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Crowdfunding: la ricetta di Chimena Palmieri

ricetta crowdfunding libro con occhiali

E così siamo arrivati al dunque. Il tuo libro è piaciuto, la tua campagna di crowdfunding inizia o sta per iniziare.
Tocca a te, di nuovo.
E questa volta ci metti la faccia.
Devi convincere la gente intorno a te che il tuo libro è buono, valido, che merita una chance.
Come fare?
La risposta non è univoca.
Dipende dall’autore, dalla tipologia del lavoro, dal pubblico a cui è diretto.
Dipende da come si intende condurre la campagna: virtuale, reale, mista. Dagli strumenti che si intendono usare: social, media locali, presentazioni, incontri, passaparola.
Insomma, la cosa da fare PRIMA di dare il via alla campagna è capire queste quattro cose:

  • Che autore sei;
  • Che cosa hai scritto e a chi è diretto;
  • Che strumenti hai a disposizione – Virtuale vs Reale;
  • Cosa NON dire/Cosa NON fare;

1) Che autore sei.
Qui devi capire CHI sei tu. Come ti porrai. Quali sono i tuoi punti di forza e di debolezza.
Sei timido? Sfrontato? Chiacchierone? Pieno di amici? Solo al mondo? Vivi in città? In un paesino? Insomma, chi sei TU? Pensaci, e mettilo su carta. Serve a te, per fare il punto della situazione. Una volta che ce l’hai chiaro, agisci.
Sei timido? È chiaro che le presentazioni non saranno la cosa più facile. Puoi ovviare cercando qualcuno che legga per te, ti introduca, e ti lasci così il ruolo di rispondere alle domande, sue o del pubblico.
Usare la rete ti verrà meglio, lì dove nessuno ti osserva.
Vivi in una città? Avrai più spunti, agganci, possibilità di cercare luoghi affini a te e al tuo lavoro: bar, locali, librerie, biblioteche dove poter organizzare una presentazione.
Abiti in un paesino? Nessun problema: se da un lato l’offerta si riduce, aumenta la qualità, perché in un paesino si conoscono tutti, perfino il sindaco, e l’assessore alla cultura, e il circolo operaio, e la bocciofila! Insomma, pochi ma buoni.
Sei pieno di amici? Bene, creati un piccolo gruppo di sostenitori DOCG, e parti con quelli: grazie a loro, bene istruiti sul passaparola, amplierai il tuo pubblico.
Conclusione del punto 1: chiediti chi sei e ti dirai come farai.

2) Che cosa hai scritto e a chi è diretto.
Se prima hai dovuto capire te stesso, adesso dovrai capire che cosa hai scritto, per capire come e a chi rivolgerti.
Hai scritto un romanzo? Una raccolta di racconti? Il tuo manoscritto è noir, narrativa, un saggio, una graphic novel? La domanda è: a chi piacerebbe leggerlo? Quale potrebbe essere il pubblico attirato dal tuo lavoro?
Se è un romanzo rosa,  il tuo pubblico sarà tendenzialmente femminile: leggiti in rete qualche statistica per capire fascia d’età e condizione sociale e poi vai a scovarle il tuo pubblico!
Se è un noir o un giallo, in genere le statistiche dicono il contrario, i lettori saranno per la maggior parte uomini. Se è per bambini: cerca le mamme! Se è uno scritto a sfondo erotico, sarà per… tutti, ma attento alla sensibilità femminile, che ha bisogno di parole e situazioni diverse rispetto all’immaginario maschile.
Se è una graphic novel, o un fumetto, cerca giovani, ragazzi, disegnatori, e appassionati del genere.
Una volta capito a chi ti rivolgi, pensa a  come e a dove trovarli.
Se il tuo lavoro ha un argomento preciso, cerca associazioni o luoghi di interesse comuni (penso a libri su una certa professione, su un certo tema, che riguardino un argomento preciso: infermieri, per dirne una). Proporre il tuo lavoro in questi ambiti riuscirà sicuramente più facile, quanto meno sfonderai porte aperte.
Conclusione del punto 2: pensa a chi scrivi e saprai dove trovarli.

