Il suo nome era Micael.
Intorno a lui splendeva una soleggiata giornata di primavera. Le foglie del bosco rilucevano di mille colori e i raggi solari filtravano qua e là fra le fronde, unici e piacevoli rifugi d’ombra contro la calura incombente.
Micael era giovane e, per quanto potesse ricordare, aveva sempre passato la propria vita in quelle terre. Dalla collina sulla quale si trovava, poteva scorgere l’intera caserma, con i suoi edifici squadrati, i grandi magazzini e le scuderie dagli odori pungenti.
Quelle terre si chiamavano Terre dell’Illusione. Erano state ribattezzate così all’indomani della loro conquista da parte dell’esercito del Signore della Furia. Erano ormai passati molti anni da allora.
Micael viveva presso la caserma dell’esercito. Suo padre, Ashren, era al servizio del Signore della Furia. Era, infatti, un Artiglio d’Ombra: un Demone, tra i più potenti che le schiere del crepuscolo potessero vantare.
All’interno dell’accampamento nessuno osava mancargli di rispetto. Bastava un pur minimo sfioramento accidentale del suo corpo da parte di qualche sprovveduto soldato semplice per suscitare in lui un’ira tanto profonda quanto letale. In un lampo, la Magia Oscura scaturiva dalle sue mani scheletriche, trasformando il malcapitato in cenere.
Anche Micael lo temeva, e a ragione. Era saggio temere qualsiasi Artiglio d’Ombra, ma suo padre superava ogni limite.
In quel momento, appoggiato ad un’enorme quercia, Micael stava guardando la piana soleggiata che si distendeva dinanzi ai suoi occhi, quando sentì un fruscio di passi furtivi alle sue spalle. Le sue labbra si stirarono in un mezzo sorriso. Attese e, dopo un po’, quel rumore impercettibile si fece più vicino. Micael si girò all’improvviso, in un lampo impugnò la spada di legno al suo fianco e, con il piatto, colpì le gambe del nuovo venuto, facendolo cadere violentemente in terra.
«Non imparerai mai, Pen» disse, redarguendo la figura che ora giaceva sul manto
di foglie gambe all’aria.
«Non ti illudere, mio caro: prima o poi ci riuscirò! Diventerò silenzioso come un serpente, vedrai!» replicò l’altro, massaggiandosi la schiena indolenzita con una smorfia.
Mugolando, Pen si rialzò, mettendosi seduto di fianco all’amico. Aveva un volto gioviale e intelligenti occhi azzurri brillavano in contrasto con la scura chioma ribelle. Era più alto di Micael, ma meno robusto. Sul busto segaligno indossava una giubba marrone, trattenuta in vita da una vecchia cintura in cuoio. Calzava stivali di vitello e braghe color ruggine gli fasciavano le gambe snelle.
Pen aveva diciassette anni ed era l’unico amico di Micael, il solo di cui non rifuggisse lo sguardo. Viveva infatti emarginato nel bosco da quando non aveva più famiglia: i suoi genitori erano stati travolti dalla ferocia dell’Esercito Oscuro e lui era stato costretto a sopravvivere, da solo.
La loro amicizia era nata qualche anno prima, quando Micael lo aveva sorpreso mentre, disperato per la fame, era intento a cacciare un cervo senza troppo successo. Gli era arrivato alle spalle e gli aveva puntato il coltello alla gola, ma non lo aveva ucciso. Alla vista dei suoi occhi, non ci era riuscito. Vi aveva scorto una tristezza profonda e inquieta e, nonostante questo, anche una grande e disperata voglia di vivere.
Da allora, i due avevano incominciato a vedersi di nascosto nella foresta circostante gli acquartieramenti dell’esercito.
All’inizio, Pen era stato molto diffidente nei confronti di Micael.
Come mai, si chiedeva, quel soldato dell’Esercito Oscuro non lo aveva ucciso?
Poteva mai fidarsi di coloro che avevano sterminato la sua famiglia?
Presto, però, aveva capito che Micael era diverso dai suoi commilitoni. A differenza degli altri Artigli d’Ombra, se proprio doveva uccidere, lo faceva solo in battaglia, mai per capriccio; e questo suo atteggiamento provocava spesso la già facile ira del padre, il quale non perdeva occasione per manifestare il suo disprezzo per quella che riteneva un’imperdonabile debolezza. Ashren gli aveva insegnato la scherma, la Magia Oscura e tutte le tecniche utili per la soppressione di qualunque essere vivente;
come si spiegava, quindi, quella compassione da femminuccia?
Fin da quando era piccolo, Micael aveva imparato a sterminare, eppure, quando andava in battaglia, non infieriva mai su donne e bambini. Una volta – e quel ricordo sarebbe stato per sempre indelebile nel suo cuore – non volle uccidere un cucciolo di cane che lo guardava con occhi umidi e tristi. Quando il padre lo aveva sorpreso con il cagnolino in braccio, lo aveva scaraventato con un solo schiaffo a metri di distanza. Dopodiché, non contento, aveva polverizzato il cucciolo con il Fuoco d’Ombra, la magia dei Demoni. Micael aveva pianto per un giorno intero, sforzandosi continuamente di trattenere e celare le lacrime.
