Nel reboante eco di una goccia che cade, nell’assordante frastuono del silenzio più assoluto. Nella confusione della solitudine e nella libertà di una piccola stanza, Santiago esiste.
Più un’ombra che un uomo, assiste inerte allo spezzarsi del suo equilibrio. Il suo esilio volontario sembra giunto a un bivio con l’arrivo di una lettera e con essa, del suo passato.
Perché ho scritto questo libro?
Mi era venuta in mente un’emozione ben precisa che volevo descrivere, e in modo naturale è poi nato un personaggio che la potesse provare. Non potevo lasciare, però, che la subisse in eterno. Quindi, ho deciso di far nascere questa storia.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Plick! Il ritmo era diminuito.
Santiago, seduto sul bordo del letto, cercava di calmare i suoi respiri.
Si toccò il viso e sentì il groviglio dei lunghi peli di barba. Vi infilò tutta la mano e se li scompigliò. Aveva rimandato il momento il più possibile; quella barba rappresentava per lui tutto il suo dolore. Era la caduta di sé stesso, l’abbrutimento e lo scorrere degli anni. Era il suo modo per perdere la presa dalla realtà e quello di commiserarsi. Quando la toccava e la sentiva stopposa, pensava alla sua patetica immagine e se ne compiaceva. Doveva soffrire in ogni forma.
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Ma il sole mattutino, la cui luce, a poco a poco, stava riempendo la stanza, alleggerì i suoi pesanti e perversi pensieri. Santiago guardò i piccoli e sottili raggi riscaldargli la punta dei piedi e, per contrapposizione, si accorse della pesantezza che si portava dietro e se ne volle liberare.
Da un cassetto che non si incastrava perfettamente nel comodino, prese uno specchio opaco ovale e un piccolo rasoio malmesso. Lo posò sulla parte alta della guancia e sentì la lama smussata. Con piccoli movimenti ripetuti cominciò a tagliarsi la barba passando più e più volte sulla stessa zona. I peli tiravano a tal punto che subito cominciò a lacrimare.
Col cadere delle ciocche, non riuscì a mantenersi indifferente. Stava compiendo gesti irreversibili, e non era più sicuro fosse la cosa giusta da fare. Alla fine, tanto il suo animo era intrecciato con la sua decadenza fisica che ogni ciocca che cadeva gli sembrava un pezzo di perdono concesso.
“…Ed arriva anche il perdono.”
Non era stato lui ad inviare l’invito; lui non si era perdonato e non voleva farlo. “Lo sto facendo per facilitare l’incontro. Dentro di me non è cambiato nulla.” Si giustificò con l’austera stanza che lo guardava con scherno.
Plick!
Con il passare del tempo, gli occhi persero di vista il rasoio e fissarono il loro riflesso nello specchio mentre con il piede sentiva l’accumularsi della barba per terra. La pelle scoperta, tutta arrossata, pizzicava.
Quando con la mano sentì di aver pulito tutto il viso, fermò il rasoio a mezz’aria. In quel volto così buffo e ringiovanito, stentò a conciliare il suo stato d’animo. “Tu non sei uno che ha sofferto”, pensò. Si guardò più a fondo “Tu vuoi scappare. E dove vorresti andare?”
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