Lasciò la frase a metà, a mo’ di minaccia. Prese a correre a perdifiato giù dalla grande collina. Accidenti, gli era costata una faticaccia arrampicarsi fin lassù! Ma solo da lì poteva vedere, lontano, il mare, e immaginare il suo odore e la sua freschezza. D’altra parte, rifletteva mentre il pendio declinava dolcemente in una piana anch’essa sabbiosa, non capitava tutti i giorni di poter vedere insieme quei due. Evidentemente, stava per succedere qualcosa. Certo che, dopo tutto quello che era successo nelle ultime settimane, non riusciva proprio a immaginare cosa avrebbe potuto preoccupare i capi d’Israele.
Era arrivato ora all’ingresso dell’accampamento. Le ombre erano ormai lunghe, e i fumi dei fuochi eseguivano la loro danza misteriosa mentre salivano in aria fino a confondersi nell’oscurità sempre più fitta. Il ragazzo era trafelato. Arrivò alla grande tenda al centro del perimetro appena in tempo per vedere la figura di un uomo anziano scivolare all’interno. Dietro di lui un uomo più giovane, vigoroso. Trascinato dall’entusiasmo, e distratto dalla figura del vecchio, il ragazzo non si accorse di essere troppo veloce per fermarsi e quasi rovinò addosso all’uomo più giovane; nel tentativo di evitarlo, inciampò in uno sgabello e cadde ingloriosamente nella polvere.
Giosuè si fermò, sorpreso. Un po’ divertito, persino. O almeno così parve al ragazzo che, mortificato, cercava di alzarsi. Giosuè gli tese la mano.
«Che ci fai in giro con il buio, ragazzo?»
«Ho saputo che il grande Mosè e il prode Giosuè stavano andando alla grande tenda.»
«E dunque?»
«Ecco… Volevo vedervi da vicino, tutto qui.» 
L’uomo sorrise.
«Farai stare in pensiero tua madre. Ormai è buio. Va’ a casa.»
Detto questo, gli diede un buffetto sulla guancia, come se volesse congedarlo. Gli occhi del ragazzo si illuminarono. 
«La pace sia con te, Giosuè.»
«E con te e la tua famiglia.»
Con il cuore gonfio di gioia per aver parlato a un così grande uomo, il ragazzo corse via felice. Giosuè sospirò. La pace. L’avrebbe mai conosciuta? Con un gesto deciso scartò il telo d’ingresso ed entrò nella grande tenda. 
Il fuoco era già acceso. Le fiamme conferivano all’ambiente un vago colorito giallognolo, e le ombre sembravano impazzite, perché, incapaci di stare ferme, si rincorrevano e si spingevano in una corsa apparentemente senza senso né regole. Sopra le fiamme, qualcuno aveva messo ad arrostire un piccolo pezzo di carne. L’odore si diffuse immediatamente nella tenda. 
Il rango dei partecipanti al consiglio di guerra era un chiaro segno, qualora non fosse abbastanza evidente di per sé, della drammaticità della situazione. Mosè, Aronne, Cur e tutti gli anziani più eminenti delle tribù sedevano in un’attesa carica di tensione.
Mosè alzò una mano per chiedere silenzio e, avutolo, aprì l’assemblea.
«Figli, i nostri ricognitori sono tornati poche ore fa presso di noi. Le notizie che portano non sono delle migliori.» Fece una pausa. L’inquietudine nella sala era ora palpabile. «L’esercito di Amalek è in marcia. Domani, al più tardi, sarà su di noi.» Un mormorio si alzò dall’assemblea. In un attimo, voci gridavano su voci. «Tuttavia,» disse Mosè accompagnando la parola con il gesto delle mani, per richiamare all’ordine «tuttavia, il Signore, Dio dei nostri Padri, è con noi. Abbiate fede.»