«Mi vergogno di questa tua debolezza!» lo aveva rimbrottato il padre con irritazione. «Quante volte ti devo dire che la compassione, la bontà, non servono a nulla! La pietà è debolezza e chi è debole è destinato a soccombere. Ricordatelo, stupido moccioso!»
Nonostante le evidenti incompatibilità, Micael sembrava aver comunque ereditato qualcosa dal padre. Sebbene avesse sembianze umane e una statura media, Micael emanava un’innata regalità. Il capo era sempre ben sollevato, fiero, e lo sguardo non si abbassava mai, neppure davanti ai più temuti Artigli d’Ombra. Le labbra erano perennemente corrucciate, ma questo non faceva altro che aumentare la nobiltà del suo aspetto. I capelli corti si ammantavano, all’ombra, di una particolare tonalità nera, come la pece. Gli occhi intelligenti, alla luce, rivelavano un grigio intenso, forse unico. Avevano, inoltre, un taglio particolare, quasi a mandorla, e questo gli conferiva uno sguardo profondo e indagatore.
A ciò si aggiungevano doti fisiche non comuni. Come presto scoprì, Micael era molto più resistente degli altri suoi compagni d’arme e decisamente più forte. Quando andava in guerra, il padre, sopra il mantello nero che ricopriva l’armatura demoniaca, portava sempre dietro la schiena uno spadone immenso, lungo quanto lo stesso Micael: Ruggito d’Ombra. Un giorno, Ashren aveva voluto che il figlio si esercitasse anche con quell’arma straordinaria, e con sua grande sorpresa il ragazzo aveva scoperto di riuscire ad adoperarla senza alcuna difficoltà.
Micael era, inoltre, molto portato per la Magia Oscura: un vero talento naturale, solo in parte dovuto al sangue demoniaco che gli scorreva nelle vene. Alla sua giovane età poteva già unirsi in battaglia al fianco di suo padre e degli altri Artigli d’Ombra, e scagliare i più potenti incantesimi di distruzione.
«Allora, che facciamo, femminuccia? Hai intenzione di esercitarti o preferisci impigrire sotto quell’albero?» chiese Pen, smanioso di iniziare l’allenamento.
Micael sorrise.
Pen era l’unico in grado di far destare sul suo volto sempre teso e severo un sorriso sincero, qualcosa di ben diverso dal ghigno del padre: la sua massima espressione di divertimento.
«Se proprio ci tieni a farti del male …» rispose quindi, con fare canzonatorio.
Quando erano diventati amici, Pen, incapace di sopravvivere in quel nuovo mondo, gli aveva chiesto di insegnargli i rudimenti della scherma per potersi difendere meglio. Micael assolveva con piacere quel compito di improvvisato maestro e ci metteva tutto sé stesso, tramandando all’amico quanto a sua volta aveva appreso – in modi decisamente più bruschi – dal padre. Non aveva mai provato, però, a iniziarlo all’uso delle arti magiche. Del resto, per imparare quei complicati sortilegi, bisognava iniziare da piccoli o avere quella dote innata che era esclusivo appannaggio dei Demoni. Ad ogni modo, i due si allenavano insieme già da tempo e l’amico era infine riuscito a diventare un discreto combattente.
Micael ne era estremamente fiero.
Quei momenti passati con Pen erano gli unici attimi di felicità in una vita di guerra e dolore. Durante quelle giornate spensierate, gli sembrava di ritrovare una zona sconosciuta di sé, una parte sepolta sotto cumuli di costrizioni impartitigli da quando era ancora un fanciullo. In compagnia dell’amico, tutta la violenza e la disperazione con cui era cresciuto si allontanavano per incanto e il suo lato oscuro si assopiva. Quei momenti, però, erano sempre troppo brevi.
«Vediamo se sei in forma oggi» incitò Micael, mentre raccoglieva da terra la propria spada da esercitazione, un robusto legno di corniolo intagliato a forma di arma
bianca.
«Ti accontento subito, bulletto» replicò Pen, che, alzatosi di scatto, roteava già la spada con spavalderia.
Sorridendo con malizia, Micael invitò l’amico ad avanzare con un cenno del capo. Quello non perse tempo e si fiondò all’istante sul suo avversario, distendendosi in un affondo. Ma l’assalto era stato troppo precipitoso e Micael intercettò facilmente il colpo, deviandolo sulla destra e spostandosi contemporaneamente di lato.
«Così mi rendi le cose troppo facili, Pen» commentò Micael in tono di beffa, consapevole, in quel modo, di innervosire l’amico. Del resto, anche l’aspetto psicologico faceva parte dell’esercitazione.
