Non mi illudo di aver trovato già il mio posto, ma quietamente cerco di smussare i miei contorni per incastrarmi, a poco a poco, più dentro. Con riverenza apro le mie orecchie e provo a tirare le mie corde stonate volendo risuonare in armonia con il novello mondo che mi circonda.
Sono passate settimane e il dolce richiamo di ogni quotidiano istante mi riempie ancora di gioia, in punta di piedi scivolo lentamente dentro le porte che la vita mi sta di nuovo spalancando.
È difficile pensare che si possa andare avanti così facilmente. Eppure, libero dalle mie stesse catene, mi sembra di volare. Se oso, riesco anche a raggiungere luoghi che pensavo inaccessibili. E tornare indietro.
Ridipingere di tranquille sensazioni il silenzio e ristoratrici colori la notte, è stata la prima grande sorpresa. Guardare il mio riflesso senza abbassare lo sguardo, forse, è l’ultimo grande ostacolo da superare.
Cullato dal traboccante battito del mio cuore, indago le mie storie cercando di slegare i nodi che mi strozzano. Nelle mie passeggiate non sono più solo. Riesco a ritrovare la compagnia di persone che pensavo scomparse. E così privilegiato, in ginocchio, chiedo ammenda.
Attraversare i banchi di dolore che si addensano nelle colpe, non è dimenticare. Ora l’ho capito. Afferrare con mani umili l’acqua della corroborante sorgente dell’esistenza, in modo che si possano dissetare coloro che vivono in te. Questo è l’ultimo grande dono che si possa fare.
Sto imparando a vivere, e lo devo a te. Ancora una volta.
Mi hai fatto un dono inestimabile, mi hai spinto oltre la soglia, e ogni giorno cerco di meritarmelo.
Non passa istante che non provi a onorare la tua fiducia.
Grazie Hank.
A presto,
S.
Capitolo uno
Ritirato nella sua solitudine, Santiago si era lasciato sfaldare, strato dopo strato, osservando con pazienza il tempo che gli scorreva accanto, come fa l’acqua di fiume con un ciottolo levigato depositato sul fondo; era convinto che più si fosse dimenticato di vivere, più la vita si sarebbe dimenticata di lui e l’avrebbe lasciato concludere i suoi giorni senza stargli tra i piedi.
Eppure, non fu così.
… Detto questo, è stata proprio una proposta inaspettata.
Plick! L’acqua dal soffitto, allungandosi e assottigliandosi, generò alla sua estremità una piccola sfera che cadde in una pozza tra le insenature del pavimento di pietra.
A volte mi svegliavo con la sensazione che quel giorno avrei ricevuto tue notizie. Forse lo desideravo solamente. Poi veniva sera e niente. E cosa mi ritrovo oggi?
Plick! Un’altra la seguì. Il piccolo suono si propagava nell’aria statica.
Un invito? Questo mai lo avrei immaginato. Sette anni sono tanti. Ma come si dice?
Plick! Un movimento lento e regolare, armonizzato con il silenzio, si appropriava della scena.
… Tutte le ferite si cicatrizzano, con la giusta dose di tempo. E arriva anche il perdono.
Plick!
Sistemo delle cose e, se tutto va bene, ci vediamo tra due settimane…
Plick!
La sedia scricchiolò quando mosse appena la schiena curva; dondolò un poco la testa china mentre liane di capelli appiccicati cadevano sul volto. Una tenue luce colpiva la guancia sinistra, mangiata quasi per intero da un’incolta barba. Ombre lunghe si estendevano dallo zigomo sagomato e dal naso prominente. La pelle consumata si increspava, sgualcita, intorno a degli occhi saccheggiati di un vecchio fuoco di cui ormai rimaneva solo la fredda cenere nel profondo nero della pupilla. Una sottile patina di mestizia si adagiava sulle membra come pulviscolo in una casa abbandonata e piegato su se stesso, illuminato solo da una fluttuante fiammella, il suo corpo esisteva.
Maledetto Hank, pensò mentre ripiegava la lettera per la quinta volta. Poi la buttò sul tavolo davanti a lui e prese in mano il libro che era lì accanto.
Plick!
Con le palpebre strette a due fessure, lo fissava attentamente mentre era poggiato sulle ginocchia. Le dita scorsero lungo la pagina ruvida, sotto le prime frasi d’inchiostro, seguendo vecchie tracce. Le labbra si muovevano a ripetere le parole senza che alcun suono fosse emesso. Arrivato al punto, Santiago si fermava, tornava indietro e ripercorreva la stessa frase tracciando un invisibile solco con il polpastrello.
Plick!
Tra le dita che reggevano la copertina sentiva ancora i grumi di uno spesso strato di polvere che si era accumulato dopo anni di inutilizzo. La carta era ingrossata dall’umidità e le pagine erano attaccate tra loro ma, nonostante l’incuria, l’inchiostro era ancora leggibile. Non riusciva tuttavia a trovare la concentrazione per leggere. Andava lento, una parola ogni respiro, eppure le perdeva.
… Ci vediamo tra due settimane…, ripensava distratto con la mente che tornava alla lettera.
Si grattò con l’indice una nocca solcata da piccoli riccioli di screpolature, passando intorno il bordo di una vecchia cicatrice da ustione, e alzò lo sguardo dal libro soffermandosi sul buio che lo circondava. Gli veniva voglia di tuffarcisi.
Con un battito di ciglia cercò di riprendersi e si chinò nuovamente sulle pagine. I suoi pensieri, però, erano impegnati a costruire un’immagine di quello che sarebbe accaduto.
… Tutte le ferite si cicatrizzano, con la giusta dose di tempo… Lo stomaco si contorse; la vista gli si sfuocò mentre cercava di mettere a tacere la testa.
Plick!
Cominciava a sentire il vecchio subbuglio nelle viscere risvegliarsi insieme a un’appena percettibile sensazione di vomito che si fermava in gola.
Un respiro profondo, e per la terza volta ricominciò a leggere le righe della prima pagina. Le parole gli fecero eco nella testa, le sentiva rimbalzare ma non le riusciva a raccogliere. Mettici più impegno, si esortava Santiago. Per la prima volta aveva avuto il coraggio di aprire quel libro e non poteva mancargli di rispetto. Ogni parola doveva rimanergli in corpo. Ma non riusciva ad andare oltre le prime due frasi. Santiago sentiva gli ingranaggi che aveva lasciato arrugginire fare fatica a muoversi. Lo chiuse con riverenza e si raccolse il volto tra le mani, nascondendosi per un momento. L’odore acre del suo palmo ruvido lo rassicurò. Si lasciò andare appena, la mente accennò a voler vagare in luoghi desueti quando, d’improvviso, sentì un ricordo materializzarsi nell’aria pesante: delle labbra sottili e secche si posarono sulla sua bocca.
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