Un uomo si alzò per prendere la parola: «Fratelli miei, il Signore è potente, e senza dubbio opera miracoli. Se lo volesse, schiaccerebbe la terra sotto i piedi, e spegnerebbe le stelle con le sue dita. Ci ha nutrito quando avevamo fame e ci ha dissetati quando avevamo sete. Ci ha guarito quando eravamo malati. Ebbene, non ci ha comandato di combattere. Non verrà in nostro soccorso se, a causa del nostro orgoglio, ingaggeremo una battaglia che non possiamo vincere».
Giosuè era perplesso. Non si aspettava certo una risposta del genere. Non fece in tempo a replicare, che già Hadas l’anziano si era levato per parlare.
«Il fratello Eleazar ha parlato bene. Inoltre, l’esercito di Amalek è molto più numeroso di noi.»
Dagli anziani si alzò un brusio di approvazione. Incoraggiato da tale sostegno, Hadas rincarò la dose: «Che ne sarà delle nostre spose, dei nostri figli e delle nostre figlie se saremo sconfitti? Verranno passati a fil di spada! Le donne violate! I bimbi resi schiavi!». A ogni affermazione il brusio aumentava di vigore. «Alle spalle abbiamo il mare, davanti il nemico e oltre esso nient’altro che deserto. Io dico: facciamo la pace con Amalek!» 
A questo punto, la grande tenda esplose in un grido di approvazione dalle mille voci. Indignato, Giosuè scattò in piedi: «Scenda la vergogna su di voi e sulle vostre case, Eleazar di Dan e Hadas di Ruben! Non eravate forse con noi quando il Signore Iddio umiliò il potente faraone d’Egitto? Non mangiaste forse l’agnello e il pane azzimo la notte in cui l’Angelo sterminatore colpì il fiore della gioventù egiziana? Non avete dunque assistito al prodigio che Egli ha fatto al Mar Rosso?». 
Gli anziani tacquero, ma l’astio era evidente nei loro occhi. Le lingue di fuoco si riflettevano sui loro visi, nascondendo in parte l’evidente rancore verso quel giovane uomo impudente. In soccorso a Giosuè venne Aronne, cercando di smorzare i toni: «Il Dio d’Israele ha fatto grandi opere. L’hai detto tu stesso, Eleazar. Credete forse che abbia schiacciato i nostri nemici e ci abbia fatto uscire dall’Egitto per consegnarci nelle mani di Amalek? Il Signore nostro Dio ha stretto un’alleanza con i nostri Padri».
Hadas parlò ancora: «Certo, ciò che dici è vero, Aronne. Nessuno in questa santa assemblea è dotato di parola più saggia e veritiera di te e tuo fratello. Eppure, fatico a immaginare che il Signore ci abbia reso liberi per portarci gli orrori della guerra. Credo, invece, che Egli voglia per noi la pace, la prosperità e la ricchezza».
Nessun grido di incitamento stavolta. Gli occhi di tutti i presenti corsero a cercare Mosè. Egli tacque per alcuni lunghi, interminabili istanti. Nell’immobile silenzio dei presenti, si poteva udire solamente lo scoppiettare del fuoco. Infine, annuì leggermente, come a se stesso e, lentamente, facendo forza sul suo bastone, si alzò.
«Amalek sta muovendo guerra contro di noi. Ha dunque peccato contro il Signore, perché ha attaccato il suo popolo eletto.»
«Ma,» protestò Hadas «potremmo almeno provare a…»
Mosè alzò la voce, quasi gridando: «Amalek ha peccato contro Dio! E noi ne laveremo l’onta!». Ormai nessuno fiatava. «È deciso. Giosuè guiderà l’esercito del popolo eletto. Io salirò sulla cima del monte che domina la piana di Refidim. Salirò lassù con il Bastone di Dio, Egli ci guiderà alla vittoria, e noi voteremo allo sterminio Amalek.»
 
			
Adriano GOFFREDO (proprietario verificato)
Da un autore poco conosciuto non mi aspettavo un libro di questo spessore, la trama è molto interessante, aspetto la versione cartacea per tenerla nella libreria di casa. Consigliato.
Ale Epi (proprietario verificato)
Ottimo libro, la scrittura risulta fluida e coinvolgente: l’ho letto tutto d’un fiato!!