Proseguirono così per tutto il pomeriggio, tra continui botta e risposta e, nel farlo, continuavano a provocarsi scherzosamente, gareggiando nell’inventarsi gli insulti più divertenti.
Quando giunse la sera, i due erano ormai sfiniti, ma nessuno di loro voleva abbandonare prima dell’altro.
«Forse è il caso che ci riposiamo» suggerì infine Micael, quando il sole era già scomparso dietro i rilievi ad ovest. «Certo, io posso sempre continuare, ma tu ormai sarai stanco di ruzzolare in terra» soggiunse poi, ironico.
«Parli così solo perché non ce la fai più! Questa è la verità! Ma per oggi sarò magnanimo: fermiamoci pure» replicò Pen, atteggiandosi a clemente vincitore dello scontro. Ma non aveva ancora finito di pronunciare la frase, che già si era lasciato cadere al suolo, stravolto.
Micael si sedette di fianco all’amico e, dalla sacca che si era portato dietro, prese un po’ di pane, del formaggio e una bottiglia di vino, cautamente sottratti dai magazzini dell’Esercito Oscuro.
Insieme mangiarono e bevvero, scambiandosi battute e ridendo sempre più di gusto a mano a mano che gli effetti del vino si facevano sentire.
“Sarà così avere un fratello?” si chiese Micael un istante prima che la mano lieve del sonno lo catturasse.
Con un sorriso sulle labbra, si addormentò di fianco all’amico.
INDICE
I. MICAEL …………….………………………………………………….. 9
II. ASHREN ………………………………………………………………… 15
III. DOREA …………………………………………………………………. 21
IV. PRIMO AMORE? ………………………………………………………. 26
V. FINE DI UN’ILLUSIONE ……………………………………………… 32
VI. RISVEGLIO DELL’IRA IN SCONTRO MORTALE …………………. 38
VII. L’ULTIMO MESSAGGERO DEL VERBO …………………………….55
VIII. UNA MISSIONE DI REDENZIONE ………………………………….. 62
IX. UN INCONTRO IMPEGNATIVO …………………………………….. 67
X. SCORCI DI VITA FAMIGLIARE …………………………………….. 74
XI. L’IMBOSCATA ………………………………………………………… 91
XII. GARET E JHENSEN ………………………………………………….. 98
XIII. AGGUATO AL PASSO ……………………………………………….. 104
XIV. UNA SERATA TRA AMICI ………………………………………….. 117
XV. GARVAS …………………………………..…………………………… 121
XVI. CASTRUM …………………………………………………………….. 125
XVII. AYMERICH, IL GRAN MAESTRO ………………………………….. 132
XVIII. L’INIZIO DELL’ADDESTRAMENTO ……………………………….. 142
XIX. LEMMAR ……………………..………………………………………. 154
XX. IMPARARE A RESPIRARE ………………………………………….. 162
XXI. SFORZO SENZA SFORZO …………………………………………… 169
XXII. VALIOR PUGNODIFERRO ………………………………………….. 177
XXIII. MUOVERSI CON LA CORRENTE ………………………………….. 183
XXIV. CONTROLLARE LA MENTE: MAGIA …………………………….. 197
XXV. L’ARTE DELLA SPADA …………………………………………….. 208
XXVI. LAURA ………………………………………………………………… 215
XXVII. PRESENZA MENTALE ……………………………………………… 219
XXVIII. L’IMPERMANENZA …………………………………………………. 226
XXIX. EVITARE GLI ECCESSI NELLA MENTE SENZA MENTE ………. 236
XXX. POESIA ……………………………………………………………….. 242
XXXI. ESSERE SENZA FORMA ……………………………………………. 246
XXXII. L’ARTE DI AMARE ………………..………………………………… 249
XXXIII. DELLA GUERRA E DEL CONDURRE SÉ E GLI ALTRI .………….. 262
XXXIV. STRATEGIA E TATTICA ……………………………………………… 274
XXXV. ATTACCO E DIFESA ………………………………………………… 282
XXXVI. STRATAGEMMI ………………………..…………………………….. 291
XXXVII. L’INVESTITURA ……………………………………………………… 296
TAVOLE
1. Mappa ……………………………………………………………………… 8
2. Tavola con poste della spada ………………………………………………. 214
Silvia De Carli (proprietario verificato)
Numerosissimi spunti di riflessione e concetti molto profondi racchiusi in un contenitore leggero e facilmente fruibile. L’ho divorato, nonostante in genere non ami i racconti “fantasy”. Consigliatissimo!
Gianfranco Facchera (proprietario verificato)
Ottimo
Cristina De Pasquale
Emozionante,avvincente, coinvolgente e per nulla banale! Assolutamente consigliatissimo!!
elena collini (proprietario verificato)
Trama avvincente, consiglio a tutti!
Natalia butucel (proprietario verificato)
Lettura consigliatissima a tutti gli amanti del genere!
Irina Tikhomirova (proprietario verificato)
Un libro fantastico, straordinario! *****