3) Che strumenti hai a disposizione – Virtuale vs Reale.
Prenditi un momento per capire quali sono gli strumenti e i mezzi che hai a disposizione per la tua campagna. Una volta arrivato sin qui, dovresti aver un po’ più chiaro dove e come muoverti. Bene, adesso chiediti COME andare oltre.
Intanto: cosa ti serve.
Tempo. Per pensare a cosa dire, cosa scrivere, dove andare, a chi arrivare… Tempo per programmare la tua campagna nel migliore dei modi.
Per prima cosa un PC, e una connessione a internet, o uno smartphone al limite, perché, molte delle cose e degli agganci che ti servono, li troverai in rete.
Poi una lista di indirizzi, di luoghi, di persone, ai quali rivolgerti per partecipare alla tua campagna, direttamente o indirettamente.
E infine studiare la strategia della tua campagna, e sulla base di questa, scegliere poi se impostare una campagna “Reale”, “Virtuale” o mista.
Vuoi puntare sulla comunicazione verbale? Ok, allora hai bisogno di luoghi dove e da cui parlare, e di un pubblico che ti ascolti. Pensa a cosa dire e cerca un dove dirlo. Scrivilo, prima, fatti un brogliaccio. Se intendi farlo dal web, scriviti i pezzi, registra video, monta sequenze.
Niente parole, solo immagini? Grande! Però… sai disegnare? Se sì sei a posto, se no cerca chi lo fa per te. Oppure, compra delle immagini in rete, in modo che tu possa usarne a piene mani e a pieno titolo per supporto alla tua campagna e ai concetti che vuoi esprimere.
Punti sul passaparola? Scegli se farlo Realmente o Virtualmente: decidi a chi passare parola, e agisci. Stampa dei bigliettini in cui riassumi la tua campagna, e lasciali nei luoghi designati, parlane in ufficio, in farmacia, al bar, in palestra, chiama al telefono, manda messaggi oppure comunica tramite i social. Qui la cosa è analoga: metti dei post, manda messaggi, chiama a raccolta e spiega cosa vuoi e perché.
Hai chi ti aiuta? Bene. Di’ loro cosa devono fare, come, quando, quanto. Costruisciti un piccolo gruppo di fedelissimi che tessano trame intorno a te, che passino parola e che a loro volta – stile multilevel marketing – creino altri sottogruppi. Condividi il post sulla tua bacheca e con tuoi fedelissimi, fa’ in modo che loro lo riportino dopo un tempo preciso, e via a cascata, per coprire tempi e ambiti diversi. E questo vale per qualsiasi contenuto, per qualsiasi azione, nel reale come nel virtuale: che si tratti di condividere o commentare post, foto, bacheche e pagine.
Spesso la soluzione è la classica via di mezzo: web e presentazioni, che assicurano la massima apertura di azioni e possibilità.
Conclusione del punto 3: guarda tra gli strumenti che hai e scegli quali adoperare.

4) Cosa NON dire/Cosa NON fare.
Cosa dire e cosa fare alla fine lo sapete voi, ovvero gli autori, ma spesso non si sa cosa NON dire e NON fare.

