sento i loro occhi su di me”. Avvertendo quello sguardo Kyrios cercò di farsi piccolo fino a sparire.

Non si poteva dire che Sir Kyrios fosse un uomo di fede, certo, era un Figlio della Stella, ma molti altri figli bastardi o lontani parenti di più o meno grandi Lord lo erano e che fare altrimenti? Suo padre Lord Gulgos Asperthir, signore di Delta dei Sentieri non navigava certo nell’orlo. Un giorno lo aveva convocato nelle sue stanze e gli aveva detto. “O entri nel Culto o ti fai cavaliere di ventura, qui non c’è più posto per te!” Se la sua famiglia fosse stata più ricca e lui più abile con la spada probabilmente Lord Gulgos gli avrebbe trovato un posto come cavaliere alla corte di qualche Lord, gli sarebbe andato bene qualsiasi signore, persino lo schivo Ludor Foxar di Itacal; ma purtroppo per lui la spada non era il suo punto di forza, certo era cavaliere, ma chiunque fosse il figlio di un Lord poteva tranquillamente diventarlo, quel titolo ormai aveva perso tutto il suo valore e la sua importanza, serviva solo come utile lascia passare per saltare qualche gerarchia o qualche anno di gavetta tra i soldati. “Almeno a quello mi è servito” Pensò Kyrios mentre pensava al giorno del suo giuramento e seguiva Copos nei lunghi corridoi del tempio. “Quel giorno ero più amareggiato che arrabbiato, l’ordine non da spazio a ripensamenti, un cavaliere errante può sempre lasciare il suo servizio presso un nobile e cercarne un altro. La vita da ramingo o da mercenario è difficile ma almeno sarei stato libero. Un Monaco non può andarsene. Quel giorno quando professai quelle parole mi misi da solo un guinzagliò al collo; d’oro ma pur sempre un guinzaglio.” Quei pensieri tornavano spesso a ronzargli nella testa durante le preghiere mattutine, diventate obbligatorie dalla benedizione di Portos, in quei momenti in cui le stelle via via sbiadivano lasciando posto al sole dell’alba Kyrios rimuginava sui suoi voti e sulla loro futilità, quanto poteva essere comodo per un uomo rifugiarsi negli agi di una falsa Fede? Quanto quella bugia poteva andare avanti?

Passarono di fianco a un dipinto che prendeva quasi tutta la parete, raffigurava una figura alta, uomini, giganti, nani e elfi, si prostravano difronte a essa. La figura vestiva poche umili pelli, tra le mani animalesche aveva un bastone che si biforcava in due punte arcuate alla sommità. L’essere era sopra una nave dalle vele fiammeggianti, e lo scafo di cristallo.

Rossi occhi di fuoco brillavano nel viso informe ed erano di quelli che ti seguivano con lo sguardo, una barba grigia e all’apparenza mal curata scendeva fino alle ginocchia.

Era un ritratto del Traghettatore. Colui incaricato di portare le anime al cospetto degli Dei. Era l’unica figura presente nelle religioni di tutte le razze, venerato sia dagli elfi che dai nani, dagli uomini come dai giganti.

Si diceva che persino alcune tribù urok avessero altari in suo onore, la storia del Dio Traghettatore era molto particolare, Kyrios la conosceva a memoria; ambientata in un epoca remota quanto inesatta, segnata dall’evento che veniva ricordato come il Conflitto Prima del Tempo.

Tutto ebbe inizio giorno in cui il Dio Reietto dichiarò guerra agli altri Dei portando sotto i propri stendardi molti Luminosi e persino alcune divinità minori, lo scontro fu talmente brutale che causò la distruzione della terra primigenia.

Dopo la caduta del Reietto, il suo corpo venne incatenato nelle viscere del globo assieme ai suoi servitori. Gli Dei piansero a lungo per la devastazione che era toccata alla terra, poiché loro la amavano sopra ogni cosa, allora decisero di salvarla abbandonarono le loro forme terrene per riparare i danni causati dalla guerra, le Stelle si offrirono in sacrificio per risanare col loro sangue un mondo in decadenza, ciò portò alla nascita della nuova terra e alla creazione del regno ancestrale, il paradiso disperso tra le luci della volta celeste.

Il Traghettatore fu l’unico Dio a non schierarsi nel conflitto, egli non parteggiò né per una né per l’altra parte e per punire questa sua indecisione gli altri Dei non lo accolsero nel loro paradiso. Il Traghettatore fu quindi costretto a vivere in un limbo tra il cielo e la terra, comandando una barca di fuoco e luce e col compito di condurre le anime mortali sino al cospetto degli Dei, obbligato ad ammirare il paradiso solo di sfuggita, senza mai poterci posate sopra il propio piede. Di tanto in tanto lo si poteva vedere solcare la volta celeste, lasciandosi dietro una brillante scia luminosa, alle volte per giorni, altre invece una piccola frazione di secondo.

“Il Dio degli indecisi e dei pentiti” Pensò Kyrios passando oltre il quadro. “Il più umano tra gli Dei e quello col destino peggiore”

I due scesero una scalinata che li condusse alle logge, li si incontrarono con altri Figli della Stella vestiti di ferro. -È lui dunque?- Chiese a Copos un uomo con la barba nera, la testa rasata e due spalle imponenti. -Si, è lui.-  Rispose il cavaliere.

-Ti assumi tutta la responsabilità?-

-Si- Disse Copos. L’uomo barbuto annuì sbuffando dalle larghe narici che parevano quelle di un bue -Vai tre logge più in là- Disse indicando con il braccio. -Troverai tutto il necessario-

-Seguimi.-  Copos gli fece un cenno. -Dove mi stai portando?-. Sussurrò

-Dopo stasera mi ringrazierai- Si limitò a dire Copos.

Sedettero in una loggia per due persone, i cuscini erano imbottiti; il parapetto di legno sinuoso e tempestato di gemme. Copos alzò i cuscini trovando due archi e altrettante faretre piene di frecce.

Kyrios trasalì. -Cosa perché?…Copos che succede?- Volevano davvero uccidere il Grande Sacerdote? Nel tempio poi? E perché?. “Non sono un uomo di fede ma…Versare sangue qui dentro.” Pensò cupo guardando verso l’alto. I ritratti degli Dei lo scrutavano dal soffitto rotondo.

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Riccardo Frontali
Riccardo Frontali classe 99, vive a Riolo Terme (RA).
Amante del cinema, del calcio e della buona cucina ha cominciato a scrivere un'po' per gioco e un'po' per passione e da allora continua a scrivere storie.
Nel 2023 è stata pubblicata la sua prima opera "Le leggende di Kentar- Gli ultimi Cacciatori"
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