  • NO ai post troppo lunghi. Dopo 4 righe o l’incipit è fulminante o vi fulminerà chi legge abbandonandovi al vostro destino.
  • NO a post piatti e messi lì tanto per. Pensateci prima, scrivete, limate. E poi postate.
  • NO al pietismo, alla richiesta pietosa, stile “Dammi una mano ti prego”. Non stai chiedendo l’elemosina, stai chiedendo a qualcuno di far parte di un progetto. Lo devi convincere, non impietosire. Se lo convinci magari farà entrare qualcun altro, in caso contrario se ti va bene contribuirà, e poi dirà a tutti che l’ha fatto perché “non ne poteva più”.
  • NO ai messaggi tutti uguali. Le persone sono diverse, e ognuna ha bisogno di essere pescata con il suo amo.
  • NO al pensiero del libro come un’arca. Il valore del vostro lavoro non viene messo in discussione, il come lo proponete invece sì. Il vostro lavoro di scrittore è finito, qua dovete pensare di essere un agente di commercio, che deve far vedere la bontà di ciò che ha in mano, far crescere il bisogno di quell’oggetto, o di quel servizio. Se qualcosa non va, non chiudetevi a difesa del vostro lavoro, nessuno ce l’ha con il vostro lavoro: chiedetevi dove sbagliate e cosa potete fare, siate costruttivi. E a questo proposito:
  • NO al pessimismo cosmico. Se siete depressi o malinconici e rimandate la campagna, allora preparatevi al fallimento assicurato. Ciò che siete PASSA, che ci crediate o no. E se non ci credete voi, come pensate che ci possano credere gli altri?
  • NO a post/comunicazioni poco chiari: chi legge o ascolta deve capire bene e subito cosa deve fare. Un “mi piace” è solo un “mi piace”, loro devono contribuire. Se non rendete chiaro il concetto, si fermeranno lì.
  • NO ad atteggiamenti della serie “Non mi capisce nessuno/Non mi vuole nessuno”. Che vi aspettavate? Che le acque si separassero davanti a voi al vostro apparire, che Vespa vi invitasse con un plastico del vostro libro? Sapete quanti problemi ha la gente, là fuori? Quanta gente chiede soldi, per ogni cosa? PERCHÉ dovrebbe darli a voi e non spenderli come meglio gli aggrada? Se volete che il vostro pubblico contribuisca dovrete fornire loro un motivo valido. Può anche essere che non vi capiscano, il fatto è che NON SONO TENUTI A FARLO. Tocca a voi, riuscire ad arrivare alla meta. Il libro non ha voce, gambe o braccia. E la gente non vuole piagnistei o fare l’elemosina, vuole divertirsi. Fatela divertire.
  • NO alle aspettative tout court. Nessuno vi ha messo in gioco a forza, lo avete scelto, ed è un’opportunità, non sprecatela. Potrà forse andar male, ma non sarà di certo la fine di tutto. Nessuno vi assicura il successo, solamente voi. Rimboccatevi le maniche, smettete di autocommiserarvi e accusare chi non vi capisce e datevi una mossa: se non riuscite VOI a convincere i vostri lettori (almeno 150 persone: il numero minimo intorno al quale una campagna raggiunge il goal) come pensate che ci riescano gli altri? Il lavoro è il vostro. E non è semplice, se non ci riuscite… accettate il verdetto. Riprovate, mettendo a punto una migliore strategia.

Conclusione del punto 4: divertitevi e la gente si divertirà con voi, credeteci e gli altri ci crederanno, fateli partecipare e parteciperanno.Tutto qui.

Vorrei aggiungere solamente un’ultima cosa, a cui credo molto: le persone in una campagna di crowdfunding non devono pensare di darvi una mano.
Voi non state chiedendo aiuto.
Voi avete un progetto, un sogno.
Le persone si devono sentire parte del vostro sogno, del vostro progetto. Devono passare dal “Ti do 5 euro perché me lo hai chiesto” a “Ti do 5 euro perché voglio far parte dei privilegiati che hanno fatto parte di questo progetto

Sta a voi riuscirci.

 

Chimena Palmieri
Chimena Palmieri, classe 1963, è nata ad Ancona e attualmente vive a Correggio. Laureata in Sociologia, lavora prima presso l’Università di Ancona poi presso quella di Bologna come funzionario amministrativo contabile.
"Volevo essere una groupie" è il suo secondo libro pubblicato con bookabook, dopo "Raval" (2015).
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